Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16029 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16029 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15871-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 29/2023 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 16/02/2023 R.G.N. 482/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Oggetto
PREVIDENZA
PROFESSIONISTI
R.G.N. 15871/2023
Ud. 11/04/2025 CC
NOME COGNOME con il ricorso introduttivo del giudizio deduceva di essere titolare di pensione di vecchiaia a carico della Cassa Nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti e lamentando di avere subito la trattenuta del Contributo di solidarietà sulle rate di pensione, chiedeva al Tribunale di Torino di dichiarare l’illegittimità delle dette trattenute perché disposte in violazione dell’articolo 3 della legge n. 335 del 1995 – come modificato dalla legge n. 296 del 2006, dal decreto legge n. 98 del 2011 convertita in legge n. 111 del 2011 e interpretato dalla legge n. 147 del 2013 con partic olare riferimento all’art. 22 del regolamento della C.N.P.A.D.C approvato con Decreto Ministeriale del 14.7.2004, alla delibera del C.N.P.A.D.C n. 4 del 2008 per il quinquennio 2009 -2013, successivamente replicata con delibera n. 3 del 27 giugno 2013 per il quinquennio 20142018 e la successiva delibera 10 del 2017. La Cassa si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto delle domande. Il Tribunale di Torino accoglieva la domanda e dichiarava illegittime le trattenute a titolo di contributo di solidarietà condannando la Cassa alla restituzione delle somme trattenute.
Avverso detta sentenza proponeva appello la Cassa. NOME COGNOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Corte di appello di Torino, sezione lavoro, con la sentenza n. 29/2023 depositata il 16/02/2023 rigettava l’appello.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Cassa, con impugnazione articolata su quattro strumenti. NOME COGNOME si è costituito con controricorso.
Il Giudice delegato depositava proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c.. Parte ricorrente chiedeva la decisione della causa.
Veniva fissata l’udienza del’11/04/2025.
La Cassa ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis c.p.c.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio dell’11/4/2025.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso la Cassa deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 509/1994, dell’art. 3, co mma 12, l. n. 335/1995, anche come modificato dall’art. 1, co. 763, l. n. 296/2006 ed autenticamente interpretato dall’art. 1, co. 488, l. n. 147/2013, dell’art. 24, co. 24, d.l. n. 201/2011, conv. in l. 214/2011, degli artt. 2, 3 e 23 Cost., anche in relazione e combinato disposto alle delibere della Cassa nn. 4/2008, 3/2013 e 10/2017, emanate anche in virtù dell’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale approvato con D.M. 14.07.2004, nonché dell’art. 115 cod. proc. civ., laddove la sentenza impugnata ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione. Con lo strumento di impugnazione si predica l’erroneità della sentenza, alla luce del quadro normativo di rilievo, nella parte in cui ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà imposto dalle citate disposizioni del regolamento della Cassa, valorizzandosi in tal senso il principio che consente ad atti avente forza di legge di limitare il diritto soggettivo alla pensione, l’autonomia normativa della Cass a, la natura di atto
avente forza di legge del regolamento della Cassa, il limite dell’equilibrio finanziario della Cassa e del rispetto del principio di ragionevolezza e del contemperamento degli interessi di tutti gli iscritti alla Cassa anche per la salvaguardia delle nuove generazioni.
1.1. Il motivo è infondato. Circa l’illegittimità del contributo di solidarietà in questione sussiste un consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte che ha esaminato tutte le disposizioni invocate dalla parte ricorrente. In tal senso si consideri che: «in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore» (Cass. 10/12/2018, n. 31875 e, di seguito, fino ai più recenti arresti quali Cass. 20684/2024; Cass. 20694/2024; 20710/2024 che confermano l’ orientamento consolidato quale diritto vivente).
Con il secondo motivo di ricorso la Cassa deduce, in via subordinata, Nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ove la sentenza ha omesso di pronunciarsi in ordine alla applicabilità del contributo di
solidarietà ivi previsto per il biennio 20122013 dall’art. 24, comma 24, lettera b), d.l. 201/2011.
2.1. Il motivo è infondato. Con lo strumento di impugnazione si deduce l’erroneità della pronuncia per non aver ritenuto applicabile, una volta esclusa la legittimità del contributo di solidarietà esaminato in relazione al primo motivo, almeno il contribut o di solidarietà previsto dall’art. 24, comma 24, lett. b), d.l. 201/2011 (e cioè quello previsto nella misura dell’1% per gli anni 2012 e 2013). Si tratta di una doglianza già esaminata e respinta dalla giurisprudenza di legittimità con orientamento al quale il Collegio ritiene di dare continuità (vedi Cass. n. 29535 del 2022; Cass. n. 29523 del 2022; Cass. n. 29382 del 2022; Cass. n. 18566 del 2022; Cass. n. 18565 del 2022; Cass. n. 18570 del 2022; Cass. n. 6897 del 2022; Cass. n. 6301 del 2022; alle cui motivazioni si rinvia anche ai sensi dell’art. 1 18 disp. att. c.p.c. per ogni ulteriore aspetto qui non esaminato). Il motivo, per come formulato, è infondato, in quanto nella fattispecie si controverte in ordine alla (il)legittimità del contributo di solidarietà introdotto in via regolamentare dalla Cassa (peraltro di diversa entità) e la disposizione di legge richiamata non introduce nessun automatismo nell’applicazione del contributo ex lege laddove i regolamenti della Cassa siano in tutto o in parte illegittimi. In ogni caso, la Cassa non ha allegato e provato i presupposti di applicazione del predetto contributo di solidarietà ex lege dell’1% per il 2012/2013. La pretesa applicabilità del d.l. n. 201 del 2011 postula presupposti rigorosi (l’inerzia del la Cassa nell’adottare le misure di riequilibrio che il legislatore indica come prioritarie), che devono essere allegati e dimostrati e che non possono essere surrogati, ora per allora,
dalla declaratoria d’illegittimità dei regolamenti in precedenza adottati. Precedenti arresto di questa Corte, nel valutare le istanze di decisione proposte dalla Cassa, hanno affermato: «il dato letterale non lascia spazio alla lettura proposta dalla Cassa, che vorrebbe equiparare all’inerzia degli Enti nell’intervenire ex ante sul rapporto entrate/spesa l’ipotesi in cui detti interventi siano stati effettuati ma i relativi provvedimenti siano stati ex post dichiarati illegittimi, poiché, in tal caso, non si può configurare una situazione di inattività degli Enti stessi, nei termini richiesti dal legislatore. Del resto, l’inerzia è condizione che la stessa Cassa ha espressamente escluso sin dalle fasi di merito nonché con la proposizione del presente ricorso, avendo resistito, prima, ed agito, poi, proprio sul presupposto di aver adottato con l’introduzione della riforma strutturale del sistema previdenziale mediante il passaggio al sistema contributivo e con l’imposizione del contributo di solidarietà in via regolamentare – misure necessarie per la salvaguardia dell’equilibrio di bilancio a lungo termine, dirette ad assicurare la sostenibilità finanziaria del regime previdenziale dei propri iscritti (attraverso il Regolamento di disciplina e le delibere attuative)» (Cass., sez. lav., 11 settembre 2024, n. 24400).
Con il terzo motivo di ricorso la Cassa deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 19, co mma 3, l. 29/01/1986, n. 21, dell’art. 2948, n. 4, c od. civ. , dell’art. 47 -bis d.p.r. 30/04/1970, n. 639 nonché degli artt. 3 e 38 della Costituzione. La sentenza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui la Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado anche sul tema della prescrizione applicabile alla
fattispecie, ritenendo invocabile quella ordinaria decennale anziché quella quinquennale eccepita dalla Cassa.
3.1. Il motivo è infondato. Questa Corte ha da ultimo ribadito (Cass., 07/03/2024, n. 6170), anche in seguito all’istanza di decisione presentata dalla Cassa, l’orientamento incardinato sui principi già espressi dalle sezioni unite (Cass., sez. U., 08/09/2015, n. 17742) che considera assoggettata alla prescrizione decennale l’azione di restituzione delle trattenute a titolo di contributo di solidarietà, difettando i caratteri della liquidità e dell’esigibilità del credito, cui è correlata l’applicazione dell’invocato termine quinquennale di prescrizione (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527; in senso conforme, anche Cass., sez. lav., 13/02/2023, n. 4362, e 10/02/2023, n. 4263, e Cass., 14/02/2023, n. 4604, e 13/02/2023, n. 4349 e n. 4314); da tale orientamento, confermato anche alla stregua dell’approfondito scrutinio dei rilievi critici espressi dalla ricorrente, non vi sono ragioni di doversi discostare.
Con il quarto motivo di ricorso la Cassa deduce, in subordine, violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione o falsa applicazione dell’art. 16, co. 6, l. n. 412/1991 nonché degli artt. 1224 c.c. e 2033 c.c. . Si lamenta che la sarebbe erronea ed ingiusta e da censurare per violazione delle norme richiamata nel titolo laddove il collegio ha erroneamente ritenuto che gli interessi dovuti sulle somme trattenute decorrano dal momento di ciascun prelievo.
4.1. Il quarto motivo è infondato. Va data continuità, a tale riguardo, all’orientamento, ribadito anche di recente da questa Corte (Cass., sez. lav., 12 settembre 2024, n. 24528, punto 18 del Considerato): «al pensionato, per effetto
dell’accoglimento della domanda, competono gli interessi legali dalla data di maturazione del diritto (coincidente con i prelievi effettuati dalla Cassa) fino al momento dell’effettivo pagamento, in base ad un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte che, con riguardo agli accessori, afferma che i crediti previdenziali hanno natura unitaria; gli accessori costituiscono componenti essenziali di un’unica prestazione nel senso che il credito maggiorato di tali elementi, rappresenta, nel tempo, l’origi nario credito nel suo reale valore man mano aggiornato»; inoltre, come si è puntualizzato anche di recente, «dalla affermata natura previdenziale (del credito) deriva che agli accessori non si applica il regime giuridico proprio delle obbligazioni pecuniarie, sicché il pagamento del solo credito originario si configura come adempimento parziale di una prestazione unitaria, e ne consegue che gli interessi devono essere calcolati sul capitale rivalutato con scadenza periodica, dal momento dell’inadempimento a l soddisfacimento del credito» (Cass., sez. lav., 10 settembre 2024, n. 24255, punto 5 del Considerato).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile perché la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa .
Alla soccombenza fa seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, competenze e onorari, liquidate in ragione del valore di causa, in favore del controricorrente, spese da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
6.1. Riguardo alle sanzioni previste dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., stante l’esito giudiziale del tutto conforme alla proposta di definizione accelerata, sussistono i presupposti per l’applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. . Alla presente pronuncia di inammissibilità del ricorso fa seguito, quindi, la condanna del ricorrente al pagamento delle ulteriori spese del terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., nonché della sanzione di cui al successivo quarto comma, da versare alla Cassa delle Ammende, liquidata come in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la parte ricorrente alla rifusione nei confronti del controricorrente delle spese di lite liquidate in euro 5.000,00 (cinquemila) per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge, spese da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. Condanna altresì il ricorrente al pagamento della ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della controparte, ed al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 2.500,00;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, dell’11