Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 855 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 855 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto
R.G.N. 7232/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
ORDINANZA
sul ricorso 7232-2022 proposto da: COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
avverso la sentenza n. 1254/2021 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 21/01/2022 R.G.N. 569/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 7232/22
Rilevato che:
Con sentenza del 21.1.22 n. 1254, la Corte d’appello di Lecce accoglieva l’appello dell’Inps, avverso la sentenza del tribunale di Brindisi che aveva accolto la domanda proposta da NOME COGNOME volta a chiedere il ricalcolo della pensione, previa inclusione nella base retributiva pensionabile annua dei contributi figurativi relativi agli emolumenti extramensili ricadenti nel periodo in cui aveva fruito del trattamento di CIG, ex art. 8 della legge n. 155/81 e la condanna dell’Inps al pagamento dei ratei differenziali.
Il tribunale, respinte le eccezioni di improponibilità dell’azione per mancanza della domanda amministrativa e di decadenza, ha accolto la domanda, ritenendo che parte ricorrente avesse offerto prova, ai fini dell’accoglimento della propria pretesa, dei periodi di disoccupazione involontaria ed allegato l’inadempimento dell’Ente.
La Corte d’appello, da parte sua, per quanto ancora d’interesse, a sostegno delle ragioni di accoglimento del gravame dell’Inps, ha ritenuto che per il valore della contribuzione figurativa per mobilità occorre utilizzare la retribuzione cui è riferito il trattamento straordinario di integrazione salariale che i lavoratori hanno percepito ovvero che sarebbe loro spettato nel periodo immediatamente precedente, tenendo conto che la nozione di retribuzione corrisponde alla retribuzione comprensiva di tutti gli elementi di carattere continuativo che devono essere considerati come componenti della normale retribuzione spettante per il periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro e non di
quelli concretamente percepiti nel medesimo periodo, trattandosi di contribuzione figurativa.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, NOME COGNOME ricorre per cassazione, sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria, mentre l’Inps resiste con controricorso.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello non aveva tenuto conto che non era stata impugnata da parte dell’Inps la statuizione di primo grado che l’Istituto non aveva dimostrato di avere incluso gli emolumenti extra mensili nella retribuzione di riferimento, pertanto, la Corte del merito avrebbe dovuto ritenere inammissibile il gravame, per mancata impugnazione di un capo della sentenza.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per erronea individuazione della fattispecie giuridica oggetto della controversia, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché la Corte d’appello aveva errato nell’oggetto della domanda, che non era la richiesta di inclusione nella base imponibile pensionistica dei contributi figurativi di tutti gli emolumenti extramensili, ma solo della tredicesima mensilità.
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonché dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché la sentenza impugnata non fornisce giustificazioni idone e a far individuare l’iter logico -giuridico seguito e le ragioni fondanti il contenuto della sentenza.
Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello, nell’accogliere le doglianze dell’Istituto previdenziale aveva inv ertito l’onere della prova dei fatti di causa, perché aveva respinto la richiesta di inclusione della tredicesima nella base imponibile del calcolo della pensione, senza che l’Inps , debitore della prestazione, avesse provato di averla inserita.
Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 8 comma 4 della legge n. 155/81 e dell’art. 3 della legge n. 164/75, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte del merito aveva negato il computo della 13° mensilità ai fini del calcolo della contribuzione figurativa per CIG, che entra nel trattamento pensionistico.
Il primo motivo è inammissibile, per difetto di specificità, in quanto il ricorrente non riporta dove e quando abbia proposto analoga eccezione in sede di appello, né riporta il contenuto del medesimo atto di appello dell’Inps (art. 366 primo comma n. 6 c.p.c.), così che questa Corte non è messa in condizione di verificare la fondatezza della censura.
Il secondo e terzo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono infondati; infatti, dalla lettura del ricorso di primo grado per come riportato alle pp. 7-8 del ricorso in cassazione del COGNOME, risulta come la Corte d’appello abbia cor rettamente interpretato la domanda che faceva esplicito riferimento alle modalità di calcolo del valore retributivo della contribuzione figurativa, così come prevista dall’art. 8 comma 1, della legge n. 155/81, cioè, tenendo conto delle retribuzioni effettivamente percepite, chiedendo l’inclusione nella base di calcolo della retribuzione pensionabile, ai fini della determinazione delle contribuzioni figurative accreditate in suo favore, degli emolumenti extramensili percepiti in costanza di lavoro, inserendo solo in fine delle conclusioni, in parentesi, l’indicazione della 13° mensilità (cfr. foglio 8 del ricorso in cassazione); in ogni caso, la Corte del merito ha escluso che la richiesta del COGNOME potesse essere accolta, perché non era la nozione di retribuzione effettivamente percepita nel periodo precedente alla CIG quella che doveva accogliersi, ma doveva accogliersi la nozione di retribuzione comprensiva di tutti gli elementi di carattere continuativo che devono essere considerati come componenti della normale retribuzione spettante per il periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro (cfr. p. 7 della sentenza impugnata), secondo la previsione di cui alla norma dettata dall’art. 7 comma 9 della legge n. 223/91 (vigente ratione temporis ), che richiamando il comma 1 della medesima norma, calcola tali contributi figurativi al 100% per i primi 12 mesi ed all’80% dal 13° al 36° mese, mentre correttamente non è stata fatta applicazione dell’art. 8 comma 1 della legge n. 155 del 1981, che disciplina ipotesi del tutto diverse (cfr. Cass. n. 17044/21).
Il quarto e quinto motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto sono inammissibili, perché non si confrontano con il convincimento della Corte d’appello per cui il criterio di calcolo propugnato dal ricorrente non poteva essere accolto a fronte della richiesta di contribuzione figurativa connessa a cassa integrazione. Infatti, la richiesta di calcolare i contributi figurativi sul parametro della retribuzione effettivamente percepita è stata disattesa dalla Corte d’appello, che si è basata invece sul parametro della retribuzione normale, comprensiva di tutti gli elementi che devono essere considerati come componenti della normale retribuzione spettante per il periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro, secondo la previ sione di cui alla norma dettata dall’art. 7 comma 9 della legge n. 223/91 (vigente ratione temporis ): pertanto, la questione relativa alla ripartizione dell’onere della prova, non ha costituito una effettiva ragione della decisione.
Al rigetto del ricorso, consegue la condanna alle spese di lite, secondo quanto meglio indicato in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato, a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare all’Inps le spese di lite, che liquida nell’importo di € 1.200,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15.11.23.