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Controllo a distanza lavoratore: il Telepass è illecito?

Un lavoratore è stato licenziato sulla base di dati provenienti da un dispositivo di telepedaggio aziendale e da un palmare. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento, stabilendo che il datore di lavoro non aveva fornito l’adeguata informativa preventiva sull’uso del dispositivo di telepedaggio per il controllo a distanza del lavoratore. Di conseguenza, i dati raccolti sono stati ritenuti inutilizzabili a fini disciplinari e le restanti contestazioni non erano sufficienti a giustificare il recesso.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Controllo a distanza lavoratore: la Cassazione sui limiti del Telepass aziendale

Il tema del controllo a distanza lavoratore è sempre più centrale nell’era digitale, dove gli strumenti di lavoro spesso raccolgono dati sull’attività dei dipendenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto chiarimenti cruciali sull’uso dei dati provenienti da dispositivi come il telepedaggio installato sulle auto aziendali, ribadendo l’importanza dell’obbligo informativo a carico del datore di lavoro.

I fatti di causa: il licenziamento basato su palmare e dispositivo di telepedaggio

Il caso riguarda un tecnico trasfertista licenziato per motivi disciplinari da una società. Le contestazioni si basavano su dati raccolti attraverso due strumenti: un computer palmare fornito per l’espletamento della prestazione lavorativa e il dispositivo di telepedaggio installato sul mezzo aziendale. Secondo l’azienda, i dati evidenziavano una serie di mancanze, tra cui ritardi nell’esecuzione degli interventi e inesattezze nei rapporti, commesse in due specifiche giornate lavorative.

La decisione dei giudici di merito

In primo grado, il Tribunale aveva ritenuto legittimo il licenziamento. La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno operato una distinzione fondamentale tra i dati provenienti dal palmare e quelli derivanti dal dispositivo di telepedaggio. Mentre per il palmare l’azienda aveva fornito prova di aver informato il lavoratore sulle modalità d’uso e di controllo, come richiesto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, lo stesso non era avvenuto per il dispositivo di telepedaggio. La Corte d’Appello ha quindi dichiarato inutilizzabili, a fini disciplinari, i dati relativi agli spostamenti autostradali. Le restanti contestazioni, basate sui soli dati del palmare, sono state giudicate non abbastanza gravi da costituire un notevole inadempimento e, quindi, non sufficienti a giustificare un licenziamento.

Il ricorso in Cassazione

La società ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo diversi motivi. In particolare, ha argomentato che i dati del telepedaggio non derivassero direttamente dal dispositivo, ma da documenti contabili (le fatture mensili), e che lo strumento fosse primariamente di pagamento e non di controllo. Inoltre, ha tentato di inquadrare l’operazione come “controllo difensivo”, finalizzato a prevenire abusi nell’uso dei beni aziendali.

Le motivazioni della Suprema Corte sul controllo a distanza lavoratore

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la sentenza d’appello. La Suprema Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 4 della Legge n. 300/1970 (come modificato dal Jobs Act), gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa possono essere installati senza accordo sindacale o autorizzazione amministrativa. Tuttavia, i dati raccolti da tali strumenti possono essere utilizzati per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, inclusi quelli disciplinari, solo a una condizione precisa, indicata dal comma 3 dello stesso articolo: che sia data al lavoratore adeguata informazione sulle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli.

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che:
1. Mancata Informativa: L’azienda non ha mai provato di aver informato specificamente il lavoratore che anche il dispositivo di telepedaggio sarebbe stato usato per un controllo a distanza lavoratore. L’informativa fornita per il palmare non poteva estendersi automaticamente ad altri strumenti.
2. Irrilevanza della Fonte dei Dati: È irrilevante che i dati non vengano acquisiti in tempo reale ma posticipatamente tramite le fatture di un fornitore terzo. L’apparecchio, installato per iniziativa datoriale, consente di registrare i transiti e, di conseguenza, permette un controllo postumo sull’attività del lavoratore. Questo lo qualifica come strumento da cui deriva una possibilità di controllo a distanza.
3. Inammissibilità dei Controlli Difensivi: La tesi dei “controlli difensivi” è stata giudicata inammissibile perché non era stata avanzata nei precedenti gradi di giudizio. In ogni caso, i controlli difensivi presuppongono un fondato sospetto di un illecito, che l’azienda non aveva allegato.

Conclusioni: l’obbligo di informazione è inderogabile

La decisione della Cassazione riafferma un principio fondamentale a tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore. La possibilità per il datore di lavoro di utilizzare i dati derivanti dagli strumenti di lavoro per finalità di controllo è strettamente subordinata a un obbligo di trasparenza. Il lavoratore deve essere messo nelle condizioni di sapere quali strumenti possono generare dati sulla sua attività e come questi dati possono essere controllati. La mera “consapevolezza” della presenza di un dispositivo, come il telepedaggio, non sostituisce la necessaria e specifica informativa prevista dalla legge. In assenza di tale adempimento, i dati raccolti sono inutilizzabili e un licenziamento basato su di essi è illegittimo.

I dati del dispositivo di telepedaggio aziendale possono essere usati per licenziare un dipendente?
No, non possono essere utilizzati se il datore di lavoro non ha preventivamente fornito al lavoratore un’adeguata informazione sulle modalità d’uso dello strumento e sulle modalità di effettuazione dei controlli, come richiesto dall’art. 4, comma 3, della Legge n. 300/1970. In assenza di tale informativa, i dati sono inutilizzabili a fini disciplinari.

Quali condizioni deve rispettare il datore di lavoro per poter utilizzare i dati provenienti da strumenti di lavoro che permettono un controllo a distanza?
Il datore di lavoro deve fornire al lavoratore un’adeguata e specifica informazione sulle modalità d’uso di ciascuno strumento e sulle modalità con cui verranno effettuati i controlli, nel rispetto della normativa sulla privacy. Questa informazione deve essere data per ogni singolo strumento che consente un potenziale controllo, non essendo sufficiente un’informativa generica o relativa ad altri dispositivi.

La provenienza dei dati da una fattura di un fornitore terzo (come la società di telepedaggio) rende il controllo legittimo?
No, la provenienza dei dati da un soggetto terzo o il fatto che vengano acquisiti in un momento successivo (controllo postumo) non rende il controllo legittimo in assenza della preventiva informativa al lavoratore. Ciò che rileva è che lo strumento, installato su iniziativa datoriale, permetta la registrazione di dati che consentono un controllo a distanza dell’attività lavorativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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