Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34205 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34205 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5538-2024 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 737/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/08/2023 R.G.N. 439/2023;
Oggetto
R.G.N. 5538/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 28/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva dichiarato l’illegittimità della trattenuta operata a titolo di contributo di solidarietà sulla pensione di vecchiaia, maturata a decorrere dal primo dicembre 2004, e aveva condannato la Cassa alla restituzione dei prelievi arbitrari, nei limiti della prescrizione decennale.
La Cassa commercialisti impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Milano, con ricorso che si articola in tre motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il dottor NOME COGNOME tale controricorso è inammissibile, perché tardivo, essendo stato depositato il 10.4.24, oltre il termine di quaranta giorni, rispetto alla notifica del ricorso del 26.2.24, ex art. 370 c.p.c., novellato.
Per il presente giudizio, all’esito di una proposta di definizione agevolata, ex art. 380 bis primo comma c.p.c., è stata chiesta dalla Cassa la decisione, ai sensi dell’art. 380 bis secondo comma c.p.c.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis, n.1 c.p.c. in quanto non offre alcun argomento in grado di modificare il
consolidato orientamento di legittimità formatosi sulle problematiche giuridiche sottese ai tre motivi.
I motivi sollecitano un revirement del detto orientamento senza però addurre elementi nuovi rispetto a quelli già scrutinati nei precedenti arresti di questa Corte.
Essi possono così sintetizzarsi:
rispetto ai primi due motivi, con varie pronunce (a partire da Cass. 25212/09, poi seguita da altre, tra cui Cass. e 32595 del 2018, Cass. 20 e 423 e 603 e 982 e 16814 del 2019, Cass. 28054/20, Cass. 6897 e 29535 del 2022), questa Corte ha affermato che:
l’autonomia regolamentare della Cassa è stabilita nei limiti dell’art. 3, co.12 legge n.335/95, ovvero con riguardo a variazioni delle aliquote contributive, riparametrazione dei coefficienti di rendimento e, in ultimo, a ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico.
Esula da tale novero qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati (quale, nella specie, l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale), che introduca – a prescindere dal “criterio di determinazione del trattamento pensionistico”
la previsione di una trattenuta a titolo di “contributo di solidarietà” sui trattamenti pensionistici già quantificati ed attribuiti;
il contributo di solidarietà, anche sulla base di quanto affermato da Corte Cost. sentenza n.173/16, ha natura di prestazione patrimoniale imposta ai sensi dell’art.23 Cost., ed è dunque sottoposto alla riserva di legge;
-l’art.1, co.488 legge n.147/13, da un lato, pone quale condizione di legittimità degli atti adottati dagli enti previdenziali
la loro finalizzazione ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, avente carattere provvisorio e limitato nel tempo; dall’altro lato, trattandosi di norma di interpretazione autentica, riguardante provvedimenti che abbiano inciso sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, non attiene alla materia in esame.
Tali assunti sono stati confermati da questa Corte (v. ad es. Cass. 36001/22) anche riguardo alle trattenute operate per il secondo quinquennio di applicabilità del contributo di solidarietà;
-pur a voler prescindere dal precedente testo dell’art. 3, co.12 l. n.335/95 e considerando solo il nuovo testo della norma, come derivante dall’art.1, co.763 legge n.296/06, questa Corte ha ugualmente chiarito (v. Cass.31875/18) che, nell’attuale formula zione, l’art.3, co.12 l. n.335/95 non attribuisce alla Cassa il potere di istituire un contributo di solidarietà, poiché esso è incompatibile con il sistema del pro rata su cui si è limitata ad incidere la novella dell’art.1, co.763 legge n.296/06. -la norma di interpretazione autentica di cui all’art.1, co.488, legge n.147/13, pone come condizione di legittimità degli atti adottati dagli enti previdenziali che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà in oggetto, proprio perché esso ha carattere provvisorio e limitato nel tempo (vedi, per tutte: Cass. 10 dicembre 2018, n. 31875; Cass. 6 aprile 2016, n. 6702).
-l’art.24, co.24, lett. b) d.l. n.201/11 conv. con legge n. 214/11, che prevede un contributo di solidarietà, per gli anni
2012 e 2013, nel caso di inerzia delle Casse nell’adozione delle misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche, conferma che, come sottolineato nella citata sentenza della Corte costituzionale n.173/16, il contributo di solidarietà, avendo natura di prestazione patrimoniale imposta ai sensi dell’art. 23 Cost., è sottoposto alla riserva di legge; il suddetto richiamo normativo certamente non dimostra la legittimità della istituzione del diverso contributo di solidarietà di cui qui si discute, effettuata con l’art.22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale della CNPADC e non con una norma di legge.
b) rispetto al terzo motivo, questa Corte (Cass.31527/22), ha affermato che la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948, n. 4, c.c. così come dall’art.129 del r. d. l. n. 1827 del 1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c. Questo indirizzo si è consolidato (v. ad es. Cass.449/23, Cass.688/23) ed è condiviso dal Collegio.
Né vale in contrario richiamare l’art. 47 -bis d.P.R. n.639/70, secondo cui ‘Si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’art. 24 l. n.88/89, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni.’
Tale norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, mentre il caso di specie concerne l’indebita trattenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata (Cass.4604/23).
Dato il differente ambito applicativo dell’art. 47 -bis d.P.R. n.639/70, nemmeno ha ragion d’essere alcuna questione di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost.
Si deve, dunque, dichiarare l’inammissibilità del ricorso .
L’istanza, ex art. 380 bis c.p.c., non ha aggiunto nulla di rilevante, ai motivi contenuti nell’originario ricorso.
Alla luce della tardività del deposito del controricorso, il Collegio è esonerato dal provvedere sulle spese, anche in riferimento all’art. 96 comma 3 c.p.c., perché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art. 380 bis, ult. co., cod. proc. civ., norma che contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte.
Deve, invece, applicarsi l’art. 96 , comma 4, c.p.c., norma che prevede la condanna della parte soccombente a una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 27195 e n. 27433/2023, poi Cass. n. 27947/2023). Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna parte ricorrente a pagare € 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 96 comma 4 c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024