Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5472 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5472 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6537-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 549/2023 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/09/2023 R.G.N. 699/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE
PROFESSIONISTI
R.NUMERO_DOCUMENTO.N.NUMERO_DOCUMENTO
Ud.17/01/2025 CC
Rilevato che:
COGNOME NOME con il ricorso introduttivo del giudizio deduceva di essere titolare di pensione di vecchiaia e lamentando di avere subito la trattenuta del contributo di RAGIONE_SOCIALE sulle rate di pensione , chiedeva al Tribunale di Prato di dic hiarare l’illegittimità delle dette trattenute perché disposte in violazione dell’articolo 3 della legge n. 335 del 1995 – come modificato dalla legge n. 296 del 2006, dal decreto legge n. 98 del 2011 convertita in legge n. 111 del 2011 e interpretato dalla legge n. 147 del 2013 – con particolare riferimento all’art. 22 del regolamento della C.N.P.A.D.C approvato con Decreto Ministeriale del 14.7.2004, alla delibera del C.N.P.A.D.C n. 4 del 2008 per il quinquennio 2009 -2013, successivamente replicata con delibera n. 3 del 27 giugno 2013 per il quinquennio 2014-2018 e la successiva delibera 10 del 2017. La RAGIONE_SOCIALE si costituiva e chiedeva il rigetto delle domande. Il Tribunale di Prato, con la sentenza n. 79/2022 del 01/06/2022 ha accolto la domanda relativa al RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato illegittime le trattenute a tale titolo e ha condannato la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione nei limiti della prescrizione decennale.
Avverso detta sentenza proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Corte di appello di Firenze, sezione lavoro, con la sentenza n. 549/2023 depositata il 19/09/2023 rigettava l ‘appello.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, con impugnazione articolata su tre strumenti. COGNOME NOME si è costituito con controricorso.
3.1. Il Giudice delegato depositava proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c.. Parte ricorrente chiedeva la decisione della causa.
Veniva fissata l’udienza del 17/01/2025.
La parte ricorrente e la parte controricorrente depositavano memorie ex art. 380-bis cod. proc. civ..
Il ricorso è stato trattato dal RAGIONE_SOCIALE nella camera di consiglio del 17/01/2025.
Considerato che :
In via preliminare occorre rilevare che il controricorso è stato depositato tardivamente, oltre il termine di quaranta giorni previsto dall’art. 370 cod. proc. civ., di qui l’inammissibilità della costituzione.
Con il primo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione dell’art. 2, d.lgs. n. 509/1994 in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale della RAGIONE_SOCIALE e con la delibera della medesima RAGIONE_SOCIALE del 27.6.2013; violazione degli artt. 3, comma 12, legge n. 335/1995; 1 comma 763, L. n. 296/2006; 1, comma 488, L. 27.12.2013, n. 147; 24, comma 24, d.l. n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011; 3, 23 e 38 Cost, tutti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; la parte ricorrente deduce erroneità della sentenza nella parte in cui dichiara illegittimo il contributo di RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione degli artt. 1, legge 27.12.2013, n. 147; 3, comma 12, legge n. 335/1995; 1, comma 763, legge n. 296/2006; 2, d.lgs n. 509/1994 in combinato disposto con l’art. 22 del regolamento di disciplina del regime previdenziale della RAGIONE_SOCIALE e successive delibere, tutti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, Cod. Proc. Civ..
2.2. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché mirano entrambi ad affermare l’erroneità della sentenza, alla luce del quadro normativo di rilievo, nella parte in cui ha ritenuto illegittimo il contributo di RAGIONE_SOCIALE imposto dalle citate disposizioni del regolamento della RAGIONE_SOCIALE, valorizzandosi in tal senso il principio che consente ad atti avente forza di legge di limitare il diritto soggettivo alla pensione, l’autonomia normativa della RAGIONE_SOCIALE, la natura di atto avente forza di legge del regolamento della RAGIONE_SOCIALE, il limite dell’equilibrio finanziario della RAGIONE_SOCIALE e del rispetto del principio di ragionevolezza e del contemperamento degli interessi di tutti gli iscritti alla RAGIONE_SOCIALE anche per la salvaguardia delle nuove generazioni.
2.3. Il primo e il secondo motivo di ricorso sono infondati. Circa l’illegittimità del contributo di RAGIONE_SOCIALE in questione sussiste un consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte che ha esaminato tutte le disposizioni invocate dalla parte ricorrente. In tal senso si consideri che: «in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la RAGIONE_SOCIALE) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di RAGIONE_SOCIALE) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore» (Cass. 10/12/2018, n. 31875 e, di seguito, fino ai più recenti arresti quali Cass.
20684/2024; Cass. 20694/2024; 20710/2024 che confermano l’orientamento consolidato quale diritto vivente).
Con il terzo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione dell’art. 1, l. 27.12.2013, n. 147, degli artt. 2946 e 2948, cod. civ.; violazione dell’art. 129, r.d.l. n. 1827/1935 e dell’art. 47 -bis, d.p.r. n. 639/1970, tutti in relazione all’art. 360, prim o comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui la Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado anche sul tema della prescrizione applicabile alla fattispecie, ritenendo invocabile quella ordinaria decennale anziché quella quinquennale eccepita dalla RAGIONE_SOCIALE
3.1. Il terzo motivo di ricorso è infondato. Assume in proposito rilievo il seguente principio di diritto: in materia di RAGIONE_SOCIALE obbligatoria (quale quella gestita dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994) la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948, n. 4, c.c. – così come dall’art. 129 del r.d.l. n. 1827 del 1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c. (nella specie, la Corte ha affermato che l’azione di restituzione delle trattenute operate sulla pensione dalla RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a titolo di contributo di RAGIONE_SOCIALE è soggetta al termine di prescrizione decennale, non essendo i ratei trattenuti liquidi ed esigibili) (Cass. 25/10/2022, n. del 25/10/2022).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile perché la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della
Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.
Non vi è luogo alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese, stante la tardività del deposito del controricorso.
5.1. Riguardo alle sanzioni previste dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., stante l’esito giudiziale del tutto conforme alla proposta di definizione accelerata, sussistono i presupposti per l’applicazione del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. con la condanna del ricorrente alla sanzione da versare alla RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, liquidata come in dispositivo. In difetto di valida costituzione del controricorrente e di condanna alle spese non vi è luogo ai provvedimenti di cui all’art. 96, terzo comma, cod. p roc. civ..
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in RAGIONE_SOCIALE della cassa delle ammende, della somma di Euro 2.500,00;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 17