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Controlli difensivi: no a indagini sul passato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 807/2025, ha confermato l’illegittimità del licenziamento di un dirigente basato su prove raccolte tramite controlli difensivi retroattivi. A seguito di un alert informatico, l’azienda aveva analizzato le email del dipendente relative a un periodo precedente all’insorgere del sospetto. La Corte ha ribadito che i controlli difensivi sono ammessi solo per raccogliere informazioni *successive* al fondato sospetto, vietando categoricamente di ‘scavare’ nel passato del lavoratore per trovare conferme di illeciti. Le prove così ottenute sono state giudicate inutilizzabili.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Controlli Difensivi: La Cassazione Mette un Freno alle Indagini Retroattive sui Lavoratori

L’era digitale ha reso sempre più sottile il confine tra la protezione del patrimonio aziendale e il rispetto della privacy dei dipendenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale: i controlli difensivi. La pronuncia chiarisce un principio fondamentale: un sospetto di illecito non autorizza il datore di lavoro a condurre indagini a ritroso sui dati del dipendente. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Un Alert Informatico e il Licenziamento del Dirigente

Una società di investimenti aveva licenziato un suo vice direttore generale a seguito di alcuni accertamenti. Tutto era partito da un ‘alert’ generato dal sistema informatico aziendale, che aveva fatto sorgere il sospetto di una condotta illecita da parte del dirigente.
Sulla base di questo sospetto, l’azienda aveva avviato un controllo, ma non sulle attività future del dipendente, bensì su quelle passate. In particolare, aveva analizzato i file di log contenenti informazioni sulle email inviate dal manager in un periodo precedente all’alert stesso. Ritenendo di aver trovato le prove di un comportamento scorretto, l’azienda aveva proceduto con il licenziamento per giusta causa.

La Questione Giuridica e i limiti dei controlli difensivi

Il cuore della controversia risiede nella legittimità di questi controlli difensivi. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo che le prove erano state raccolte in violazione dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, che pone limiti stringenti ai controlli a distanza sull’attività dei dipendenti.
La questione fondamentale era: una volta sorto un fondato sospetto, il datore di lavoro è legittimato a ‘scavare’ nel passato digitale del lavoratore per cercare conferme? O il suo potere di controllo deve essere limitato alle attività successive al sospetto?

La Decisione della Corte: i controlli difensivi sul passato sono illegittimi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le decisioni dei giudici di merito che avevano dichiarato illegittimo il licenziamento. I giudici supremi hanno ribadito un principio di diritto già enunciato in una precedente fase dello stesso processo: i controlli difensivi, anche quelli tecnologici, sono ammessi per tutelare i beni aziendali e prevenire illeciti, ma a condizioni ben precise.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il corretto bilanciamento tra la tutela degli interessi aziendali e la dignità e riservatezza del lavoratore si trova in un preciso limite temporale. Il controllo difensivo è legittimo solo se è ‘ex post’, vale a dire se, a seguito del fondato sospetto, il datore di lavoro provvede, da quel momento in poi, alla raccolta di informazioni. Solo i dati raccolti successivamente al sospetto possono essere utilizzati per un’eventuale azione disciplinare.
È invece precluso al datore di lavoro utilizzare il sospetto come pretesto per ricercare nel passato lavorativo del dipendente elementi di prova. Consentire un’indagine retroattiva su dati già archiviati equivarrebbe a legittimare un controllo massivo e indiscriminato, in palese contrasto con lo spirito dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. La violazione di questa norma, ha sottolineato la Corte, travolge l’intero procedimento disciplinare, rendendo inutilizzabili le prove illegittimamente acquisite.
La Corte ha inoltre respinto la tesi dell’azienda secondo cui le giustificazioni fornite dal dirigente in sede disciplinare avessero valore di confessione, poiché il lavoratore aveva fin da subito contestato la modalità illecita di acquisizione delle prove a suo carico.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per la tutela della privacy sul luogo di lavoro. Il messaggio per le aziende è chiaro: i sistemi di controllo e sicurezza devono essere progettati per intervenire e monitorare le condotte dopo che un sospetto concreto è emerso. Non possono essere usati come una macchina del tempo per ispezionare l’archivio delle attività passate dei dipendenti. Per i lavoratori, questa decisione rappresenta una garanzia essenziale: la loro vita digitale pregressa in azienda non può essere scandagliata arbitrariamente ogni volta che sorge un sospetto. Un licenziamento basato su prove raccolte in questo modo è e rimane illegittimo.

Un datore di lavoro può usare un sospetto di illecito per controllare le email passate di un dipendente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i controlli difensivi sono legittimi solo per raccogliere informazioni successive all’insorgere del fondato sospetto. È vietato ricercare nel passato lavorativo elementi di conferma.

Qual è la differenza tra un controllo ‘ex post’ legittimo e uno retroattivo illegittimo?
Un controllo ‘ex post’ legittimo inizia dopo che è sorto un sospetto e monitora le attività del dipendente da quel momento in avanti. Un controllo retroattivo, ritenuto illegittimo, usa il sospetto per analizzare dati già archiviati e relativi a un periodo precedente al sospetto stesso.

Le prove raccolte violando queste regole possono essere usate per un licenziamento?
No. Secondo la sentenza, le informazioni raccolte in violazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori sono inutilizzabili a fini disciplinari. Di conseguenza, un licenziamento basato su tali prove è illegittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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