Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10988 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10988 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13492/2024 R.G. proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in RIMINI INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 656/2023 depositata il 11/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Venezia confermava la sentenza del Tribunale di Verona, che aveva accertato l’illegittimità del prelievo operato dalla CASSA NAZIONALE DI RAGIONE_SOCIALE DOTTORI COMMERCIALISTI (in prosieguo: la CASSA), a titolo di contributo di solidarietà, sulla pensione corrisposta a NOME COGNOME e condannato la Cassa a restituire quanto trattenuto sui ratei pensionistici per contributo di solidarietà, oltre interessi dalle singole trattenute mensili. 2.Avverso tale pronuncia la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
A seguito di proposta di definizione accelerata del giudizio, la parte ricorrente ha chiesto la decisione e la Corte ha fissato l’odierna adunanza camerale. La CASSA ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso, la CASSA ha dedotto la violazione o falsa applicazione – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3 c.p.c. – degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. nr. 509 del 1994, dell’art 3, comma 12, della legge nr. 335 del 1995── come modificato dall’art. 1, comma 763, della legge nr. 296 del 2006 ed autenticamente interpretato dall’art. 1, comma 488, della legge nr. 147 del 2013── dell’art. 24, comma 24, del D.L. nr. 201 del 2011 convertito con modificazioni nella legge nr. 214 del 2011, degli artt. 2,3 e 23 Cost., anche in relazione al combinato disposto delle delibere della CASSA nr. 4 del 2008, nr. 3 del 2013 e nr. 10 del 2017── emanate anche in virtù dell’art. 22 del Regolamento di Disciplina del Regime Previdenziale approvato con D.M. 14 luglio 2004── nonché dell’art. 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione del controricorrente.
Con il secondo mezzo, proposto in via gradata, la parte ricorrente ha denunciato la violazione o falsa applicazione – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3 c.p.c.– dell’art. 24, comma 24, lett. b) del D.L. nr. 201
del 2011, per avere la decisione impugnata ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà ivi previsto per il biennio 2012/2013.
Il terzo motivo, egualmente proposto in via subordinata, addebita alla sentenza impugnata la violazione o falsa applicazione -ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3, c.p.c.- dell’art. 19, comma 3, della legge nr. 21 del 1986, dell’art. 2948 nr. 4 c.c., dell’art. 47 bis del D.P.R. nr. 639 del 1947 e degli articoli 3 e 38 Cost., per avere la Corte di merito ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale in luogo di quello quinquennale.
L’ultima censura è proposta, sempre in via gradata, per violazione o falsa applicazione – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3 c.p.c. – dell’art. 16, co. 6, della legge nr. 412 del 1991 nonché degli artt. 1224 e 2033 c.c., per avere la sentenza fissato la decorrenza degli interessi dalla data di ciascuna trattenuta mensile invece che dalla data di scadenza del termine per provvedere sulla domanda di restituzione.
Come già evidenziato nella proposta di definizione accelerata ex art. 380bis c.p.c., trattasi di censure che la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto infondate (si vedano tra le tantissime, con riferimento al primo ed al secondo motivo, Cass. nn. 31875 del 2018, 603 del 2019, 35986 e 36096 del 2022 nonché 3088, 9842, 9914, 10047 e 12122 del 2023, 6170 del 2024; in relazione al terzo, Cass. nn. 31527 del 2022, 4362, 4363,4604, 4349 del 2023 e, in merito al quarto, tra le altre, Cass. nn 24651 e 28714 del 2024).
Quanto alla legittimità del contributo di solidarietà, dedotta nel primo motivo di ricorso, questa Corte ha ribadito a più riprese che il potere di imporlo deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 2016); si tratta di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi essenziali (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875), in quanto non si annovera
tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di legge, possono adottare.
Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro rata (legge 296 del 2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della Cassa di imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi. Nè induce a diverse conclusioni il potere della Casse -secondo la formulazione dell’art. 3, comma 12 l. n. 335/1995 vigente dall’anno 2006 -di adottare tutti gli atti necessari a raggiungere l’equilibrio finanziario di lungo termine, in quanto tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo, così come affermato dalla stessa parte ricorrente (sentenza n. 31875 del 2018, cit., punto 7 delle Ragioni della decisione).
Tali considerazioni sono avvalorate dalle stesse previsioni dell’art. 24, comma 24, del D.L. n. 201 del 2011, che la CASSA, anche nella memoria illustrativa, richiama a sostegno delle censure.
Anzitutto, è il legislatore che, in quel frangente, ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame.
In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza, ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò differenziandole, all’evidenza, dal contingente contributo imposto dalla Cassa commercialisti in virtù delle delibere qui contestate.
La parte ricorrente, nel formulare in via gradata il secondo mezzo, non ha allegato e dimostrato la ricorrenza dei presupposti fissati dal D.L. n. 201 del 2011.
Il legislatore ha imposto agli enti previdenziali privatizzati di adottare «misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni». Ove gli enti previdenziali privatizzati, entro
il 30 settembre 2012, non adottino i provvedimenti in esame o i Ministeri vigilanti esprimano un parere negativo sulle delibere adottate, a decorrere dal primo gennaio 2012 si applica «un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell’1 per cento» (art. 24, comma 24, lettera b, del D.L. n. 201 del 2011).
La legge indica come prioritaria l’adozione di misure strutturali di riequilibrio, destinate a proiettarsi in un arco temporale più ampio, e, solo in via di extrema ratio , contempla l’applicazione del contributo di solidarietà in una misura predeterminata, peraltro diversa da quella che la Cassa commercialisti ha adottato.
L’applicazione è subordinata per legge al ricorrere di requisiti tassativi, che si identificano nell’inerzia degli enti o nella valutazione negativa dei Ministeri vigilanti. È di tali presupposti di fatto che occorre offrire deduzione circostanziata e prova.
All’inerzia o all’inefficacia delle azioni intraprese, che deve essere attestata dal parere negativo del Ministero, non può essere equiparata sic et simpliciter l’adozione di delibere dichiarate illegittime; non si può conferire ex post alcun crisma di legittimità a un contributo imposto per effetto di autonome scelte e con requisiti diversi da quelli definiti dalla legge.
Dev’essere ribadita, poi, l’applicabilità della prescrizione decennale, che il terzo motivo contesta.
In coerenza con i princìpi già enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742), questa Corte è costante nell’affermare che la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa commercialisti, richiede la liquidità ed esigibilità del credito. Il credito, dunque, deve essere posto a disposizione dell’assicurato.
Tali requisiti non risultano integrati allorché «il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo» (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527, punto 15 delle Ragioni della decisione).
19. Non è conferente, in senso contrario, il richiamo all’art. 47bis del D.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall’INPScome la stessa collocazione sistematica della disciplina conferma- e concernente la disciplina dei «trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88».
20. Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla Cassa commercialisti a sostegno delle istanze di decisione (Cass., sez. lav., 28 agosto 2024, n. 23257) e la memoria illustrativa non apporta argomenti che possano indurre a rimeditare la giurisprudenza oramai consolidata.
21. La proposta di definizione anticipata, con riferimento al quarto motivo, ha già osservato che questa Corte (Cass. n 22915/2024), in esito ad una istanza di decisione ex articolo 380 bis c.p.c., ha disatteso le critiche proposte dalla CASSA, ribadendo il principio secondo il quale al pensionato, per effetto dell’accoglimento della domanda, competono gli interessi legali dalla data di maturazione del diritto (coincidente con i prelievi effettuati dalla CASSA) fino al momento dell’effettivo pagamento. Ciò alla stregua del consolidato indirizzo che, con riguardo agli accessori, afferma che i crediti previdenziali hanno natura unitaria; gli accessori costituiscono componenti essenziali di un’unica prestazione, nel senso che il credito «maggiorato di tali elementi, rappresenta, nel tempo, l’originario credito nel suo reale valore man mano aggiornato» (tra le tante, Cass. nn 31642 e 36560 del 2022, con richiamo ad altri precedenti della Corte). Invero, per effetto dell’illegittimo prelievo i ratei di pensione sono stati corrisposti in misura inferiore al dovuto e la azione proposta si configura come azione di esatto adempimento e non come azione di ripetizione dell’indebito. Infine, non è invocabile la disposizione dell’articolo 16, comma 6, l. n. 412/1991, che è relativa soltanto ai crediti verso forme di previdenza obbligatoria pubblica (Cass. S.U. 09 giugno 2021 n. 16084).
22. In sostanza, nemmeno nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. parte ricorrente ha prospettato argomenti che inducano a rimeditare l’indirizzo univocamente assunto dalla giurisprudenza di questa Corte.
23. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, da porsi a carico di parte ricorrente, giusta il criterio della soccombenza e da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente, dichiaratosi antistatario.
24. Poiché il presente giudizio è definito in conformità alla proposta, deve applicarsi l’art. 96, co. 3 e 4, c.p.c., come previsto dall’art. 380-bis c.p.c. (Cass., Sez. Un., nn. 27195 e 27433 del 2023; v. anche Cass. nr. 27947 del 2023), non ravvisando il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass., Sez. Un., n. 36069 del 2023).
25. Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in Euro 2.500,00 in favore di parte resistente ed una ulteriore somma di Euro 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
26.Va infine dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000 per compensi professionali oltre al rimborso delle spese generali in misura del 15% ed agli accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente. Condanna, inoltre, parte ricorrente a pagare alla parte controricorrente l’ulteriore somma di Euro 2.500,00 nonché a versare la somma di Euro 2.500,00 alla Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 28 febbraio 2025