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Contributo di solidarietà illegittimo: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una Cassa di previdenza professionale, confermando la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà imposto sulle pensioni dei suoi iscritti. La Corte ha ribadito che l’introduzione di una prestazione patrimoniale imposta è una prerogativa esclusiva del legislatore e non rientra nell’autonomia gestionale degli enti previdenziali privatizzati.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contributo di Solidarietà: Illegittimo se Imposto dalla Cassa di Previdenza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha nuovamente affrontato la questione del contributo di solidarietà imposto autonomamente dalle Casse di previdenza professionali. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato: un simile prelievo è illegittimo se non previsto da una fonte normativa primaria, ovvero una legge dello Stato. Questo principio tutela i diritti dei pensionati e definisce chiaramente i limiti dell’autonomia gestionale degli enti previdenziali privatizzati.

I Fatti del Caso

Il contenzioso vedeva contrapposti gli eredi di un professionista e la Cassa di previdenza di appartenenza di quest’ultimo. La Cassa aveva operato per anni delle trattenute sulla pensione del professionista a titolo di “contributo di solidarietà”, introdotto con una propria delibera interna. Gli eredi, ritenendo il prelievo illegittimo, si erano rivolti al Tribunale, che aveva dato loro ragione, condannando l’ente alla restituzione delle somme indebitamente percepite. La decisione era stata poi confermata dalla Corte d’Appello. La Cassa di previdenza, non rassegnata, ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il “Contributo di Solidarietà”

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della Cassa inammissibile, ponendo fine alla vicenda e consolidando ulteriormente la sua giurisprudenza in materia. La decisione si fonda su principi costituzionali e normativi di fondamentale importanza.

La Riserva di Legge in Materia di Prelievi Forzosi

Il punto centrale della questione ruota attorno al principio della “riserva di legge” sancito dall’art. 23 della Costituzione, secondo cui “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Un contributo di solidarietà, essendo a tutti gli effetti una prestazione patrimoniale imposta, non può essere introdotto da un atto amministrativo o da una delibera di un ente privato, seppur con finalità pubblicistiche come una Cassa di previdenza. Solo il Parlamento, attraverso una legge, ha il potere di imporre sacrifici economici ai cittadini.

I Limiti dell’Autonomia delle Casse Privatizzate

La Cassa ricorrente ha invocato la propria autonomia gestionale, riconosciuta dal D.Lgs. 509/1994, per giustificare l’introduzione del contributo. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che tale autonomia, pur ampia, non può spingersi fino a violare i principi costituzionali. L’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, per quanto lodevole, deve essere perseguito con gli strumenti consentiti dalla legge, senza invadere la sfera di competenza esclusiva del legislatore.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. La Cassazione ha ribadito che l’orientamento secondo cui le Casse di previdenza non possono introdurre autonomamente un contributo di solidarietà è ormai “oramai consolidato”. Qualsiasi trattenuta su un trattamento pensionistico già determinato che si sostanzi in una prestazione patrimoniale imposta può essere introdotta solo ed esclusivamente dalla legge. L’autonomia delle Casse privatizzate, sebbene garantisca loro poteri gestionali per assicurare l’equilibrio finanziario, non può derogare a questo principio fondamentale. La Corte ha inoltre ritenuto irrilevanti le norme invocate dalla Cassa a sostegno della propria tesi (come l’art. 1, comma 763, della legge n. 296/2006 e l’art. 1, comma 488, della legge n. 147/2013), poiché non attribuiscono agli enti il potere di imporre prelievi di questa natura. La Corte ha anche respinto le argomentazioni della Cassa relative alla decorrenza degli interessi e alla prescrizione, confermando che l’azione di restituzione è soggetta al termine decennale e non a quello quinquennale.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la tutela dei pensionati, i quali non possono vedersi decurtare la pensione da prelievi non previsti dalla legge. In secondo luogo, definisce in modo netto i confini dell’azione delle Casse professionali, che devono operare nel rispetto della gerarchia delle fonti del diritto. Infine, la condanna della Cassa al pagamento di un’ulteriore somma per lite temeraria (ex art. 96 c.p.c.) rappresenta un monito per chiunque intenda persistere in azioni legali nonostante un orientamento giurisprudenziale contrario e consolidato. I professionisti che hanno subito trattenute simili potrebbero, sulla base di questo consolidato principio, agire per ottenere la restituzione di quanto illegittimamente versato.

Una Cassa di previdenza privata può imporre un contributo di solidarietà sulle pensioni?
No. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, basata sull’art. 23 della Costituzione, solo una legge dello Stato può imporre una prestazione patrimoniale come il contributo di solidarietà. L’autonomia gestionale delle Casse non conferisce loro questo potere.

Qual è il termine di prescrizione per chiedere la restituzione del contributo di solidarietà illegittimamente versato?
La Corte ha affermato che l’azione di restituzione delle trattenute a titolo di contributo di solidarietà è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, non a quella quinquennale prevista per le rate di pensione, poiché il credito alla restituzione non ha i caratteri di liquidità ed esigibilità tipici delle prestazioni periodiche.

Cosa succede se una parte insiste in un ricorso nonostante un orientamento giurisprudenziale consolidato contrario?
La parte può essere condannata per lite temeraria, ai sensi dell’art. 96 del codice di procedura civile. Nel caso di specie, la Cassa di previdenza è stata condannata a pagare una somma equitativamente determinata a favore della controparte e un’ulteriore somma a favore della Cassa delle Ammende per aver agito in giudizio pur in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato e sfavorevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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