Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16051 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16051 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17700/2024 R.G. proposto da :
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in PEC DEL DIFENSORE DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1117/2023 depositata il 07/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accertato l’illegittimità del prelievo operato dalla CASSA NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE DOTTORI COMMERCIALISTI (in prosieguo: la CASSA), a titolo di contributo di solidarietà, sul trattamento pensionistico corrisposto a NOME COGNOME e condannato la CASSA a restituire le somme trattenute allo stesso titolo, nei limiti della prescrizione decennale.
2.Avverso tale pronuncia la CASSA ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, cui ha resistito NOME COGNOME NOMECOGNOME
A seguito di proposta di definizione accelerata del giudizio, la parte ricorrente ha chiesto la decisione e la Corte ha fissato l’odierna adunanza camerale. La CASSA ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo di ricorso, la CASSA ha denunciato la violazione – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. dell’art. 2 del d.lgs. n. 509 del 1994 – in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale e con la delibera della CASSA del 27 giugno 2013 – dell’art 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, dell’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201 del 2011 convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, degli artt. 3, 23 e 38 Cost., per avere la sentenza impugnata ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione del controricorrente.
2.Con il secondo mezzo, la parte ricorrente ha denunciato la violazione -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. -dell’art. 1 legge n. 147/2013, dell’art 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, dell’art. 2 del d.lgs. n. 509 del
1994, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale e con le successive delibere, tornando a censurare la ritenuta illegittimità del contributo di solidarietà.
3.Il terzo motivo addebita alla sentenza impugnata -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. -la violazione dell’art. 1 l. n. 147/2013, degli articoli 2946 e 2948 c.c., dell’art. 129 r.d.l. n. 1827/1935 e dell’art. 47 bis del d.P.R. n. 639 del 1970, per avere ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale in luogo di quello quinquennale.
4.Come già evidenziato nella proposta di definizione accelerata ex art. 380-bis c.p.c., trattasi di censure che la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto infondate (si vedano, tra le tantissime, con riferimento al primo ed al secondo motivo, Cass. nn. 31875 del 2018, 603 del 2019, 35986 e 36096 del 2022 nonché 3088, 9842, 9914, 10047 e 12122 del 2023, 6170 del 2024; in relazione al terzo, Cass. nn. 31527 del 2022, 4362, 4363,4604, 4349 del 2023).
Quanto alla legittimità del contributo di solidarietà, dedotta nei primi due motivi di ricorso, questa Corte ha ribadito a più riprese che il potere di imporlo deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 2016); si tratta di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi essenziali (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875), in quanto non si annovera tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di legge, possono adottare.
Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro-rata (legge 296 del 2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della Cassa di imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi. Né induce a diverse conclusioni il potere delle Casse -secondo la formulazione dell’art. 3, comma 12, l. n. 335/1995 vigente dall’anno 2006 -di adottare tutti gli atti necessari a raggiungere l’equilibrio finanziario di lungo termine, in quanto tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere
provvisorio e limitato nel tempo, così come affermato dalla stessa parte ricorrente (sentenza n. 31875 del 2018, cit., punto 7 delle Ragioni della decisione).
I motivi di ricorso non adducono alcuna rilevante e specifica confutazione rispetto alla statuizione centrale e più volte ribadita da questa Corte secondo cui la norma di interpretazione autentica di cui all’art.1, co.488, legge n.147/13, pone come condizione di legittimità degli atti adottati dagli enti previdenziali che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà in oggetto, proprio perché esso ha carattere provvisorio e limitato nel tempo.
Tali considerazioni sono avvalorate dalle previsioni dell’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201 del 2011.
È il legislatore che, in quel frangente, ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame.
In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza, ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò differenziandole, all’evidenza, dal contingente contributo imposto dalla Cassa in virtù delle delibere qui contestate.
Il legislatore ha imposto agli enti previdenziali privatizzati di adottare «misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni». Ove gli enti previdenziali privatizzati, entro il 30 settembre 2012, non adottino i provvedimenti in esame o i Ministeri vigilanti esprimano un parere negativo sulle delibere adottate, a decorrere dal primo gennaio 2012 si applica «un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell’1 per cento» (art. 24, comma 24, lettera b, del D.L. n. 201 del 2011).
La legge indica come prioritaria l’adozione di misure strutturali di riequilibrio, destinate a proiettarsi in un arco temporale più ampio e solo
in via di extrema ratio contempla l’applicazione del contributo di solidarietà in una misura predeterminata, peraltro diversa da quella che la Cassa commercialisti ha adottato.
4.1.Deve essere ribadita, poi, l’applicabilità della prescrizione decennale, che il terzo motivo contesta.
In coerenza con i princìpi già enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., Sez.Un., 8 settembre 2015, n. 17742), questa Corte è costante nell’affermare che la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa commercialisti, richiede la liquidità ed esigibilità del credito. Il credito, dunque, deve essere posto a disposizione dell’assicurato.
Tali requisiti non risultano integrati allorché «il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo» (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527, punto 15 delle Ragioni della decisione).
Non è conferente, in senso contrario, il richiamo all’art. 47bis del d.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall’INPS -come la stessa collocazione sistematica della disciplina conferma – e concernente la disciplina dei «trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88».
Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla Cassa a sostegno delle istanze di decisione (Cass., sez. lav., 28 agosto 2024, n. 23257) e la memoria illustrativa non apporta argomenti che possano indurre a rimeditare la giurisprudenza oramai consolidata.
4.2. In sostanza, nemmeno nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. parte ricorrente ha prospettato argomenti che inducano a rimeditare l’indirizzo univocamente assunto dalla giurisprudenza di questa Corte.
5.Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile ex art. 360bis , n. 1, c.p.c.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, in ragione della tardività del controricorso (la notifica del ricorso è del 30 luglio 2024; il deposito del controricorso del 27 settembre 2024); per le stesse ragioni non deve essere riconosciuta la ulteriore somma di cui all’articolo 96, comma 3, c.p.c., come richiamato dall’art. 380 bis c.p.c.
Poiché il presente giudizio è definito in conformità alla proposta, deve applicarsi, invece, l’art. 96, co. 4, c.p.c., non ravvisando il Collegio ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass., Sez. Un., n. 36069 del 2023). Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma di Euro 2.500 in favore della Cassa delle Ammende.
Va infine dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente a versare la somma di Euro 2.500 alla Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 22 aprile 2025