Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5443 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5443 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15175-2023 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N.15175/2023
COGNOME
Rep.
Ud.14/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 6/2023 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 19/01/2023 R.G.N. 237/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 6 del 19.1.2023, la Corte d’appello di Brescia ha accolto parzialmente il gravame della Cassa commercialisti e confermato, per il resto, la pronuncia del Tribunale di Torino, che aveva dichiarato l’illegittimità del prelievo sul trattamento pensionistico di NOME a titolo di contributo di solidarietà, per i periodi meglio indicati in ricorso, e, per l’effetto, aveva condannato la Cassa a restituire quanto illegittimamente prelevato.
La Corte del merito, da parte sua, ha aderito all’orientamento di questa Suprema Corte, che disconosce il potere della Cassa commercialisti d’introdurre il contributo di solidarietà e reputa l’imposizione d’un siffatto prelievo prerogativa del legislatore; ha riconosciuto tuttavia, la legittimità del contributo di solidarietà, nella misura dell’1%, per gli anni 2012 e 2013, in quanto previsto come obbligatorio, ex art. 24 comma 24 del DL n. 201/11, conv. in legge n. 214/11.
La Cassa commercialisti ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Roma, articolando il ricorso in tre motivi, illustrati da memoria, mentre resiste con controricorso COGNOME CesareCOGNOME
Per il presente giudizio, all’esito di una proposta di definizione agevolata, ex art. 380 bis primo comma c.p.c., è stata chiesta dalla Cassa la decisione, ai sensi dell’art. 380 bis secondo comma c.p.c.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo, la Cassa ricorrente deduce la violazione degli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, dell’art. 3 comma 12 della legge n. 335/95, come modificato dall’art. 1 comma 763 della legge n. 296/06 ed autenticamente interp retato dall’art. 1 comma 488 della legge n. 147/13, dell’art. 24, comma 24, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, degli artt. 2, 3 e 23 Cost. in combinato disposto con le delibere della Cassa nn. 4/2008, 3/13 e 10/17, anche in relazione al combinato disposto dell’art. 29 del Regolamento Unitario della Cassa e alle delibere della Cassa nn. 3/13 e 10/17, emanate in virtù dell’art. 22 del regolamento di disciplina del regime previdenziale, approvato con DM del 14.7.04, nonché dell’art. 115 c.p.c., laddove la sentenza impugnata ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione della parte ricorrente.
Con il secondo motivo, in subordine, la Cassa ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 19 comma 3 della legge n. 21/86, dell’art. 2948 n. 4 c.c., dell’art. 47 bis d.P.R. n. 639/47, nonché degli artt. 3 e 38 Cost., perché la Corte d’appello, nella sentenza impugnata, aveva ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale.
Con il terzo motivo, sempre in subordine, la Cassa ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. dell’art. 16 comma 6 della legge n. 412/91, nonché degli artt. 1224 e 2033 c.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva
fatto decorrere gli interessi dalla scadenza dei singoli ratei di pensione.
Il primo motivo è inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c., alla stregua dell’oramai consolidato orientamento di questa Corte, che ha offerto esaustiva risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno del ricorso.
Infatti, anche alla luce delle enunciazioni di principio della sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2016, questa Corte è ferma nell’escludere che la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti possa adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che operino una trattenuta su un trattamento già determinato e si sostanzino in una prestazione patrimoniale imposta, che solo la legge può introdurre, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 14 gennaio 2019, n. 603); a tale orientamento questa Corte ha dato continuità in molteplici occasioni (di recente, fra le molte, Cass., sez. lav., 8 maggio 2023, n. 12122, 14 aprile 2023, n. 10047, 13 aprile 2023, n. 9893, n. 9886 e n. 9842), reputando irrilevante l’autonomia delle Casse privatizzate (Cass., sez. lav., 13 aprile 2023, n. 9914, punto 3 delle Ragioni della decisione) e sprovviste di valenza decisiva le previsioni dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, menzionate anche nell’odierno giudizio (ordinanza n. 9914 del 2023, cit., punti 4 e 5 delle Ragioni della decisione). Il secondo motivo che deduce il vizio di violazione di legge, laddove la Corte d’appello prospetta l’applicabilità della
prescrizione quinquennale, è, altresì, inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c.
Infatti, in base ai principi a più riprese affermati da questa Corte, è assoggettata alla prescrizione decennale l’azione di restituzione delle trattenute a titolo di contributo di solidarietà, difettando i caratteri della liquidità e dell’esigibilità del credito, cui è correlata l’applicazione dell’invocato termine quinquennale di prescrizione (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527; in senso conforme, anche Cass., sez. lav., 13 febbraio 2023, n. 4362, e 10 febbraio 2023, n. 4263, e Cass., sez. VI L, 14 febbraio 2023, n. 4604, e 13 febbraio 2023, n. 4349 e n. 4314). Il terzo motivo che censura la condanna al pagamento degli interessi sulle somme via via trattenute è inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c., come già statuito in numerose pronunce di questa Corte: in particolare, in un recente arresto, le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 6928 del 2018) si sono occupate di prestazioni di natura previdenziale e, per quel che qui rileva, hanno nuovamente ribadito che “(…) Dalla affermata natura previdenziale (del credito) (…) deriva (…) che agli accessori da cumulare non si applica il regime giuridico proprio delle obbligazioni pecuniarie, sicchè il pagamento del solo credito originario si configura come adempimento parziale di una prestazione unitaria (…) consegue che gli interessi devono essere calcolati sul capitale rivalutato con scadenza periodica, dal momento dell’inadempimento al soddisfacimento del credito(…)” (cfr. Cass. nn. 36560/22, 24651/24).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna alle spese secondo soccombenza, da distrarsi in favore dell’avv. NOME COGNOME che si è dichiarato antistatario.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. contenendo l’art.380 bis, ult. co. cod. proc. civ. una valutazione legale ti pica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. n. 27195 e n. 27433/2023, poi Cass. n. 27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 2.500,00 in favore del resistente e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 5.000,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. NOME COGNOME.
Condanna parte ricorrente a pagare al resistente l’ulteriore somma di € 2.500,00, ex art. 96 comma 3 c.p.c.
Condanna parte ricorrente a pagare € 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 96 comma 4 c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.2.2025.