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Contributo solidarietà: illegittimo se imposto da Casse

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una Cassa di previdenza professionale contro la sentenza che riteneva illegittimo un contributo di solidarietà applicato sulla pensione di un iscritto. La Corte ha confermato il proprio orientamento consolidato, secondo cui le Casse privatizzate non hanno il potere di imporre prelievi assimilabili a prestazioni patrimoniali, la cui istituzione è riservata esclusivamente alla legge statale, in base all’art. 23 della Costituzione. Tale prelievo non modifica i criteri di calcolo della pensione, ma costituisce una trattenuta su un trattamento già determinato, esulando dalle competenze dell’ente.

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Contributo Solidarietà: la Cassazione Conferma l’Illegittimità dei Prelievi delle Casse

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su una questione di grande rilevanza per i pensionati iscritti alle Casse di previdenza professionali privatizzate: l’imposizione di un contributo solidarietà. Confermando un orientamento ormai consolidato, la Suprema Corte ha ribadito che tali enti non hanno il potere di introdurre prelievi forzosi sui trattamenti pensionistici già liquidati, poiché tale facoltà è riservata in via esclusiva al legislatore statale.

I Fatti di Causa: Un Prelievo Controverso

Il caso trae origine dalla decisione di una Cassa di previdenza per professionisti di applicare un prelievo, definito “contributo di solidarietà”, sulla pensione di un proprio iscritto. Il pensionato si è opposto a tale trattenuta, ritenendola illegittima, e ha ottenuto ragione sia in primo grado che in appello. I giudici di merito hanno infatti dichiarato l’illegittimità del prelievo, ordinandone la restituzione. La Cassa, non condividendo la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo la legittimità del proprio operato in virtù dell’autonomia gestionale riconosciuta agli enti previdenziali privatizzati.

Il Principio di Diritto: la Cassazione e il contributo solidarietà

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, in quanto manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire con fermezza i principi che governano la materia.

La Riserva di Legge in Materia di Prestazioni Patrimoniali

Il punto cardine della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 23 della Costituzione, che stabilisce una riserva di legge per l’imposizione di prestazioni personali o patrimoniali. Un contributo di solidarietà, essendo un prelievo coattivo su un trattamento pensionistico, rientra a pieno titolo nel genere delle prestazioni patrimoniali imposte. Di conseguenza, solo una legge dello Stato può istituirlo.
Le Casse professionali, pur godendo di autonomia gestionale, non possono arrogarsi una funzione legislativa. Il loro potere si limita a modificare i criteri di determinazione del trattamento pensionistico (ad esempio, coefficienti di calcolo, aliquote contributive), ma sempre nel rispetto del principio del pro rata e senza incidere su trattamenti già determinati con un prelievo esterno. Imporre una trattenuta su una pensione già liquidata non equivale a modificare i criteri di calcolo, ma a introdurre una vera e propria imposta, azione che esula completamente dai loro poteri.

La Questione della Prescrizione: Quinquennale o Decennale?

Un altro motivo di ricorso sollevato dalla Cassa riguardava il termine di prescrizione applicabile al diritto del pensionato di richiedere la restituzione delle somme indebitamente trattenute. Secondo la Cassa, si sarebbe dovuto applicare il termine breve di cinque anni, previsto per i ratei arretrati delle pensioni.

Perché si applica la Prescrizione Ordinaria Decennale

La Corte ha respinto anche questa tesi, chiarendo una distinzione fondamentale. La prescrizione quinquennale si applica alle richieste di pagamento di ratei di pensione già liquidati e non corrisposti. Nel caso di specie, invece, la controversia non riguarda ratei non pagati, ma la legittimità stessa del calcolo della pensione, viziato da una trattenuta illegittima. Il diritto del pensionato è quindi quello alla riliquidazione del trattamento pensionistico (cioè al ricalcolo senza la trattenuta) e, di conseguenza, alla restituzione di quanto indebitamente versato. Tale diritto è soggetto al termine di prescrizione ordinario di dieci anni, come previsto dall’art. 2946 del codice civile.

le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su un orientamento giurisprudenziale solido e pluriennale. I giudici hanno chiarito che l’autonomia concessa alle Casse di previdenza privatizzate con il D.Lgs. 509/1994 è finalizzata a garantire l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione attraverso la modifica dei parametri di calcolo delle pensioni. Tuttavia, questa autonomia non può spingersi fino a invadere la sfera di competenza esclusiva del legislatore. Il contributo di solidarietà non è un criterio di determinazione della pensione, ma un prelievo esterno su una prestazione già quantificata. Come evidenziato dalla Corte Costituzionale in casi analoghi, un prelievo di questo tipo si qualifica come una “prestazione patrimoniale imposta per legge”, la cui introduzione necessita di una copertura legislativa che, nel caso in esame, era del tutto assente. L’atto della Cassa è stato quindi ritenuto incompatibile con il principio costituzionale della riserva di legge. Per quanto riguarda la prescrizione, la Corte ha sottolineato che la richiesta del pensionato non era volta a ottenere singoli ratei non pagati, ma a contestare il titolo stesso del prelievo e a ottenere il ricalcolo dell’intera prestazione. Questa azione, volta a far accertare un diritto alla corretta quantificazione della pensione, si prescrive nel termine ordinario decennale.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Cassa di previdenza, condannandola anche al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende per aver proposto un ricorso manifestamente infondato. La decisione consolida un importante baluardo a tutela dei pensionati: le Casse professionali non possono, di loro iniziativa, imporre contributi di solidarietà o altri prelievi sulle pensioni. Tale potere spetta unicamente allo Stato. I pensionati che hanno subito tali trattenute hanno il diritto di chiederne la restituzione, agendo entro il termine di prescrizione di dieci anni.

Una Cassa di previdenza privata può imporre un contributo di solidarietà sulle pensioni?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le Casse di previdenza privatizzate non hanno il potere di imporre un contributo di solidarietà, poiché questo costituisce una prestazione patrimoniale la cui istituzione è coperta da riserva di legge e spetta quindi esclusivamente al legislatore statale.

Qual è il termine di prescrizione per richiedere la restituzione di un contributo di solidarietà illegittimo?
Il termine di prescrizione è quello ordinario di dieci anni. La Corte ha chiarito che l’azione non riguarda la richiesta di ratei arretrati (soggetta a prescrizione quinquennale), ma il diritto alla riliquidazione della pensione, cioè al suo ricalcolo senza la trattenuta illegittima.

Perché il contributo di solidarietà è considerato una “prestazione patrimoniale imposta”?
Perché è un prelievo coattivo che incide su un trattamento pensionistico già determinato, senza modificarne i criteri di calcolo. In sostanza, agisce come un’imposta su un diritto già acquisito, e per questo motivo, secondo l’art. 23 della Costituzione, può essere introdotto solo da una legge dello Stato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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