Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30845 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30845 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23738-2022 proposto da:
CASSA RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE ED ASSISTENZA COGNOME DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 321/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 31/03/2022 R.G.N. 11/2022;
Oggetto
R.G.N. 23738/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 23738/22
Rilevato che
Con sentenza n. 321 del 2022, depositata il 31.3.2022, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame della Cassa commercialisti e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Varese, che aveva dichiarato l’illegittimità del prelievo sul trattamento pensionistico di COGNOME NOME a titolo di contributo di solidarietà, per i periodi 2009-2013, 2014-2018, e, per l’effetto, aveva condannato la Cassa a restituire i relativi importi, al netto di quanto già spontaneamente restituito.
La Corte del merito ha aderito all’orientamento di questa Suprema Corte, che disconosce il potere della Cassa commercialisti d’introdurre il contributo di solidarietà e reputa l’imposizione d’un siffatto prelievo prerogativa del legislatore. La sentenza impugnata ha disatteso, inoltre, l’eccezione di prescrizione formulata dalla Cassa e ha ribadito che, alla fattispecie in oggetto, si applica la prescrizione decennale.
La Cassa commercialisti impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Venezia, articolando il ricorso in tre motivi, mentre resiste con controricorso il dottor NOMECOGNOME
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Per il presente giudizio, all’esito di una proposta di definizione agevolata, ex art. 380 bis primo comma c.p.c., è stata chiesta dalla Cassa la decisione, ai sensi dell’art. 380 bis secondo comma c.p.c.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo, la Cassa ricorrente deduce la violazione dell’art. 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale, adottato dalla Cassa, e con le delibere della Cassa del 28 ottobre 2008 e del 27 giugno 2013, violazione dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, dell’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dell’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dell’art. 24, comma 24, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, degli artt. 3, 23 e 38 Cost. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.).
Con il secondo motivo di ricorso, la Cassa ricorrente deduce la violazione dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, dell’art. 2 del d.lgs. n. 509 del 1994, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale, adottato dalla Cassa, e con le delibere della Cassa del 28 ottobre 2008 e del 27 giugno 2013 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.).
Il primo e secondo motivo deducono che erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato all’Attanasio, perché le relative delibere della Cassa oltrepassavano i limiti conferiti agli Enti previdenziali privatizzati in subiecta materia e non si potevano giustificare neppure con ragioni di equilibrio del bilancio della Cassa.
Con il terzo motivo di ricorso, la Cassa ricorrente deduce la violazione dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, degli artt. 2946 e 2948 cod. civ., dell’art. 129 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e dell’art. 47 -bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639 (art. 360, primo comma, n.
3, cod. proc. civ.), perché erroneamente, la Corte del merito, aveva ritenuto applicabile il termine decennale e non quello quinquennale per esercitare l’azione di restituzione del contributo di solidarietà.
I primi due motivi possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto tendono entrambi a propugnare la legittimità del contributo di solidarietà, e sono manifestamente infondati, alla stregua dell’oramai consolidato orientamento di questa Corte, che ha offerto esaustiva risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno del ricorso; anche alla luce delle enunciazioni di principio della sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2016, questa Corte è ferma nell’escludere che la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti possa adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che operino una trattenuta su un trattamento già determinato e si sostanzino in una prestazione patrimoniale imposta, che solo la legge può introdurre, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 14 gennaio 2019, n. 603); a tale orientamento questa Corte ha dato continuità in molteplici occasioni (di recente, fra le molte, Cass., sez. lav., 8 maggio 2023, n. 12122, 14 aprile 2023, n. 10047, 13 aprile 2023, n. 9893, n. 9886 e n. 9842), reputando irrilevante l’autonomia delle Casse privatizzate (Cass., sez. lav., 13 aprile 2023, n. 9914, punto 3 delle Ragioni della decisione) e sprovviste di valenza decisiva le previsioni dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, menzionate anche nell’odierno giudizio (ordinanza n. 9914 del 2023, cit., punti 4 e 5 delle Ragioni della decisione).
Il terzo motivo è infondato, laddove prospetta l’applicabilità della prescrizione quinquennale.
Infatti, in base ai principi a più riprese affermati da questa Corte, è assoggettata alla prescrizione decennale l’azione di restituzione delle trattenute a titolo di contributo di solidarietà, difettando i caratteri della liquidità e dell’esigibilità del credito, cui è correlata l’applicazione dell’invocato termine quinquennale di prescrizione (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527; in senso conforme, anche Cass., sez. lav., 13 febbraio 2023, n. 4362, e 10 febbraio 2023, n. 4263, e Cass., sez. VI L, 14 febbraio 2023, ri. 4604, e 13 febbraio 2023, n. 4349 e n. 4314). Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese secondo soccombenza.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. contenendo l’art.380 bis, ult. co. cod. proc. civ. una valutazione legale ti pica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a sezioni unite (Cass. S.U. n. 27195 e n. 27433/2023, poi Cass. n. 27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 3.000,00 in favore del resistente e di una ulteriore somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in €6000,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge.
Condanna parte ricorrente a pagare al resistente l’ulteriore somma di €3.000,00, ex art. 96 comma 3 c.p.c.
Condanna parte ricorrente a pagare €3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 96 comma 4 c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10.7.24.