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Contributo solidarietà: prescrizione e onere prova

Un pensionato ha contestato la trattenuta di un contributo solidarietà sulla sua pensione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che il diritto alla ricalcolo della pensione si prescrive in dieci anni e non in cinque. L’ente previdenziale, che aveva fatto ricorso, ha visto la sua istanza dichiarata inammissibile anche per non aver fornito le prove necessarie a sostegno delle sue tesi, violando il principio di autosufficienza del ricorso.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contributo di Solidarietà: la Cassazione fa chiarezza sulla prescrizione

L’applicazione di un contributo di solidarietà sulle pensioni è un tema che genera spesso contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato due aspetti cruciali: il termine di prescrizione per richiederne la restituzione e l’onere della prova a carico dell’ente previdenziale. La decisione consolida un orientamento favorevole ai pensionati, stabilendo che il diritto a ottenere il ricalcolo della pensione, quando l’importo è contestato, si prescrive in dieci anni e non nel termine breve di cinque.

I fatti di causa

Un pensionato si era visto trattenere per anni un contributo di solidarietà dal proprio assegno pensionistico da parte della Cassa di previdenza di categoria. Ritenendo la trattenuta illegittima, aveva agito in giudizio per ottenere la restituzione delle somme. La Corte d’Appello gli aveva dato ragione, condannando l’ente a restituire gli importi trattenuti a partire dal 2005, applicando la prescrizione decennale al diritto di ricalcolo.

I motivi del ricorso e il contributo di solidarietà

L’ente previdenziale ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su diversi motivi. In primo luogo, sosteneva che dovesse applicarsi la prescrizione breve di cinque anni, tipica dei ratei pensionistici, e non quella ordinaria di dieci. Inoltre, per gli anni 2012 e 2013, l’ente affermava di aver applicato un contributo di solidarietà previsto direttamente dalla legge (ex lege), in quanto non era riuscito ad adottare in tempo le misure di equilibrio finanziario richieste dalla normativa.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione d’appello e fornendo importanti chiarimenti giuridici.

Sul primo punto, i giudici hanno ribadito il loro orientamento consolidato: la prescrizione quinquennale si applica solo ai crediti liquidi ed esigibili, come le singole rate di pensione non pagate. Quando, invece, è in contestazione l’ammontare stesso del trattamento pensionistico – come nel caso di applicazione di un contributo di solidarietà ritenuto illegittimo – il diritto del pensionato a ottenere la riliquidazione dell’importo corretto è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale.

Sugli altri motivi, relativi alla presunta applicazione del contributo ex lege per il 2012 e 2013, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità per ‘difetto di autosufficienza’. L’ente, infatti, non aveva allegato al proprio ricorso i documenti (come i cedolini della pensione) che provassero l’effettiva applicazione di quella specifica trattenuta. In Cassazione, il ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari a decidere, senza che la Corte debba cercare le prove nel fascicolo processuale.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una distinzione netta tra il diritto alla singola rata di pensione (prestazione periodica) e il diritto all’esatto ammontare della pensione stessa (il cosiddetto ‘diritto a pensione’). Il primo si prescrive in cinque anni, il secondo in dieci. Se un ente previdenziale applica una trattenuta, contesta implicitamente l’importo del trattamento, facendo sorgere il diritto del pensionato a chiederne il ricalcolo entro dieci anni. L’inammissibilità degli altri motivi, invece, è una lezione di tecnica processuale: chi ricorre in Cassazione ha l’onere di fornire alla Corte tutti gli elementi di prova su cui basa le proprie argomentazioni, trascrivendoli o allegandoli all’atto, pena l’inammissibilità del motivo stesso.

Le conclusioni

Questa ordinanza ha due importanti implicazioni pratiche. Per i pensionati, rappresenta una tutela rafforzata: hanno dieci anni di tempo per contestare trattenute ritenute illegittime e chiedere il ricalcolo del proprio assegno. Per gli enti previdenziali e i loro legali, è un monito a rispettare il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, che richiede un’esposizione completa e documentata dei motivi di impugnazione. Infine, la condanna dell’ente al pagamento di un’ulteriore somma a favore della controparte e della Cassa delle Ammende sottolinea la severità del sistema verso i ricorsi manifestamente infondati o proposti in modo proceduralmente scorretto.

Qual è il termine di prescrizione per richiedere la restituzione di un contributo di solidarietà illegittimamente trattenuto sulla pensione?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto a ottenere il ricalcolo dell’importo della pensione, quando questo è oggetto di contestazione, è soggetto alla prescrizione ordinaria di dieci anni (art. 2946 c.c.), e non a quella breve di cinque anni prevista per le singole rate di pensione.

Perché il ricorso dell’ente previdenziale è stato dichiarato inammissibile su alcuni punti?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per ‘difetto di autosufficienza’, poiché l’ente non ha allegato né trascritto nel suo atto i documenti fondamentali, come i cedolini della pensione, necessari a dimostrare le sue affermazioni. La Corte di Cassazione non può ricercare le prove nel fascicolo, ma deve poter decidere sulla base di quanto esposto nel ricorso stesso.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in queste circostanze?
Oltre a confermare la decisione precedente, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna dell’ente ricorrente a pagare le spese legali, un’ulteriore somma alla controparte e una somma aggiuntiva alla Cassa delle Ammende. Ciò avviene quando il giudizio viene definito in conformità a una proposta non accettata, sanzionando il ricorso ritenuto temerario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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