Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23921 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 23921 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/08/2025
SENTENZA
sul ricorso 31069-2019 proposto da:
E.N.P.A.V. – ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI VETERINARI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
AZIENDA USL DI PARMA, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1517/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/04/2019 R.G.N. 1757/2015; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 31069/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 24/06/2025
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
R.G. 31069/19
Svolgimento del processo
Con sentenza del giorno 16.4.2019 n. 1517, la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame proposto dall’Enpav avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva rigettato il ricorso di quest’ultimo Ente volto a chiedere la corresponsione del contributo soggettivo obbligatorio annuo a carico di ogni iscritto all’Ente e di un contributo integrativo obbligatorio pari al 2%, ai sensi della legge n. 136/91, deducendo che nonostante le reiterate richieste del versamento di tali contributi nei confronti della Asl di Parma aveva dovuto instaurare un ricorso innanzi al tribunale adito che si era concluso con sentenza del 1.6.1999, la quale aveva accertato la sussistenza di detto obbligo in capo all’Asl suddetta e che tale accertamento era divenuto definitivo, in qu anto l’appello proposto dalla parte soccombente era stato respinto con sentenza del 4.11.04, non ulteriormente impugnata. Sulla base di tale statuizione, la Asl aveva, quindi, corrisposto all’Enpav il contributo integrativo del 2% computato anche sui corrispettivi percepiti attraverso le prestazioni rese dai propri dipendenti veterinari e quindi, per gli anni pregressi, dal 2000 sino al febbraio 2009 nelle misure indicate; mentre per il periodo successivo, la Asl aveva cessato di corrispondere detto contributo relativamente alla parte attinente alle prestazioni rese dai propri dipendenti veterinari.
Il tribunale di Roma rigettava il ricorso dell’Enpav.
La Corte d’appello rigettava il gravame dell’Enpav e confermava la sentenza di primo grado, non ritenendo sussistente alcun
giudicato esterno atteso che il precedente giudizio (divenuto definitivo) aveva ad oggetto anni diversi, pertanto, non riteneva precluso l’odierno giudizio; mentre, nel merito ha ritenuto esclusi dall’obbligo del versamento del contributo integrativo, i redditi percepiti in esecuzione del rapporto organico che intercorre tra il dipendente a la parte datrice di lavoro e, quindi, i redditi percepiti in attuazione dei compiti istituzionali della Asl, mentre i corrispettivi che soggiacevano all’obbligo contribu tivo erano quelli di spettanza dei veterinari in ragione dell’attività libero-professionale (sia intramoenia che extramoenia) e, quindi, non quelli dovuti dagli enti ai professionisti, quali dipendenti.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’Enpav ha proposto ricorso in cassazione sulla base di quattro motivi, mentre l’azienda Usl di Parma ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il PG ha rassegnato conclusioni scritte, nel senso del rigetto del ricorso.
Il collegio riserva sentenza, nel termine di novanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, l’Ente ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello non aveva riconosciuto il giudicato est erno che derivava dalla sentenza del Pretore di Roma dell’1.6.99, confermata in sede di appello dal Tribunale di Roma del 4.11.04 e avverso la quale la Asl aveva omesso di proporre ricorso in cassazione.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Ente ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 comma primo
della legge n. 136/91, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte del merito aveva erroneamente interpretato la disposizione in rubrica, nel senso di escludere l’obbligo di corrispondere la maggiorazione contributiva, per l’attività svolta dall’Asl, attraverso i propri dipendenti veterinari. Con il terzo motivo di ricorso, l’Ente ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 della legge n. 136/91, in riferimento agli artt. 2, 3 e 38 Cost., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., perché la Corte di appel lo escludendo il contrasto tra l’interpretazione che escludeva l’applicazione della maggiorazione sui corrispettivi riscossi dagli enti e dai soggetti pubblici che si avvalgono di veterinari dipendenti e gli artt. 2, 3 e 38 Cost., avrebbe limitato il concorso contributivo all’ente, perché avrebbe escluso una rilevate porzione della categoria degli iscritti all’albo dal versamento del contributo integrativo, che era finalizzato all’erogazione dei trattamenti assistenziali in favore dei dipendenti non iscritti all’ente, dando luogo a una evidente disparità di trattamento tra veterinari dipendenti e veterinari liberi professionisti e a una illegittima lesione del principo di tutela previdenziale della categoria dei veterinari, privando la relativa gestione assicurativa di rilevanti risorse commesse ai contributi non applicati sulle tariffe praticate dalle Aziende sanitarie e dagli altri enti pubblici che erogano prestazioni veterinarie.
Con il quarto motivo di ricorso, l’Ente ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 comma primo della legge n. 136/91, dell’art. 2 commi 1 e 2 del d.lgs. n. 509/94, dell’art. 1 comma 763 della legge n. 296/06 e dell’art. 1 comma 488 della legge n. 147/13, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello aveva omesso di valutare la portata dell’art. 7 del Regolamento di
attuazione dello statuto Enpav, dal quale si desumeva in modo incontrovertibile come la maggiorazione di cui è controversia, doveva essere corrisposta anche dalle istituzioni pubbliche che si servono di personale veterinario con rapporto di lavoro dipenden te, ciò anche sulla base dell’art. 1 comma 763 della legge n. 296/06 che ha l’introdotto il vincolo nell’equilibrio del bilancio, su un orizzonte temporale trentennale, con le connesse prescrizioni in tema di redazione dei bilanci tecnici degli enti privatizzati.
Il primo motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di obbligazioni contributive, la diversità dei periodi di debenza, pur nella identità dei termini di riferimento e di connotazione del rapporto, basta a far configurare quali diversi i rapporti contributivi ad essi afferenti, sicché il giudice non può stabilire, con efficacia di giudicato, che le norme sottoposte al suo esame debbano essere interpretate nel senso che anche per il futuro l’obbligo contributivo si atteggi in un determinato modo, in quanto per questa parte giudicherebbe di un rapporto del quale non si sono ancora realizzati tutti i presupposti’ (Cass. n. 7981/16, Cass. sez. un. n. 10933/97, Cass. n. 30853/21) .
L a specificità dell’obbligazione contributiva, in ragione della quale ogni annualità costituisce un distinto rapporto, induce il Collegio a riferirsi all’orientamento espresso fin dalle Sezioni Unite di questa Corte n. 10933/97, cit., per cui le distinte annualità contributive non hanno il medesimo oggetto, perché si riferiscono a rapporti di assicurazione sociale diversi, quanto al periodo, ai dipendenti e in parte anche al titolo, inteso come tipo di contributo oggetto della domanda e alla eventuale manca nza di corrispondenza per numero, qualifica e quant’altro, dei dipendenti ai quali si riferiscono i contributi dei diversi
periodi. Questa Corte ritiene, invece, di non accedere al diverso orientamento espresso da Cass. n. 20765/18 e Cass. n. 37269/21, ma anche Cass. n. 31157/22 (in tema di obbligo contributivo dell’ASL di corrispondere, sulla base dello stesso titolo, il contributo Enpab per la quota di una società di professionisti accreditata con il SSN). Detto orientamento, che fa riferimento ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, si riferisce al giudicato formatosi su un unico rapporto e il cui accertamento, relativo a una fattispecie attuale, precluderebbe il riesame in un diverso processo delle medesime questioni, spiegando la propria efficacia anche per il periodo successivo alla sua formazione; tale orientamento non si riferisce, tuttavia, a una varietà di rapporti contributivi formatisi in riferimento a distinte annualità (come invece nella specie).
Il secondo motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di obbligazioni contributive, la diversità dei periodi di debenza, pur nella identità dei termini di riferimento e di connotazione del rapporto, basta a far configurare quali diversi i rapporti contributivi ad essi afferenti, sicché il giudice non può stabilire, con efficacia di giudicato, che le norme sottoposte al suo esame debbano essere interpretate nel senso che anche per il futuro l’obbligo contributivo si atteggi in un determinato modo, in quanto per questa parte giudicherebbe di un rapporto del quale non si sono ancora realizzati tutti i presupposti’ (Cass. n. 7981/16, Cass. sez. un. n. 10933/97, Cass. n. 30853/21) .
L a specificità dell’obbligazione contributiva, in ragione della quale ogni annualità costituisce un distinto rapporto, induce il Collegio a riferirsi all’orientamento espresso fin dalle Sezioni Unite di questa Corte n. 10933/97, cit., per cui le distinte
annualità contributive non hanno il medesimo oggetto, perché si riferiscono a rapporti di assicurazione sociale diversi, quanto al periodo, ai dipendenti e in parte anche al titolo, inteso come tipo di contributo oggetto della domanda e alla eventuale manc anza di corrispondenza per numero, qualifica e quant’altro, dei dipendenti ai quali si riferiscono i contributi dei diversi periodi, mentre il diverso orientamento espresso da Cass. n. 20765/18 e Cass. n. 37269/21, ma anche Cass. n. 31157/22 (in tema di ob bligo contributivo dell’ASL di corrispondere, sulla base dello stesso titolo, il contributo Enpab per la quota di una società di professionisti accreditata con il SSN), – che fa riferimento ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto – si riferisce al giudicato formatosi su un unico rapporto e il cui accertamento, relativo a una fattispecie attuale, precluderebbe il riesame in un diverso processo delle medesime questioni, spiegando la propria efficacia anche per il periodo successivo alla sua formazione; tale orientamento non si riferisce, tuttavia, a una varietà di rapporti contributivi formatisi in riferimento a distinte annualità (come invece nella specie).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di previdenza dei veterinari, la maggiorazione contributiva prevista dall’art. 12, comma 1, della legge n. 136 del 1991 è dovuta soltanto sui corrispettivi percepiti dai veterinari nell’esercizio di attività professionale in regime di autonomia, ivi compresa quella “intra moenia” ed “extra moenia” esercitata dai veterinari dipendenti, e non anche sui corrispettivi tariffari dovuti direttamente agli enti pubblici per l’erogazione di prestazioni istituzionali rese attraverso l’impiego di veterinari dipendenti’ (Cass. n. 14254/12, 161/09) .
Nella specie, la Corte d’appello ha correttamente ritenuto che l’Ente previdenziale non potesse vantare alcuna pretesa impositiva relativamente ai corrispettivi tariffari dovuti direttamente agli enti pubblici per l’erogazione di prestazioni da parte dei veterinari quali dipendenti dell’azienda sanitaria, infatti, non si ravvisano elementi, per superare la soluzione interpretativa fornita da questa Corte, proprio in tema di veterinari, negli arresti sopra citati, come invece richiesto dall’En pav ricorrente, alle pp. 31-51 del ricorso.
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la statuizione della Corte territoriale (che ha ripreso quella del giudice di prime cure) secondo la quale, in grado di appello, l’ente previdenziale non si era confrontato con l’assunto che n on è l’appartenenza del lavoratore alla categoria del dipendente l’elemento che di per sé lo sott rae al versamento del contributo in questione, quanto la natura e la finalità dell’attività espletata dal lavoratore, in esecuzione e in coincidenza con il fine istituzionale dell’ente cui appartiene : pertanto, la diversità di disciplina non genera alcuna disparità di trattamento.
In ogni caso, non sussiste nessuna violazione degli obblighi contributivi del veterinario dipendente di un ente pubblico che non svolge altra attività lavorativa rispetto a quella istituzionale, nei confronti dell’Enpav: infatti, il datore di lavoro pubblico versa per il veterinario dipendente, come per ogni altro lavoratore dipendente, i contributi previdenziali connessi con la prestazione di lavoro alle dipendenze della P.A. (ora unificata presso l’Inps), mentre il sistema solidaristico dell’ente previden ziale si basa sulla componente libero professionale del veterinario che quando svolge attività professionale non incompatibile con il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione sarà, senz’altro soggetto per tale parte, ma
solo per quella, agli obblighi contributivi e previdenziali di categoria, non avendo alcun senso parlare di anticoncorrenzialità del sistema, così ipotizzato, in un settore, quale il servizio veterinario all’interno degli enti del SSN che non svolgono attività d’impresa, né svolgono attività in concorrenza con professionisti privati. D’altra parte, il tenore letterale dell’art. 12 primo comma della legge n. 136/91, milita nel senso sopra indicato, come evidenziato anche dal PG in sede di requisitoria (cfr. pp. 2-3).
Il quarto motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘ (…) Il difforme disposto dell’art. 7 del Regolamento ENPAV (laddove prevede il versamento della maggiorazione a cura del datore di lavoro in caso di prestazioni effettuate da lavoratori dipendenti) non può evidentemente fare aggio, per il rispetto del principio della gerarchia delle fonti, sull’inequivoca ricordata disposizione di legge secondo cui tale obbligo di versamento ricade sugli “operatori stessi”, cioè sui veterinari a cui è dovuto il corrispettivo costituente la base imponibile, all’atto della liquidazione del corrispettivo della prestazione; così come, per analoghe ragioni, risultano ininfluenti le difformi interpretazioni sulle questioni di che trattasi rese da talune circolari ministeriali’ (Cass. n. 14254/12, 258/09).
Infatti, anche nelle ipotesi in cui sia stata posta in essere un’attività di delegificazione riferita al l’autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile ovvero al potere di regolamentare le prestazioni a proprio favore ovvero al l’obbligo di garantire l’equilibrio finanziario di lungo termine , non si può legittimare l’Enpav ad adottare un regolamento in deroga alla legge, ampliando le prestazioni su cui deve essere versato il
contributo integrativo e uniformando situazioni oggettivamente diverse.
Al complessivo rigetto del ricorso, consegue la condanna alle spese di lite secondo soccombenza che sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’ente ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso
Condanna il ricorrente a pagare all’Azienda Usl di Parma le spese di lite che liquida nell’importo di € 6.000,00, oltre € 200,00, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24.6.25.
Il Relatore
Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME
Dott. NOME COGNOME