Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17829 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17829 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7204-2022 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 510/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/09/2021 R.G.N. 895/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/04/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Previdenza
Professionisti
Cassa
Commercialisti
Contributo di solidarietà
R.G.N.7204/2022
Cron. Rep. Ud.22/04/2025 CC
RILEVATO CHE:
1.La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale modifica della pronuncia di primo grado, che confermava per il resto, dichiarava l’illegittimità del prelievo operato dalla CASSA NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo: la CASSA), a titolo di contributo di solidarietà, sul trattamento pensionistico corrisposto a ll’odierno controricorrente, anche per il quinquennio 2019/2023, e condannava la CASSA a restituire le somme trattenute, sino al mese di gennaio 2021, per detto titolo.
2.Avverso tale pronuncia la CASSA ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, cui ha resistito NOME COGNOME
A seguito di proposta di definizione accelerata del giudizio, la parte ricorrente ha chiesto la decisione e la Corte ha fissato l’odierna adunanza camerale.
La CASSA ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
1.Con il primo motivo di ricorso, la CASSA ha denunciato la violazione – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. dell’art. 2 del d.lgs. n. 509 del 1994 – in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale e con la delibera della CASSA del 27 giugno 2013 – dell’art 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, dell’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201 del 2011 convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, degli artt. 3, 23 e 38 Cost., per avere la sentenza impugnata ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione del controricorrente.
2.Con il secondo mezzo, la parte ricorrente ha denunciato la violazione -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.- dell’art 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, dell’art. 2 del d.lgs. n. 509 del 1994, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale e con la delibera del 27.6.2013, tornando a censurare la ritenuta illegittimità del contributo di solidarietà.
3.Il terzo motivo addebita alla sentenza impugnata -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.- la violazione degli articoli 2946 e 2948 c.c., dell’art. 129 r.d.l. n. 1827 del 1935 e dell’art. 47 bis del d.P.R. n. 639 del 1970, per avere ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale in luogo di quello quinquennale.
4. Come già evidenziato nella proposta di definizione accelerata ex art. 380bis c.p.c., trattasi di censure che la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto infondate (si vedano, tra le tantissime, con riferimento al primo ed al secondo motivo, Cass. nn. 31875 del 2018, 603 del 2019, 35986 e 36096 del 2022 nonché 3088, 9842, 9914, 10047 e 12122 del 2023, 6170 del 2024; in relazione al terzo, Cass. nn. 31527 del 2022, 4362, 4363,4604, 4349 del 2023).
Quanto alla legittimità del contributo di solidarietà, dedotta nei primi due motivi di ricorso, questa Corte ha ribadito a più riprese che il potere di imporlo deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 2016); si tratta di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi essenziali (Cass. nr. 31875 del 2018), in quanto non si annovera tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di
legge, possono adottare. Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro-rata (legge 296 del 2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della Cassa di imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi. Né induce a diverse conclusioni il potere delle Casse – secondo la formulazione dell’art. 3, comma 12, della legge nr. n. 335 del 1995 vigente dall’anno 2006 – di adottare tutti gli atti necessari a raggiungere l’equilibrio finanziario di lungo termine, in quanto tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo, così come affermato dalla stessa parte ricorrente (sentenza n. 31875 del 2018, cit., punto 7 delle Ragioni della decisione).
I motivi di ricorso non adducono alcuna rilevante e specifica confutazione rispetto alla statuizione centrale e più volte ribadita da questa Corte secondo cui la norma di interpretazione autentica di cui all’art.1, co.488, della legge n.147 del 2013, pone come condizione di legittimità degli atti adottati dagli enti previdenziali che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un aspetto del contributo straordinario di solidarietà in oggetto, proprio perché esso ha carattere provvisorio e limitato nel tempo.
Tali considerazioni sono avvalorate dalle previsioni dell’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201 del 2011. È il legislatore che, in quel frangente, ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame. In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza, ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò
differenziandole, all’evidenza, dal contingente contributo imposto dalla Cassa in virtù delle delibere qui contestate. Il legislatore ha imposto agli enti previdenziali privatizzati di adottare «misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni». Ove gli enti previdenziali privatizzati, entro il 30 settembre 2012, non adottino i provvedimenti in esame o i Ministeri vigilanti esprimano un parere negativo sulle delibere adottate, a decorrere dal primo gennaio 2012 si applica «un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell’1 per cento» (art. 24, comma 24, lettera b, del D.L. n. 201 del 2011). La legge indica come prioritaria l’adozione di misure strutturali di riequilibrio, destinate a proiettarsi in un arco temporale più ampio e solo in via di extrema ratio contempla l’applicazione del contributo di solidarietà in una misura predeterminata, peraltro diversa da quella che la Cassa commercialisti ha adottato.
4.1.Deve essere ribadita, poi, l’applicabilità della prescrizione decennale, che il terzo motivo contesta. In coerenza con i princìpi già enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., Sez.Un., n. 17742 del 2015), questa Corte è costante nell’affermare che la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa commercialisti, richiede la liquidità ed esigibilità del credito. Il credito, dunque, deve essere posto a disposizione dell’assicurato. Tali requisiti non risultano integrati allorché «il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo» (Cass. n. 31527 del 2022, punto 15 delle Ragioni della decisione). Non è conferente, in senso contrario, il
richiamo all’art. 47bis del d.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall’INPS – come la stessa collocazione sistematica della disciplina confermae concernente la disciplina dei «trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88».
Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla Cassa a sostegno delle istanze di decisione (Cass. n. 23257 del 2024) e la memoria illustrativa non apporta argomenti che possano indurre a rimeditare la giurisprudenza oramai consolidata.
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, da porsi a carico di parte ricorrente, giusta il criterio della soccombenza, e da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente, dichiaratosi antistatario.
Poiché il presente giudizio è definito in conformità alla proposta, deve applicarsi l’art. 96, co. 3 e 4, c.p.c., come previsto dall’art. 380 -bis c.p.c. (Cass., Sez.Un., nn. 27195 e 27433 del 2023; v. anche Cass. nr. 27947 del 2023), non ravvisando il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass., Sez.Un., nr. 36069 del 2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in Euro 2500,00 in favore di parte resistente, e di una ulteriore somma di Euro 2500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
In considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, va infine dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente.
Condanna, inoltre, parte ricorrente a pagare a parte controricorrente l’ulteriore somma di Euro 2.500,00 nonché a versare la somma di Euro 2.500,00 alla Cassa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 22 aprile 2025.
LA PRESIDENTE NOME COGNOME