Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7225 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7225 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3888/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME (in proprio e quale erede di NOME), COGNOME, NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, con domicilio telematico avvEMAIL; -ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE; -controricorrenti-
e
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 3081/2020, depositata il 30/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME acquistò dalla società RAGIONE_SOCIALE un impianto elevatore, affinché fosse installato presso l’abitazione della madre NOME COGNOME. Tra le parti venne stipulato anche un contratto di manutenzione, che contemplava altresì ‘ una polizza di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi per rischi derivanti dall’assunzione del servizio di manutenzione ‘ , con ‘ garanzia estesa alla R.C. del proprietario o gestore dell’impianto ‘ (art. 7, punto 2, richiamato a pag. 8 del ricorso). In data 19/08/2005, d urante l’utilizzo de l mezzo, NOME COGNOME cadde, procurandosi la frattura della spalla.
Sul presupposto di essere (cor-)responsabile d ell’evento ai sensi degli artt. 2049 o 2051 c.c., NOME COGNOME concluse una transazione con la madre NOME COGNOME, il fratello NOME COGNOME e la nuora NOME COGNOME (d’ora innanzi, ‘i parenti’) , in forza della quale corrispose loro, a titolo di risarcimento dei danni, la complessiva somma di € 210.000,00 .
La stessa NOME COGNOME convenne, quindi, in giudizio COGNOME, domandando la risoluzione per inadempimento del contratto di manutenzione-assicurazione e la condanna della convenuta (‘ in via esclusiva o solidale con l’eventuale società assicuratrice che la convenuta volesse chiamare in giudizio ‘ : pag. 11 del ricorso per cassazione) a rifonderle quanto versato ai propri parenti in esecuzione della suddetta transazione. Accord chiamò in causa, da
un lato, i parenti (invocando, nei loro confronti, l’ accertamento negativo della propria responsabilità) e , dall’altro, l’agenzia RAGIONE_SOCIALE (cui aveva indirizzato la denuncia del sinistro) , per essere da questa ‘tenuta indenne’ .
I parenti si costituirono in giudizio, avanzando, a loro volta, domanda riconvenzionale per l’accertamento della responsabilità ex art. 2043 di Accord, e la sua condanna al risarcimento di tutti i danni subiti (per un totale di complessivi € 752.875,50), detratte le somme loro corrisposte, in via transattiva, da NOME COGNOME.
La RAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio, eccependo il proprio ‘difetto di legittimazione passiva’ .
Accord chiamò, allora, in causa, RAGIONE_SOCIALE (ora Unipolsai) la quale, costituendosi a sua volta, eccepì (tra l’altro) la prescrizione ex art. 2952 c.c.
Il Tribunale di Parma, con una prima sentenza (n. 153/2012), ‘non definitivamente pronunciando’, rigett ò l’eccezione di incompetenza territoriale avanzata da RAGIONE_SOCIALE; dichiarò inammissibile (in quanto tardivamente proposta) la domanda di NOME COGNOME avente quale causa petendi la propria responsabilità ex art. 2051 c.c.; dichiarò parimenti inammissibile la domanda svolta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE; dichiarò ‘il difetto di legittimazione passiva’ di RAGIONE_SOCIALE , estromettendola dal processo, con liquidazione delle spese legali in suo favore (a carico dei parenti, per un terzo, e di Accord per i restanti due terzi).
Con la successiva sentenza n. 411/2015, il giudice di primo grado rigettò la domanda dell ‘ attrice, ritenendo che Accord non potesse considerarsi inadempiente al contratto che aveva stipulato con la stessa -avendole effettivamente procurato la copertura assicurativa del rischio per l’uso dell’elevatore -e che il profilo del ritardo nella denunzia del sinistro non fosse stato ritualmente dedotto dalla COGNOME.
Il Tribunale di Parma rigettò altresì la domanda risarcitoria dei parenti, sul presupposto che non fosse stato adeguatamente provato un malfunzionamento della piattaforma imputabile a responsabilità di Accord.
A seguito dell’impugnazione da parte di NOME COGNOME e dei parenti (anche in qualità di eredi di NOME COGNOME, medio tempore deceduta), la Corte d’appello di Bologna , qualificando la sentenza di primo grado n. 153/2012 come definitiva -sia pure limitatamente alle domande svolte nei confronti della ‘estromessa’ Assicoop -, dichiarò inammissibili i motivi d’appello non fatti valere immediatamente contro di essa. Inoltre, reputò non decisivo il motivo relativo all ‘ inammissibilità della domanda fondata sulla responsabilità della Campilii ex art. 2051 c.c. (posto che la sua domanda era stata rigettata sulla base di altre rationes decidendi , vale a dire ‘la mancata deduzione da parte dell’attrice dell’eventuale inadempimento di RAGIONE_SOCIALE per tardiva presentazione della denuncia di sinistro e l’insussistenza di fondamento normativo per un’azione di rivalsa da parte dell’attrice sulla base del contratto di manutenzione stipulato con RAGIONE_SOCIALE ‘ : pag. 12 della sentenza impugnata); escluse, a sua volta, che vi fosse stato inadempimento di COGNOME alle pattuizioni contrattuali convenute con la COGNOME, tra le quali non rientrava l’obbligo di rimborsarle le somme che questa avrebbe potuto pagare, a titolo risarcitorio, ad eventuali danneggiati; osservò che la copertura assicurativa era comunque esclusa per i parenti dell’assicurato , sicché nulla poteva pretendere, a titolo di rimborso, la COGNOME per aver risarcito la madre.
Quanto ai danni chiesti dalla COGNOME, valutò che la somma ricevuta transattivamente dalla figlia doveva considerarsi ampiamente sufficiente a risarcirli, mentre, per quelli invocati dal fratello e dalla nuora della COGNOME, ritenne che ‘l’attività di accudienza e cura non in alcun modo ristorabile a termini di
polizza, sia perché estranea al novero dei danni risarcibili ai sensi dell’art. 1 sia perché prestata in favore di un soggetto (NOME COGNOME, madre dell’assicurata NOME COGNOME) che, ai fini della RC, non considerato terzo ai sensi dell’art. 3′ (pag. 17 della sentenza impugnata). L’appello ve nne accolto, dunque, limitatamente alla statuizione sulle spese processuali di primo grado, che furono poste, per un terzo ciascuno, a carico di NOME COGNOME, degli eredi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e NOME COGNOME in proprio.
Hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME NOME COGNOME (anche quali eredi di NOME COGNOME) e NOME COGNOME sulla base di nove motivi.
RAGIONE_SOCIALE e Unipolsai RAGIONE_SOCIALE hanno depositato (un unico) controricorso; è rimasta intimata, invece, RAGIONE_SOCIALE (società che ha incorporato RAGIONE_SOCIALE).
I ricorrenti e le controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti censurano l’omesso esame, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., delle clausole delle condizioni particolari della polizza assicurativa collegata al contratto di manutenzione dell’elevatore, secondo cui la garanzia per i danni occorsi in conseguenza della responsabilità civile del proprietario dell’impianto (nel caso di specie, la ricorrente NOME COGNOME doveva ritenersi operante anche laddove a subirli fossero stati i familiari di quest’ultimo (nel caso di specie, la madre NOME COGNOME).
In virtù della loro evidente connessione, l’esame del primo motivo può essere condotto congiuntamente al terzo, con il quale, sempre ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., viene censurato l’omesso esame delle condizioni particolari di polizza, alla cui stregua si sarebbe dovuto concludere, invece, che ‘l’assicurazione copre i
danni di tutti i parenti che subiscono danni dagli impianti in manutenzione, considerandoli come ‘terzi’ (quali in effetti sono)’ (pag. 49 del ricorso per cassazione).
3. I motivi sono infondati.
NOME COGNOME agì in giudizio contro la venditrice (installatrice/manutentrice) dell’elevatore RAGIONE_SOCIALE, domandando la risoluzione del ‘contratto misto di manutenzione e assicurazione’ e la condanna della società fornitrice/installatrice al pagamento, in suo favore, delle somme corrisposte ai propri parenti in via transattiva. A pag. 13 della sentenza impugnata, si legge che nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado ‘viene testualmente precisato che «l’attrice non agisce per ottenere dalla società convenuta il ristoro di danni derivanti da difformità o vizi dell’opera affidata in manutenzione, ma chiede l’adempimento dell’obbligo, contrattualmente assunto, di rimborsare quanto ha pagato ai terzi danneggiati a titolo di risarcimento»’.
Causa petendi della domanda è, quindi, l’inadempimento, da parte di Accord, del l’ obbligo di garantirle la copertura assicurativa della responsabilità civile verso terzi. La pretesa di ‘rimborso’ della somma versata ai propri parenti, in esecuzione della sopra menzionata transazione, non discende, infatti, dall’invocata esecuzione del contratto di assicurazione (pretesa che non risulta essere stata azionata, in primo grado, dalla COGNOME, che neppure convenne la compagnia assicuratrice), bensì quale conseguenza risarcitoria della risoluzione per inadempimento del contratto più volte citato.
Rispetto a tale contratto, la Corte d’appello di Bologna ha , però, escluso che vi fosse (o fosse stato ritualmente dedotto, quanto alla tempestiva denuncia del sinistro) un inadempimento efficiente di Accord e, in ogni caso, ha accertato che il contratto di
manutenzione non prevedeva alcun obbligo di rimborso da parte di
Accord in favore della COGNOME (pag. 13 della sentenza impugnata). In nessun modo, quindi, il contenuto del contratto di assicurazione può rappresentare un ‘fatto decisivo’ ex art. 360, n. 5, c.p.c., dal momento che il rigetto della domanda verso COGNOME si è fondato su ragioni logicamente ‘prioritarie’ e del tutto assorbenti rispetto al profilo del rapporto di parentela intercorrente tra assicurato (NOME COGNOME) e terzo danneggiato (la madre di NOME), evocato nel motivo.
Ciò vale, a maggior ragione, con riguardo a i ‘parenti’ (ed eredi) di NOME COGNOME, essendo qualsivoglia questione di apprezzamento del contenuto del contratto superata dalla carenza di azione di questi ultimi nei confronti di Unipolsai, posto che essi non rivestono la qualità di beneficiari del contratto di assicurazione (a pag. 16 della sentenza della Corte d’appello di Bologna , in questa sede impugnata, si legge: ‘nemmeno ipotizzabile sarebbe la condanna di RAGIONE_SOCIALE in favore degli Eredi, questi non rivestendo il ruolo di contraenti della polizza assicurativa né essendo i soggetti la cui RC è coperta dalla garanzia assicurativa (pacificamente limitata al manutentore ed al proprietario/gestore dell’impianto elevatore)’).
Né la polizza contempla la rivalsa di quanto pagato a terzi a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale.
Con il secondo motivo di ricorso , NOME e NOME COGNOME (quali eredi di NOME COGNOME), e quest’ultimo e NOME COGNOME in proprio, deducono la violazione dell’art. 2043 c.c., per avere la sentenza di secondo grado fondato il rigetto della loro domanda risarcitoria sull’ esclusione dei relativi danni dalla copertura assicurativa.
Il motivo è inammissibile.
Con riguardo alla posizione di NOME COGNOME, esso non intercetta, infatti, la ratio decidendi alla base del rigetto della relativa domanda risarcitoria, che riposa sulla sufficienza della
somma versata, a titolo transattivo, dalla figlia NOME COGNOME a coprire il risarcimento dei pregiudizi dedotti.
Con riguardo alla posizione dei parenti, a fronte della deduzione, da parte di questi ultimi, della responsabilità ex art. 2043 c.c. del produttore dell’elevatore, il giudice di secondo grado ha rigettato come detto – il motivo per l’estraneità della ‘attività di accudienza’ al novero dei pregiudizi risarcibili ai termini della polizza assicurativa della responsabilità civile. Dall’angolo visuale dell’art. 2043 c.c., occorre, peraltro, rimarcare che la sentenza di primo grado aveva escluso la sussistenza di una condotta colposa di Accord, sulla base delle risultanze della c.t.u., secondo cui non era possibile ‘ individuare con certezza per quale ragione la porta dell’elevatore si aperta nonostante lo slivellamento della piattaforma ‘ (così a pag. 7 della sentenza impugnata) .
Va al riguardo osservato che la domanda degli eredi ex art. 2043 c.c. è stata rigettata in quanto all’esito della CTU espletata in 1° grado: a) si è esclusa la responsabilità di Accord per difetto di manutenzione ( v. pag. 6 sent. ); b) si è esclusa la sussistenza di una specifica condotta colposa e la conseguente responsabilità di Accord per l’apertura delle porte nonostante lo slivellamento della piattaforma ( v. pag. 7 sent. ); si è esclusa la sussistenza di un danno per l’attività di accudimento; si è escluso l’ an del danno non patrimoniale ( morale ) in ragione de difetto di relativa allegazione e prova ( v. pag. 16 sent. ).
Quanto alla COGNOME la corte di merito ha altresì precisato non rientrare il rimborso selle somme pagate ai danneggiati nell’oggetto del contratto ( pagg. 13 e 14 sent. ); mentre quanto al danno sofferto dalla viola ha posto in rilievo che esso è stato già integralmente risarcito ( v. pag. 16 sent. ).
Orbene, al riguardo i ricorrenti, anche in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c. non danno invero prova della causa petendi posta a base della
domanda ex art. 2043 c.c., limitandosi a riportare le sole conclusioni rassegnate sin dal 1° grado di giudizio e non anche le argomentazioni poste a relativo sostegno, né delle specifiche censure mosse in ordine alle rationes decidendi ( in particolare sulla mancanza di colpa e sulla causa ignota ), limitandosi a riproporre le non accolte tesi difensive e ad introdurre il riferimento alla violazione dei doveri di informazione del produttore ( pag. 50 ric. ) prospettante inammissibili profili di novità, in difetto di indicazioni in ordine alla corrispondente deduzione nel giudizio di merito di primo grado, e quali siano state al riguardo la decisione del giudice di prime cure e le censure mosse in proposito con l’atto di appello.
Con il quarto motivo i ricorrenti censurano la violazione dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 2043, 1304 e 2041 c.c., per avere la corte d’appello liquidato il danno non patrimoniale subito dalla NOME COGNOME nonostante la mancata contestazione del conteggio posto a base della transazione e nonostante il condebitore COGNOME non avesse dichiarato di voler profittare della transazione (così restando esposto per l’intero).
Il motivo è da rigettare relativamente alla posizione (degli eredi della COGNOME, dal momento che il giudice di merito correttamente ha proceduto alla liquidazione del danno dalla stessa subito, non potendo riconoscersi, sul punto, alcuna efficacia vincolante alla transazione conclusa con NOME COGNOME alla quale COGNOME (contro cui la domanda de qua era stata proposta, in via riconvenzionale, dalla COGNOME) era estranea e della quale, in ogni caso, mai ebbe a dichiarare di volerne profittare ex art. 1304, comma 1, c.c.
Quanto al danno invocato iure proprio dai parenti, il motivo non si confronta con la ratio decidendi del rigetto (che non attiene alla quantificazione del danno ma alla non indennizzabilità ai termini della polizza), restando, per i restanti profili, il relativo
accoglimento precluso dalle considerazioni svolte in ordine al secondo motivo.
Con il quinto motivo i ricorrenti deducono l’omesso esame dei motivi d’appello proposti contro la sentenza non definitiva del Tribunale di Parma n. 153/2012. La Corte d’appello di Bologna, dopo aver ritenuto ammissibile l’appello differito svolto dai COGNOME–COGNOMEin virtù della natura non definitiva della sentenza in discorso), non avrebbe esaminato i motivi d’appello (relativi alla decisione su questioni diverse dalla competenza, a fronte della precisazione delle conclusioni soltanto su quest’ultima; alla statuizione con cui le spese della estromessa RAGIONE_SOCIALE erano state poste a carico, per un terzo, degli appellanti; alla declaratoria di decadenza di Accord dall ‘assicurazione per tardiva denuncia dell ‘evento assicurato; alla declaratoria di inammissibilità della domanda della COGNOME fondata sulla prospettazione di una propria responsabilità ex art. 2051 c.c.).
Il motivo può essere esaminato unitamente al nono, con il quale i ricorrenti deducono la nullità della sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto passata in giudicato la sentenza n. 153/2012 del Tribunale di Parma solo per alcuni capi, condannando i ricorrenti al pagamento di un terzo delle spese legali in favore di Assicoop. Deducendo la violazione degli artt. 340 e 279 c.p.c. e 2909 c.c., nonché 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 5 della Tariffa forense ratione temporis vigente, i ricorrenti sostengono che la sentenza n. 152/2012, in quanto non definitiva (per come espressamente qualificata dal decidente), non poteva contenere una statuizione di condanna alle spese (statuizione che, in ogni caso, appare eccessiva nel quantum ed in violazione del principio di causalità, essendo stata RAGIONE_SOCIALE chiamata in causa da RAGIONE_SOCIALE).
I motivi sono inammissibili.
Il giudice di primo grado (il dispositivo della sentenza reca l’ espressa qualificazione di ‘non definitiva’) , dopo aver rigettato
l’eccezione di incompetenza, dispose : ‘la causa dovrà proseguire per la decisione sul merito delle domande dell’attrice e dei danneggiatichiamati’.
Dichiarò quindi inammissibile la domanda che presupponeva la qualificazione della responsabilità dell’attrice COGNOME nei termini dell’art. 2051 c.c. e la domanda di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di Assicoop; e dichiarò ‘il difetto di legittimazione passiva’ di Assicoop , estromettendola dal processo con liquidazione delle spese legali in suo favore. In questo modo, dunque, il Tribunale di Parma non delibò, in via definitiva, il solo ‘pezzo’ di causa afferente alla posizione di Assicoop, ma definì una parte del thema decidendum concernente il rapporto processuale tra le altre parti.
La pronuncia di secondo grado ha motivatamente ritenuto che la sentenza n. 152/2012 del Tribunale di Parma dovesse ritenersi definitiva, relativamente alle domande svolte nei confronti di Assicoop, e non definitiva per il resto.
Conseguentemente ha ritenuto inammissibili i motivi di impugnazione formulati (non immediatamente, ma a seguito di riserva d’appello) con riguardo alle statuizioni involgenti la posizione di Assicoop, e ha invece deciso nel merito (pagg. 11-13) le questioni introdotte dagli altri motivi d’appell o (affermando la necessità della formulazione delle conclusioni per l’intera causa -ai sensi dell ‘ art. 189, 2° comma, c.p.c. vecchia formulazione-; la non decisività della questione concernente la qualificazione della domanda attrice nell’alveo dell’art. 2051 c.c. ; ancora, la non decisività della valutazione del contegno di RAGIONE_SOCIALE in sede di denuncia del sinistro ad Assicoop, a fronte della mancata deduzione, da parte dell’attrice, di un corrispondente inadempimento da parte di RAGIONE_SOCIALE).
Non sussiste, dunque, alcuna omissione di pronuncia sui motivi d’appello , ma solo la coerente applicazione della disciplina discendente dalla qualificazione delle due sentenze emesse dal
giudice di primo grado; qualificazione rispetto alla quale, pertanto, i motivi di ricorso in esame si riducono a un’inammissibile contrapposizione della valutazione dei ricorrenti circa la natura (definitiva o non definitiva) della sentenza del 2012 rispetto a quella fatta propria dalla Corte d’appello di Bologna, incensurabile in questa sede siccome adeguatamente argomentata.
Con il sesto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 276, comma 2, c.p.c.; dell’art. 112 c.p.c.; dell’art. 1891, comma 2, c.c., nella parte in cui il giudice di secondo grado ha trattato la questione della tardività della denuncia assicurativa da parte di Accord soltanto con riferimento alla domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della COGNOME medesima (non entrando nel merito per l’omissione della corrispondente, rituale deduzione) , senza invece riferirla alla domanda direttamente proposta dalla COGNOME (quale beneficiaria dell’assicurazione) nei confronti di Unipolsai. Si legge, a pag. 59 del ricorso per cassazione: ‘ la sentenza qui impugnata, in violazione dell’art. 1891 c. 2 c.c. e dell’art. 276 c. 2 c.p.c. non ha deciso gradatamente prima la questione preliminare dell’ammissibilità della domanda attrice verso Unipolsai ex art. 1891 c. 2 cc. e poi il merito ‘ .
Con il settimo motivo censurano la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., per l’omesso esame del fax inviato il 23/08/2005 da Accord a Unipolsai (denuncia del sinistro) e della lettera di risposta di Unipolsai ad Accord del 16/04/2007, che proverebbero l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione formulata da Unipolsai.
Con l ‘ ottavo motivo è denunziata la violazione dell’art. 2952, comma 2, c.c., per aver avallato la tesi della prescrizione annuale del diritto all’indennizzo assicurativo .
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
Essi presuppongono, infatti, la rituale formulazione, da parte della COGNOME, di una domanda di adempimento del contratto di assicurazione nei confronti di Unipolsai . Vi è, però, che l’attrice non aveva neppure convenuto la compagnia assicuratrice (la quale era stata, invece, evocata in giudizio dalla convenuta COGNOME), limitandosi a formulare una domanda di risarcimento del danno da risoluzione del contratto stipulato con RAGIONE_SOCIALE, rivolta a quest’ultima (Accord) ‘in via esclusiva o solidale con l’eventuale società assicuratrice che la convenuta volesse chiamare in giudizio’ (v. pag. 11 del ricorso per cassazione). La domanda è svolta, dunque (peraltro, solo ‘eventualmente’) contro soggetto che non era (ancora) parte del giudizio, e che -in ogni caso – non era legittimato passivo rispetto alla stessa (non potendosi configurare alcuna responsabilità solidale di Unipolsai rispetto al l’inadempimento di Accord al contratto da quest’ultima stipulato con l’attrice medesima).
Né la ricorrente deduce di aver modificato la domanda (o formulato una nuova domanda) dopo la costituzione in giudizio di Unipolsai. Cionondimeno, la domanda è stata comunque rigettata dal giudice sul presupposto della inoperatività della polizza in virtù
d’appello, delle clausole di delimitazione del rischio assicurato.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore delle controricorrenti società RAGIONE_SOCIALE e Unipolsai RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 11.200,00, di cui euro 11.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore delle controricorrenti
società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza sezione