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Contribuzione figurativa: calcolo e retribuzione

Un lavoratore ha richiesto il ricalcolo della propria pensione, pretendendo l’inclusione di emolumenti extra percepiti durante un periodo di Cassa Integrazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il calcolo della contribuzione figurativa si basa sulla “retribuzione normale” che sarebbe spettata al lavoratore, comprensiva di tutti gli elementi continuativi, e non sulla retribuzione effettivamente percepita. La decisione conferma che la base di calcolo deve essere quella teorica e non quella concreta del periodo di integrazione salariale.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contribuzione Figurativa: La Cassazione sul Calcolo della Retribuzione Pensionabile

Con l’ordinanza n. 1047 del 2024, la Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per molti lavoratori: il calcolo della contribuzione figurativa ai fini pensionistici, specialmente in relazione ai periodi di Cassa Integrazione Guadagni (CIG). Questa pronuncia chiarisce quale retribuzione debba essere utilizzata come base di calcolo, se quella effettivamente percepita o quella ‘normale’ che sarebbe spettata in assenza di sospensioni. Scopriamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Dalla CIG al Ricalcolo della Pensione

Un lavoratore, dopo essere andato in pensione, si rivolgeva al tribunale per chiedere il ricalcolo del proprio assegno. La sua richiesta si basava sulla necessità di includere, nella base retributiva pensionabile, i contributi figurativi relativi a emolumenti extra mensili maturati durante un periodo in cui aveva beneficiato del trattamento di Cassa Integrazione.

In primo grado, il Tribunale accoglieva la sua domanda. Tuttavia, la Corte d’Appello, su ricorso dell’Istituto previdenziale, ribaltava la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, per il calcolo della contribuzione figurativa non si deve considerare la retribuzione concretamente percepita, bensì la retribuzione ‘normale’, ovvero quella comprensiva di tutti gli elementi di carattere continuativo che sarebbero spettati al lavoratore nel periodo immediatamente precedente la sospensione del rapporto di lavoro.

La Decisione della Corte di Cassazione

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, articolato in cinque motivi. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello e condannando il ricorrente al pagamento delle spese legali.

Le Motivazioni della Corte sulla contribuzione figurativa

La Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandoli in parte inammissibili e in parte infondati. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione corretta della normativa applicabile, in particolare l’art. 7, comma 9, della legge n. 223/91.

I giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello ha correttamente interpretato la domanda del lavoratore, individuando il nocciolo della questione non nella semplice inclusione della tredicesima, ma nella più ampia modalità di calcolo della contribuzione figurativa. La legge, infatti, stabilisce che la base di calcolo per questi contributi deve essere la ‘retribuzione normale’, intesa come la retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito se avesse continuato a lavorare. Questa nozione include tutti gli elementi continuativi e non è legata agli importi effettivamente incassati durante il periodo di CIG o immediatamente prima.

La Corte ha quindi stabilito che la richiesta del lavoratore di basare il calcolo sulla retribuzione percepita era errata. Il criterio corretto è quello della retribuzione teorica spettante, che garantisce che i periodi di sospensione lavorativa tutelati non penalizzino il futuro trattamento pensionistico del lavoratore. Di conseguenza, anche le argomentazioni sull’onere della prova sono state ritenute irrilevanti, poiché il criterio di calcolo propugnato dal ricorrente era di per sé infondato.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia previdenziale: la contribuzione figurativa ha lo scopo di neutralizzare gli effetti negativi di periodi di inattività involontaria sulla pensione. Per raggiungere questo obiettivo, la base di calcolo non può essere la retribuzione ridotta percepita durante la CIG, ma deve essere la retribuzione ‘normale’ e continuativa. Per i lavoratori, ciò significa che, ai fini pensionistici, i periodi coperti da CIG vengono valorizzati come se l’attività lavorativa non si fosse mai interrotta, garantendo una maggiore tutela previdenziale.

Come si calcola la base retributiva per la contribuzione figurativa in caso di Cassa Integrazione?
Si calcola sulla base della “retribuzione normale”, ovvero quella comprensiva di tutti gli elementi a carattere continuativo che sarebbero spettati al lavoratore nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto, e non sulla retribuzione effettivamente percepita.

La richiesta di includere emolumenti specifici, come la tredicesima, nella base di calcolo della contribuzione figurativa è stata accolta?
No, la richiesta non è stata accolta perché basata su un presupposto errato, ovvero quello di utilizzare la retribuzione effettivamente percepita. Il criterio corretto è quello della retribuzione normale e continuativa, come definito dalla normativa di riferimento (in questo caso, l’art. 7, c. 9, L. 223/91).

Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione non è stato presentato nel precedente grado di giudizio?
Il motivo viene dichiarato inammissibile per difetto di specificità e novità della censura. Il ricorrente ha l’onere di dimostrare di aver sollevato la stessa eccezione o contestazione anche in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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