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Contributo di solidarietà: illegittimo per le Casse

Un professionista ha contestato l’applicazione di un contributo di solidarietà sulla propria pensione da parte della sua Cassa di previdenza. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità di tale prelievo, ribadendo che solo la legge dello Stato, e non gli enti previdenziali privatizzati, può imporre prestazioni patrimoniali. La Corte ha inoltre chiarito che il diritto al rimborso si prescrive in dieci anni, ma ha specificato che il termine di prescrizione si interrompe solo con la notifica dell’atto giudiziario all’ente e non con il suo semplice deposito in tribunale.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contributo di Solidarietà sulle Pensioni: La Cassazione ne conferma l’illegittimità

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su una questione di grande interesse per i professionisti iscritti alle Casse di previdenza privatizzate: la legittimità del contributo di solidarietà. Questa trattenuta, applicata su pensioni già maturate, è stata spesso giustificata dagli enti con l’esigenza di garantire l’equilibrio di bilancio. La Suprema Corte, tuttavia, ha ribadito un principio consolidato, tracciando confini netti tra l’autonomia gestionale delle Casse e le prerogative esclusive dello Stato.

I Fatti: Il Contributo di Solidarietà contestato

Il caso ha origine dalla domanda di un professionista in pensione che si è rivolto al Tribunale per ottenere la riliquidazione del suo assegno previdenziale. Sosteneva che la sua pensione fosse stata illegittimamente ridotta a causa di un contributo di solidarietà imposto dalla Cassa di previdenza di categoria. Chiedeva, quindi, che la trattenuta fosse dichiarata inefficace e che l’ente fosse condannato alla restituzione delle somme indebitamente prelevate.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al professionista, ritenendo illegittimo il prelievo. La Cassa previdenziale, non arrendendosi, ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: la legittimità del contributo in virtù della propria autonomia normativa, l’applicazione di una prescrizione breve di cinque anni e, in subordine, un errore nel calcolo dell’interruzione della prescrizione.

La Decisione della Corte: Illegittimità del Contributo di Solidarietà

La Corte di Cassazione ha rigettato i primi due motivi di ricorso, accogliendo solo il terzo, relativo a un aspetto procedurale. La decisione conferma con forza l’orientamento giurisprudenziale dominante: le Casse di previdenza privatizzate non hanno il potere di imporre prelievi forzosi, come il contributo di solidarietà, su trattamenti pensionistici già determinati. Questo potere, infatti, è riservato esclusivamente al legislatore.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha articolato la sua decisione analizzando punto per punto i motivi sollevati dalla Cassa ricorrente.

Primo Motivo: L’autonomia delle Casse e i limiti costituzionali

La Cassazione ha smontato la tesi difensiva dell’ente, secondo cui la propria autonomia gestionale e normativa, finalizzata a garantire la stabilità finanziaria, le consentirebbe di imporre tali contributi. La Corte ha chiarito che il contributo di solidarietà è a tutti gli effetti una “prestazione patrimoniale imposta”, la cui istituzione è coperta da riserva di legge ai sensi dell’articolo 23 della Costituzione. In altre parole, solo lo Stato, attraverso una legge del Parlamento, può imporre sacrifici economici ai cittadini. Gli atti regolamentari di una Cassa, pur avendo efficacia normativa per gli iscritti, non hanno la forza di una legge statale e non possono quindi derogare a questo principio fondamentale. Imporre una trattenuta su una pensione già liquidata viola inoltre il principio del pro rata, che tutela l’affidamento del pensionato nel ricevere un trattamento commisurato ai contributi versati.

Secondo Motivo: Prescrizione decennale per la restituzione

Il secondo motivo, con cui la Cassa chiedeva l’applicazione della prescrizione breve di cinque anni, è stato anch’esso respinto. La Corte ha ribadito che la prescrizione quinquennale si applica ai ratei di pensione non riscossi, ovvero a crediti liquidi ed esigibili. Nel caso in esame, invece, la controversia non riguarda singoli ratei, ma il diritto stesso alla corretta determinazione dell’importo della pensione (la cosiddetta “riliquidazione”). Quando è in discussione l’ammontare del trattamento pensionistico, si applica il termine di prescrizione ordinario di dieci anni, come previsto dall’articolo 2946 del Codice Civile.

Terzo Motivo: L’interruzione della prescrizione

L’unico motivo accolto dalla Corte riguarda un aspetto tecnico-processuale. La Corte d’Appello aveva considerato la prescrizione interrotta dalla data di deposito del ricorso in tribunale. La Cassazione ha corretto questa impostazione, affermando che, per produrre l’effetto interruttivo, è necessario che il debitore (la Cassa) abbia conoscenza legale della pretesa del creditore. Nel rito del lavoro e della previdenza, questo momento coincide con la notificazione del ricorso all’ente, non con il suo precedente deposito in cancelleria. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello per ricalcolare la prescrizione partendo da questa data.

Le Conclusioni: Implicazioni per Professionisti e Casse

Questa ordinanza consolida un principio cruciale a tutela dei pensionati: l’autonomia delle Casse professionali non è illimitata, ma incontra un confine invalicabile nei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. L’imposizione di un contributo di solidarietà è una prerogativa esclusiva del legislatore statale. Per i professionisti, ciò significa che eventuali prelievi di questo tipo imposti direttamente dagli enti sono illegittimi e le somme trattenute possono essere richieste in restituzione entro il termine di dieci anni. Per le Casse, la sentenza rappresenta un monito a operare all’interno del perimetro normativo, cercando soluzioni per la stabilità finanziaria che non invadano le competenze dello Stato e non ledano i diritti acquisiti dei propri iscritti.

Le Casse di previdenza professionali possono imporre un contributo di solidarietà sulle pensioni?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un tale prelievo costituisce una “prestazione patrimoniale” che, secondo l’art. 23 della Costituzione, può essere imposta solo da una legge dello Stato e non da un regolamento di un ente previdenziale privatizzato.

Qual è il termine di prescrizione per richiedere la restituzione di un contributo di solidarietà illegittimo?
Il diritto alla restituzione delle somme indebitamente trattenute si prescrive nel termine ordinario di dieci anni. La prescrizione breve di cinque anni si applica solo ai singoli ratei di pensione non riscossi, non quando è contestato l’importo complessivo del trattamento pensionistico.

Da quale momento si interrompe la prescrizione quando si avvia una causa contro una Cassa di previdenza?
La prescrizione non si interrompe con il semplice deposito del ricorso in tribunale, ma dal momento in cui l’atto viene notificato alla Cassa di previdenza. È la notifica, infatti, che porta a conoscenza legale del debitore la pretesa del creditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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