Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24018 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24018 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29760-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME in qualità di eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
Oggetto
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 11/07/2024
CC
avverso la sentenza n. 457/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/05/2021 R.G.N. 729/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.L’impugnata sentenza ha respinto il gravame della RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia del Tribunale di Milano che, in accoglimento del ricorso proposto da COGNOME NOME, aveva accertato l’illegittimità del contributo di solidarietà applicato per un decennio, a decorrere dal 4/9/2009, sul suo trattamento pensionistico in virtù di delibere adottate dall’ente in data 28/10/2008 e del 27/6/2013, di rinnovo del contributo intro dotto dall’art. 22 del Regolamento approvato con D.L. 14/7/2004, ed aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE a restituire le somme a tale titolo trattenute nel limite della prescrizione decennale.
2.- Gli eredi del professionista intimato, deceduto il 7/5/2020, si costituiscono in giudizio con controricorso.
3.- Formulata una sintetica proposta di definizione accelerata del giudizio sui principi espressi dai precedenti di questa Corte sulla illegittimità della trattenuta e durata decennale del termine di prescrizione, l’ente RAGIONE_SOCIALE presenta istanza di decisione ai sensi del secondo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
1.- La parte ricorrente si affida a tre motivi di ricorso, inerenti, il primo, alla violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 3 cod. proc. civ., delle disposizioni di cui all’art. 2 D.Lgs. 509/1994 in combinato disposto dell’art. 22 del Regolamento di
disciplina RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, dell’art. 3 comma 12 L. n. 335/95 come modificato dall’art. 1 co.763 L.n.296/06 ed autenticamente interpretato dall’art. 1 co. 488 L.n.147/2013 -, dell’art. 24 comma 24 d.l. 201/2011 conv. in L.214/2011, degli artt. 3, 23, 38 Cost., reputando che le disposizioni della RAGIONE_SOCIALE professionale no n contrastino con le norme dell’ordinamento giuridico dando invece applicazione sia all’art. 2 D.Lgs. n.509/94 che ai principi dell’ordinamento RAGIONE_SOCIALE nazionale nel rispetto del principio di ragionevolezza, tenuto conto della sostanziale delegificazione attuata con la soppressione e riordino degli enti previdenziali privati cui è riconosciuta autonomia normativa, e nel rispetto della costituzionalità del citato art. 1 co. 486 affermata da Corte Cost. n.173/2016; nel secondo motivo di ricorso, lamenta la violazione degli artt. 1 L.147/2013, 3 co.12 L.335/1995, 1 co.763 L.296/2006, e 2 D.Lgs. n.509/94 in combinato disposto con art. 22 Regolamento poiché la norma di interpretazione autentica del 2013 aveva ritenuto legittimi ed efficaci gli atti e le deliberazioni adottati dagli enti prima dell’entrata in vigore della legge del 2006 a condizione che fossero finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario degli enti nel lungo termine; nel terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 1 L.147/2013, degli artt. 2946 e 2948 cod. civ., art. 129 r.d.l. 1827/35 ed art. 47-bis d.P.R. 639/70, nella parte di sentenza in cui è stata applicata la prescrizione ordinaria, reputando che nell’ipo tesi del 2948 n.4 c.c. siano ricomprese anche le somme non liquide né esigibili, come dimostrerebbe la circostanza che la prescrizione breve si applica anche alle somme dovute a titolo retributivo quando siano contestate nel quantum, e che sarebbe discriminatorio e lesivo dell’art. 3 Cost. ritenere applicabile la prescrizione di cui all’art. 47 -bis DPR 639/70 ai soli ratei di pensione erogati da
RAGIONE_SOCIALE e non anche quelli erogati dagli enti previdenziali privatizzati, con irragionevole disparità di trattamento atteso che entrambi gli enti condividono la medesima funzione pubblica, garantita e tutelata dall’art. 38 Cost. Di seguito, in memoria illustr ativa, il ricorrente precisa che l’art. 3 co.12 L.335/95 non è norma limitativa dell’autonomia privata ma del principio del pro rata riferito ai provvedimenti suscettibili di applicazione frazionata nel tempo tra i quali non rientrerebbe il contributo di solidarietà, e che non esiste un principio di intangibilità del sistema pensionistico ma di ragionevolezza nelle variazioni sul quantum; ribadisce la durata quinquennale della prescrizione, in base al citato art. 47-bis a superamento di quanto contenuto nel l’art. 129 r.d.l. 1827/1935 non potendo giustificarsi un’interpretazione dell’art. 2948 c.c. che si discosti dalla regola generale dell’art. 1282 cod. civ.
2. I motivi sono infondati. Tutte le questioni sollevate in ricorso hanno trovato soluzione in precedenti pronunce di questa Corte, alle quali si intende dare piena continuità; già nell’imminenza della entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1 co .488 della L. 147/2013 le Sezioni Unite (sent. 17742/15), investite della questione di massima di particolare importanza su fattispecie analoga in materia di fissazione di un massimale pensionabile introdotto dal Comitato dei delegati della RAGIONE_SOCIALE, avevano affermato l’operatività attenuata del principio del pro rata a seguito della modifica dell’art. 3 co . 12 L.335/95 ad opera dell’art. 1 co . 763 L.296/06, distinguendo tra vecchia e nuova formulazione, e l’irrilevanza di quest’ultima per coloro che avevano maturato il diritto a pensione in epoca antecedente alla riforma del 2006, fornendo anche precise argomentazioni sul tema della non applicazione della prescrizione quinquennale ex art. 2948 n.4
cod. civ. non versando in un caso di credito pagabile, ossia messo a disposizione del creditore che deve essere posto in condizione di poterlo riscuotere, e non bastando la mera idoneità del credito ad essere determinato nel suo ammontare; in particolare, al punto n.18 della citata sentenza si distingue tra professionisti destinatari di trattamenti pensionistici maturati prima della riforma, ai quali si applica in modo rigoroso il principio del pro rata seguendo la formulazione originaria dell’art. 3 comma 12 della L. n.335/1995, e pensionati in epoca successiva al 2007 per i quali non è più rispettato in modo assoluto il principio del pro rata dovendosi tener conto dei criteri di gradualità ed equità fra generazioni, secondo il contenuto chiarificatore dell ‘art. 1 comma 488 della L. 147/2013 e secondo i canoni legittimanti l’intervento interpretativo del legislatore desumibili dalla Costituzione e dalla Convenzione EDU. In sostanza, resta fermo il principio della riserva di legge nella adozione di atti e pro vvedimenti emanati dall’organo deliberativo dell’ente RAGIONE_SOCIALE i quali, sebbene non siano più vincolati dal tipo di atti previsti dall’originario art. 3 comma 12 e dalla stretta osservanza del criterio del pro rata, non possono derogare a norme primarie.
3.1 – A ciò si aggiunga che pienamente aderente è il caso esaminato nella sentenza Cass. del 10/12/2018 n.31875 sulla illegittimità del contributo di solidarietà adottato dalla RAGIONE_SOCIALE, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità di gestione, mediante atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri determinativi del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta su di esso, ritenendo che siano atti incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel “genus” delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è
riservata al legislatore. La pronuncia, citata nella proposta di definizione accelerata, ha affrontato il tema della privatizzazione degli enti RAGIONE_SOCIALE previdenziali , dell’autonomia gestionale delle casse e della non incompatibilità del potere regolamentare con il sistema delle fonti precisando che il D.Lgs. 509/94 non ha attribuito agli emanandi regolamenti delle RAGIONE_SOCIALE il carattere di regolamenti di delegificazione di cui alla L.400/88, per cui non è loro consentito di sostituire, in materie non coperte da riserva assoluta di legge, preesistenti disposizioni legislative statali o di derogare a fonti di livello primario; ivi si richiama anche il tema dell’equilibrio di bilancio delle gestioni previdenziali in un termine non inferiore a quindici anni, del rispetto del principio del pro rata e dei tipi di provvedimento adottabili (variazione di aliquote contributive prima e riparametrazione dei coefficienti di rendimento) dopo le modifiche introdotte dalla Legge Finanziaria del 2007 con la precisazione che esula dal novero dei provvedimenti (cd. numerus clausus) e risulta incompatibile con il rispetto del principio del pro rata qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati, come quello dell’art. 22 del Regolamento RAGIONE_SOCIALE, che « introduca -a prescindere dal ‘criterio di determinazione del trattamento pensionistico’ – la previsione di una trattenuta a titolo di ‘contributo di solidarietà’ sui trattamenti pensioni già quantificati ed attribuiti », ossia ne « esula qualsiasi provvedimento che -lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle successive formulazioni dell’art. 3 comma 12, L.n.335/1995 e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto ai limiti di stabilità imposti dalla legge- imponga una trattenuta su detto trattamento già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili, quale limite esterno della sua misura »; la medesima
pronuncia ha affrontato il tema della interpretazione autentica fornita dall’art. 1 co. 488 della L. 147/2013, nel senso della legittimità degli atti adottati prima della entrata in vigore della L.296/2006 a condizione che siano finalizzati ad assicurare l ‘equilibrio finanziario di lungo termine « mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo », ed anche il tema della non incidenza della sentenza della Corte Costituzionale n.173 del 2016 « sulle conclusioni qui assunte » trattandosi comunque di un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore.
3.2- Ancora, altri precedenti di questa Corte hanno affermato: la mancata copertura della previsione di legge, richiesta dall’art. 23 Cost., che « rende illegittima la previsione della ritenuta per cui è causa » (Cass. 12122/2023), l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri determinativi del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata (Cass. sent. n.603/2019), la carenza di base legale ad impedire la legittimità del contributo di solidarietà introdotto per norma regolamentare ed il limite alla autonomia negoziale rappresentato dalla riserva di legge delineata dall’art. 23 Cost. precisando che « l’autonomia non è legibus soluta » (Cass. n. 9914/2023), ed il significato dello jus superveniens di cui all’art. 1 co.763 della L.296/2006 che non indica la legittimità di atti o provvedimenti riduttivi delle prestazioni già erogate « sol perché già adottati » ma ne garantisce la « perdurante efficacia anche alla luce delle modificazioni intervenute, sempre che gli stessi siano stati assunti nel rispetto della legge » (Cass. n. 19711/17).
3.3Ulteriori considerazioni in tema di ragionevolezza, proporzionalità e sostenibilità del contributo non possono
prescindere dalla inderogabile riserva di legge di matrice costituzionale e dalla finalità di equilibrio di bilancio a lungo termine che deve essere assicurata per un termine di 15 anni previsti ex art. 3 co.12 L.335/95 ampliato ai 30 anni previsti dall’art. 1 co. 736 L.296/06, fino ai 50 anni previsti dall’art. 24 D.L. 201/2011; ma il contributo applicato dalla RAGIONE_SOCIALE, prorogato per due periodi quinquennali consecutivi, si configura come una prestazione autonoma, non già come correttivo del trattamento pensionistico. Si precisa che il richiamo espresso nei motivi di ricorso a quest’ultima disposizione normativa per sostenere la legittimità del contributo imposto almeno nel limite dell’1% su due annualità (2012 e 2013) non è pertinente al fine di giustificarne ragionevolezza e sostenibilità poiché trattasi di due istituti diversi per natura, funzione, soggetti emittenti (il contributo minimo di cui all’art. 24 comma 24 lett. B, del D.L. 201/2011 ha fonte legislativa, carattere eccezionale e di limitata attuazione biennale, non è adeguato a fasce di reddito ma è applicato in percentuale fissa sul reddito percepito, e presuppone una condizione di inerzia dell’ente RAGIONE_SOCIALE privato e non già l’attivazione procedimentale di una regolamentazione rivelatasi giudizialmente illegittima).
4.1- Anche il terzo motivo di ricorso è infondato. Questa Corte (Cass.31527/22), in un caso analogo al presente, ha affermato che la prescrizione quinquennale prevista dall’art.2948, n. 4, c.c. così come dall’art.129 del R. D. L. n. 1827 /1935- richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia contestato l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto all ‘ ordinaria prescrizione di cui all’art. 2946 cod.civ. Si richiami anche la pronuncia Cass.
n.41320/2021 sulla mancanza dei criteri di liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, laddove la differenza di importo pensionistico, decurtata e non riscossa, ne esclude il carattere di importo ‘pagabile’. L’ indirizzo consolidato (Cass. n.449/23, n.688/23) è condiviso dal collegio.
4.2Né vale in contrario richiamare l’art.47 -bis d.P.R. n.639/70, secondo cui « Si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’art.24 l. n.88/89, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni ». La norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, non già l’indebita trattenuta per l’applicazione di un a misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata (Cass. 4604/23). Invero, dalla fattispecie di credito consequenziale all’indebita ritenuta differisce l’ipotesi in cui i ratei arretrati -ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo dirittosi prescrivono in cinque anni (si rammenti Cass. n.31527/2022: « La RAGIONE_SOCIALE ha esercitato unilateralmente un potere di prelievo che si è sovrapposto al diritto del pensionato, ma non si è confuso con l’obbligazione pensionistica a cui pretendeva di applicarsi. Il termine di prescrizione dell’azione di recupero delle somme indebitamente trattenute non può che essere quello ordinario decennale »). Non si pone, dunque, un problema di eventuale disparità di trattamento fra pensionati RAGIONE_SOCIALE e pensionati di RAGIONE_SOCIALE, ma di trattenute operate in virtù di un diverso titolo contributivo.
La soluzione cui si perviene è in linea con la proposta di definizione accelerata, in continuità con il consolidato orientamento giurisprudenziale, riassuntivamente espresso nella recente pronuncia ivi menzionata (Cass. n. 6170/2024), non essendovi spazio per una sua rimeditazione.
Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo in ragione del valore di lite. Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, si applicano gli ultimi due commi del l’art.96 c.p.c. , contenendo l’art.380 bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di un ‘ ulteriore somma di denaro in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte (S.U. n. 27195, 27433, 36069 del 2023, e Cass. 27947/23), la prima come ulteriore aggravamento della condanna alle spese, la seconda con funzione prettamente sanzionatoria a favore della collettività, entrambe espressive di maggior rilievo dato dalla novella codicistica alla finalità deterrente rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori, valorizzando la funzione deflattiva della definizione accelerata per disincentivare inutili lungaggini processuali in presenza di consolidati orientamenti ed in mancanza di innovative argomentazioni. Parte ricorrente va dunque condannata a pagare , ai sensi del terzo e quarto comma dell’art. 96 c.p.c., una somma equitativamente determinata in €2 .000,00 in favore di parte resistente (pari alla metà della principale condanna alle spese), ed un’ulteriore somma di €2 .000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Sussistono, infine, i presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 %, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 III e IV comma c.p.c., al pagamento della somma di euro 2.000,00 in favore del controricorrente, e della ulteriore somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, l’ 11 luglio 2024.