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Contributo di solidarietà: quando è illegittimo?

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto autonomamente da una cassa di previdenza privata sulla pensione di un suo iscritto. Secondo la Corte, tale prelievo costituisce una prestazione patrimoniale che solo la legge può istituire, in virtù della riserva prevista dall’art. 23 della Costituzione. L’ordinanza ribadisce inoltre che il diritto al rimborso delle somme indebitamente trattenute si prescrive in dieci anni e non nel termine più breve di cinque.

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Contributo di solidarietà sulle pensioni: la Cassazione conferma l’illegittimità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla delicata questione del contributo di solidarietà imposto dalle casse di previdenza private. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato: gli enti previdenziali privatizzati non hanno il potere di introdurre autonomamente prelievi sulle pensioni già liquidate, poiché tale facoltà è riservata esclusivamente al legislatore. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sui limiti dell’autonomia gestionale delle Casse e sui diritti dei pensionati.

I Fatti del Caso: La Trattenuta sulla Pensione

Il caso nasce dal ricorso di una Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva dato ragione a un professionista in pensione. La Corte territoriale aveva dichiarato illegittime le trattenute operate sulla sua pensione a titolo di contributo di solidarietà, condannando l’ente a restituire le somme prelevate. La Cassa, nel ricorrere in Cassazione, sosteneva di aver agito legittimamente per garantire l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, invocando la propria autonomia. In subordine, chiedeva l’applicazione di un diverso contributo previsto dalla legge e contestava la durata decennale della prescrizione per il rimborso, ritenendo dovesse essere quinquennale.

La Decisione della Cassazione e il contributo di solidarietà

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della Cassa, confermando la decisione d’appello su tutti i fronti. I giudici hanno ribadito principi fondamentali che delineano in modo netto i confini tra l’autonomia degli enti previdenziali e le prerogative dello Stato.

La Riserva di Legge e il Principio del Pro Rata

Il punto centrale della decisione riguarda la natura del contributo di solidarietà. La Cassazione ha chiarito che tale prelievo non può essere considerato un criterio per la determinazione del trattamento pensionistico. Si tratta, invece, di una vera e propria prestazione patrimoniale imposta. Secondo l’articolo 23 della Costituzione, nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Di conseguenza, solo il Parlamento può introdurre un simile prelievo, non un ente privato, seppur con finalità pubblicistiche. L’autonomia delle Casse non può spingersi fino a violare questa riserva di legge, né il principio del pro rata, secondo cui la pensione deve essere commisurata ai contributi versati.

La Questione della Prescrizione: Dieci Anni per il Rimborso

Altro aspetto cruciale affrontato è quello della prescrizione. La Cassa sosteneva l’applicabilità del termine breve di cinque anni, tipico dei ratei pensionistici. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che il diritto del pensionato a ottenere la restituzione delle somme indebitamente trattenute non riguarda i singoli ratei di pensione, ma la richiesta di rimborso di un prelievo illegittimo. Pertanto, si applica l’ordinaria prescrizione decennale prevista dall’articolo 2946 del codice civile. Questa distinzione è fondamentale per garantire una tutela più ampia ai pensionati che hanno subito trattenute ingiuste.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un orientamento giurisprudenziale solido e costante. I giudici hanno spiegato che consentire alle Casse di imporre prelievi su trattamenti già definiti significherebbe attribuire loro un potere di natura impositiva che non possiedono. L’obiettivo di assicurare la stabilità finanziaria, per quanto legittimo e necessario, deve essere perseguito con strumenti che incidono sui criteri di calcolo delle pensioni future o sulla contribuzione, ma non attraverso prelievi retroattivi su diritti già acquisiti. La Corte ha anche respinto l’argomento subordinato della Cassa, relativo all’applicazione di un contributo di solidarietà previsto per legge in caso di inerzia dell’ente. I giudici hanno osservato che, poiché la Cassa stessa aveva affermato di aver adottato misure per la stabilità, non poteva poi invocare una norma che si applica proprio in caso di sua inazione.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza la tutela dei pensionati iscritti alle casse professionali. Si ribadisce con forza un principio cardine del nostro ordinamento: i sacrifici economici, anche se motivati da finalità solidaristiche, possono essere imposti solo dalla legge, nel rispetto dei principi costituzionali. I pensionati che hanno subito trattenute a titolo di contributo di solidarietà deliberato autonomamente dalla propria cassa vedono confermato il loro diritto a richiederne la restituzione integrale, potendo agire entro il termine di dieci anni dal prelievo.

Una cassa di previdenza privata può imporre autonomamente un contributo di solidarietà sulle pensioni?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un tale prelievo è una prestazione patrimoniale che, in base all’art. 23 della Costituzione, può essere introdotta solo da una legge dello Stato e non da una delibera di un ente privato.

Qual è il termine di prescrizione per chiedere il rimborso di un contributo di solidarietà illegittimo?
Il diritto al rimborso delle somme indebitamente trattenute si prescrive in dieci anni (prescrizione ordinaria, art. 2946 c.c.), non nel termine più breve di cinque anni previsto per i ratei di pensione.

Il prelievo imposto dalla Cassa è un criterio per determinare la pensione?
No. La Corte ha chiarito che il contributo di solidarietà non è un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma un prelievo esterno che incide su una prestazione già calcolata e definita, violando così il principio del pro rata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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