Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9284 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9284 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8487/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 2718/2021 depositata il 26/10/2021.
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME signora NOME COGNOME conveniva in giudizio il Comune di Venezia, contestando la revoca del contributo erogatole per il restauro di un immobile di sua proprietà, sito in INDIRIZZO, per avere ivi avviato un’attività di RAGIONE_SOCIALE. L’Amministrazione comunale le aveva contestato la violazione dell’atto unilaterale d’obbligo sottoscritto dalle parti davanti al notaio in data 1.10.2001 che, in attuazione del bando per l’assegnazione dei fondi stanziati ex art. 11 L. n. 798/1984, la impegnava a destinare l’immobile ad uso abitativo proprio, del coniuge o parenti stretti.
Il Tribunale di Venezia ha rigettato la domanda, rilevando la legittimità del provvedimento di revoca del contributo.
La sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza del 26.10.2021, avverso la quale la COGNOME ha proposto ricorso, resistito dal Comune di Venezia con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.
Il Procuratore Generale ha presentato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo la ricorrente, deducendo violazione di legge e dell’art. 4 della convenzione inter -partes, stipulata ex art. 11, comma 6, L. n. 798/1984, sostiene che l’attività di RAGIONE_SOCIALE è compatibile con la residenza del titolare nell’unità immobiliare, in camera a lui riservata, durante il periodo di esercizio dell’attività, a
norma dell’art. 27, comma 2, L.R. Veneto n. 11/2013, e che la permanente destinazione abitativa dell’immobile utilizzato come RAGIONE_SOCIALE sarebbe confermata dall’art. 31, comma 4, L.R. citata; inoltre, l’atto unilaterale d’obbligo non porrebbe alcun divieto di svolgere attività economiche nell’abitazione.
Il motivo è infondato.
La Corte veneziana ha argomentato la decisione impugnata evidenziando la connessione tra l’atto unilaterale d’obbligo – che obbligava il contraente «a destinare l’immobile ad uso abitativo proprio, del coniuge o di parenti in linea retta e/o collaterale entro il secondo grado» – e il bando che, per l’assegnazione dei fondi stanziati per gli interventi di restauro e risanamento del patrimonio immobiliare privato ubicato nel centro storico e nelle isole del Comune di Venezia, ai sensi della L. n. 698/1984 (artt. 6 e 11), escludeva il contributo per gli immobili utilizzati «come alberghi pensioni – affittacamere – foresteria – ecc.» e, quindi, anche e necessariamente come RAGIONE_SOCIALE.
E’ quindi possibile superare gli argomenti difensivi, di tipo sistematico, secondo cui la destinazione ad uso abitativo proprio del titolare (che, nella specie, aveva conservato la residenza anagrafica nell’immobile) sarebbe astrattamente compatibile, secondo la L.R. n. 11/2013, con l’esercizio dell’attività di RAGIONE_SOCIALE e secondo cui la COGNOME non aveva dovuto mutare la destinazione d’uso dell’immobile.
Non è infatti rilevante che il percettore risieda nell’immobile (in una o più stanze), come evidenziato dai giudici d’appello, o che l’attività di RAGIONE_SOCIALE possa essere in astratto compatibile con la residenza nell’immobile (cfr. anche l’art. 25, comma 4, L.R. Veneto n. 33/2002), quando l’attività di RAGIONE_SOCIALE sia vietata dalla legge del bando e il percettore del contributo si sia comunque obbligato a destinare l’immobile ad uso abitativo proprio, coerentemente con lo
scopo legale del beneficio in questione di favorire la residenzialità nella città di Venezia.
Agli argomenti difensivi suesposti la Corte d’appello ha comunque efficacemente replicato osservando che «Se l’immobile è stato destinato a RAGIONE_SOCIALE non è più destinato esclusivamente ad abitazione della COGNOME e del suo stretto nucleo familiare. E’ una struttura ricettiva complementare» e che «l’immobile è destinato (anche) all’alloggio di turisti estranei al nucleo familiare».
Il Comune RAGIONE_SOCIALE Venezia ha esercitato legittimamente il potere di fissare le condizioni previste dalla L. n. 798/1984 per l’erogazione del contributo a sostegno della residenzialità a Venezia, tramite il bando che vietava di destinare l’immobile a RAGIONE_SOCIALE, cui è collegato l’atto unilaterale d’obbligo sottoscritto dall’interessata. Il bando costituisce lex specialis informativa della interpretazione dell’atto d’obbligo (o della convenzione), entrambi attuativi della L. n. 798/1984 cui può farsi risalire la incompatibilità dell’esercizio dell’attività di RAGIONE_SOCIALE con la tipologia di contributo erogato, con l’effetto di renderne giustificata la revoca in base a un principio generale immanente al sistema delle erogazioni pubbliche.
Si ha un difetto funzionale della causa della erogazione che obbliga il percettore a «restituire al comune (…) il contributo ricevuto (…)», com’è previsto nel caso in cui egli «non rispetti gli obblighi assunti o intenda liberarsene» (art. 11, comma 7, L. del 1984).
In conclusione, condividendosi le conclusioni del Procuratore Generale, il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in € 4000,00, di cui € 200,00 per esborsi.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del dPR n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1,
comma 17, della legge n. 228 del 2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 07/03/2024.