Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24255 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24255 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13752-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
CODOGNATO NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME in qualità di eredi di NOME, elettivamente domiciliati in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
Oggetto
R.G.N. 13752/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 11/07/2024
CC
avverso la sentenza n. 634/2021 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 26/11/2021 R.G.N. 804/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.L’impugnata sentenza ha respinto il gravame della RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia del Tribunale di Treviso che, su ricorso di NOME COGNOME, aveva dichiarato l’illegittimità del contributo di solidarietà applicato sul suo trattamento pensionistico in base all’art.22 del Regolamento dell’ente, rinnovato con delibere n.4/08 e n.3/13, ed aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione delle somme a tale titolo trattenute nel limite della prescrizione decennale con interessi decorrenti dalla maturazione del diritto ossia dal pagamento del rateo in misura ridotta a causa del prelievo di solidarietà.
2.- Gli eredi del professionista intimato, deceduto il 2/3/2018, si costituiscono in giudizio con controricorso.
3.- Formulata una sintetica proposta di definizione accelerata del giudizio sui principi espressi dai precedenti di questa Corte sulla illegittimità della trattenuta e durata decennale del termine di prescrizione, l’ente RAGIONE_SOCIALE presenta istanza di decisione ai sensi del secondo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
1.- Il ricorrente si affida a quattro motivi di ricorso, inerenti, il primo, alla violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 3 cod. proc. civ., delle disposizioni di cui all’art. 2 D.Lgs. 509/1994 in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina RAGIONE_SOCIALE e con la delibera della RAGIONE_SOCIALE del 27/6/2013, art. 3 comma 12 L. n. 335/95, degli artt. 1 comma
763 L. n.296/06, 1 comma 488 L. n.147/2013, e 24 comma 24 d.l. 201/2011 conv. in L.214/2011, nonché degli artt. 2, 23 e 38 Cost., per avere la sentenza affermato che il diritto soggettivo alla pensione non possa essere limitato da atti emessi in virtù di autonomia normativa volti a conseguire l’equilibrio finanziario dell’ente, precisando che l’art. 22 del Regolamento non è un mero provvedimento amministrativo in quanto approvato dai Ministeri competenti; inoltre la sentenza non aveva affrontato il tema della ragionevolezza del prelievo, evincibile dalle diverse aliquote per scaglioni di trattamento pensionistico erogato prima e dopo il 2005 e dalla previsione di quote più alte per i ratei calcolati con il metodo retributivo, nell’ottica di equilibrio di bilancio nel lungo termine ed in ossequio ai principi di solidarietà ed eguaglianza. Nel secondo motivo di ricorso lamenta la violazione delle medesime norme non avendo ritenuto l ‘impugnata sentenza che l’interpretazione autentica del modificato art. 3 co. 12 L.336/95, fornita dall’art. 1 co. 488 L.147/2013, avesse espressamente ritenuto legittimi ed efficaci gli atti e le deliberazioni in materia RAGIONE_SOCIALE adottati dagli enti privatizzati, per un prelievo contributivo non definitivo ma a termine. Quale terzo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione degli artt. 2946 e 2948 n.4 cod. civ., e degli artt. 129 R.D.L. n.1827/1935 e 47-bis DPR 639/70 nella parte in cui è stato applicato il termine di prescrizione decennale sostenendo che si tratti di una ripetizione di indebito, laddove, trattandosi di pagamento periodico di somme anche non liquide ed esigibili, il termine è quinquennale ai sensi della disposizione codicistica ma anche in ragione dell’art. 47 -bis che supera la regola de ll’art. 129 RDL 1827/35 potendo le somme trattenute dalla RAGIONE_SOCIALE essere immediatamente quantificate dal pensionato. Nel quarto motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 16 co .
6 L.412/91, norma eccezionale insuscettibile di interpretazione analogica od estensiva e non applicabile a qualsiasi controversia in materia RAGIONE_SOCIALE, nonché degli artt. 1224 e 2033 cod. civ., essendo dovuti gli interessi legali dalla domanda e non dalla data del pagamento dei singoli ratei di pensione.
Le argomentazioni difensive, ribadite nelle memorie illustrative, sono confutate dalla parte privata che nel controricorso deduce la mancata previsione nella L.504/94 della possibilità di adottare regolamenti delegati ex DPR 400/88, l’estraneità del sistema del pro rata alla tematica del contributo di solidarietà quale rimedio temporaneo straordinario inidoneo ad assicurare un equilibrio di lungo termine, evidenziando peraltro che la RAGIONE_SOCIALE aveva chiuso in attivo negli anni 2013/2014, la decennalità del termine di prescrizione, l’insuperabile principio di legalità e la decorrenza degli interessi dall’indebita trattenuta e non dalla domanda.
2. I motivi sono infondati. Tutte le questioni sollevate in ricorso hanno trovato soluzione in precedenti pronunce di questa Corte, alle quali si intende dare piena continuità; già nell’imminenza della entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1 co . 488 della L. 147/2013 le Sezioni Unite (sent. 17742/15), investite della questione di massima di particolare importanza su fattispecie analoga in materia di fissazione di un massimale pensionabile introdotto dal Comitato dei delegati della RAGIONE_SOCIALE, avevano affermato l’operatività attenuata del principio del pro rata a seguito della modifica dell’art. 3 co . 12 L.335/95 ad opera dell’art. 1 co . 763 L.296/06, distinguendo tra vecchia e nuova formulazione, e l’irrilevanza di quest’ultima per coloro che avevano maturato il diritto a pensione in epoca antecedente alla riforma del 2006, fornendo anche precise argomentazioni sul tema della non
applicazione della prescrizione quinquennale ex art. 2948 n.4 cod. civ. non versando in un caso di credito pagabile, ossia messo a disposizione del creditore che deve essere posto in condizione di poterlo riscuotere, e non bastando la mera idoneità del credito ad essere determinato nel suo ammontare; in particolare, al punto n.18 della citata sentenza si distingue tra professionisti titolari di trattamenti pensionistici maturati prima della riforma (vi rientra il caso in esame decorrendo la pensione dal maggio 2004), ai quali si applica in modo rigoroso il principio del pro rata seguendo la formulazione originaria dell’art. 3 co .12 L. n.335/1995, e pensionati in epoca successiva al 2007 per i quali non è più rispettato in modo assoluto il principio del pro rata dovendosi tener conto dei criteri di gradualità ed equità fra generazioni, secondo il contenuto chiarificatore dell’art. 1 co. 488 L. 147/2013 e secondo i canoni legittimanti l’intervento interpretativo del legislatore desumibili dalla Costituzione e dalla Convenzione EDU. In sostanza, resta fermo il principio della riserva di legge nella adozione di atti e provvedimenti deliberati da ll’ente RAGIONE_SOCIALE privatizzato i quali, sebbene non siano più vincolati dal tipo di atti previsti dall’originario art. 3 co .12 e dalla stretta osservanza del criterio del pro rata, non possono derogare a norme primarie.
3.1 – A ciò si aggiunga che pienamente aderente è il caso esaminato nella sentenza Cass. del 10/12/2018 n.31875 sulla illegittimità del contributo di solidarietà adottato dalla RAGIONE_SOCIALE, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità di gestione, mediante atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri determinativi del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta su di esso, ritenendo che siano atti incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel “genus” delle
prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore. La pronuncia, citata nella proposta di definizione accelerata, ha affrontato il tema della privatizzazione degli enti RAGIONE_SOCIALE previdenziali , dell’autonomia gestionale delle casse e della non incompatibilità del potere regolamentare con il sistema delle fonti precisando che il D.Lgs. 509/94 non ha attribuito agli emanandi regolamenti delle RAGIONE_SOCIALE il carattere di regolamenti di delegificazione di cui alla L.400/88, per cui non è loro consentito di sostituire, in materie non coperte da riserva assoluta di legge, preesistenti disposizioni legislative statali o di derogare a fonti di livello primario; ivi si richiama anche il tema dell’equilibrio di bilancio delle gestioni previdenziali in un termine non inferiore a quindici anni, del rispetto del principio del pro rata e dei tipi di provvedimento adottabili (variazione di aliquote contributive e riparametrazione dei coefficienti di rendimento) dopo le modifiche introdotte dalla L.296/06, con la precisazione che esula dal novero dei provvedimenti (cd. numerus clausus) ed è incompatibile con il rispetto del principio del pro rata qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati, come quello dell’art. 22 del Regolamento RAGIONE_SOCIALE, che « introduca a prescindere dal ‘criterio di determinazione del trattamento pensionistico’ – la previsione di una trattenuta a titolo di ‘contributo di solidarietà’ sui trattamenti pensioni già quantificati ed attribuiti », ossia « esula qualsiasi provvedimento che -lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle successive formulazioni dell’art. 3 comma 12, L.n.335/199 5 e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto ai limiti di stabilità imposti dalla legge- imponga una trattenuta su detto trattamento già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili, quale limite
esterno della sua misura »; la medesima pronuncia ha affrontato il tema della interpretazione autentica fornita dall’art. 1 co. 488 L. 147/2013, nel senso della legittimità degli atti adottati prima della entrata in vigore della L.296/2006 a condizione che siano finalizzati ad ass icurare l’equilibrio finanziario di lungo termine « mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo », ed anche il tema della non incidenza della sentenza della Corte Costituzionale n.173 del 2016 « sulle conclusioni qui assunte » trattandosi comunque di un prelievo che solo il legislatore può introdurre.
3.2- Ancora, altri precedenti di questa Corte hanno affermato: la mancata copertura della previsione di legge, richiesta dall’art. 23 Cost., che « rende illegittima la previsione della ritenuta per cui è causa » (Cass. 12122/2023), l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri determinativi del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata (Cass. sent. n.603/2019), la carenza di base legale ad impedire la legittimità del contributo di solidarietà introdotto per norma regolamentare ed il limite all ‘ autonomia negoziale rappresentato dalla riserva di legge delineata dall’art. 23 Cost. precisando che « l’autonomia non è legibus soluta » (Cass. n. 9914/2023), ed anche il significato dello jus superveniens di cui all’art. 1 co.763 L.296/2006 non indica la legittimità di atti o provvedimenti riduttivi delle prestazioni già erogate « sol perché già adottati » ma ne garantisce la « perdurante efficacia anche alla luce delle modificazioni intervenute, sempre che gli stessi siano stati assunti nel rispetto della legge » (Cass. n. 19711/17).
3.3Ulteriori considerazioni in tema di ragionevolezza, proporzionalità e sostenibilità del contributo non possono
prescindere dall ‘ inderogabile riserva di legge di matrice costituzionale e dalla finalità di equilibrio di bilancio che deve essere assicurata per un termine di 15 anni previsti ex art. 3 co.12 L.335/95, ampliato a 30 anni dall’art. 1 co. 736 L.296/06, e fino a 50 anni dall’art. 24 D.L. 201 /2011; ma il contributo applicato dalla RAGIONE_SOCIALE, prorogato per due periodi quinquennali consecutivi, si configura come prestazione autonoma, e non come correttivo del trattamento pensionistico. Si precisa che il richiamo espresso nei motivi di ricorso a ll’art. 24 D.L. 201/2011 per sostenere la legittimità del contributo imposto almeno nel limite dell’1% su lle sole annualità 2012 e 2013 non è pertinente al fine di giustificarne ragionevolezza e sostenibilità poiché trattasi di due istituti diversi per natura, funzione, soggetti emittenti (il contributo di cui a ll’art. 24 cit. ha fonte legislativa, carattere eccezionale e di limitata attuazione biennale, non è adeguato a fasce di reddito ma è applicato in percentuale fissa sul percepito, e presuppone una condizione di inerzia dell’ente RAGIONE_SOCIALE privato, non già l’attivazione procedimentale di una regolamentazione giudizialmente illegittima).
4.1- Anche il terzo motivo di ricorso è infondato. Questa Corte (Cass.31527/22), in un caso analogo al presente, dove si discuteva di somme trattenute sui ratei di pensione in base al contributo di solidarietà applicato dalla RAGIONE_SOCIALE, ha affermato che la prescrizione quinquennale prevista dall’art.2948, n.4, c.c. -così come dall’art.129 del R.D.L. n. 1827 del 1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, incontestato l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto all ‘ ordinaria prescrizione di cui all’art. 2946 cod.civ. Si richiami anche la pronuncia Cass. n.41320/2021 sulla
mancanza dei criteri di liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, laddove la differenza di importo pensionistico, decurtata e non riscossa, ne esclude il carattere di importo ‘pagabile’. L’ indirizzo consolidato (Cass. n.449/23, n.688/23) è condiviso dal Collegio.
4.2Né vale in contrario richiamare l’art.47 -bis d.P.R. n.639/70, secondo cui « Si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’art.24 l. n.88/89, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni ». La norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, non già l’indebita trattenuta per l’applicazione di un a misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata (Cass. 4604/23). Invero, dalla fattispecie di credito consequenziale all’indebita ritenuta differisce l’ipotesi in cui i ratei arretrati – ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto -si prescrivono in cinque anni (si rammenti Cass. n.31527/2022: « La RAGIONE_SOCIALE ha esercitato unilateralmente un potere di prelievo che si è sovrapposto al diritto del pensionato, ma non si è confuso con l’obbligazione pensionistica a cui pretendeva di applicarsi. Il termine di prescrizione dell’azione di recupero delle somme indebitamente trattenute non può che essere quello ordinario decennale »). Non si pone, dunque, un problema di eventuale disparità di trattamento fra pensionati RAGIONE_SOCIALE e pensionati di RAGIONE_SOCIALE, ma di trattenute operate in virtù di un diverso titolo contributivo.
5. Sul quarto motivo di ricorso, premesso che l’impugnata sentenza non ha condiviso l’argomento della decorrenza degli interessi dalla domanda (a cui si riferisce l’ipotesi dell’art. 16 L.412/91 valorizzando l’aspetto sanzionatorio dell’inefficiente azione amministrativa) devesi escludere la centralità della doglianza rispetto al tardivo od omesso adempimento di una prestazione RAGIONE_SOCIALE, vertendosi, nel caso di specie, in una indebita decurtazione in virtù di illegittima imposizione contributiva; gli i nteressi legali, come previsto dall’art. 429 comma terzo, c.p.c. richiamato in sentenza, competono dalla maturazione del diritto, decorrenti dal giorno in cui la prestazione (rateo) non è stata interamente erogata e non già dal momento della domanda (amministrativa o giudiziale) con la quale si invochi l’unitario trattamento della prestazione alla cui erogazione il pensionato ha già conseguito la titolarità. La pronuncia impugnata è conforme al diritto, in linea con quanto già affermato da questa Corte (ord. 12122/2023), secondo la quale « al pensionato, infatti, per effetto dell’accoglimento della domanda, competono gli interessi legali dalla data di maturazione del diritto (coincidente con i prelievi effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE) fino al momento dell’effettivo pagamento, in base ad un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte (da ultimo confermato da Cass. 13642 del 2022) che, con riguardo agli accessori, afferma che i crediti previdenziali hanno natura unitaria; gli accessori costituiscono componenti essenziali di un’unica prestazione nel senso che il credito maggiorato di tali elementi, rappresenta, nel tempo, l’originario credito nel suo reale valore man mano aggiornato (Cass. n. 12023 del 2003; conf. Cass. n. 18558 del 2014; Cass. n. 2563 del 2016) » ivi richiamando fattispecie analoghe già esaminate e l’arresto delle Sezioni Unite (n. 6928/2018) con il quale si è ribadito che dalla
affermata natura RAGIONE_SOCIALE (del credito) deriva che agli accessori non si applica il regime giuridico proprio delle obbligazioni pecuniarie, sicché il pagamento del solo credito originario si configura come adempimento parziale di una prestazione unitaria, e ne consegue che « gli interessi devono essere calcolati sul capitale rivalutato con scadenza periodica, dal momento dell’inadempimento al soddisfacimento del credito » (nello stesso senso, Cass. 35113/2022 e 4362/2023).
La soluzione cui si perviene, in linea con la proposta di definizione accelerata, si pone in continuità con il consolidato orientamento giurisprudenziale, riassuntivamente espresso nella recente pronuncia ivi menzionata (Cass. n. 6170/2024), non essendovi spazio per una sua rimeditazione.
Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese secondo soccombenza, liquidate in ragione del valore di lite. Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, si applicano gli ultimi due commi del l’art.96 c.p.c. , contenendo l’art.380 bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di un ‘ ulteriore somma di denaro in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte (S.U. n. 27195, 27433, 36069 del 2023, e Cass. 27947/23), l ‘una come ulteriore aggravamento della condanna alle spese, l’altra con funzione prettamente sanzionatoria a favore della collettività, entrambe espressive di maggior rilievo dato dalla novella codicistica alla finalità deterrente rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori, valorizzando la funzione deflattiva della proposta definitoria per disincentivare, in presenza di orientamenti consolidati ed in
mancanza di innovative argomentazioni, inutili lungaggini processuali. La ricorrente va dunque condannata a pagare, ai sensi del l’art. 96, terzo e quarto comma c.p.c., una somma equitativamente determinata in €2 .000,00 in favore della resistente (pari alla metà della principale condanna alle spese), ed un’eguale somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Sussistono, infine, i presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna altresì il ricorrente, ai sensi dell’art. 96 III e IV comma c.p.c., al pagamento della somma di euro 2.000,00 in favore del controricorrente, e della ulteriore somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, l’ 11 luglio 2024.