Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25632 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25632 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11159-2024 proposto da:
Oggetto
Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Dottori Commercialisti
Contributo solidarietà
legittimità prescrizione
R.G.N.11159/2024
COGNOME
Rep.
Ud 10/07/2025
CC
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 498/2023 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 30/10/2023 R.G.N. 481/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Dottori Commercialisti impugna la sentenza n. 498/2023 della Corte d’appello di Firenze che ha respinto il gravame avverso la pronuncia del Tribunale di Arezzo che aveva dichiarato l’illegittimità del contrib uto di solidarietà applicato dalla Cassa sul trattamento pensionistico di NOME COGNOME.
Propone due motivi di ricorso, illustrati da memoria, cui resiste NOME COGNOME con controricorso.
A seguito di richiesta di decisione depositata dalla Cassa nei confronti della proposta di definizione accelerata del presente giudizio, è stata fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il collegio ha riservato il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
La Cassa censura la sentenza sulla base di due motivi.
I)violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335/1995, dell’art. 1, comma 763 ult. periodo della legge n. 296/2006 nonché dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147/2013 nella parte in cui ha interpretato in via autentica il predetto art. 1, comma 763, per avere la Corte dichiarato l’illegittimità delle trattenute operate dalla Cassa sulla pensione a titolo di contributo di solidarietà, affermando un inesistente principio di intangibilità del trattamento pensionistico, presente e futuro, senza considerare che l’applicazione del contributo è legittima . In subordine, invoca una questione di legittimità costituzionale, per contrarietà agli artt. 3 e 38 Cost., dell’art. 3 , comma 12,
della legge n.335/1995 e dell’art. 1, comma 12, del la medesima legge, anche in relazione ai commi 17 e 18, ove interpretati nel senso della intangibilità, anche per motivi di solidarietà, del trattamento di pensione.
II)violazione e/o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., dell’art. 2948 n. 4 cod. civ. nella parte in cui la Corte ha erroneamente rigettato l’eccezione di prescrizione quinquennale.
Deve preliminarmente osservarsi che, secondo le SSUU di questa Corte (n. 9611/2024), «nel procedimento ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., come disciplinato dal d.lgs. n. 149 del 2022, il presidente della sezione o il consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, può far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis.1, non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4 e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa».
Tanto premesso, si osserva.
Il primo motivo, che tende a dimostrare la legittimità del contributo imposto dalla Cassa ricorrente , parte dall’assunto che l’impugnata sentenza abbia affermato un principio di intangibilità del trattamento pensionistico, laddove, viceversa, la Corte territoriale ha censurato l’illegittimità del contributo di
solidarietà imposto dalla Cassa richiamando il consolidato indirizzo giurisprudenziale sul punto.
Il motivo è manifestamente infondato alla stregua dell’oramai granitico orientamento di questa Corte che ha offerto esaustiva risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno del ricorso, in controversie sovrapponibili a quella odierna, anche in rapporto alle previsioni del d.l. n. 201 del 2011, essendosi chiarito che gli enti previdenziali privatizzati (come, nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore.
Cassazione n. 603/2019, ex multis , ha poi rilevato che «appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un “prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)”; ed è, dunque, la mancata
copertura della previsione di legge, richiesta dall’art. 23 Cost., che rende illegittima la previsione della ritenuta per cui è causa; sulla base delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità, per le Casse, di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un “criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore».
Detto orientamento, iniziato con Cass. n. 25212/2009 e proseguito con, ex multis , Cass. n. 31875/2018, n. 32595/2018, n. 423/2019, n. 603/2019, n. 982/2019, n. 16814/2019, n. 28054/2020, n. 6301/2022, n. 6897/2022, n. 18565/2022; n. 18566/2022; n. 18570/2022; n. 29382/2022; n. 29535/2022; n. 29523/2022; n. 9886/2023, n. 9893/2023, n. 9914/2023, n. 10047/2023, n. 12122/2023, n. 6170/2024, n. 7489/2024, n. 24403/2024, n. 24605/2024, n. 24667/2024, n. 23126/2025, n. 22154/2025, n. 21895/2025, è consolidato e va confermato.
Non si pone, dunque, un problema di intangibilità del trattamento pensionistico collegato alla anzianità contributiva del professionista iscritto, bensì una questione diversa, afferente alla adottabilità o meno, da parte delle Casse previdenziali privatizzate, di un contributo imposto per fonte non legale bensì regolamentare, ove consentito nei limiti di una riserva relativa di legge prevista dall’art. 23 Cost.
Se, quindi, non si verte in tema di intangibilità o meno del trattamento pensionistico, quale ipotesi condizionante della prospettata questione di costituzionalità, allora non si ravvisa alcuna disparità di trattamento rispetto al trattamento pensionistico a carico di INPS.
Come di recente ben espresso da questa Corte in Cass. n. 23728/2025, «già in sentenza Corte Cost. n. 173/2016 non si riteneva alcun contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost. per il caso di eventuale decurtazione, per fonte legislativa, del trattamento pensionistico in forza di disciplina attuativa di un contributo di solidarietà, ed anzi, la norma sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale era l’art. 1 comma 486 L.147/13 applicativo di un contributo straordinario e temporaneo, non già quella primaria del l’art. 3 comma 12 L.335/95; va anche evidenziato che la prospettata illegittimità costituzionale di quest’ultima (e dell’art. 1 commi 17 e 18 sugli incrementi percentuali delle retribuzioni pensionabili per i lavoratori iscritti ad INPS) sarebbe astrattamente invocabile se a parità di condizioni di partenza fosse riservato un trattamento pensionistico (ed una sua eventuale decurtazione) differente fra settore pubblico e privato, ed invece nel caso in esame si prospetta proprio una diversità di condizioni di partenza, per diversa disciplina e fonte attuativa del contributo straordinario prevista dalla citata norma della L.147/2013 (legislativa, nell’un caso, regolamentare nell’altro) pur in presenza di un contributo avente in radice la medesima finalità di stabilità di bilancio a lungo termine e di equità intergenerazionale. La citata sentenza della Corte costituzionale aveva anche affermato che «10. -Si è dunque, nella specie, in presenza di un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003). 11. -Resta allora da verificare se il contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, come disciplinato dal censurato comma 486, risponda a criteri di ragionevolezza e proporzionalità, tenendo conto dell’esigenza di bilanciare la
garanzia del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica con altri valori costituzionalmente rilevanti». E si tratta di principi informatori e canoni di orientamento teleologico affatto posti in dubbio; resta, di fondo, la contestata ammissibilità di una fonte impositiva del contributo in esame su base normativa secondaria e non già per fonte legislativa primaria. La sentenza n.173/2016 della Corte Costituzionale aveva anche distinto la natura contributiva del prelievo imposto da un connotato di ‘tributo’, e la sua astratta configurabilità con gradualità e proporzionalità sulle pensioni più elevate, in virtù del principio di ragionevolezza, aggiungendo però che, trattandosi di misura eccezionale, il contributo ‘non può essere ripetitivo e tradursi in un meccanismo di alimentazione del sistema di previdenza’. Ed allora, ove ne sia prevista la fonte legale (e ciò non vale, per quanto innanzi detto, per il caso in esame dei pensionati di casse previdenziali privatizzate) il prelievo imposto per legge dimostrerebbe, per contro, la non intangibilità del trattamento pensionistico: ne discende la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 comma 12, ed 1 comma 12, 17, e 18 L.335/1995 che il ricorrente ha inteso sottoporre in esame ‘se interpretati nel senso di intangibilità, anche per ragioni di solidarietà, del trattamento di pensione determinato con il sistema retributivo’ ».
La sentenza impugnata non incorre neppure nei vizi denunciati con la seconda doglianza, che prospetta l’applicabilità della prescrizione quinquennale.
Va nuovamente richiamato l’orientamento di legittimità consolidato sul punto.
Come evidenziato fin da Cass. n. 31527/2022, in cui si controverteva di un caso analogo al presente, la prescrizione
quinquennale prevista dall’art.2948, n. 4, cod. civ. così come dall’art.129 del R. D. L. n. 1827 del 1935 richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.
Né vale in contrario richiamare l’art.47 -bis d.P.R. n.639/70, secondo cui ‘si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’art.24 l. n.88/89, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni.’
Questa Corte ha affermato che tale norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, mentre il caso di specie concerne l’indebita trattenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata ( ex plurimis , Cass. n. 4604/2023).
Questo indirizzo si è consolidato ( ex multis, Cass. n. 31641/2022, n. 31642/22, n.449/2023, n.688/2023, Cass. n. 4263/2023, n. 4314/2023, n. 4349/2023, n. 4362/2023, n. 4604/2023, n. 6170/2024, n. 23126/2025, n. 22154/2025, n. 24151/2025) ed è condiviso dal Collegio.
Le ulteriori argomentazioni svolte in seno alla memoria depositata dalla Cassa in vista della presente adunanza non pongono elementi di valutazione effettivamente nuovi o non
considerati nei precedenti casi in cui questa Corte si è pronunciata, per cui l’orientamento formatosi va confermato.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ., con condanna alle spese in favore del controricorrente secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo, con distrazione in favore del difensore, dichiaratosi antistatario.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., contenendo l’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 27195/2023 e n. 27433/2023, Cass. n.27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in €2500,00 in favore del resistente e di una ulteriore somma di €2500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 5000,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge, con distrazione;
condanna parte ricorrente a pagare al resistente l’ulteriore somma di € 2500,00;
condanna parte ricorrente a pagare € 2500,00 in favore della Cassa delle Ammende;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 10 luglio 2025.
La Presidente NOME COGNOME