Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2741 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 2741 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
ORDINANZA
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE – Art. 24
del c.c.n.l. 2000 –
Obbligo di copertura assicurativa dei dirigenti –
Contenuto –
Principio.
R.G.N. 24545/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 11/01/2024
CC
sul ricorso 24545-2018 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata ope legis in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 550/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 13/06/2018 R.G.N. 332/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1. La Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda con la quale NOME COGNOME, dirigente medico, dipendente della RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche: RAGIONE_SOCIALE), chiedeva la condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno subito, corrispondente all’importo di euro 12.668,00, a cagione dell’inadempimento all’obbligo datoriale di garantire la copertura assicurativa dei dirigenti medici previsto dell’art. 24 del c.c.n.l. del 3.11.2005 e dell’art. 21 del ccnl dell’8.6.2000; in via subordinata, domandava, ai sensi dell’art. 25 del ccnl della dirigenza medica dell’8.6.2000, il rimborso delle spese legali sostenute. 1.1. Il dirigente medico, a fondamento della propria domanda, nel ricorso ex art. 414 c.p.c. aveva dedotto: di essersi costituito con il patrocinio del proprio difensore di fiducia nel giudizio avente ad oggetto, previo accertamento della sua responsabilità, la condanna al risarcimento del danno iatrogeno subito dalla paziente NOMECOGNOMENOME per prestazioni RAGIONE_SOCIALE, rese nell’anno 1999; di aver ricevuto in data 10.5.2010 comunicazione da parte del datore di lavoro dell’impossibilità di attivare la tutela legale, st ante l’inoperatività della polizza, essendo decorsi i dodici mesi di ultrattività previsti dalla stessa per il caso, qui ricorrente, del mancato rinnovo; di essere stato condannato, con sentenza n. 519/2014 del Tribunale di Vicenza, congiuntamente agli altri convenuti al risarcimento del danno, nella misura del 10% in relazione alla sua responsabilità; di aver successivamente raggiunto un accordo transattivo con le RAGIONE_SOCIALE (la compagnia con la quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato la polizza di copertura assicurativa) che provvedevano al pagamento delle somme dovute dai medici
condannati al risarcimento dei danni nella sentenza innanzi ricordata n. 519 del 2014; di aver ricevuto in data 31.7.2014 comunicazione dalla RAGIONE_SOCIALE che gli negava, però, il rimborso alle spese legali in ragione dell’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. della Dirigenza medica dell’8.6.2000.
1.2. Tutto ciò premesso, deducendo l’inosservanza dell’art. 24 del c.c.n.l. del 3.11.2005 e dell’art. 21 del ccnl dell’8.6.2000 in relazione all’obbligo di garantire la copertura assicurativa anche con riferimento alle spese del giudizio, nonché dell’art. 25 del citato c.c.n.l. per l’omessa apertura del procedimento di accesso al patrocinio legale e degli artt. 1175 e 1375 c.c. per omessa/tardiva informazione in ordine all’assenza di copertura assicurativa, formulava le domande di cui innanzi, rigettate in entrambi i gradi di merito.
1.3. La Corte territoriale escludeva la fondatezza dell’appello sul rilievo che, ai sensi dell’art. 24 del CCNL 2000, l’obbligo della copertura assicurativa comprensiva delle spese di giudizio è sempre disciplinato con le modalità e nei limiti dettati dal successivo art. 25 per cui nel caso – quale quello in esame -del dipendente che decide di avvalersi di un legale di fiducia, il rimborso resta condizionato dall’esito favorevole del procedimento a carico dello stesso; quanto alle spese di lite, ha rilevat o l’infondatezza della doglianza relativa alla regolamentazione, vista l’applicazione del principio della soccombenza e, comunque, in assenza delle ipotesi che consentono la compensazione.
Il dirigente medico propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi.
Resiste con controricorso il lavoratore.
Entrambe le parti depositano memorie.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo viene dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 del c.c.n.l. dell’8.6.2000 e dell’art. 21
del c.c.n.l. del 3.11.2005, nonché l’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, n. 3 e n. 5 c.p.c.
1.1. Si denuncia la violazione delle norme collettive innanzi indicate in relazione all’obbligo dell’RAGIONE_SOCIALE di garantire la copertura assicurativa ai propri medici con riferimento anche alle spese di giudizio.
Si insiste nel sostenere che l’assenza di copertura assicurativa ( recte di continuità della copertura assicurativa), verificatasi nel caso di specie, costituisce inequivocabilmente una violazione degli obblighi di cui alla contrattazione collettiva, in ragione del rilievo che la parte datoriale è tenuta non solo a stipulare polizze assicurative riguardanti le spese giudiziali sostenute dai propri dipendenti, ma anche a garantirne la continuità.
Deduce il ricorrente che se non vi fosse stato detto periodo di scoperto assicurativo egli avrebbe avuto anche il pagamento delle spese legali.
Ribadisce l’erroneità della sentenza per aver omesso di accertare la violazione della contrattazione collettiva in relazione all’obbligo di garantire la copertura assicurativa per la tutela legale, ritenendo decisiva, invece, la sola previsione dell’art. 25 del c.c.n.l. dell’8.6.2000, al quale ha inteso correlare detto obbligo.
Con il secondo mezzo viene denunziata la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 25 del c.c.n.l. dell’8.6.2000 e la violazione degli artt. 1175 e 1375 oltre che l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione agli artt. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.
2.1. Si evidenzia che la decisione della Corte territoriale è erronea perché non tiene in considerazione due fatti decisivi:
la mancata apertura da parte dell’RAGIONE_SOCIALE del procedimento di accesso al patrocinio legale, come previsto dall’art. 25, comma 1, del c.c.n.l. dell’8.6.2000; 2) la mancata valorizzazione del legittimo affidamento sull’esistenza di una polizza assicurativa che prevedeva all’art. 36, la ‘libera scelta’ del difensore da parte del dipendente.
Si deduce e si insiste nuovamente, quindi, sulla violazione della correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., per avere la datrice di lavoro omesso di informarlo dell’assenza di copertura assicurativa, con ciò pregiudicando la possibilità di accedere al patrocinio legale di cui al comma 1 dell’art. 25 del c.c.n.l. dell’8.6.2000.
Si contesta l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale l’avvenuta nomina del legale di fiducia e la mancata copertura assicurativa non sono dipese dall’RAGIONE_SOCIALE, con interruzione del nesso causale.
Conclusivamente si assume che la parte datoriale ha violato gli obblighi di cui all’art. 25, comma 1, del c.c.n.l. dell’8.6.2000, per aver omesso di aprire il procedimento di accesso al patrocinio legale, oltre che i doveri di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., avendo omesso l’informativa circa l’assenza di copertura assicurativa.
Tale comportamento omissivo – si sostiene – costituisce senza dubbio un inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c. o fatto colposo ex art. 2043 c.c.
Con la terza doglianza, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., si denunzia ancora la violazione dell’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. dell’8.6.2000, nonché quella degli art. 1230 e 1235 c.c.
3.1. Si sostiene, che essendosi conclusa la causa promossa verso il dirigente medico con una transazione novativa (con riconoscimento di una quota minima di responsabilità nella misura del 10% a carico del COGNOME e relativo pagamento del risarcimento da parte delle RAGIONE_SOCIALE), tale esito equivalga a quello favorevole, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale.
Con il quarto motivo si contesta in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.
4.1. Nel mezzo si lamenta l’erroneità della statuizione della sentenza di primo grado, oggetto di specifico motivo di impugnazione, in relazione all’applicazione del criterio della
soccombenza, dovendo, invece, trovar luogo l’art. 92, comma 2, c.p.c. nella vigente formulazione introdotta con il d.l. n. 132 del 2014, convertito in l. n. 162 del 2014, secondo cui nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese, parzialmente o per intero.
Il primo motivo è fondato e va accolto, nei limiti segnati dalla presente motivazione, con assorbimento degli altri.
5.1. In via preliminare, va rilevato che il dirigente medico ha formulato due domande, l’una subordinatamente all’altra: la prima di richiesta del risarcimento del danno per violazione delle norme contrattuali che impongono all’azienda la stipula di contratti di copertura assicurativa dei propri dipendenti per i danni cagionati a terzi, copertura comprensiva delle spese legali; la seconda di rimborso delle spese legali ex art. 25 del c.c.n.l. della dirigenza medica dell’8.6.2000.
5.2. Ne consegue che l’accoglimento della doglianza contenuta nel primo motivo, relativa alla domanda principale, impone l’assorbimento di tutte quelle relative alla domanda proposta in via subordinata di rimborso delle spese legali ai sensi dell’art. 25 cit. , oltre che quella relativa alle spese di giudizio anche di primo grado che, se del caso, saranno oggetto di rivalutazione in sede rinvio.
5.3. Il thema decidendum – quanto alla denunziata violazione della norma contrattuale che impone un obbligo assicurativo a carico dell’RAGIONE_SOCIALE per il risarcimento dei danni cagionati verso terzi dai propri dirigenti, ivi comprese le spese di giudizio – impone a questo Collegio, in primo luogo, di verificare qual è la disposizione applicabile ratione temporis, solo all’esito potendosi verificare se di essa la Corte territoriale abbia dato una corretta interpretazione.
5.4. Al riguardo si precisa che la disposizione applicabile va individuata con riferimento al momento in cui è stata posta in essere la condotta professionale causa del danno iatrogeno di
cui era stato chiesto il risarcimento e quindi avuto riguardo all’anno 1999 (cfr. punto 1.1. del ‘Rilevato che’).
5.5. Nel caso di specie, quindi, il riferimento normativo è costituito dall’art. 24 del c.c.n.l. dell’8.6.2000 che così dispone:
Le aziende assumono tutte le iniziative necessarie per garantire la copertura assicurativa della responsabilità civile dei dirigenti, ivi comprese le spese di giudizio ai sensi dell’art. 25, per eventuali conseguenze derivanti da azioni giudiziarie dei terzi, relativamente alla loro attività, ivi compresa la libera professione intramuraria, senza diritto di rivalsa, salvo le ipotesi di dolo o colpa grave.
Sono disapplicati l’art. 28, comma 2, del d.P.R. n. 761 del 1979 e l’art. 88 del d.P.R. n. 384 del 1990.
5.6. La norma già sul piano letterale, primo canone ermeneutico, evidenzia la sussistenza di un obbligo in capo alle aziende RAGIONE_SOCIALE di predisposizione di una copertura assicurativa della responsabilità civile dei dirigenti, così superando la previsione di cui all’art. 28 del d.P.R. n. 761 del 1979 (norma non più applicabile anche per espressa indicazione del secondo comma della disposizione contrattuale innanzi riportata) che, invece, prevedeva la mera possibilità per la parte datoriale di stipulare polizze assicurative con la finalità di cui innanzi.
Il secondo comma del citato art. 28, infatti, prevedeva che ‘ Le unità RAGIONE_SOCIALE locali possono garantire anche il personale dipendente mediante adeguata polizza di assicurazione per la responsabilità civile (…)’.
Per converso, invece, l’innanzi riportato articolo 24 prevede che le RAGIONE_SOCIALE assumano tutte le iniziative necessarie al fine di garantire la copertura assicurativa.
In altri termini, non solo è previsto l’obbligo della copertura, ma anche che essa sia adeguata ed idonea.
Tanto si desume, dall’interpretazione logico -sistematica della clausola contrattuale e quindi dal collegamento dell’obbligo di
‘ assunzione di tutte le iniziative necessarie ‘ con la stipula della polizza assicurativa.
Del resto non avrebbe alcun senso prevedere un obbligo assicurativo per la stipula di una garanzia non adeguata, sarebbe contrario ai principi della logica, anche giuridica, oltre che in contrasto con quelli di correttezza e buona fede che devono presidiare tutti i rapporti contrattuali, anche quello di lavoro.
Quanto innanzi chiarito evidenzia, quindi, come, ai fini dell’indagine che qui si sta compiendo, l’introduzione dell’aggettivo ‘ adeguata ‘ riferito alla polizza assicurativa nell’art. 21 del c.c.n.l. 2000 -2005, disposizione qui, si ribadisce, non applicabile, non modifica il contenuto dell’obbligazione datoriale.
Più chiaramente le RAGIONE_SOCIALE, già in applicazione dell’art. 24 cit., avevano l’obbligo di stipulare polizze di copertura assicurativa che, naturalmente, non potevano e dovevano che essere adeguate.
Individuata la norma contrattuale applicabile e precisato altresì che la stipula non può che avere ad oggetto una garanzia adeguata e che tale senza dubbio non è quella che lasci, eventualmente per il tramite della previsione di clausole di ultrattività in caso di mancato rinnovo, periodi di inoperatività e scopertura della polizza, occorre altresì verificare quali sono i rischi che le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE hanno l’obbligo di assicurare.
6.1. Premesso che sul piano letterale la disposizione è chiarissima laddove dispone la copertura dei rischi per la responsabilità civile dei dirigenti, va indagato il tenore della stessa, invece, laddove prevede che l’obbligo della garanzia si estenda alle spese di giudizio ai sensi dell’art. 25 del c.c.n.l. del 2000.
6.2. La Corte territoriale, al riguardo ha, infatti, affermato che ‘ la pretesa azionata dall’attuale appellante non può essere accolta né a titolo risarcitorio – profilo contrattuale per violazione dell’art. 24 del c.c.n.l. 3.11.2005 (e 21 c.c.n.l.
3/6/08), non essendo nemmeno stato specificata la asserita responsabilità ex art. 2043 c.c. – né a titolo di rimborso spese per una dirimente argomentazione: l’obbligo della copertura assicurativa, ivi comprese le spese di giudizio, è sempre disciplinato con le modalità e nei limiti del successivo art. 25, per cui nel caso – quale quello in esame – del dipendente che decide di avvalersi di un legale di fiducia il rimborso è condizionato dall’esito favorevole del procedimento a carico dello stesso’.
Il giudice di merito, in sintesi, ha ritenuto che l’obbligo assicurativo, quanto alle spese di lite, sia ancorato alla configurabilità delle ipotesi in cui – ai sensi della normativa contrattuale, il citato art. 25, l’RAGIONE_SOCIALE è tenuta al pagamento o rimborso delle stesse.
6.3. Ritiene il Collegio che l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale non sia corretta.
L’ambito applicativo delle due norme è completamente distinto e ha finalità diverse.
L’art. 25 cit. disciplina le ipotesi in cui l’RAGIONE_SOCIALE è tenuta a pagare o a rimborsare le spese ai propri dipendenti ed i presupposti per l’operatività della previsione sono: l’assenza di conflitto di interesse nei casi di cui al primo comma, con pagamento delle spese da parte del datore che farà difendere il dipendente da un legale da essa scelto, previa comunicazione all’interessato per il relativo assenso (primo comma); l’esito favorevole del giudizio, qualora il dirigente nomini un difensore di sua fiducia in luogo di quello indicato dall’azienda (secondo comma).
6.4. La disposizione di cui all’art. 24 cit. dispone la copertura assicurativa a favore del dirigente medico, invece, anche per quelle spese legali che non trovano tutela nell’art. 25, quando cioè, come nella fattispecie qui all’attenzione, il dirigente medico decida di non avvalersi della difesa da parte dell’azienda, facendosi assistere da un difensore di fid ucia e, tuttavia, non sussista il presupposto per l’applicazione del secondo comma dell’art. 25: l’esito vittorioso del giudizio.
6.5. La correttezza di detta opzione interpretativa, trova peraltro implicito riscontro nella previsione del diritto di rivalsa da parte della RAGIONE_SOCIALE nelle ipotesi di dolo e colpa grave, ovvero in casi nei quali, salvo eccezioni, ben diffic ilmente l’esito del giudizio potrà essere stato vittorioso per il dirigente.
6.6. Ne consegue che il riferimento contenuto nell’art. 24 ‘ alle spese di giudizio ai sensi dell’art. 25’ va inteso, per le ragioni logico-sistematiche innanzi esposte, come rinvio a tutte le spese di lite e non solo a quelle di cui all’art. 25 cit.
Conclusivamente il Collegio afferma che in tema di copertura assicurativa della responsabilità civile dei dirigenti medici, l’introduzione del sintagma ‘adeguata copertura’ ad opera dell’art. 21 del successivo c.c.n.l. del 2005 non ha alcuna valenza innovativa rispetto all’art. 24 del c.c.n.l. del 2000 che già imponeva alle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la stipula di polizze adeguate e che la garanzia assicurativa di cui al citato art. 24 copre i rischi relativi a tutte le spese di giudizio e non solo di quelle a carico diretto della RAGIONE_SOCIALE o rimborsabili dalla stessa ai sensi del successivo art. 25 del c.c.n.l. del 2000.
Alla luce di quanto innanzi esposto, la sentenza va cassata con rinvio della causa alla medesima Corte di Appello – cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità – affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione della sussistenza, in relazione all’art. 24 del c.c.n.l. del dedotto, inadempimento datoriale, secondo i principi sopra richiamati.
Non sussistono le condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, ai fini del raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla
Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Roma, così deciso nella camera di consiglio dell’11.1.2024.