LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Controlli difensivi: quando sono legittimi? Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento di una dipendente di un’azienda di moda, accusata di furto. La decisione si basa sull’inutilizzabilità delle prove raccolte tramite controlli difensivi, quali video di sorveglianza e indagini private di un collega, attivati in assenza di un ‘fondato sospetto’. La Corte ha ribadito che spetta al datore di lavoro l’onere di provare la legittimità di tali controlli e la giusta causa del licenziamento, onere non assolto nel caso di specie.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Controlli Difensivi e Licenziamento: La Cassazione Fissa i Paletti

Bilanciare la tutela del patrimonio aziendale con il rispetto della privacy dei lavoratori è una delle sfide più complesse per ogni impresa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna sul tema dei controlli difensivi, chiarendo in modo netto quando e come possono essere utilizzati e quali sono le conseguenze se le regole non vengono rispettate. Il caso riguarda il licenziamento di una responsabile di showroom, ritenuto illegittimo perché basato su prove raccolte in violazione delle norme a tutela dei lavoratori.

Il Caso: Licenziamento Basato su Prove Illegittime

Una nota azienda del settore moda licenziava una sua dipendente con la qualifica di quadro e responsabile di uno showroom commerciale, accusandola di aver sottratto prodotti aziendali. Le prove a sostegno del licenziamento provenivano da due fonti principali: un’indagine interna condotta da un collega e le immagini registrate da un impianto di videosorveglianza.

Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano già dichiarato illegittimo il licenziamento. I giudici di merito hanno stabilito che le prove erano state acquisite in modo illecito. In particolare, l’indagine del collega si era tradotta in una vera e propria perquisizione non autorizzata della borsa della lavoratrice, mentre le telecamere erano state utilizzate senza il rispetto della normativa vigente e, soprattutto, senza che vi fosse un ‘fondato sospetto’ per la loro attivazione.

I Limiti ai Controlli Difensivi sui Lavoratori

La normativa italiana, in particolare l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, pone limiti stringenti all’uso di strumenti di controllo a distanza. I cosiddetti controlli difensivi rappresentano un’eccezione: sono ammessi non per vigilare sull’esecuzione della prestazione lavorativa, ma per tutelare i beni aziendali da comportamenti illeciti.

La condizione imprescindibile per la loro legittimità, come ribadito costantemente dalla giurisprudenza, è la presenza di un ‘fondato sospetto’. Non basta una generica sensazione o, come definito dalla Corte nel caso di specie, un ‘puro convincimento soggettivo’. È necessario che il datore di lavoro abbia elementi concreti e oggettivi che inducano a credere che sia in atto un illecito. In assenza di questo presupposto, qualsiasi controllo occulto è illegittimo e le prove da esso derivanti sono inutilizzabili.

La Decisione della Corte di Cassazione

L’azienda ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la valutazione delle prove fatta dai giudici di merito. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Il compito della Corte è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare le prove.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici d’appello fosse logica e ben motivata. L’azienda non era riuscita a dimostrare l’esistenza di quel ‘fondato sospetto’ necessario a giustificare i controlli e, di conseguenza, non aveva fornito prove valide a sostegno del licenziamento.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha basato la sua decisione su alcuni punti fermi. In primo luogo, l’onere della prova della giusta causa del licenziamento grava interamente sul datore di lavoro. Questo onere include anche la dimostrazione delle circostanze specifiche che hanno reso necessario attivare i controlli difensivi.

In secondo luogo, le prove raccolte in violazione dei diritti fondamentali del lavoratore, come la privacy e la dignità, non possono essere utilizzate in giudizio. L’ispezione della borsa personale da parte di un collega è stata qualificata come una vera e propria perquisizione illecita. Analogamente, l’uso delle telecamere è risultato illegittimo per la mancanza di adeguata informazione alla dipendente e, soprattutto, per l’assenza del presupposto del ‘fondato sospetto’. Il semplice fatto che un collega si fosse ‘incuriosito’ per il comportamento della lavoratrice non è stato ritenuto sufficiente.

Infine, la Corte ha sottolineato che il tentativo dell’azienda di produrre tardivamente la documentazione relativa all’informativa sulla videosorveglianza non poteva sanare il difetto originario della prova.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per i datori di lavoro. I controlli difensivi sono uno strumento a disposizione dell’azienda, ma il loro utilizzo è subordinato a regole precise. Prima di avviare qualsiasi tipo di indagine occulta o controllo a distanza, è essenziale poter dimostrare di avere un sospetto fondato su elementi concreti e oggettivi. Le indagini ‘fai da te’, basate su mere supposizioni, non solo sono inefficaci, ma rischiano di rendere illegittimo un eventuale provvedimento disciplinare, con conseguente obbligo di reintegra del lavoratore e risarcimento del danno. La protezione del patrimonio aziendale deve sempre avvenire nel pieno rispetto della legge e della dignità dei lavoratori.

Quando un datore di lavoro può usare telecamere per controlli difensivi?
Un datore di lavoro può utilizzare telecamere per controlli difensivi solo quando esiste un ‘fondato sospetto’, basato su elementi oggettivi e concreti, che un dipendente stia commettendo un illecito ai danni del patrimonio aziendale. Un semplice convincimento soggettivo o una generica curiosità non sono sufficienti.

Le prove raccolte da un collega che ispeziona la borsa di un altro dipendente sono valide?
No. Secondo la Corte, un’azione del genere costituisce una perquisizione illecita di un bene personale, in violazione della privacy e della dignità del lavoratore. Di conseguenza, le prove ottenute in questo modo sono considerate illegittime e non possono essere utilizzate in un processo.

Su chi ricade l’onere di provare la legittimità dei controlli difensivi e del licenziamento?
L’onere della prova ricade interamente sul datore di lavoro. È l’azienda che deve dimostrare non solo i fatti che costituiscono la giusta causa di licenziamento, ma anche l’esistenza delle circostanze specifiche e del ‘fondato sospetto’ che hanno giustificato l’attivazione dei controlli difensivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati