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Contributo di solidarietà: Cassazione nega il potere

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2376/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una Cassa di previdenza professionale contro un suo iscritto. La Corte ha confermato l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto dalla Cassa sulle pensioni, ribadendo che tale prelievo, qualificabile come prestazione patrimoniale, può essere introdotto solo da una legge dello Stato e non da un regolamento interno dell’ente, neppure per finalità di equilibrio di bilancio.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contributo di Solidarietà sulle Pensioni: La Cassazione Ribadisce l’Illegittimità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato ancora una volta la questione del contributo di solidarietà imposto dalle Casse di previdenza private. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato: gli enti previdenziali privatizzati non hanno il potere di introdurre prelievi forzosi sulle pensioni già liquidate, nemmeno se l’obiettivo è garantire la stabilità dei propri conti. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Una Trattenuta Contestata

La vicenda nasce dalla decisione di una Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per una categoria di professionisti di applicare una trattenuta, definita ‘contributo di solidarietà’, sui trattamenti pensionistici erogati ai propri iscritti. Un pensionato, ritenendo illegittimo tale prelievo, si è rivolto al Tribunale, che gli ha dato ragione. La Cassa ha impugnato la decisione davanti alla Corte d’Appello, ma anche in secondo grado la sua richiesta è stata respinta. Non soddisfatta, la Cassa ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo la legittimità del proprio operato in virtù della necessità di assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine dell’ente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della Cassa inammissibile. Gli Ermellini hanno ribadito che la questione è stata già ampiamente risolta da una giurisprudenza costante e univoca. L’ente previdenziale, introducendo il contributo, ha agito ultra vires, ovvero al di là dei poteri che la legge le conferisce. La decisione non solo conferma l’illegittimità della trattenuta, ma condanna anche la Cassa al pagamento delle spese legali e di un’ulteriore somma alla Cassa delle Ammende per aver proposto un ricorso palesemente infondato.

Le Motivazioni: Il Limite del Potere delle Casse Private e il Contributo di Solidarietà

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 23 della Costituzione, secondo cui ‘nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge’. La Corte di Cassazione ha chiarito che il contributo di solidarietà è, a tutti gli effetti, una prestazione patrimoniale imposta. Di conseguenza, solo una legge dello Stato può introdurlo, non un atto regolamentare di un ente privato, seppur con finalità pubblicistiche come una Cassa di previdenza.

La Corte ha specificato che il potere di autonomia concesso alle Casse privatizzate dal D.Lgs. 509/1994 permette loro di modificare i criteri di determinazione della pensione (ad esempio, agendo sull’aliquota di rendimento o sull’anzianità contributiva), ma non di imporre un prelievo su un trattamento pensionistico già determinato e liquidato. Un simile atto non incide sui meccanismi di calcolo della pensione, ma introduce una decurtazione postuma, assimilabile a un’imposta, che esula completamente dalle competenze dell’ente.

L’argomento della Cassa, basato sulla necessità di garantire la stabilità finanziaria, è stato respinto. Sebbene l’equilibrio dei conti sia un obiettivo primario, non può essere perseguito violando i principi costituzionali e arrogandosi poteri riservati al legislatore. La stabilità deve essere raggiunta attraverso gli strumenti consentiti dalla legge, nel rispetto del principio pro rata e dei diritti acquisiti dai pensionati.

Le Conclusioni: Implicazioni per Pensionati e Casse di Previdenza

Questa ordinanza consolida ulteriormente un principio fondamentale a tutela dei pensionati. Le implicazioni pratiche sono significative:
1. Per i Pensionati: Coloro che hanno subito trattenute illegittime a titolo di contributo di solidarietà hanno il diritto di chiederne la restituzione. La Corte ha confermato che il termine di prescrizione per questa azione è quello ordinario di dieci anni, e non quello più breve di cinque anni previsto per i ratei di pensione.
2. Per le Casse di Previdenza: Gli enti non possono utilizzare lo strumento del contributo di solidarietà per risanare i propri bilanci. Devono operare all’interno del perimetro normativo, utilizzando gli strumenti di modifica dei regimi previdenziali che la legge mette a loro disposizione, senza imporre prelievi di natura sostanzialmente tributaria.

Una Cassa di previdenza privata può imporre un contributo di solidarietà sulle pensioni che eroga?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un contributo di solidarietà è una prestazione patrimoniale la cui imposizione è riservata esclusivamente alla legge, ai sensi dell’art. 23 della Costituzione. Le Casse private non hanno questo potere e agiscono ultra vires se lo impongono tramite i propri regolamenti.

La necessità di garantire l’equilibrio finanziario della Cassa giustifica l’introduzione di un contributo di solidarietà?
No. Secondo la Corte, l’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, per quanto fondamentale, non è sufficiente a conferire alla Cassa un potere che non le spetta, ovvero quello di imporre una prestazione patrimoniale in assenza di una specifica previsione di legge.

Qual è il termine di prescrizione per richiedere la restituzione delle somme trattenute illegittimamente a titolo di contributo di solidarietà?
Il termine di prescrizione è quello ordinario decennale (dieci anni). La Corte ha chiarito che non si tratta di un credito per ratei di pensione (soggetto a prescrizione quinquennale), ma di un’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate, per la quale si applica l’art. 2946 del codice civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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