Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5424 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5424 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10069-2023 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME in qualità di eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA COGNOME IMPERATORE INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
Oggetto
R.G.N.10069/2023
COGNOME
Rep.
Ud.14/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 3966/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/10/2022 R.G.N. 397/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 3966 del 24.10.2022, la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame della Cassa commercialisti e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Roma, che aveva dichiarato l’illegittimità del prelievo sul trattamento pensionistico di COGNOME NOME a titolo di contributo di solidarietà, per i periodi meglio indicati in ricorso, e, per l’effetto, aveva condannato la Cassa a restituire quanto illegittimamente prelevato.
La Corte del merito ha aderito all’orientamento di questa Suprema Corte, che disconosce il potere della Cassa commercialisti d’introdurre il contributo di solidarietà e reputa l’imposizione d’un siffatto prelievo prerogativa del legislatore.
La Cassa commercialisti ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Roma, articolando il ricorso in due motivi (di cui il primo distinto in più profili), mentre resistono con controricorso gli eredi di COGNOME NOME, in particolare COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Per il presente giudizio, all’esito di una proposta di definizione agevolata, ex art. 380 bis primo comma c.p.c., è stata chiesta dalla Cassa la decisione, ai sensi dell’art. 380 bis secondo comma c.p.c.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo (distinto in più profili), la Cassa ricorrente deduce la violazione degli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, dell’art. 3 comma 12 della legge n. 335/95, come modificato dall’art. 1 comma 763 della legge n. 296/0 6 ed autenticamente interpretato dall’art. 1 comma 488 della legge n. 147/13, dell’art. 24, comma 24, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, degli artt. 2, 3 e 23 Cost. in combinato disposto con gli artt. 2, 9 e 32 dello Statuto della Cassa commercialisti e con le delibere della Cassa nn. 4/2008, 3/13 e 10/17, emanate in virtù dell’art. 22 del regolamento di disciplina del regime previdenziale, approvato con DM del 14.7.04, nonché dell ‘art. 115 c.p.c., laddove la sentenza impugnata ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione dell’originario ricorrente, dante causa degli odierni ricorrenti.
Con il secondo motivo, in subordine, la Cassa ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 16 comma 6 della legge n. 412/91, nonché degli artt. 1224 e 2033 c.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva fatto decorrere gli interessi dalla scadenza dei singoli ratei di pensione.
Il primo motivo è inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c., alla stregua dell’oramai consolidato orientamento di questa Corte, che ha offerto esaustiva risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno del ricorso; anche alla luce delle enunciazioni di principio della sentenza della Corte costituzionale n. 173 del
2016, questa Corte è ferma nell’escludere che la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti possa adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che operino una trattenuta su un trattamento già determinato e si sostanzino in una prestazione patrimoniale imposta, che solo la legge può introdurre, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 14 gennaio 2019, n. 603); a tale orientamento questa Corte ha dato continuità in molteplici occasioni (di recente, fra le molte, Cass., sez. lav., 8 maggio 2023, n. 12122, 14 aprile 2023, n. 10047, 13 aprile 2023, n. 9893, n. 9886 e n. 9842), reputando irrilevante l’autonomia delle Casse privatizzate (Cass., sez. lav., 13 aprile 2023, n. 9914, punto 3 delle Ragioni della decisione) e sprovviste di valenza decisiva le previsioni dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, menzionate anche nell’odierno giudizio (ordinanza n. 9914 del 2023, cit., punti 4 e 5 delle Ragioni della decisione).
Anche il profilo che deduce il vizio di violazione di legge, laddove prospetta l’applicabilità della prescrizione quinquennale, è inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c.
Infatti, in base ai principi a più riprese affermati da questa Corte, è assoggettata alla prescrizione decennale l’azione di restituzione delle trattenute a titolo di contributo di solidarietà, difettando i caratteri della liquidità e dell’esigibilità del credito, cui è correlata l’applicazione dell’invocato termine quinquennale di prescrizione (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527; in
senso conforme, anche Cass., sez. lav., 13 febbraio 2023, n. 4362, e 10 febbraio 2023, n. 4263, e Cass., sez. VI L, 14 febbraio 2023, n. 4604, e 13 febbraio 2023, n. 4349 e n. 4314). Il secondo motivo che censura la condanna al pagamento degli interessi sulle somme via via trattenute è inammissibile, in quanto contesta l’accertamento espresso dalla Corte del merito sulla sussistenza della mala fede della Cassa nell’operare le predette trattenute, che è una questione di fatto, di competenza esclusiva del giudice del merito, incensurabile in cassazione se non nei limiti dell’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., novellato, nella specie non deducibile, per la presenza di una doppia decisione ‘conforme’.
Nel merito, la decisione sulla decorrenza degli accessori è stata affrontata e decisa in molte pronunce di questa Corte (nn. 34541/22, 34538/22, 34543/22), in senso sfavorevole alla Cassa, da ultimo nella ordinanza n. 24651/24, per cui la questione è inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna alle spese secondo soccombenza.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. contenendo l’art.380 bis, ult. co. cod. proc. civ. una valutazione legale ti pica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 27195 e n. 27433/2023, poi Cass. n. 27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 2.500,00 in favore del resistente e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 5.000,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge.
Condanna parte ricorrente a pagare al resistente l’ulteriore somma di € 2.500,00, ex art. 96 comma 3 c.p.c.
Condanna parte ricorrente a pagare € 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 96 comma 4 c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.2.25.