Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21157 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21157 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12574/2024 R.G. proposto da: ll’avvocato COGNOME
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da NOMECOGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME
– controricorrenti – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 1806/2023, depositata il 21/12/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con contratto preliminare di compravendita del 19.11.2011, la RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a vendere a COGNOME NOME e a COGNOME NOME un’unità immobiliare facente parte di un fabbricato da costruire sito in Atri, posto al piano primo, nonché un garage al piano terra. Del prezzo, pattuito in €. 260.000,00, complessivi €. 80.000,00 venivano versati dai promissari acquirenti in tre diverse soluzioni. La restante parte del prezzo avrebbe dovuto essere saldata alla stipula del rogito.
Con appendice al preliminare di compravendita del 03.09.2013, le parti modificavano l’oggetto del contratto e ridefinivano il prezzo della vendita in complessivi €. 222.000,00.
Il 29.01.2014 i contraenti prorogavano la stipula del definitivo dal 31.12.2013 al 30.04.2014, termine dagli stessi espressamente indicato come «essenziale», stante la dichiarata necessità della venditrice di ottemperare agli impegni assunti con l’istituto di credito mutuante.
Scaduto il termine, i promissari acquirenti, convocati innanzi al notaio dalla promittente venditrice per la data dell’11 giugno 2014 per la stipula del contratto definitivo, chiedevano una proroga asserendo di trovarsi in una situazione di impossibilità economica.
1.1. In data 11.09.2015 la My House depositava, quindi, ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ. innanzi al Tribunale di Teramo per sentir pronunciare sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. nei confronti dei promissari acquirenti NOME COGNOME e NOME COGNOME che tenesse luogo del contratto di compravendita immobiliare non concluso e, per l’effetto, trasferisse ai convenuti la proprietà dell’appartamento, oggetto del preliminare intercorso tra le parti, con condanna degli stessi al pagamento della somma di €. 102.000,00, oltre iva come per legge, quale saldo del prezzo pattuito, oltre interessi e rivalutazione sulla sorte capitale, dalla data fissata per la stipula del rogito sino al saldo, oltre agli interessi bancari maturati sul mutuo fondiario acceso
per costruire il fabbricato comprendente l’appartamento promesso in vendita.
Il 19.02.2016 i promissari acquirenti comunicavano a RAGIONE_SOCIALE di avere le risorse necessarie per completare l’acquisto dell’immobile ; chiedevano alla promittente venditrice di essere messi a conoscenza con esattezza del l’importo della somma residua da versare, comprensiva di interessi nel frattempo maturati e del costo per gli allacci, invitandola al contempo a render noto tale importo e la data fissata per la stipula del definitivo entro i successivi 7 giorni, dovendo, in caso contrario, costituirsi in giudizio per formulare domanda adesiva ex art. 2932 cod. civ.
In pari data, la promittente venditrice portava alla notifica atto stragiudiziale con il quale informava i promissari acquirenti della propria volontà di mutare in giudizio «la domanda di adempimento sostituendola con quella di recesso dal contrato preliminare…Con ogni conseguenza in ordine alla ritenzione della caparra, essendosi resi i promittenti acquirenti COGNOME NOME e COGNOME NOME inadempienti agli obblighi assunti at tesa la essenzialità del termine del 30.04.2014… ».
Il 22.02.2016 i promissari acquirenti si costituivano nel procedimento sommario, depositando in Cancelleria comparsa (notificata alla società) con la quale, nel richiedere il rigetto della avversa domanda (in realtà ancora non formulata formalmente in giudizio) di accertamento della legittimità del recesso, richiedevano l’emissione della sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ., «con conseguente trasferimento in favore dei ricorrenti o in favore di persona che si riservano di indicare e/o nominare» del bene immobile oggetto del preliminare del 3 settembre 2013.
Il 21 marzo interveniva in giudizio NOME COGNOME figlia dei promissari acquirenti, che faceva proprie le difese e le domande dei resistenti,
dichiarando la sua disponibilità ad accettare il trasferimento dell’immobile a suo favore.
Alla successiva udienza del 23 marzo 2016, la ricorrente RAGIONE_SOCIALE -che nel frattempo aveva venduto l’immobile di cui è causa ad altro acquirente – formalizzava la sostituzione della domanda originaria con quella di accertamento della legittimità recesso ed eccepiva -tra l’altro -la tardività della costituzione dei resistenti e, dunque, l’inammissibilità delle domande dagli stessi proposte.
1.2. Il Tribunale adito disponeva il mutamento del rito, fissando « per gli incombenti di cui all’art. 183 cod. proc. civ. l’udienza del 13.04.2006» . Tale udienza, stante l’introduzione da parte dei resistenti di procedimento per sequestro conservativo con udienza fissata al 10 maggio 2016, veniva rinviata anch’essa al 10.05.2016.
Rigettata l’eccezione sollevata dalla ricorrente attrice di intempestiva costituzione dei resistenti con conseguente tardività di ogni domanda ed eccezione dagli stessi sollevate, essendosi costituiti nei 10 gg. prima dell’udienza proveniente dal rinvio d’ ufficio ex art. 168 bis V comma, il Tribunale di Teramo rigettava la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE di accertamento della legittimità del recesso da questa esercitato; in accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ. disponeva il trasferimento – in favore di NOME COGNOME tenuto conto del decesso nelle more del giudizio di seconde cure di NOME COGNOME dell’immobile oggetto di causa, subordinando l’efficacia della statuizione al pagamento da parte dei convenuti in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 102.000,00, oltre IVA come per legge.
La suddetta pronuncia veniva impugnata dal RAGIONE_SOCIALE innanzi alla Corte d’Appello di L’Aquila, che confermava parzialmente la pronuncia di prime cure disponendo, ex art. 2932 cod. civ., il trasferimento dell’immobile oggetto di causa in favore di NOME COGNOME
nella quota di 2/3 e di NOME COGNOME nella quota di 1/3. A sostegno della sua decisione, per quanto ancora di interesse, la Corte territoriale rigettava la medesima eccezione di tardività della domanda riconvenzionale elevata dai promissari acquirenti, richiamando l’orientamento di questa Corte in virtù del quale in tema di procedimento sommario di cognizione, le preclusioni maturate nel corso dello stesso non si applicano al giudizio ordinario a cognizione piena che si instaura all’esito della conversione del rito, poiché l’art. 702bis cod. proc. civ. non dispone nulla al riguardo, mentre l’art. 702ter cod. proc. civ. prevede espressamente che il giudice, in seguito alla detta conversione, fissi l’udienza di cui all’art. 183 cod. proc. civ., con conseguente necessità di osservare i termini ex artt. 163bis , comma 1, cod. proc. civ. e 166 cod. proc. civ. a tutela del diritto di difesa del convenuto (cfr. Cass. 13879/2020).
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo ad un unico motivo.
Resistono NOME COGNOME e NOME COGNOME.
In prossimità dell’adunanza entrambe la parti hanno presentato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di gravame si deduce violazione degli artt. 702ter cod. proc. civ., 163bis , comma 1, cod. proc. civ., 166 e 167 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4) cod. proc. civ. In tesi, nel caso in esame gli appellati odierni resistenti non hanno rispettato proprio il principio sancito dalla Suprema Corte e richiamato in sentenza: non hanno, quindi, formulato la domanda riconvenzionale nel rispetto dei termini di cui agli artt. 163bis e 166 cod. proc. civ., ossia entro il 12.04.2016. Ciò in quanto, come supportato dai documenti agli atti, la domanda riconvenzionale proposta nella fase
sommaria era tardiva ed è decaduta per mancato rispetto del termine previsto dall’art. 702 -bis cod. proc. civ.; per cui, a seguito della conversione del rito, controparte avrebbe potuto e dovuto riproporre la domanda nel termine stabilito dall’art. 167 cod. proc. civ. Il fatto che il Giudice abbia fissato l’udienza ex art. 183 cod. proc. civ. senza il rispetto del lungo termine ex art. 163bis cod. proc. civ. nulla cambia: a giudizio della ricorrente, i resistenti avrebbero dovuto tempestivamente dolersi di tale omissione e chiedere la fissazione di una nuova udienza nel rispetto del termine lungo consentendo in tal modo di proporre in maniera rituale la domanda riconvenzionale.
1.1. Il motivo è infondato.
Giova precisare che correttamente la Corte territoriale ha richiamato nel caso che ci occupa il principio espresso da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 2394 del 03/02/2020, Rv. 657137 – 01), in virtù del quale «Il differimento della prima udienza ex art. 168bis , comma 5, cod. proc. civ. intervenuto dopo la scadenza del termine per la costituzione del convenuto ex art. 166 cod. proc. civ. non determina la rimessione in termini dello stesso convenuto ai fini della sua tempestiva costituzione e, di conseguenza, restano ferme le decadenze già maturate a suo carico ai sensi dell’art. 167 cod. proc. civ.». Ciò in quanto risulta dagli atti -ai quali questa Corte direttamente accede in ragione della natura processuale del vizio fatto valere in ricorso -che l’udienza di comparizione nel giudizio sommario di cognizione era stata fissata dal giudice in data 27.01.2016; successivamente, tale data era stata differita dal medesimo giudice al 23.03.16: rispetto a questa seconda data, la costituzione degli allora convenuti sarebbe stata in termini, ben prima cioè dei 10 giorni antecedenti all’udienza prescritti dall’art. 702 -bis , comma 3, cod. proc. civ.
Tuttavia, come stabilito nel principio sopra richiamato, il differimento dell’udienza non comporta la rimessione in termini per ciò che attiene la costituzione di parte convenuta.
1.2. Tanto precisato, pur essendo tardiva la costituzione degli allora convenuti nel giudizio sommario di cognizione, resta qui da chiarire se la conversione del rito da sommario in ordinario, operata dal giudice nella prima udienza del 23.03.2016, si ripercuota anche sul giudizio ordinario di cognizione, come sostiene la ricorrente, determinando l’inammissibilità della costituzione dei convenuti, che resta tardiva; ovvero se -come ritenuto dalla Corte territoriale (v. sentenza p. 9, punto 23) -la preclusione maturata nel corso del procedimento sommario non si applica al giudizio ordinario a cognizione piena che si instaura all’esito della conversione del rito, nulla disponendo a riguardo l’art. 702 -bis cod. proc. civ.
1.2.1. Il caso di specie è ulteriormente complicato dal fatto che il giudice adito ex art. 702bis cod. proc. civ., nel trasformare il rito da sommario in ordinario, non ha egli stesso rispettato i termini prescritti dall’art. 163 -bis , comma 1 (vigente ratione temporis ), ossia 90 giorni liberi tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell’udienza di comparizione, avendo differito l’udienza dal 23.03.2016 dapprima al 13.04.2016 e successivamente al 10.05.2016. Termini che trovano applicazione ai sensi dell’art. 702ter , comma 3, cod. proc. civ., che così recita: «il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II». Atteso il chiaro tenore della norma citata, trovano applicazione, nella detta ipotesi, i termini indicati all’art. 183 cod. proc. civ., cui l’art. 702ter , comma 3, fa espresso rinvio, con conseguente necessità di osservare i termini di cui all’art. 163bis , comma 1, cod. proc. civ. (90
gg liberi) a tutela del diritto di difesa del convenuto e di cui all’art. 166 cod. proc. civ. (costituzione 20 gg prima dell’udienza).
1.3. Il Collegio ritiene di dover dare seguito al principio già espresso da questa Corte (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13879 del 06/07/2020, Rv. 658308 – 01) e richiamato nella pronuncia impugnata, a mente del quale le preclusioni maturate nella fase sommaria del procedimento non rilevano nel giudizio ordinario a cognizione piena che si instaura all’esito della conversione del rito sommario, nulla al riguardo in tal senso disponendo l’art. 702bis cod. proc. civ., che trova nella specie applicazione, tenuto conto che, allorquando ha voluto diversamente disporre, il legislatore ha introdotto espressa eccezione alla suindicata regola generale (es.: art. 4, comma 5, d.lgs. n. 150 del 2011, relativo a procedimenti diversi da quello oggetto del presente giudizio ).
Se nell’udienza del 13.04.2016 si fosse verificata la mancata comparizione degli odierni ricorrenti, allora appellati, il giudice avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della citazione entro un termine perentorio ex art. 291 cod. proc. civ. (cfr. Cass., 2/5/2019, n. 11549; Cass., 28/5/2010, n. 13128).
Tuttavia, nel caso di specie, i resistenti si sono costituiti in data 22.02.2016, ossia comunque 20 giorni prima della data di udienza (erroneamente) fissata dal giudice per il 13.04.2016: in virtù del principio di economia processuale e ragionevole durata del processo, si deve ritenere che tale costituzione sia tempestiva, in quanto comunque rispettosa dei termini prescritti dal codice di rito in funzione della tutela del convenuto.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art.
13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 5.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda