Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10987 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10987 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13393/2024 R.G. proposto da :
COGNOME COMMERCIALISTI, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
Contro
COGNOME elettivamente domiciliato in RIMINI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 504/2023 depositata il 29/11/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accertato l’illegittimità del prelievo operato dalla CASSA NAZIONALE DI RAGIONE_SOCIALE DOTTORI COMMERCIALISTI (in prosieguo: la CASSA), a titolo di contributo di solidarietà, sul trattamento pensionistico corrisposto ad NOME COGNOME e condannato la CASSA a restituire le somme trattenute a tale titolo a decorrere dal 30 settembre 2011, oltre interessi dalle singole trattenute mensili al saldo.
Avverso tale pronuncia la CASSA ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
A seguito di proposta di definizione accelerata del giudizio, la parte ricorrente ha chiesto la decisione e la Corte ha fissato l’odierna adunanza camerale. La CASSA ha depositato memoria.
FATTI DI CAUSA
Con il primo motivo di ricorso, la CASSA ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3 c.p.c.- dell’art 3, comma 12, della legge nr. 335 del 1995, dell’art. 1, comma 763, ultimo periodo, della legge nr. 296 del 2006 e dell’art. 1, comma 488, della legge nr. 147 del 2013── nella parte in cui ha interpretato in via autentica il predetto art. 1, comma 763── per avere la sentenza impugnata ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione del controricorrente. In subordine, la censura pone una questione di legittimità costituzionale, in relazione agli articoli 3 e 38 Cost. dell’art. 3, comma 12, l. n. 335/1995, ove interpretato nel senso della intangibilità, anche per motivi di solidarietà, del trattamento di pensione, in considerazione del fatto che il sistema pensionistico della Cassa, privato del sostegno economico dello Stato, incontrerebbe, nell’esercizio della sua autonomia, dei limiti identici a quelli previsti dal sistema pubblico, in violazione del principio sancito dall’art. 3 Cost. (che vieta parità di trattamento per situazioni diverse).
Con il secondo mezzo la parte ricorrente ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2948, nr. 4 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale in luogo di quello quinquennale.
Come già evidenziato nella proposta di definizione accelerata ex art. 380-bis c.p.c., trattasi di censure che la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto infondate (si vedano tra le tantissime, Cass. nn. 31875 del 2018, 603 del 2019, 35986 e 36096 del 2022 nonché 3088, 9842, 9914, 10047 e 12122 del 2023, 6170 e n. 30742 del 2024 ed in relazione al secondo motivo, Cass. nn. 31527 del 2022, 4362, 4363,4604, 4349 del 2023).
Quanto alla legittimità del contributo di solidarietà, dedotta nel primo motivo di ricorso, questa Corte ha ribadito a più riprese che il potere di imporlo deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 2016); si tratta di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi essenziali (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875), in quanto non si annovera tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di legge, possono adottare.
Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro rata (legge 296 del 2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della Cassa di imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi. Nè induce a diverse conclusioni il potere della Casse -secondo la formulazione dell’art. 3, comma 12 l. n. 335/1995 vigente dall’anno 2006 -di adottare tutti gli atti necessari a raggiungere l’equilibrio finanziario di lungo termine, in quanto tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo, così come affermato dalla stessa parte ricorrente (sentenza n. 31875 del 2018, cit., punto 7 delle Ragioni della decisione).
Tali considerazioni sono avvalorate dalle previsioni dell’art. 24, comma 24, del D.L. n. 201 del 2011; è il legislatore che ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame.
7.In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza, ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò differenziandole, all’evidenza, dal contingente contributo imposto dalla Cassa commercialisti in virtù delle delibere qui contestate.
Quanto al prospettato dubbio di legittimità costituzionale, si rileva che l’impugnata sentenza non ha affermato un principio di intangibilità del trattamento pensionistico, bensì ha censurato l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto dalla Cassa in forza della disposizione dell’art. 22 del Regolamento dell’ente previdenziale privato e delle sue successive proroghe del 2008-2013-2017. Non si ravvisa alcuna disparità di trattamento rispetto al trattamento pensionistico a carico dell’INPS, poiché la ratio decidendi risiede, piuttosto, nella inammissibilità della imposizione del contributo su base normativa secondaria e non già per fonte legislativa primaria.
Deve essere ribadita, poi, l’applicabilità della prescrizione decennale, che il secondo motivo contesta.
10.In coerenza con i princìpi già enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742), questa Corte è costante nell’affermare che la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa, richiede la liquidità ed esigibilità del credito. Il credito, dunque, deve essere posto a disposizione dell’assicurato.
Tali requisiti non si risultano integrati allorché «il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo» (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527, punto 15 delle Ragioni della decisione).
Non è conferente, in senso contrario, il richiamo all’art. 47bis del D.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall’INPScome la stessa collocazione sistematica della disciplina conferma- e concernente la disciplina dei «trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88».
13.Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla Cassa commercialisti a sostegno delle istanze di decisione (Cass., sez. lav., 28 agosto 2024, n. 23257) e la memoria illustrativa non apporta argomenti che possano indurre a rimeditare la giurisprudenza oramai consolidata.
14.In sostanza, nemmeno nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod.proc.civ. parte ricorrente ha prospettato argomenti che inducano a rimeditare l’indirizzo univocamente assunto dalla giurisprudenza di questa Corte.
15.Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile ex art. 360-bis, n. 1, cod.proc.civ., provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, da porsi a carico di parte ricorrente, giusta il criterio della soccombenza e da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente, dichiaratosi antistatario.
16. Poiché il presente giudizio è definito in conformità alla proposta, deve applicarsi l’art. 96, co. 3 e 4, c.p.c., come previsto dall’art. 380bis c.p.c. (Cass., Sez. Un., nn. 27195 e 27433 del 2023; v. anche Cass. nr. 27947 del 2023), non ravvisando il Collegio ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass., Sez. Un., n. 36069 del 2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in Euro 2.500,00 in favore di parte resistente ed una ulteriore somma di Euro 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
18. Va infine dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre al rimborso delle spese generali in misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente. Condanna, inoltre, parte ricorrente a pagare a parte controricorrente l’ulteriore somma di Euro 2.500,00 nonché a versare la somma di Euro 2.500,00 alla Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 28 febbraio 2025