LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Controllo investigativo dipendente: quando è legale?

Un lavoratore, guardia campestre, è stato licenziato per giusta causa dopo che un’indagine privata ha rivelato che falsificava i rapporti di servizio, attestando di trovarsi in luoghi diversi da quelli effettivi. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, chiarendo che il controllo investigativo dipendente è ammesso se finalizzato ad accertare comportamenti illeciti e fraudolenti in luoghi pubblici, e non a vigilare sulla mera esecuzione della prestazione lavorativa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Controllo investigativo dipendente: quando è legale? La Cassazione fa chiarezza

Il controllo investigativo dipendente rappresenta una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, ponendo in equilibrio il diritto del datore di lavoro a tutelare il proprio patrimonio e il diritto del lavoratore alla privacy. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui limiti e le condizioni di legittimità di tali controlli, confermando un licenziamento per giusta causa basato proprio sulle risultanze di un’agenzia investigativa.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una guardia campestre licenziata dal suo datore di lavoro, un consorzio di vigilanza, dopo essere stata accusata di aver falsificato i rapporti di servizio. In tre diverse occasioni, durante il suo turno di guardia, il lavoratore aveva fermato e stazionato con l’autovettura di servizio in luoghi diversi da quelli che aveva indicato nel rapporto ufficiale.

Questi comportamenti sono emersi grazie a un’attività di indagine commissionata dal consorzio a un’agenzia investigativa. Sulla base delle prove raccolte, l’azienda ha contestato gli addebiti al dipendente e ha proceduto al licenziamento per giusta causa. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno confermato la legittimità del recesso, ritenendo l’attività investigativa lecita in quanto finalizzata a scoprire condotte illecite e non a monitorare la prestazione lavorativa in sé.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il lavoratore ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando quattro principali motivi di ricorso:
1. Violazione dello Statuto dei Lavoratori: Il dipendente sosteneva che il controllo tramite agenzia investigativa fosse illegittimo perché effettuato durante l’orario di lavoro per vigilare sull’adempimento della prestazione.
2. Carenza di prova: Secondo il ricorrente, né la relazione investigativa né il materiale fotografico erano sufficienti a dimostrare in modo inequivocabile la sua responsabilità, mancando i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti per il ragionamento presuntivo.
3. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato: La Corte d’Appello avrebbe erroneamente considerato anche precedenti disciplinari che non facevano parte della contestazione specifica che ha portato al licenziamento.
4. Natura ritorsiva del licenziamento: Il licenziamento sarebbe stato una ritorsione per le sue precedenti denunce in materia di sicurezza sul lavoro e ritardi nei pagamenti degli stipendi.

L’analisi della Cassazione sul controllo investigativo dipendente

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, confermando la piena legittimità del licenziamento. L’analisi dei giudici offre spunti fondamentali per comprendere i confini del potere di controllo del datore di lavoro.

La liceità dei cosiddetti ‘controlli difensivi’

Il punto cruciale della decisione riguarda il primo motivo. La Corte ha stabilito che il controllo investigativo dipendente è legittimo quando non è diretto a verificare le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa (controllo vietato dagli artt. 2, 3 e 4 dello Statuto dei Lavoratori), ma ad accertare comportamenti illeciti del lavoratore. Questi controlli, noti come ‘difensivi’, sono ammessi se finalizzati a tutelare il patrimonio aziendale, l’immagine dell’azienda o a prevenire la commissione di reati.

Nel caso specifico, l’indagine non mirava a valutare se la guardia stesse lavorando bene o male, ma a verificare se stesse commettendo un illecito (falsificare il rapporto di servizio), un comportamento idoneo a ledere la fiducia del datore di lavoro e il patrimonio aziendale. Poiché l’attività investigativa si è svolta in luoghi pubblici e ha riguardato condotte estranee alla normale attività lavorativa, è stata ritenuta lecita.

L’insindacabilità della valutazione delle prove

Per quanto riguarda il secondo e il quarto motivo, la Cassazione li ha dichiarati inammissibili. I giudici hanno ribadito che la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono compiti esclusivi dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte può solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione, non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti.

Il ruolo dei precedenti disciplinari

Infine, è stato ritenuto infondato anche il terzo motivo. La Corte ha chiarito che il riferimento della Corte d’Appello ai precedenti disciplinari del lavoratore non ha introdotto una nuova base per il licenziamento, ma è servito come mero argomento aggiuntivo per valutare la gravità complessiva della condotta contestata e la proporzionalità della sanzione espulsiva.

Le Motivazioni

La motivazione centrale della Suprema Corte si fonda sulla distinzione tra controllo sulla prestazione lavorativa e controllo su condotte illecite. Il divieto di controllo a distanza sancito dallo Statuto dei Lavoratori riguarda la vigilanza sull’esecuzione del lavoro, non la tutela dell’azienda da comportamenti fraudolenti o penalmente rilevanti. L’impiego di un’agenzia investigativa rientra nei poteri del datore di lavoro se l’indagine si svolge in luoghi pubblici e ha lo scopo di accertare condotte che possono ‘raggirare il datore di lavoro e ledere il patrimonio aziendale ovvero l’immagine e la reputazione dell’azienda’. L’attività di controllo è stata quindi considerata un legittimo ‘controllo difensivo’, sottratto alle prescrizioni dello Statuto dei Lavoratori.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: un datore di lavoro può legittimamente ricorrere a un’agenzia investigativa per smascherare illeciti commessi da un dipendente, anche durante l’orario di lavoro, a condizione che l’indagine si svolga in luoghi pubblici e non si traduca in una vigilanza oppressiva sulle modalità di esecuzione del lavoro. Questa decisione riafferma che la falsificazione dei documenti di servizio costituisce un inadempimento grave, tale da ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia e giustificare il licenziamento in tronco.

Un datore di lavoro può assumere un investigatore privato per controllare un dipendente?
Sì, ma solo a determinate condizioni. Secondo la Corte di Cassazione, il controllo investigativo è legittimo se non è volto a vigilare sulla mera esecuzione della prestazione lavorativa, ma ad accertare comportamenti illeciti del dipendente (come furti, frodi, o false attestazioni) che possano danneggiare il patrimonio o l’immagine aziendale. L’indagine, inoltre, deve svolgersi in luoghi pubblici.

Falsificare un rapporto di servizio è una giusta causa di licenziamento?
Sì. La sentenza conferma che attestare il falso su un documento ufficiale di servizio, indicando di trovarsi in un luogo mentre si è in un altro, costituisce un comportamento fraudolento e una violazione talmente grave degli obblighi di diligenza e fedeltà da ledere irreparabilmente il vincolo di fiducia con il datore di lavoro, giustificando così il licenziamento per giusta causa.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove raccolte da un investigatore?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di riesaminare le prove (come relazioni investigative o fotografie) o di ricostruire i fatti, attività che spettano esclusivamente al Tribunale e alla Corte d’Appello. La Cassazione può solo verificare se i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e se la loro motivazione sia logica e non contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati