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Contributo di solidarietà: illegittimo per la Cassazione

Una cassa di previdenza professionale ha impugnato in Cassazione la sentenza che la condannava a restituire a un pensionato il contributo di solidarietà prelevato sulla sua pensione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo la consolidata giurisprudenza che considera illegittimo tale prelievo. È stato inoltre confermato che il diritto al rimborso si prescrive in dieci anni e non in cinque. L’ente è stato condannato per abuso del processo per aver insistito in un ricorso senza nuove argomentazioni.

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Il contributo di solidarietà è illegittimo: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha nuovamente affrontato il tema del contributo di solidarietà imposto da una Cassa di previdenza privata sulle pensioni dei propri iscritti. La decisione ribadisce un principio ormai consolidato: tale prelievo è illegittimo. L’ordinanza non solo conferma la condanna dell’ente alla restituzione delle somme, ma sanziona anche il suo comportamento processuale, definendolo un abuso del processo. Vediamo nel dettaglio i punti salienti di questa importante pronuncia.

I fatti del caso: la controversia sul prelievo pensionistico

Un professionista pensionato si era visto applicare dalla propria Cassa di previdenza un prelievo sulla pensione di vecchiaia, definito come “contributo di solidarietà”. Ritenendo tale trattenuta ingiusta, aveva agito in giudizio per ottenerne la restituzione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli avevano dato ragione, condannando la Cassa a rimborsare le somme illegittimamente trattenute. L’ente previdenziale, non rassegnato, ha deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione, sollevando principalmente due questioni: la legittimità del contributo stesso e il termine di prescrizione per richiederne la restituzione, che a suo dire doveva essere di cinque anni e non di dieci.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della Cassa previdenziale inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c. Questa norma permette di definire rapidamente i ricorsi quando la decisione impugnata è conforme alla giurisprudenza della Corte e i motivi presentati non offrono elementi per cambiarla. In pratica, la Cassazione ha ritenuto che l’ente avesse proposto un ricorso senza alcuna possibilità di successo, basato su questioni già ampiamente decise in passato. Di conseguenza, ha confermato la decisione della Corte d’Appello e ha condannato l’ente non solo al pagamento delle spese legali, ma anche a versare ulteriori somme per abuso del processo.

Le motivazioni della decisione: il consolidato orientamento sul contributo di solidarietà

La Corte ha basato la sua decisione su principi giuridici ormai stabili e confermati da numerose sentenze precedenti.

L’illegittimità del contributo

Il primo punto, e il più importante, è che il prelievo a titolo di contributo di solidarietà è stato ritenuto illegittimo. La giurisprudenza della Cassazione è costante nel negare che le casse previdenziali privatizzate (ai sensi del D.Lgs. 509/1994) possano autonomamente imporre sacrifici economici sui trattamenti pensionistici già in essere, a meno che non sia strettamente necessario a garantire l’equilibrio finanziario a lungo termine e nel rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza delle prestazioni.

La prescrizione decennale per il rimborso

Il secondo motivo di ricorso riguardava il termine di prescrizione. La Cassa sosteneva che il diritto alla restituzione delle somme si prescrivesse in cinque anni, come per le prestazioni periodiche (art. 2948 c.c.). La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che il diritto al rimborso di somme indebitamente pagate non ha carattere periodico. L’obbligo di restituire sorge come un debito unico, anche se i prelievi sono avvenuti mensilmente. Pertanto, si applica il termine di prescrizione ordinario di dieci anni (art. 2946 c.c.), che decorre dalla data di ogni singolo pagamento non dovuto.

La condanna per abuso del processo

Infine, la Corte ha sanzionato duramente il comportamento della Cassa previdenziale. Chiedere una decisione nel merito, pur essendo consapevoli di un orientamento giurisprudenziale consolidato e senza fornire nuovi argomenti validi per un ripensamento, costituisce un abuso del processo. Questo comportamento, secondo la Corte, aggrava inutilmente il carico di lavoro della giustizia e merita una condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., che prevede un risarcimento del danno in favore della controparte e il pagamento di una somma alla Cassa delle ammende.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma per tutti i pensionati che hanno subito prelievi illegittimi sulla propria pensione da parte di casse professionali. Le implicazioni pratiche sono chiare: i pensionati hanno diritto a chiedere la restituzione delle somme versate a titolo di contributo di solidarietà se ritenuto illegittimo, e hanno dieci anni di tempo per farlo. Inoltre, la pronuncia funge da monito per gli enti che intendono intraprendere azioni legali palesemente infondate, evidenziando il rischio di subire pesanti sanzioni economiche per abuso del processo.

Il contributo di solidarietà applicato da una cassa previdenziale privata sulla pensione è legittimo?
No, secondo la giurisprudenza costante e consolidata della Corte di Cassazione, richiamata in questa ordinanza, il contributo di solidarietà applicato sulla pensione è considerato illegittimo.

Qual è il termine di prescrizione per chiedere il rimborso delle somme trattenute illegittimamente a titolo di contributo di solidarietà?
Il termine di prescrizione per il diritto al rimborso è quello ordinario decennale (dieci anni), non quello quinquennale. La Corte ha chiarito che l’obbligo di restituzione non è una prestazione periodica e quindi non rientra nella prescrizione breve.

Cosa rischia chi propone un ricorso in Cassazione senza nuovi argomenti validi contro un orientamento giuridico già consolidato?
Rischia non solo che il ricorso venga dichiarato inammissibile, ma anche una condanna per abuso del processo ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Ciò comporta il pagamento di un’ulteriore somma alla controparte e una sanzione da versare alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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