Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5959 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5959 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8016-2024 proposto da:
CASSA RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3243/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/10/2023 R.G.N. 3137/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 8016/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 19/12/2024
CC
RILEVATO CHE
Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Dottori Commercialisti impugna sulla base di tre motivi la sentenza n. 3243/2023 della Corte appello di Roma che ha respinto il gravame dalla stessa proposto avverso la sentenza del Tribunale della medesima sede che aveva dichiarato l’illegittimità del contributo di solidarietà applicato sul trattamento pensionistico di NOME NOME e condannato la Cassa a restituire le trattenute indebite.
Resiste NOME con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
A seguito di richiesta di decisione depositata nei confronti della proposta di definizione accelerata del presente giudizio, è stata fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il collegio ha riservato il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
La Cassa propone tre motivi di ricorso.
I motivo) Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. per violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 509/1994, dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335/1995, anche come m odificato dall’art. 1, comma 763, della legge n. 296/2006 ed
autenticamente interpretato dall’art. 1, comma 488, della legge n. 147/2013, dell’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201/2011, conv. in legge n. 214/2011, degli artt. 2, 3 e 23 Cost., anche in relazione e combinato disposto alle delibere della cassa nn. 4/2008 , 3/2013 e 10/2017, emanate anche in virtù dell’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale approvato con d.m. 14.07.2004, nonchè dell’art. 115 cod. proc. civ. laddove la sentenza impugnata ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione del dott. NOME
II motivo) In subordine, nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ove la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi in ordine alla applicabilità del co ntributo di solidarietà previsto dall’art. 24, comma 24, d.l. n. 201/2011.
III motivo) Sempre in subordine, violazione o falsa applicazione di norme di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. per violazione o falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, della legge n. 21/1986, dell’art. 2948, n. 4, cod. civ., dell’art. 2943 cod. civ., dell’art. 47bis del d.P.R. n. 639/1947 nonchè degli artt. 3 e 38 della Costituzione, ove la sentenza impugnata ha rigettato l’eccezione di prescrizione quinquennale.
Il primo motivo, che tende a dimostrare la legittimità del contributo imposto dalla Cassa ricorrente, risulta manifestamente infondato alla stregua dell’oramai consolidato orientamento di questa Corte che ha offerto esaustiva risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno del ricorso, in controversie del tutto sovrapponibili a quella odierna, anche in rapporto alle previsioni del d.l. n. 201 del 2011, essendosi
chiarito che gli enti previdenziali privatizzati (come, nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore.
Cassazione n. 603/2019, ex multis , ha poi rilevato che «appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un “prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)”; ed è, dunque, la mancata copertura della previsione di legge, richiesta dall’art. 23 Cost., che rende illegittima la previsione della ritenuta per cui è causa; sulla base delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità, per le Casse, di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può
essere ricondotto ad un “criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore».
Detto orientamento, iniziato con Cass. n. 25212/2009 e proseguito con, ex multis , Cass. n. 31875/2018, n. 32595/2018, n. 423/2019, n. 603/2019, n. 982/2019, n. 16814/2019, n. 28054/2020, n. 6301/2022, n. 6897/2022, n. 18565/2022; n. 18566/2022; n. 18570/2022; n. 29382/2022; n. 29535/2022; n. 29523/2022; n. 9886/2023, n. 9893/2023, n. 9914/2023, n. 10047/2023, n. 12122/2023, n. 6170/2024, n. 7489/2024, n. 24403/2024, n. 24605/2024, n. 24667/2024 è consolidato e va confermato.
Non ha pregio la doglianza di cui al secondo motivo, che tende a stigmatizzare l’operato della Corte d’appello che avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame relativo alla debenza quanto meno del contributo di solidarietà introdotto dall’art. 24, comma 24, del d.l n. 201/2011 per gli anni 2012/2013.
Non si ravvisa il vizio denunciato, poiché la Corte romana ha rigettato implicitamente, di tal chè non vi è stata omessa pronuncia ma se mai un difetto motivazionale che non è stato qui contestato.
Infatti, la sentenza impugnata ha dato conto dell’esistenza dello specifico motivo di appello (indicato come terzo), lo ha trattato congiuntamente al primo ed secondo motivo, al punto 4 della motivazione (‘assume altresì che il contributo in questione dovrebbe essere ritenuto legittimo quanto meno a partir dal 2011 in ragione della normativa indicata e quantomeno per gli anni 2012 -2013’), respingendolo: se mai, la parte motiva non
ha esplicitato compiutamente le ragioni in diritto del rigetto ma in ordine a ciò nulla è dedotto in ricorso.
Peraltro, ritiene questa Corte che la conclusione di respingere il motivo sia giuridicamente corretta.
Come espresso, ex multis , da Cass. n. 21172/2021, «benché, in effetti, la sentenza impugnata nulla abbia detto al riguardo, soccorre sul punto il principio secondo cui la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame, giacché in tal caso questa Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111, comma 2°, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo qual è la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, sempre che – come nella specie – si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (Cass. S.U. n. 2731 del 2017)».
Ciò premesso, la ricorrente afferma in sostanza che, per gli anni 2012 e 2013, spetterebbe il contributo di cui all’art.24, comma 24, del d.l. n.201/2011, convertito nella legge n. 214/2011, come modificato dal d.l. n. 216/2011, in forza del quale, ‘in considerazione dell’esigenza di assicurare l’equilibrio finanziario delle rispettive gestioni in conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, gli enti e le forme gestorie di cui ai predetti decreti adottano, nell’esercizio della loro
autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 settembre 2012, misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni. Le delibere in materia sono sottoposte all’approvazione dei Ministeri vigilanti secondo le disposizioni di cui ai predetti decreti; essi si esprimono in modo definitivo entro trenta giorni dalla ricezione di tali delibere.
Decorso il termine del 30 settembre 2012 senza l’adozione dei previsti provvedimenti, ovvero nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti, si applicano, con decorrenza dal 1° gennaio 2012:
le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo sull’applicazione del pro-rata agli iscritti alle relative gestioni; b) un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico
dei pensionati nella misura dell’1 per cento’.
L’Ente ricorrente afferma che dalla lettura della disposizione si evincerebbe chiaramente che, nell’ipotesi in cui si consideri illegittimo il contributo di solidarietà previsto dalla Cassa in virtù delle delibere per cui è causa, a ciò equivalendo la inerzia dell’Ente, non potrebbe non darsi quantomeno applicazione del contributo di solidarietà previsto direttamente dal legislatore nella misura dell’1% del trattamento pensionistico.
La norma de qua introduce un contributo di solidarietà dell’1%, limitatamente agli anni 2012 e 2013, ancorandolo a due presupposti alternativi, specificatamente identificati nella mancata adozione da parte delle Casse, entro il 30 settembre 2012, di misure volte ad assic urare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche oppure nell’emissione di parere negativo da parte dei Ministeri vigilanti
sulle delibere eventualmente adottate (entro trenta giorni dalla loro ricezione).
Come già osservato da questa Corte ( ex multis Cass. n. 24651/2024, n. 24403/2024), il dato letterale non lascia spazio alla lettura proposta dalla Cassa, che vorrebbe equiparare all’inerzia degli Enti nell’intervenire ex ante sul rapporto entrate/spesa l’ipotesi in cui detti interventi siano stati effettuati ma i relativi provvedimenti siano stati ex post dichiarati illegittimi, poiché, in tal caso, non si può configurare una situazione di ‘inattività’ degli Enti stessi, nei termini richiesti dal legislatore.
Del resto, l’inerzia è condizione che la stessa Cassa ha espressamente escluso sin dalle fasi di merito nonché con la proposizione del presente ricorso, avendo resistito, prima, ed agito, poi, proprio sul presupposto di aver adottato -con l’introduzione d ella riforma strutturale del sistema previdenziale mediante il passaggio al sistema contributivo e con l’imposizione del contributo di solidarietà in via regolamentare -misure necessarie per la salvaguardia dell’equilibrio di bilancio a lungo termine, dirette ad assicurare la sostenibilità finanziaria del regime previdenziale dei propri iscritti (attraverso il Regolamento di disciplina e le delibere attuative).
La sentenza impugnata non incorre neppure nei vizi denunciati con la terza doglianza, che prospetta l’applicabilità della prescrizione quinquennale.
Va nuovamente richiamato l’orientamento di legittimità consolidato sul punto.
Come evidenziato fin da Cass. n. 31527/2022, in cui si controverteva di un caso analogo al presente, la prescrizione quinquennale prevista dall’art.2948, n. 4, cod. civ. così come
dall’art.129 del R. D. L. n. 1827 del 1935 richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.
Né vale in contrario richiamare l’art.47 -bis d.P.R. n.639/70, secondo cui ‘si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’art.24 l. n.88/89, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni.’
Questa Corte ha affermato che tale norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, mentre il caso di specie concerne l’indebita trattenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata ( ex plurimis , Cass. n. 4604/2023).
Questo indirizzo si è consolidato ( ex multis, Cass. n. 31641/2022, n. 31642/22, n.449/2023, n.688/2023, Cass. n. 4263/2023, n. 4314/2023, n. 4349/2023, n. 4362/2023, n. 4604/2023, n. 6170/2024) ed è condiviso dal Collegio.
Dato il differente ambito applicativo dell’art.47 -bis d.P.R. n.639/70, non ha ragion d’essere alcuna questione di illegittimità costituzionale per violazione dell’art.3 Cost.
Le ulteriori argomentazioni svolte in seno alla memoria depositata dalla Cassa in vista della presente adunanza non pongono elementi di valutazione effettivamente nuovi o non
considerati nei precedenti casi in cui questa Corte si è pronunciata, per cui l’orientamento formatosi va confermato.
Conclusivamente il ricorso va respinto, con condanna alle spese in favore del controricorrente secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo, con distrazione.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., contenendo l’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 27195/2023 e n. 27433/2023, Cass. n.27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 2500,00 in favore del resistente e di una ulteriore somma di € 2500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente a rifondere a controparte le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in €5000,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge, con distrazione;
condanna parte ricorrente a pagare al resistente l’ulteriore somma di €2500,00;
condanna parte ricorrente a pagare €2500,00 in favore della Cassa delle Ammende;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 19 dicembre