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Contributo di solidarietà illegittimo: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una Cassa di previdenza professionale contro la sentenza che aveva giudicato illegittimo il contributo di solidarietà imposto sulle pensioni dei suoi iscritti. La Corte ha ribadito un principio consolidato: le Casse private non hanno il potere di introdurre prelievi patrimoniali, poiché tale facoltà è riservata esclusivamente alla legge. Di conseguenza, il pensionato ha diritto alla restituzione delle somme trattenute, con un termine di prescrizione di dieci anni.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contributo di solidarietà illegittimo: la Cassazione conferma lo stop alle Casse

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo sulla questione del contributo di solidarietà imposto autonomamente dalle Casse di previdenza professionali. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ente previdenziale, confermando che tali prelievi sono illegittimi perché esulano dai poteri delle Casse, essendo una prerogativa esclusiva del legislatore. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale a tutela dei diritti dei pensionati.

I fatti di causa

Il caso nasce dalla decisione di una Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per una categoria professionale di applicare una trattenuta, qualificata come contributo di solidarietà, sui trattamenti pensionistici dei propri iscritti. Un professionista pensionato si è opposto a tale prelievo, chiedendo al Tribunale di accertarne l’illegittimità e di ordinare alla Cassa la restituzione delle somme indebitamente trattenute.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al pensionato, stabilendo che la Cassa non aveva il potere di imporre un simile prelievo. I giudici di merito hanno inoltre confermato che il diritto alla restituzione si prescrive in dieci anni e non nel termine più breve di cinque anni. La Cassa di previdenza, ritenendo errate le decisioni, ha presentato ricorso per cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e l’illegittimità del contributo di solidarietà

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso della Cassa inammissibile. La decisione si fonda su un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità: gli enti previdenziali privatizzati non possono, di propria iniziativa, imporre trattenute assimilabili a prestazioni patrimoniali sui trattamenti pensionistici già determinati. Tale potere, infatti, rientra nella riserva di legge prevista dall’art. 23 della Costituzione e spetta unicamente allo Stato.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha smontato i tre motivi di ricorso presentati dalla Cassa.

1. Potere impositivo ultra vires: Il motivo principale del rigetto risiede nel fatto che l’imposizione di un contributo di solidarietà costituisce un atto ultra vires, ovvero compiuto ‘al di là dei poteri’ conferiti alla Cassa. Sebbene le Casse abbiano il dovere di assicurare l’equilibrio di bilancio, non possono farlo imponendo prelievi che non incidono sui criteri di calcolo della pensione (come il principio del pro rata), ma che si configurano come una vera e propria prestazione patrimoniale su un trattamento già liquidato. Questo potere, per la sua natura, appartiene solo al legislatore. La Corte ha sottolineato che questo principio è valido indipendentemente dal momento in cui è maturato il diritto alla pensione.

2. Inapplicabilità del contributo per ‘inerzia’: La Cassa sosteneva in subordine l’applicazione di un contributo sostitutivo previsto dalla legge per i casi di ‘inerzia’ degli enti nel prendere misure di riequilibrio. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che l’inerzia consiste in una mancata adozione di provvedimenti, mentre nel caso di specie la Cassa aveva agito, seppur in modo illegittimo. Un’azione illegittima non può essere equiparata a un’assenza di azione.

3. Prescrizione decennale: Infine, la Corte ha confermato la correttezza della decisione d’appello riguardo alla prescrizione. La richiesta di restituzione delle somme indebitamente trattenute non riguarda una prestazione previdenziale (soggetta a prescrizione quinquennale), ma un’azione di ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.), per la quale si applica il termine ordinario di dieci anni.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce con forza un principio fondamentale a tutela dei pensionati: le Casse professionali, pur avendo autonomia gestionale, non possono trasformarsi in legislatori e imporre prelievi forzosi. La Corte ha non solo confermato l’illegittimità del contributo di solidarietà deciso autonomamente dagli enti, ma ha anche sanzionato il comportamento della Cassa, condannandola al pagamento delle spese legali e di un’ulteriore somma a favore della Cassa delle Ammende, a causa della manifesta infondatezza del ricorso. Questa pronuncia rappresenta un importante monito per gli enti previdenziali e una solida garanzia per i diritti acquisiti dei professionisti in pensione.

Perché il contributo di solidarietà imposto dalla Cassa è stato ritenuto illegittimo?
Perché le Casse di previdenza privatizzate non hanno il potere di imporre prestazioni patrimoniali, come un contributo su una pensione già determinata. Questo potere è riservato esclusivamente alla legge, secondo l’articolo 23 della Costituzione. L’atto della Cassa è stato quindi considerato ‘ultra vires’, cioè al di là delle sue competenze.

Qual è il termine di prescrizione per chiedere la restituzione delle somme trattenute?
Il termine di prescrizione è quello ordinario di dieci anni. La richiesta di rimborso non è considerata una prestazione previdenziale (soggetta a prescrizione di cinque anni), ma un’azione di ripetizione di indebito, disciplinata dall’art. 2033 del codice civile.

L’adozione di un regolamento poi dichiarato illegittimo può essere considerata ‘inerzia’ da parte della Cassa?
No. La Corte ha chiarito che l’inerzia si verifica quando un ente non adotta alcun provvedimento richiesto dalla legge. L’aver adottato un provvedimento, sebbene illegittimo, è un’azione e non può essere equiparato a una condizione di inattività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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