Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2439 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2439 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15624-2023 proposto da
RAGIONE_SOCIALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difes a, in virtù di procura conferita con l’istanza di decisione, dall’avvocata NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo studio, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura rilasciata in calce al controricorso, dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocata
NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 64 del 2023 del la CORTE D’APPELLO DI TORINO, depositata il 14 febbraio 2023 (R.G.N. 557/2022).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 29 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
R.G.N. 15624/2023
COGNOME
Rep.
C.C. 29/10/2024
giurisdizione Contributo di solidarietà imposto dalla Cassa commercialisti.
1. -Con sentenza n. 64 del 2023, depositata il 14 febbraio 2023, la Corte d’appello di Torino ha respinto il gravame della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti (d’ora innanzi, Cassa commercialisti) e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva dichiarato l’illegittimità dei prelievi effettuati, a titolo di contributo di solidarietà, sulla pensione di vecchiaia erogata a decorrere dal primo novembre 2004 al dottor NOME COGNOME condannando l ‘ente a restituire gl’importi arbitrariamente prelevati, nei limiti della prescrizione decennale.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha negato il potere della Cassa commercialisti d’imporre un contributo di solidarietà, in quanto tale prelievo esula dai criteri di determinazione del trattamento pensionistico che gli enti previdenziali privatizzati per legge possono adottare. È riservata al legislatore, in base all’art. 23 Cost., l’imposizione di una prestazione patrimoniale di tal fatta.
Né il contributo in questione, provvisorio e limitato nel tempo, persegue la finalità di assicurare l’equilibrio di bilancio a lungo termine . Tale circostanza destituisce di fondamento anche il richiamo alle previsioni dell’art. 24, comma 24, del decreto -legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Non è fondata, infine, l’eccezione di prescrizione quinquennale, in quanto «il fatto che la trattenuta sulla pensione a titolo di contributo di solidarietà sia esattamente quantificata nei cedolini relativi ai ratei pensionistici non rende il credito ‘pagabile’ o esigibile, dato che esso, contestato dal debitore prima di tutto nell’ an debeatur , non può ritenersi ‘messo a disposizione’ del creditore» (pagina 12 della pronuncia impugnata).
2. -La Cassa commercialisti impugna in sede di legittimità, sulla base di tre motivi , la sentenza d’appello.
3. -Resiste con controricorso il dottor NOME COGNOME.
4. -Il 20 aprile 2024, è stata formulata proposta di definizione del giudizio, essendosi ravvisata la manifesta infondatezza del ricorso.
5. -La ricorrente, con istanza del 28 maggio 2024, ha chiesto la decisione.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-In vista dell’adunanza camerale, la ricorrente e il controricorrente hanno depositato memoria illustrativa.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione delle seguenti disposizioni: gli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509; l’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, come modificato dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e interpretato autenticamente dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147; l’art. 24, comma 24, del decreto -legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214; gli artt. 2, 3 e 23 Cost., anche in combinato disposto con l’art. 29 del Regolamento unitario della Cassa e con le delibere della Cassa n. 4 del 2008, n. 3 del 2013, n. 10 del 2017, emanate in virtù dell’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale, adottato con decreto ministeriale 14 luglio 2004; l’art. 115 cod. proc. civ.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel disconoscere la legittimità del contributo di solidarietà imposto dalla Cassa, senza tener conto delle previsioni di legge (art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, come modificato dalla legge n. 296 del 2006 e quindi interpretato dalla
legge n. 147 del 2013), che attribuiscono agli enti previdenziali privatizzati il potere di adottare tutti gli atti necessari alla salvaguardia dell’equilibrio di bilancio di lungo termine. Alla salvaguardia di tale equilibrio si correlerebbe l’imposizione stabilita dalla Cassa commercialisti, come attesterebbe la documentazione attuariale ignorata dalla Corte d’appello.
Inoltre, il contributo di solidarietà risponderebbe a tutti i presupposti individuati dal giudice delle leggi nella sentenza n. 173 del 2016 (carattere straordinario, importo contenuto, finalità di assicurare l’equilibrio finanziario e la solidarietà inter generazionale, gradualità, incidenza sui trattamenti d’importo più modesto). Il fondamento del contributo si rinverrebbe nella norma primaria, che vincola la Cassa commercialisti a curare l’interesse pubblico legato alla previdenza e all’assistenza di una categoria professionale, nel rispetto dell’equilibrio e della stabilità del bilancio. Una definitiva conferma del potere impositivo delle Casse si potrebbe desumere dall’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201 del 2011.
Né avrebbe alcuna attinenza con la tematica in esame il principio del pro rata , che le Casse dovrebbero soltanto tener presente in via tendenziale.
-Con il secondo mezzo, in via subordinata, la ricorrente prospetta, sempre in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 24, comma 24, lettera b ), del d.l. n. 201 del 2011.
La sentenza d’appello avrebbe erroneamente respinto la domanda gradata della Cassa commercialisti , volta a ottenere l’applicazione del contributo di solidarietà nella misura dell’1%, sancita dalle richiamate disposizioni del d.l. n. 201 del 2011 per gli anni 2012 e 2013. La declaratoria d’illegittimità delle delibere che hanno introdotto il contributo in esame produrrebbe gli stessi effetti de ll’inerzia dell’ente previdenziale o della mancata approvazione, ad opera dei Ministeri
vigilanti, dei provvedimenti adottati al fine di raggiungere l’equilibrio di bilancio.
3. -Con la terza critica, in via di ulteriore subordine, la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, della legge 29 gennaio 1986, n. 21, dell’art. 2948, n. 4, cod. civ., dell’art. 47 -bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, degli artt. 3 e 38 Cost.
La sentenza d’appello meriterebbe censura anche per avere rigettato l’eccezione di prescrizione quinquennale , in violazione della normativa speciale (legge n. 21 del 1986), inequivocabile nell’ancorare al decorso di cinque anni la prescrizione del diritto alle prestazioni della Cassa.
Inoltre, i ratei pensionistici sarebbero determinati nel loro ammontare e si applicherebbero integralmente le previsioni dell’art. 2948, n. 4, cod. civ., comunque riferite a «tutti i pagamenti oggetto di un’obbligazione periodica secondo scadenze pari od i nferiori ad un anno, a prescindere dalla fonte, legale o contrattuale, di tale obbligazione» (pagina 24 del ricorso).
Anche con riferimento ai ratei di pensione erogati dagli enti previdenziali privatizzati, troverebbe applicazione la prescrizione quinquennale introdotta dall’art. 47 -bis del d.P.R. n. 639 del 1970, in quanto espressione di una regola di sistema vigente per tutti i trattamenti pensionistici obbligatori, senza alcuna esclusione per quelli corrisposti dalla Cassa.
4. -Il ricorso dev’essere dichiarato, nel suo complesso, inammissibile, in quanto gli argomenti addotti nella memoria illustrativa a supporto dell’istanza di decisione non sono idonei a confutare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, puntualmente richiamata nella proposta di definizione.
5. -Quanto alla legittimità del contributo di solidarietà, approfondita nel primo motivo di ricorso, questa Corte ha ribadito a più riprese che il potere d’imporlo deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Corte co stituzionale, sentenza n. 173 del 2016). Si tratta, invero, di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi essenziali (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875), in quanto non si annovera tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di legge, possono adottare.
Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro rata (legge 296 del 2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della Cassa d’imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi.
A diverse conclusioni non induce l’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, che fa salvi i soli provvedimenti legittimamente assunti dalla Cassa , allo scopo d’incidere sui criteri di determinazione dei trattamenti previdenziali, rigorosamente intesi.
Peraltro, «la norma in esame pone come condizione di legittimità degli atti che essi siano finalizzati ad assicurare l ‘ equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo, così come affermato dalla stessa ricorrente» (sentenza n. 31875 del 2018, cit., punto 7 delle Ragioni della decisione ).
Tali considerazioni, recepite con ampiezza di riferimenti dalla pronuncia impugnata, sono avvalorate dalle stesse previsioni dell’art. 24 del d.l. n. 201 del 2011, che la ricorrente, anche nella memoria illustrativa (pagine da 1 a 6), richiama a sostegno delle censure.
Anzitutto, è il legislatore che, in quel frangente, ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in
via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame.
In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza , ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò differenziandole, all’evidenza, dal contingente contributo imposto dalla Cassa commercialisti in virtù delle delibere qui contestate.
6. -Dei presupposti enucleati dal d.l. n. 201 del 2011, la parte ricorrente, nel formulare in via gradata il secondo mezzo, non ha allegato e dimostrato gli elementi imprescindibili.
Il legislatore ha imposto agli enti previdenziali privatizzati di adottare «misure volte ad assicurare l ‘ equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni».
Ove gli enti previdenziali privatizzati, entro il 30 settembre 2012, non adottino i provvedimenti in esame o i Ministeri vigilanti esprimano un parere negativo sulle delibere adottate, a decorrere dal primo gennaio 2012 si applica «un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell ‘ 1 per cento» (art. 24, comma 24, lettera b , del d.l. n. 201 del 2011).
La legge indica come prioritaria l’adozione di misure strutturali di riequilibrio, destinate a proiettarsi in un arco temporale più ampio, e, solo in via di extrema ratio , contempla l’applicazione del contributo di solidarietà in una misura predeterminata, peraltro diversa da quella che la Cassa commercialisti ha rivendicato in giudizio. L’applicazione è subordinata per legge al ricorrere di requisiti tassativi, che s’identificano nell’inerzia degli enti o nella valutazione negativa dei Ministeri vigilanti.
All’inerzia o all’inefficacia delle azioni intraprese, che dev’essere attestata dal parere negativo del Ministero, non può essere equiparata sic et simpliciter l’adozione di delibere dichiarate illegittime , secondo la
prospettazione che la ricorrente propugna, da ultimo nella memoria illustrativa (pagine 6, 7 e 8).
È evidente ictu oculi la differenza che intercorre, sul piano empirico, prima ancora che normativo, tra una delibera che arbitrariamente imponga il contributo di solidarietà e sia riconosciuta ex post come illegittima e l’inerzia nell’adottare le diverse e più incisive misure di riequilibrio di lungo periodo.
È di tali ultimi presupposti di fatto che occorre offrire deduzione circostanziata e prova persuasiva.
All’onere deduttivo e probatorio che si è descritto la parte ricorrente non ha ottemperato, limitandosi ad assimilare condizioni fattuali e normative del tutto eterogenee.
Né l ‘ invalidità delle delibere può conferire in via retrospettiva alcun crisma di legittimità a un contributo imposto per effetto di autonome scelte e con requisiti diversi da quelli poi definiti dalla legge.
In tal senso questa Corte si è espressa anche di recente, nel vagliare le istanze di decisione proposte dalla Cassa commercialisti (Cass., sez. lav., 25 luglio 2024, n. 20684, pagine 9, 10, 11 e 12 della motivazione; negli stessi termini, da ultimo, Cass., sez. lav., 3 gennaio 2025, n. 68).
7. -Dev’essere ribadita, infine, l’applicabilità della prescrizione decennale, che il terzo motivo contesta.
In coerenza con i princìpi già enunciati dalle sezioni unite (Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742), questa Corte è costante nell’affermare che la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa commercialisti, richiede la liquidità ed esigibilità del credito. Il credito, dunque, dev’esser posto a disposizione dell ‘ assicurato.
Tali requisiti non si risultano integrati allorché «il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore
importo spettante senza l ‘ applicazione del medesimo» (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527, punto 15 delle Ragioni della decisione ).
Nel caso di specie , si verte sull’i ndebita trattenuta «derivante dall ‘a pplicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata» (ordinanza n. 68 del 2025, cit.).
Non è conferente, in senso contrario, il richiamo all’art. 47 -bis del d.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall’INPS, come la stessa collocazione sistematica della disciplina conferma, e concernente la disciplina dei «trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all ‘ articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88».
Peraltro, a tutto concedere, «la fattispecie in esame non è classificabile quale ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici, ma quale credito consequenziale all ‘ indebita ritenuta derivante dalla applicazione di una misura patrimoniale illegittima, frutto di trattenute operate sui singoli ratei di pensione, ma che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata» (sentenza n. 31527 del 2022, cit., punto 17 delle Ragioni della decisione ).
Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla Cassa commercialisti a sostegno delle istanze di decisione (Cass., sez. lav., 28 agosto 2024, n. 23257) e la memoria illustrativa (pagine 8, 9 e 10) non apporta argomenti che possano indurre a rimeditare la giurisprudenza oramai consolidata.
8. -Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, con distrazione a favore dell’avvocato NOME COGNOME che ha reso la dichiarazione prevista dall’art. 93 cod. proc. civ.
9. -Poiché l ‘ impugnazione è stata definita in senso conforme alla proposta, questa Corte, in virtù dell’art. 380 -bis , terzo comma, cod.
proc. civ., deve applicare l’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., non riscontrandosi ragioni, nel caso concreto, che possano far propendere per una diversa applicazione della norma (Cass., S.U., 27 dicembre 2023, n. 36069).
In controversie sovrapponibili a quella odierna, questa Corte ha rilevato che configura «un abuso del processo il fatto di chiedere la decisione della causa senza addurre nuovi argomenti idonei a rimeditare l ‘ orientamento giurisprudenziale sulla scorta del quale è stata formulata la proposta medesima» (Cass., sez. lav., 30 dicembre 2024, n. 34976 e n. 34974; nello stesso senso, in linea generale, Cass., S.U., 13 ottobre 2023, n. 28540, e 27 settembre 2023, n. 27433).
La ricorrente , pertanto, dev’essere condannata a pagare a favore del controricorrente la somma equitativamente determinata in Euro 2.500,00 e a pagare alla cassa delle ammende una somma di denaro che, nei limiti di legge, si determina nel medesimo importo di Euro 2.500,00.
10. -La declaratoria d’inammissibilità del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del la ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge, con distrazione a favore del procuratore antistatario, avvocato NOME COGNOME.
Condanna la ricorrente, in applicazione degli artt. 380bis , terzo comma, e 96, terzo comma, cod. proc. civ., al pagamento, a favore del controricorrente, dell’importo di Euro 2.500,00 .
Condanna la ricorrente, in applicazione degli artt. 380bis , terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ., al pagamento, in favore della cassa delle ammende, dell’importo di Euro 2.500,00.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione