Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14555 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14555 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9165-2024 proposto da
RAGIONE_SOCIALE E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura rilasciata in calce all’istanza di decisione, dall’avvocata NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo studio, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al controricorso, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 471 del 2023 della CORTE D’APPELLO DI TORINO, depositata il 2 novembre 2023 (R.G.N. 342/2023).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.N. 9165/2024
COGNOME
Rep.
C.C. 28/2/2025
giurisdizione Contributo di solidarietà applicato dalla Cassa Commercialisti. Illegittimità. Prescrizione.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 471 del 2023, depositata il 2 novembre 2023, la Corte d’appello di Torino ha respinto il gravame della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti (d’ora innanzi , denominata Cassa commercialisti) e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede , che aveva dichiarato l’illegittimità dell e trattenute effettuate dalla Cassa commercialisti, a titolo di contributo di solidarietà, sulla pensione di vecchiaia anticipata corrisposta al dottor NOME COGNOME a partire dal primo luglio 2008 e aveva condannato l’ente previdenziale a restituire gl’importi arbitrariamente prelevati, nei limiti della prescrizione decennale.
1.1. -A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato, anzitutto, che esula dai poteri delle Casse privatizzate l’imposizione di un contributo di solidarietà, che solo il legislatore può stabilire, in virtù della riserva sancita dall’art. 23 Cost.
1.2. -D ev’essere disattesa , inoltre, la richiesta di applicare al caso di specie, che non configura un’ipotesi di riliquidazione del trattamento pensionistico, la prescrizione quinquennale, per la decisiva considerazione che difettano i caratteri della liquidità e della esigibilità del credito.
1.3. -Gl’interessi, infine, devono essere corrisposti a far data dall’effettivo pagamento.
-La Cassa commercialisti impugna in sede di legittimità la sentenza d’appello , articolando quattro motivi di censura.
-Il dottor NOME COGNOME resiste con controricorso.
-Il Consigliere delegato, ravvisando la manifesta infondatezza del ricorso, ha formulato una sintetica proposta di definizione del giudizio (art. 380bis , primo comma, cod. proc. civ.).
-La parte ricorrente ha chiesto la decisione (art. 380bis , secondo comma, cod. proc. civ.).
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, c ome modificato dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e poi interpretato dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dell’art. 24, comma 24, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, degli artt. 2, 3 e 23 Cost., anche in relazione e combinato disposto con le delibere della Cassa n. 4 del 2008, n. 3 del 2013, n. 10 del 2017, emanate anche in virtù dell’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale approvato con decreto ministeriale 14 luglio 2004, dell’art. 115 cod. proc. civ.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel reputare illegittimo il contributo di solidarietà, che la Cassa avrebbe imposto nel l’esercizio dei più ampi poteri riconosciuti dall’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, allo scopo di conseguire l’equilibrio finanziario di lungo termine. Tale circostanza emergerebbe dalle risultanze documentali acquisite (relazione di bilancio tecnico), trascurate dalla sentenza d’appello. Il prelievo effettuato dalla Cassa commercialisti non solo sarebbe espressione dell’autonomia riconosciuta agli enti previdenziali privatizzati, legittimati all’adozione di ogni più appropriato provvedimento volto alla s alvaguardia dell’equilibrio finanziario , ma sarebbe rispettoso dei princìpi di ragionevolezza e di gradualità (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 2016) e sarebbe sorretto da un
solido fondamento normativo, confermato, da ultimo, dalle previsioni dell’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201 del 2011. Né si potrebbe opporre un principio d’intangibilità dei trattamenti pensionistici. Nel caso di specie, il contributo di solidarietà sarebbe stato introdotto ben prima dell’erogazione del trattamento pensionistico, allorché già il principio del pro rata era stato mitigato. Nessuna incidenza, pertanto, si potrebbe riscontrare su un trattamento pensionistico già maturato.
-Con la seconda critica (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), in via subordinata, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di applicazione del contributo di solidarietà, nella misura predeterminata dall’art. 24, comma 24, lettera b ), del d.l. n. 201 del 2011.
Ad avviso della ricorrente, l a declaratoria d’illegittimità delle delibere che hanno imposto il prelievo fornirebbe la prova della mancata adozione di misure finalizzate ad assicurare l’equilibrio finanziario.
3. -Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), in via ulteriormente gradata, la ricorrente prospetta la violazione o la falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, della legge 29 gennaio 1986, n. 21, dell’art. 2948, n. 4, cod. civ., dell’art. 47 -bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, degli artt. 3 e 38 Cost.
La sentenza d’appello sarebbe censurabile anche per avere applicato la prescrizione decennale, a dispetto alla normativa speciale dettata dall’art. 19, comma 3, della legge n. 21 del 1986 e del carattere di liquidità che assisterebbe il credito dedotto in causa, con conseguente operatività della regola generale sancita dall’art. 2948, n. 4, cod. civ. Peraltro, il caso di specie, contraddistinto dall’erogazione di prestazioni previdenziali obbligatorie, sarebbe assoggettato alla prescrizione quinquennale anc he in base all’art. 47 -bis del d.P.R. n.
639 del 1970, che esprimerebbe «una regola di sistema» (pagina 28 del ricorso per cassazione).
4. -Con il quarto mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole, infine, in via di estremo subordine, della violazione o della falsa applicazione dell’art. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, degli artt. 1224 e 2033 cod. civ. e addebita alla sentenza d’appello di aver fatto decorrere gl’interessi dalla scadenza dei singoli ratei di pensione, anziché dalla data della domanda, secondo i princìpi generali.
5. -Su tutti i profili controversi è oramai consolidato l’orientamento di questa Corte, richiamato anche nel controricorso, e tanto la sentenza impugnata quanto la proposta di definizione l’hanno puntualmente recepito.
I l ricorso e la memoria illustrativa depositata dopo l’istanza di decisione non inducono a rimeditare i princìpi di diritto ribaditi a più riprese, anche in séguito alle istanze di decisione formulate dall’odierna ricorrente (di recente, fra tutte, in controversie sovrapponibili a quella odierna, Cass., sez. lav., 26 aprile 2025, n. 10992, n. 10989, n. 10988, n. 10987, n. 10984, n. 10983, n. 10982, n. 10981, n. 10971, n. 10970, n. 10955, n. 10952; negli stessi termini, già Cass., sez. lav., 31 marzo 2025, n. 8489).
L’impugnazione si rivela, pertanto, inammissibile, alla stregua dell’art. 360 -bis , n. 1, cod. proc. civ.
6. -Quanto alla legittimità del contributo di solidarietà, approfondita nel primo motivo di ricorso, questa Corte ha puntualizzato in molteplici occasioni che il potere d’imporlo deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. Si tratta, invero, di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi essenziali (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875), in quanto
non si annovera tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di legge, possono adottare.
È questo il profilo dirimente, che si pone in coerenza con le indicazioni della pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 173 del 2016) richiamata dalla stessa parte ricorrente.
Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro rata (legge n. 296 del 2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della Cassa d’imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi.
Né tale potere può vantare alcun crisma di legittimità per il fatto che non si possa trarre dal sistema un generale e indifferenziato principio d’immutabilità del trattamento pensionistico.
Il punto nodale è la carenza di fondamento legislativo, in contrasto con la garanzia presidiata dall’art. 23 Cost. , e tale considerazione vale a privare di consistenza l’argomento che il contributo, in quanto introdotto prima dell’erogazione del trattamento pensionistico, non modifichi in peius una pensione già corrisposta e sia conseguentemente legittimo.
Quanto all ‘art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, menzionato dalla ricorrente, esso fa salvi i soli provvedimenti legittimamente assunti dalla Cassa, allo scopo d’incidere sui criteri di determinazione dei trattamenti previdenziali, rigorosamente intesi.
Peraltro, «la norma in esame pone come condizione di legittimità degli atti che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo, così come affermato dalla stessa ricorrente» (sentenza n. 31875 del 2018, cit., punto 7 delle Ragioni della decisione ).
Tali considerazioni sono avvalorate dalle stesse previsioni dell’art. 24 del d.l. n. 201 del 2011, che la ricorrente richiama a sostegno delle censure.
Anzitutto, è il legislatore che, in quel frangente, ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame.
In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza, ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò differenziandole, all’evidenza, dal contingente contributo imposto dalla Cassa commercialisti in virtù delle delibere qui contestate.
-Anche sulla questione agitata, in via di subordine, con il secondo motivo, è costante la giurisprudenza di questa Corte.
Il legislatore ha imposto agli enti previdenziali privatizzati di adottare «misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni».
Ove gli enti previdenziali privatizzati, entro il 30 settembre 2012, non adottino i provvedimenti in esame o i Ministeri vigilanti esprimano un parere negativo sulle delibere adottate, a decorrere dal primo gennaio 2012 si applica «un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell’1 per cento» (art. 24, comma 24, lettera b , del d.l. n. 201 del 2011).
La legge indica come prioritaria l’adozione di misure strutturali di riequilibrio, destinate a proiettarsi in un arco temporale più ampio, e, solo in via di extrema ratio , contempla l’applicazione del contributo di solidarietà in una misura predeterminata, peraltro diversa da quella che la Cassa commercialisti ha rivendicato in giudizio. L’applicazione è subordinata per legge al ricorrere di requisiti tassativi, che
s’identificano nell’inerzia degli enti o nella valutazione negativa dei Ministeri vigilanti.
All’inerzia o all’inefficacia delle azioni intraprese, che dev’essere attestata dal parere negativo del Ministero, non può essere equiparata sic et simpliciter l’adozione di delibere dichiarate illegittime, secondo la prospettazione che la ricorrente propugna, da ultimo nella memoria illustrativa (pagine 7 e 8), con dovizia di richiami alla giurisprudenza di merito.
È evidente ictu oculi la differenza che intercorre, sul piano empirico, prima ancora che normativo, tra una delibera che arbitrariamente imponga il contributo di solidarietà e sia riconosciuta ex post come illegittima e l’inerzia nell’adottare le diverse e più incisive misure di riequilibrio di lungo periodo.
È di tali ultimi presupposti di fatto che occorre offrire deduzione circostanziata e prova persuasiva.
All’onere deduttivo e probatorio che si è descritto la parte ricorrente non ha ottemperato, limitandosi ad assimilare condizioni fattuali e normative del tutto eterogenee.
Né l’invalidità delle delibere può conferire in via retrospettiva alcun crisma di legittimità a un contributo imposto per effetto di autonome scelte e con requisiti diversi da quelli poi definiti dalla legge.
In tal senso questa Corte si è espressa anche di recente, nel vagliare le istanze di decisione proposte dalla Cassa commercialisti (Cass., sez. lav., 25 luglio 2024, n. 20684, pagine 9, 10, 11 e 12 della motivazione; negli stessi termini, da ultimo, Cass., sez. lav., 3 gennaio 2025, n. 68).
Il rigetto della domanda di applicazione del contributo di solidarietà per il biennio 2012-2013 è dunque conforme a diritto.
8. -Dev’essere ribadita l’applicabilità della prescrizione decennale, che il terzo motivo contesta.
In consonanza con i princìpi già enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742), questa Corte è costante nell’affermare che la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa commercia listi, richiede la liquidità e l’ esigibilità del credito. Il credito, dunque, dev’esser posto a disposizione dell’assicurato.
Tali requisiti non sussistono allorché «il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo» (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527, punto 15 delle Ragioni della decisione ).
Nel caso di specie, si discute de ll’indebita trattenuta «derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata» (Cass., sez. lav., 3 gennaio 2025, n. 68).
Non è conferente, in senso contrario, il richiamo all’art. 47 -bis del d.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall’INPS, come la stessa collocazione sistematica della disciplina conferma, e concernente la disciplina dei «trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88».
Peraltro, a tutto concedere, «la fattispecie in esame non è classificabile quale ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici, ma quale credito consequenziale all’indebita ritenuta derivante dalla applicazione di una misura patrimoniale illegittima, frutto di trattenute operate sui singoli ratei di pensione, ma che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata» (sentenza n. 31527 del 2022, cit., punto 17 delle Ragioni della decisione ).
Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla Cassa commercialisti a sostegno delle
istanze di decisione (Cass., sez. lav., 28 agosto 2024, n. 23257) e la memoria illustrativa (pagine 9 e 10) non apporta argomenti che possano indurre a una revisione critica di princìpi oramai saldamente acquisiti.
-Anche sulla decorrenza degl’interessi, trattata nel quarto motivo di ricorso, con notazioni sviluppate nella memoria illustrativa (pagina 11), non vi è ragione di discostarsi dai princìpi anche di recente confermati da questa Corte, nell’esame delle is tanze di decisione della Cassa.
Si deve dunque ribadire che «al pensionato, per effetto dell ‘ accoglimento della domanda, competono gli interessi legali dalla data di maturazione del diritto (coincidente con i prelievi effettuati dalla CASSA) fino al momento dell ‘ effettivo pagamento. Ciò alla stregua del consolidato indirizzo che, con riguardo agli accessori, afferma che i crediti previdenziali hanno natura unitaria; gli accessori costituiscono componenti essenziali di un ‘ unica prestazione, nel senso che il credito ‘ maggiorato di tali elementi, rappresenta, nel tempo, l ‘ originario credito nel suo reale valore man mano aggiornato ‘ (tra le tante, Cass. nn 31642 e 36560 del 2022, con richiamo ad altri precedenti della Corte). Invero, per effetto dell ‘ illegittimo prelievo, i ratei di pensione sono stati corrisposti in misura inferiore al dovuto e la azione proposta si configura come azione di esatto adempimento e non come azione di ripetizione dell ‘ indebito. Infine, non è invocabile la disposizione dell ‘ articolo 16, comma 6, l. n. 412/1991, che è relativa soltanto ai crediti verso forme di previdenza obbligatoria pubblica» (Cass., sez. lav., 26 aprile 2025, n. 10989, punto 21 delle Ragioni della decisione ).
-Il ricorso, dunque, dev’essere dichiarato nel suo complesso inammissibile.
-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo in favore della parte
contro
ricorrente, in difetto di dichiarazione ai sensi dell’art. 93 cod. proc. civ. (cfr. conclusioni rassegnate a pagina 16 del controricorso).
12. -Poiché l ‘ impugnazione è stata definita in senso conforme alla proposta, questa Corte, in virtù dell’art. 380 -bis , terzo comma, cod. proc. civ., deve applicare l’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., non riscontrandosi ragioni, nel caso concreto, che possano far propendere per una diversa applicazione della norma (Cass., S.U., 27 dicembre 2023, n. 36069).
In controversie sovrapponibili a quella odierna (da ultimo, la citata ordinanza n. 8489 del 2025, e Cass., sez. lav., 1° marzo 2025, n. 5456, e 1° febbraio 2025, n. 2439), questa Corte ha rilevato che configura «un abuso del processo il fatto di chiedere la decisione della causa senza addurre nuovi argomenti idonei a rimeditare l ‘ orientamento giurisprudenziale sulla scorta del quale è stata formulata la proposta medesima» (Cass., sez. lav., 30 dicembre 2024, n. 34976 e n. 34974, in linea con quanto già affermato, in termini generali, da Cass., S.U., 13 ottobre 2023, n. 28540, e 27 settembre 2023, n. 27433).
La ricorrente , pertanto, dev’essere condannata a pagare a favore del controricorrente la somma equitativamente determinata in Euro 1.500,00 e a pagare alla cassa delle ammende una somma di denaro che, nei limiti di legge, si determina nel medesimo importo di Euro 1.500,00.
13. -La declaratoria d’inammissibilità del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, in Euro 200,00 esborsi,
oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Condanna la ricorrente, in applicazione degli artt. 380bis , terzo comma, e 96, terzo comma, cod. proc. civ., al pagamento, a favore del controricorrente, dell’importo di Euro 1.500,00.
Condanna la ricorrente, in applicazione degli artt. 380bis , terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ., al pagamento, in favore della cassa delle ammende, dell’importo di Euro 1.500,00.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione