Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11003 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11003 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24277-2019 proposto da:
LA NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 24/01/2019 R.G.N. 124/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Oggetto
R.G.N. 24277/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 08/04/2025
CC
Con sentenza del giorno 23.1.2019 n. 2, la Corte d’appello di Caltanissetta accoglieva il gravame dell’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Enna che aveva accolto l’opposizione di COGNOME NOME avverso l’avviso di addebito per somme dovute a titolo di contribuzione previdenziale quale Imprenditore Professionale Agricolo, relativamente al periodo 28.3.06-4.3.11 (cui si riferiva il sottostante verbale ispettivo di accertamento), eccependo l’infondatezza della pretesa dell’Inps e la prescrizione parzia le del credito, per l’anno 2008 e quelli anteriori.
Il Tribunale dichiarava la parziale prescrizione del credito e accoglieva, per il resto, l’opposizione.
La Corte d’appello, a sostegno dei propri assunti di accoglimento del gravame dell’Inps, premesso che l’oggetto della controversia non era se i contributi richiesti fossero correlati all’attività di coltivatore diretto ma a quella di imprenditore agricolo, come risultava dal verbale dell’Inps , ha ritenuto che tali contributi fossero dovuti in ragione dell’attività svolta, con i presupposti richiesti, così che la pretesa contributiva dell’Istituto previdenziale andava confermata.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, COGNOME Elena ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi, mentre l’Inps ha resistito con controricorso.
Il collegio ha riserva to il deposito dell’ ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 342 e 434 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello non aveva rilevato il difetto di specificità dei motivi di
appello dell’Inps che si era limitato a reiterare le censure e le doglianze eccepite in primo grado.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 1 del d.lgs. n. 99/2004 e dell’art. 2135 c.c. e violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del regolamento CE n. 1257/99, in relazione all’ar t. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte del merito, in riferimento al profilo del tempo necessario per lo svolgimento dell’attività di RAGIONE_SOCIALE, aveva ritenuto che l’opponente non ave sse specificamente contestato l’accertamento ispettivo, laddove evidenziava l’assenza di altre sue attività, circostanza che induceva a ritenere che dedicasse il 100% del suo tempo nell’attività agricola; la ricorrente ha dedotto, altresì, che l’estensione del terreno non giustificava la qualifica di I.A.P., né il reddito che dallo stesso la ricorrente ritraeva ed infine, il comune di Piazza Armerina non le aveva riconosciuto, in un primo tempo, neppure il requisito della professionalità, per fruire della qualifica di I.A.P.
Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce sia il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art.2697 c.c. e dell’art. 137 e 152 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., e sia il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, perché erroneamente, la Corte del merito aveva ritenuto che l’Ente impositore avesse fornito la prova della sussistenza dei requisiti per la soggezione alla contribuzione previdenziale (in particolare, in riferimento al profilo del tempo dedicato alla coltivazione, alla luce della tipologia di cultura effettuata sul fondo), quando invece, nessuna prova era stata fornita della sussistenza dei predetti requisiti, ai fini della obbligatorietà della contribuzione previdenziale.
Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 2933 e 2935 c.c. e dell’art. 9 -10 della legge n. 335/95, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte territoriale aveva attribuito al verbale ispettivo efficacia interruttiva della prescrizione dei crediti previdenziali, non essendo in esso esplicitata una precisa pretesa creditoria con la richiesta del suo adempimento.
Il primo motivo è inammissibile, per difetto di specificità, in quanto non riporta, ai sensi dell’art. 366 primo comma n. 6 c.p.c., l’atto di appello dell’Inps, che è il documento su cui si fonda la censura, così che questa Corte non è messa in condizioni di verificare la fondatezza della pretesa.
Il secondo motivo è inammissibile, perché è volto a sostenere il tentativo di rimettere in discussione i fatti di causa che sono di competenza esclusiva del giudice del merito, e non è volto, invece, ad accertare un’erronea applicazione di legge, rispetto a fatti che la Corte del merito ha definitivamente accertato.
Il terzo motivo è infondato.
In via preliminare, la ricorrente si duole che il collegio non abbia tenuto conto, ai fini del requisito del tempo, della tipologia di coltura effettuata nel fondo, senza confrontarsi con la statuizione espressa dalla Corte d’appello che l’unica attività scolta dalla sig.ra NOME era quella agricola e che l’unico reddito da lavoro dalla stessa percepito era quello che trovava la sua ragione nella coltivazione del fondo: pertanto, era ininfluente la determinazione (anche a mezzo ctu) del tempo impiegato dalla ricorrente per la coltivazione del fondo, essendo questa la sua unica attività lavorativa. Inoltre, è infondata la censura sulla violazione del l’onere della prova, ex art. 2697 c.c., sui requisiti per l’assoggettamento alla contribuzione che
doveva essere provati da parte dell’Inps; infatti, l’Istituto aveva dato prova del requisito della professionalità , con l’impiego del 100% del proprio lavoro nella coltivazione del fondo: se la lavoratrice avesse voluto provare lo svolgimento di altre attività, oltre quella di coltivazione del fondo, ciò costituiva un fatto impeditivo della pretesa contributiva che il lavoratore avrebbe dovuto provare (ma non ha fatto), sempre in virtù del principio dell’onere della prova (e non in ragione del differente pr incipio della vicinanza della prova, come opinato dalla Corte d’appello alla p. 4 della sentenza impugnata).
Il quarto motivo è, in via preliminare, inammissibile, in quanto la valutazione circa la ricorrenza di tali presupposti è rimessa all’accertamento di fatto del giudice di merito ed è, pertanto, del tutto sottratto al sindacato di legittimità (Cass. n. 15140/21). Nel merito, il motivo è comunque infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In materia di omissioni contributive, il verbale ispettivo dell’INPS (a differenza del verbale dell’Ispettorato del lavoro) ha valore interruttivo della prescrizione del credito contributivo’ (Cass. n. 19649/12) . Nella specie, con la notifica del verbale ispettivo del 18.9.11 (cfr. p. 7 della sentenza impugnata), l’Inps aveva manifestato la chiara intenzione di far valere il proprio diritto (Cass. n. 15140/21).
In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare all’Inps le spese d el giudizio che liquida nell’importo di € 3.000,00 per compensi professionali , € 200,00 per esborsi, 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 8.4.25.
Il Presidente NOME COGNOME