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Contributo di solidarietà: illegittimo se non per legge

Un pensionato ha contestato la legittimità del contributo di solidarietà trattenuto dalla sua cassa di previdenza privata. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, dichiarando il prelievo illegittimo. Secondo la Corte, una simile imposizione patrimoniale può essere stabilita solo da una legge dello Stato, non da regolamenti autonomi della cassa. È stato inoltre confermato il termine di prescrizione di dieci anni per la restituzione delle somme.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contributo di solidarietà: la Cassazione ribadisce l’illegittimità se imposto dalle Casse private

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sulla questione del contributo di solidarietà applicato dalle casse di previdenza privatizzate, consolidando un principio fondamentale: nessun prelievo può essere imposto sulle pensioni se non in forza di una legge dello Stato. Questa decisione chiarisce i limiti dell’autonomia gestionale degli enti previdenziali e rafforza la tutela dei diritti acquisiti dei pensionati.

I fatti di causa

Un dottore commercialista in pensione si è rivolto al Tribunale per contestare le trattenute effettuate dalla sua Cassa di previdenza a titolo di “contributo di solidarietà”. L’ente aveva introdotto questo prelievo attraverso proprie delibere interne, giustificandolo con la necessità di assicurare l’equilibrio finanziario e la stabilità della gestione a lungo termine.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al pensionato, dichiarando illegittime le trattenute e condannando la Cassa alla restituzione delle somme indebitamente prelevate, nel rispetto della prescrizione decennale.

Insoddisfatta, la Cassa di previdenza ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo due argomenti principali:
1. La legittimità del contributo in virtù della propria autonomia normativa, finalizzata a garantire la sostenibilità del sistema pensionistico per le future generazioni.
2. L’applicazione del termine di prescrizione breve di cinque anni, anziché quello ordinario di dieci, per le richieste di rimborso.

La decisione sul contributo di solidarietà della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente le sentenze dei giudici di merito. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e considerato “diritto vivente”.

Gli Ermellini hanno ribadito con fermezza che gli enti previdenziali privatizzati non possono, con propri atti o provvedimenti, imporre trattenute su trattamenti pensionistici già determinati e in corso di erogazione. Un prelievo come il contributo di solidarietà non incide sui criteri di calcolo della pensione, ma costituisce una vera e propria prestazione patrimoniale imposta.

La questione della prescrizione

Anche sul secondo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione, la Corte ha respinto le argomentazioni della Cassa. È stato confermato che l’azione volta a ottenere la restituzione delle somme illegittimamente trattenute è soggetta al termine di prescrizione ordinario di dieci anni. La prescrizione breve di cinque anni, invocata dalla Cassa, si applica solo alle rate di pensione non pagate, ma non a un’azione di ripetizione dell’indebito, che ha natura e presupposti diversi.

Le motivazioni della decisione

Il cuore della motivazione risiede nel principio costituzionale della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali, sancito dall’art. 23 della Costituzione. Secondo la Corte, un prelievo forzoso sui redditi da pensione può essere introdotto soltanto da una legge dello Stato, organo rappresentativo della volontà popolare, e non da un atto amministrativo di un ente, seppur dotato di autonomia.

L’autonomia gestionale delle casse privatizzate, pur essendo ampia e finalizzata a garantire l’equilibrio dei bilanci, non può spingersi fino a invadere una sfera di competenza esclusiva del legislatore. La necessità di assicurare la stabilità finanziaria non può giustificare il sacrificio di diritti soggettivi già consolidati, come il diritto a una pensione piena, senza una base legale adeguata.

La Corte ha specificato che tali atti unilaterali degli enti sono incompatibili con il rispetto del principio “pro rata”, che garantisce il mantenimento dei diritti acquisiti sulla base dei contributi versati.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rappresenta un punto fermo a tutela dei pensionati iscritti alle casse professionali. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare:

1. Limiti all’autonomia delle Casse: L’autonomia degli enti previdenziali privati non è assoluta e incontra un limite invalicabile nella riserva di legge stabilita dalla Costituzione per le imposizioni patrimoniali.
2. Illegittimità del prelievo: Qualsiasi forma di contributo di solidarietà o prelievo simile su pensioni già in essere, se non previsto da una specifica norma di legge, è da considerarsi illegittimo.
3. Tutela del pensionato: I pensionati che hanno subito tali trattenute hanno diritto a chiederne la restituzione integrale, potendo agire in giudizio entro il termine di dieci anni dal prelievo.

Una Cassa di previdenza privata può imporre autonomamente un contributo di solidarietà sulle pensioni?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un prelievo di questo tipo è una prestazione patrimoniale che, secondo l’art. 23 della Costituzione, può essere imposta solo da una legge dello Stato e non da un atto autonomo della Cassa.

Qual è il termine di prescrizione per chiedere la restituzione di un contributo di solidarietà illegittimo?
Il termine di prescrizione è quello ordinario di dieci anni. La Corte ha chiarito che non si applica il termine breve di cinque anni, poiché l’azione non riguarda ratei di pensione ma la restituzione di somme indebitamente pagate.

Perché la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della Cassa di previdenza?
Perché le questioni legali sollevate erano già state risolte in modo uniforme da un consolidato orientamento della stessa Corte. Il ricorso non ha presentato nuovi argomenti in grado di giustificare un cambiamento di tale giurisprudenza, considerata ormai “diritto vivente”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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