Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23420 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23420 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8019-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
GAMBA VALTER QUIRINO;
– intimato – avverso la sentenza n. 1135/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/10/2021 R.G.N. 379/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Milano confermava la pronuncia di primo grado che aveva
Oggetto
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI
R.G.N. 8019/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 09/07/2025
CC
accolto la domanda di NOME COGNOME COGNOME volta a far dichiarare l’illegittimità trattenute operate, a partire dal 2009, dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti a titolo di contributo di solidarietà sui ratei di pensione.
Riteneva la Corte d’appello che la Cassa non potesse applicare il contributo di solidarietà, a ciò non essendo legittimata da alcuna norma di legge, invece richiesta dall’art.23 Cost. Escludeva poi la prescrizione della pretesa di pagamento, il cui termine indicava in dieci anni.
Avverso la sentenza di primo grado ricorre la CNPADC per quattro motivi, illustrati da memoria.
NOME COGNOME COGNOME non ha resistito.
A seguito di richiesta di decisione presentata dalla Cassa nei confronti della proposta di definizione anticipata del presente giudizio, veniva fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
È opportuno precisare che, a séguito della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 9611 del 2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato, proponente ex art. 380-bis cod. proc. civ., come componente del Collegio che definisce il giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la Cassa deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, violazione dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, come modificato dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e
interpretato dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dell’art. 24, comma 24, del decreto -legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, degli artt. 2, 3 e 23 Cost., anche in relazione e combinato disposto agli artt. 2, 9 e 32 dello Statuto della Cassa e alle delibere n. 4 del 2008, n. 3 del 2013 e n. 10 del 2017, emanate anche in virtù del regolamento di disciplina del regime previdenziale approvato con decreto ministeriale 14 luglio 2004, nonché dell’art. 115 cod. proc. civ. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), per aver considerato illegittimo il contributo di solidarietà, nonostante fosse stato adottato dalla Cassa sulla base del novellato testo dell’art.3, comma 12 l. n. 335.
Con il secondo motivo di ricorso, la Cassa deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201 del 2011 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), per non avere ritenuto legittimo il contributo di solidarietà relativamente al periodo di causa o almeno a far data dal 2011.
Con il terzo motivo di ricorso, la Cassa deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 24, comma 24, lettera b ), del d.l. n. 201 del 2011, per non avere ritenuto applicabile il contributo di solidarietà almeno in relazione al biennio 20122013.
Con il quarto motivo di ricorso, la Cassa deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, della legge 29 gennaio 1986, n. 21, dell’art. 2948, n. 4, cod. civ., dell’art. 2943 cod. civ., dell’art. 47 -bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, e dell’art. 3 Cost. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), per avere la Corte
respinto l’eccezione di prescrizione quinquennale delle somme trattenute dalla Cassa.
Il primo motivo è inammissibile ex art.360-bis, n.1 c.p.c. alla luce del costante orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte sulla materia e non contenendo il ricorso argomenti tali da determinare un mutamento di indirizzo.
In particolare, va qui ribadito quanto già espresso da questa Corte in varie pronunce (a partire da Cass.25212/09, poi seguita da altre, tra cui Cass.31875 e 32595 del 2018, Cass.20 e 423 e 603 e 982 e 16814 del 2019, Cass.28054/20, Cass.6897 e 29535 del 2022, Cass.10047/23, Cass.12122/23), ovvero che:
-l’autonomia regolamentare della Cassa è stabilita nei limiti dell’art.3, co.12 legge n.335/95, ovvero con riguardo a variazioni delle aliquote contributive, riparametrazione dei coefficienti di rendimento e, in ultimo, a ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico. Esula da tale novero qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati (quale, nella specie, l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale), che introduca -a prescindere dal “criterio di determinazione del trattamento pensionistico” – la previsione di una trattenuta a titolo di “contributo di solidarietà” sui trattamenti pensionistici già quantificati ed attribuiti;
-il contributo di solidarietà, anche sulla base di quanto affermato da Corte Cost. sentenza n.173/16, ha natura di prestazione patrimoniale imposta ai sensi dell’art.23 Cost., ed è dunque sottoposto alla riserva di legge;
-l’art.1, co.488 legge n.147/13, da un lato, pone quale condizione di legittimità degli atti adottati dagli enti previdenziali la loro finalizzazione ad assicurare l’equilibrio
finanziario a lungo termine, mentre tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, avente carattere provvisorio e limitato nel tempo; dall’altro lato, trattandosi di norma di interpretazione autentica, riguardante provvedimenti che abbiano inciso sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, non attiene alla materia in esame. Tali assunti sono stati confermati da questa Corte (v. ad es. Cass.36001/22) anche riguardo alle trattenute operate per il secondo quinquennio di applicabilità del contributo di solidarietà;
-pur a voler prescindere dal precedente testo dell’art.3, co.12 l. n.335/95 e considerando solo il nuovo testo della norma, come derivante dall’art.1, co.763 legge n.296/06, questa Corte ha ugualmente chiarito (v. Cass.31875/18) che, nell’attuale formulazione, l’art.3, co.12 l. n.335/95 non attribuisce alla Cassa il potere di istituire un contributo di solidarietà, poiché esso è incompatibile con il sistema del pro rata su cui si è limitata ad incidere la novella dell’art.1, co.763 legge n.296/06.
-la norma di interpretazione autentica di cui all’art.1, co.488, legge n.147/13, pone come condizione di legittimità degli atti adottati dagli enti previdenziali che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà in oggetto, proprio perché esso ha carattere provvisorio e limitato nel tempo (vedi, per tutte: Cass. 10 dicembre 2018, n. 31875; Cass. 6 aprile 2016, n. 6702).
-l’art.24, co.24, lett. b) d.l. n.201/11 conv. con legge n.214/11, riguarda provvedimenti finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente
tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà in oggetto, come già detto.
I suesposti rilievi non sono messi in discussione dalla memoria della ricorrente, che non contiene alcun nuovo elemento di valutazione giuridica in grado di indurre a un ripensamento dell’orientamento di legittimità, ulteriormente confermato anche dopo la proposta di definizione anticipata (v. Cass.8661/25, Cass.8489/25).
Il secondo motivo è inammissibile ex art.360-bis, n.1 c.p.c. Va richiamato l’orientamento già manifestato da questa Corte sul punto (v. ad es. Cass.3088/23), che ha escluso la legittimità del contributo di solidarietà a far data dall’anno 2011 in forza del l’art.24, co.24 d.l. n.201/11. Come già detto, tale norma ha ad oggetto provvedimento tesi ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo periodo, e dunque interventi strutturali, incompatibili con una misura di carattere straordinario e transeunte quale il contributo di solidarietà.
Il terzo motivo è parimenti inammissibile ex art.360-bis, n.1 c.p.c.
Come affermato da questa Corte (Cass.24651/24), l’art.24, co.24 d.l. n.201/11 richiede l’inerzia dell’Ente nell’intervenire ex ante sul rapporto entrate/spesa, e tale ipotesi non può essere equiparata a quella in cui interventi siano stato effettuati a mezzo delle delibere, ex post dichiarate illegittime.
Inammissibile ex art.360-bis, n.1 c.p.c. è il quarto motivo.
Va ribadito (v. ad es. Cass.31527/22, Cass.4362/23, Cass.23257/24, Cass.8489/25) che la prescrizione quinquennale prevista dall’art.2948, n. 4, c.c. – così come dall’art.129 del R. D. L. n. 1827 del 1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione
dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.
Stesso discorso deve ribadirsi per l’art.19, co.3 l. n.21/86, poiché la norma suppone sempre la liquidità ed esigibilità del credito.
Né vale in contrario richiamare l’art.47 -bis d.P.R. n.639/70. Tale norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, mentre il caso di specie concerne l’indebita trattenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata (Cass.4604/23).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede alla regolazione delle spese per non avere la parte intimata svolto attività difensiva.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., c.p.c. deve applicarsi l’art.96, co.4 c.p.c. contenendo l’art.380 bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a sezioni unite (Cass. S.U. 27195 e 27433 del 2023, Cass.27947/23). Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in euro 2.500,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente a pagare euro 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa l’inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale del 9 luglio 2025