Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14828 Anno 2024
RAGIONE_SOCIALE Ord. Sez. 1 Num. 14828 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32416/2020 R.G . proposto da:
NOME , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
REGIONE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Ufficio di rappresentanza RAGIONE_SOCIALE Regione Campania, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME ( CODICE_FISCALE), controricorrente-
avverso sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Napoli n. 1513/2020 depositata il 28.4.2020
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23.4.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha ottenuto dal Tribunale di Benevento decreto ingiuntivo n.408 del 2015 nei confronti RAGIONE_SOCIALE Regione Campania per l’importo di € 11.732,16, oltre accessori e spese, a titolo di contributi erogati per l’emergenza idrogeologica e gli eventi alluvionali del 24,25 e 26 gennaio 2003 in Campania, ai sensi dell’ordinanza del AVV_NOTAIO del RAGIONE_SOCIALE dei Ministri (di seguito , semplicemente: RAGIONE_SOCIALE) n.3322 del 2003.
Si è opposta la Regione, eccependo difetto di giurisdizione e di legittimazione passiva e contestando nel merito la domanda.
Il Tribunale di Benevento con sentenza del 30.12.2016 ha revocato il decreto ingiuntivo, accogliendo l’opposizione RAGIONE_SOCIALE Regione, a spese compensate.
NOME COGNOME ha proposto appello contro la sentenza di primo grado, a cui ha resistito la Regione appellata.
La Corte di appello di Napoli con sentenza del 28.4.2020, non notificata, ha respinto il gravame, a spese compensate.
La Corte di appello ha affermato: a) che non era ravvisabile alcuna contraddizione fra la ritenuta giurisdizione del giudice ordinario e l’accertata insussistenza nel merito del diritto al contributo; b) ha ribadito che l’entità del contributo era rimessa alla valutazione del Commissario, entro i limiti delle risorse assegnate, e che la definizione di quanto versato come acconto si collegava alla possibilità dell’intervento di ulteriori provvidenze finanziarie; c) ha chiarito che il termine « acconto » utilizzato nella RAGIONE_SOCIALE e ripreso nelle ordinanze commissariali non valeva a riconoscere il diritto al saldo, ma solo ad indicare che la misura del contributo non copriva l’intero danno subito; d) ha aggiunto che il
diritto al saldo avrebbe potuto maturare solo in seguito a un ulteriore provvedimento discrezionale del Commissario o RAGIONE_SOCIALE Regione, ad esso subentrata.
Con atto notificato il 15.12.2020 ha proposto ricorso per cassazione NOME, svolgendo un unico motivo.
Con atto notificato il 18.1.2021 ha proposto controricorso la Regione Campania, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
La ricorrente ha presentato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt.1362, 1363 e 1367 nell’interpretazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 3222/2023 e nell’ordinanza commissariale 3/2007.
4.1. In particolare la ricorrente premette che gli atti amministrativi devono essere interpretati secondo le regole ermeneutiche fissate negli artt.1362 e seguenti c.c., diversamente da quanto affermato dal Tribunale (e non corretto dalla Corte di appello), secondo il quale l’interpretazione deve essere condotta in linea oggettiva e non alla ricerca RAGIONE_SOCIALE volontà delle parti.
4.2. La ricorrente poi deduce che la RAGIONE_SOCIALE de qua non conteneva solamente una normativa di indirizzo e programmatica, ma, rettamente interpretata, era costitutiva di diritti soggettivi; afferma che la Corte d’appello era incorsa in errore, giacché gli artt. 1, 4 e 5 dell’ordinanza n. 3322/2003 non detta vano norme di indirizzo, ma accordavano direttamente al Commissario il potere di erogare contributi entro l’importo massimo di € 30.000,00 , « senza limitarlo alla concessione del 35% »; aggiunge che la Corte territoriale non ha tenuto conto, in violazione delle regole dell’interpretazione
letterale, che l’RAGIONE_SOCIALE n. 3322/2003 distingue tra acconti, contributi e anticipazioni, sicché « anticipazione » non poteva essere intesa quale sinonimo di « acconto », termine che di per sé significa « parte di una somma dovuta come prestazione o controprestazione, che si paga prima RAGIONE_SOCIALE sua totale estinzione (saldo) »; osserva ancora che la Corte partenopea non aveva tenuto conto RAGIONE_SOCIALE precisa distinzione, tracciata dal tenore letterale (primo capoverso del ‘Ritenuto’) dell’ordinanza commissariale n. 3/2007, « fra acconti e importo ammissibile e liquidabile », nonché RAGIONE_SOCIALE contrapposizione (primo capoverso del dispositivo) fra « acconto » e « importo complessivo liquidabile » e del dato letterale (secondo capoverso del dispositivo) che distingue anch’esso fra « acconto » e « importo complessivo liquidabile ».
Il motivo è infondato e va rigettato, anche alla stregua di un recente arresto di questa Corte, formatosi in caso del tutto analogo, con l’ordinanza n.9229 dell’8.4.2024.
Occorre tuttavia formulare qualche ulteriore considerazione introduttiva, nonché qualche opportuna precisazione.
5.1. La sentenza impugnata non chiarisce se l’interpretazione dei due atti (e cioè RAGIONE_SOCIALE 3223/2003 e ordinanza commissariale n.3 del 2003) da parte sua sia stata condotta alla stregua delle regole che governano l’interpretazione degli atti normativi (art.12 disp.prel. c.c.) o dei criteri ermeneutici fissati dal codice RAGIONE_SOCIALE (art.1362 e seguenti) per l’interpretazione degli atti negoziali.
Pertanto ogni censura mossa all’interpretazione adottata dal giudice del merito avrebbe dovuto essere accompagnata, non solo dall’indicazione delle corrette regole ermeneutiche (che nel caso, secondo la ricorrente, sarebbero quelle relative agli atti negoziali), ma anche dalla dimostrazione che la Corte di appello non le aveva seguite.
5.2. In secondo luogo, la ricorrente si conforma alla giurisprudenza consolidata di questa Corte che proclama che l’interpretazione di un
atto amministrativo a contenuto non normativo, risolvendosi nell’accertamento RAGIONE_SOCIALE volontà RAGIONE_SOCIALE Pubblica Amministrazione, ovverosia di una realtà fenomenica e obiettiva, è riservata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e immune dalla violazione di quelle norme – in particolare, gli articoli 1362, secondo comma, 1363 e 1366 cod. civ. – che, dettate per l’interpretazione dei contratti, sono applicabili anche agli atti amministrativi, tenendo peraltro conto RAGIONE_SOCIALE natura dei medesimi nonché dell’esigenza RAGIONE_SOCIALE certezza dei rapporti e del buon andamento RAGIONE_SOCIALE pubblica amministrazione. In tale prospettiva, la parte che denunzi in cassazione l’erronea interpretazione, in sede di merito, di un atto amministrativo, è tenuta, a pena di inammissibilità del ricorso, a indicare quali canoni o criteri ermeneutici siano stati violati; e, in mancanza, l’individuazione RAGIONE_SOCIALE volontà dell’ente pubblico è censurabile non già quando le ragioni addotte a sostegno RAGIONE_SOCIALE decisione siano diverse da quelle RAGIONE_SOCIALE parte, bensì allorché esse si rivelino insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica(Sez. L, n. 7982 del 2.4.2013;Sez. L, n. 17367 del 23.7.2 010; Sez. 1, n. 1602 del 24.1.2007, e, più recentemente, Sez. 1, n. 5966 del 23.2.2022).
Tale principio è stato ritenuto applicabile anche agli atti amministrativi a valenza contrattuale integrativa, pur adottati con lo strumento regolamentare, allorché questa Corte ha affermato che le norme del regolamento ministeriale emanato con d.m. 19 gennaio 1996, relative alla lotteria istantanea “sette e vinci”, predisposte dall’ente gestore RAGIONE_SOCIALE lotteria medesima e approvate dalla competente autorità governativa, hanno natura di regolamentazione contrattuale unilateralmente predisposta, che viene implicitamente accettata dal partecipante alla lotteria con l’acquisto del biglietto, essendo il relativo decreto (avente valore, non di atto normativo, ma di negoziazione pubblico-
amministrativa) affisso nei luoghi di vendita dei biglietti; ne consegue che l’interpretazione di tali norme va condotta secondo i criteri di ermeneutica contrattuale (pur con gli adattamenti imposti dalla natura di tali atti), e non secondo quelli dettati dall’art. 12 delle preleggi (Sez. 3, n. 17458 del 31.7.2006).
5.3. Tutti questi arresti giurisprudenziali formulano la regula juris, eccettuando espressamente dalla sua valenza gli atti amministrativi che possiedano un contenuto non solo generale, ma anche normativo.
Infatti gli atti e provvedimenti amministrativi generali sono espressione di una semplice potestà amministrativa e sono rivolti alla cura concreta d’interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralità di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili; i regolamenti invece sono espressione di una potestà normativa attribuita all’amministrazione, secondaria rispetto alla potestà legislativa, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa RAGIONE_SOCIALE legge, ma ugualmente innovativa rispetto all’ordinamento giuridico esistente, con precetti aventi i caratteri RAGIONE_SOCIALE generalità e dell’astrattezza (Sez. 3, n. 5062 del 5.3.2007).
5.4. Ora, se non vi è dubbio che l’ordinanza commissariale n.3 del 2017 sia un atto amministrativo a contenuto generale, qualche riflessione aggiuntiva deve essere formulata quanto alla RAGIONE_SOCIALE 3223/2003.
All’epoca l’art.5 RAGIONE_SOCIALE legge n.225 del 24.2.1992, istitutiva del RAGIONE_SOCIALE, in tema di stato di emergenza e potere di ordinanza, soggetto nel tempo a plurime modifiche, vigeva nella sua versione originaria, secondo il quale:
« 1. Al verificarsi degli eventi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), il RAGIONE_SOCIALE, su proposta del AVV_NOTAIO, ovvero, per sua delega ai sensi dell’articolo 1, comma
2, del Ministro RAGIONE_SOCIALE, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti. 2. Per l’attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Il AVV_NOTAIO del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, ovvero, per sua delega ai sensi dell’articolo 1, comma 2, il Ministro per il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose. Le predette ordinanze sono comunicate al AVV_NOTAIO del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, qualora non siano di diretta sua emanazione.
Il AVV_NOTAIO del RAGIONE_SOCIALE dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell’articolo 1, comma 2, il Ministro per il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per l’attuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, può avvalersi di commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto RAGIONE_SOCIALE delega dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio.
Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate.
Le ordinanze emanate ai sensi del presente articolo sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale RAGIONE_SOCIALE Repubblica italiana, nonché trasmesse ai sindaci interessati affinché vengano pubblicate ai sensi dell’articolo 47, comma 1, RAGIONE_SOCIALE legge 8 giugno 1990, n. 142 .»
Questa Corte, occupandosi proprio delle RAGIONE_SOCIALE previste dal comma 5 RAGIONE_SOCIALE legge n.225 del 1992, ha recentemente affermato che le
ordinanze extra ordinem o libere, adottate dall’autorità amministrativa con carattere provvisorio e derogatorio delle fonti di rango primario, ancorché nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e di derivazione unionale e internazionale, sul presupposto RAGIONE_SOCIALE necessità e urgenza onde far fronte a situazioni di pericolo grave e imminente per la comunità, rientrano nel novero degli atti amministrativi generali, i quali, a differenza del regolamento, avente natura di fonte di secondo grado e sostanza normativa, in quanto contenente norme generali e astratte incidenti sui rapporti giuridici nel corso del tempo, sono formalmente normativi, ma sostanzialmente amministrativi, siccome espressione di una semplice potestà amministrativa di natura gestionale con finalità di cura concreta di interessi pubblici, seppure a destinatari indeterminati, sicché esse sono impugnabili soltanto davanti al giudice amministrativo, mentre il giudice ordinario può conoscerle non già principaliter , non potendo venire in considerazione come fatto costitutivo del diritto azionato, ma solo incidenter tantum , quando siano presupposto o antecedente logico RAGIONE_SOCIALE fattispecie, e disapplicarle, ove ritenute illegittime, nei soli giudizi tra privati e non in quelli in cui sia parte la pubblica amministrazione (Sez. 1, n. 5988 del 6.3.2024).
Tale pronuncia, pienamente condivisa dal Collegio, ha ricordato che secondo la giurisprudenza amministrativa, le cd. ordinanze extra ordinem non hanno carattere di fonti primarie dell’ordinamento giuridico, attesa la loro efficacia meramente derogatoria, e non innovativa, nell’ordinamento medesimo, né l’eventuale attribuzione ad esse RAGIONE_SOCIALE qualifica di atti di alta amministrazione le sottrae al sindacato giurisdizionale, dato che tali atti sono pacificamente sindacabili dal giudice amministrativo (Cons. Stato 5973/2013; Cons. Stato 2317/2016); la decisione citata ha altresì rammentato che la giurisprudenza di questa Corte ha, del pari, confermato che le ordinanze emanate dal RAGIONE_SOCIALE Ministri, o dal Ministro per il
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 5 RAGIONE_SOCIALE legge 24 febbraio 1992, n. 225, hanno natura di ordinanze «libere», tra le quali sono compresi tutti i provvedimenti di autorità amministrative suscettibili di introdurre una disciplina divergente dall’ordine normativo che risultava in precedenza sulla base di disposizioni legislative. Tali ordinanze, immediatamente esecutive, diversamente dagli atti governativi con valore di legge, sono espressione di autonomia ed operano generalmente nel campo dell’attività amministrativa, ma, pur non avendo valore di legge, sono nel loro ambito indipendenti e, nel loro contenuto, soggette solo alla Costituzione ed ai principi generali dell’ordinamento, e non sono vincolate da altre norme preesistenti che non siano quelle espressamente indicate dalla fonte da cui traggono origine (Cass. S.U. 4813/2006). Anche la Corte Costituzionale si è ripetutamente pronunciata sulla delicata tematica dell’efficacia derogatoria delle cd. ordinanze libere (cfr. sentenze n. 8 del 1956, n. 26 del 1961, n. 100 e 201 del 1987 e n. 4 del 1997, nonché le più recenti pronunce n.418/1992 e n.127/1995, concernenti proprio le previsioni dell’art.5 l.n.225/1992) ed ha chiarito, tra l’altro, i puntuali connotati dei suddetti provvedimenti, che sono « efficacia limitata nel tempo in relazione ai dettami RAGIONE_SOCIALE necessità e dell’urgenza; adeguata motivazione; efficacia pubblicazione nei casi in cui non abbia carattere individuale; conformità ai principi dell’ordinamento giuridico ».
5.6. Tanto premesso, occorre dar atto alla parte ricorrente di aver individuato correttamente i criteri interpretativi delle RAGIONE_SOCIALE, che sono appunto quelli ermeneutici di cui all’art.1362 e seguenti c.c., pur, beninteso, con i dovuti adattamenti in relazione alla natura del soggetto (Pubblica Amministrazione) che manifesta la propria volontà.
Ciò premesso, il Collegio conviene con quanto osservato nella pronuncia sopra citata n.9229 del 2024, che ha affermato che
l’interpretazione dell’atto amministrativo a contenuto non normativo, risolvendosi nell’accertamento RAGIONE_SOCIALE volontà RAGIONE_SOCIALE P.A., è riservata al giudice di merito e soggiace alle regole dettate per l’interpretazione dei contratti (cfr. Sez. un. 25.7.2019, n. 20181; Sez. lav. 23.7.2010, n. 17367); che l’interpretazione del contratto si traduce in una operazione di accertamento RAGIONE_SOCIALE volontà dei contraenti e si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche ai sensi dell’art. 360, 1° co mma, n. 3, cod. proc. civ. ovvero per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novellato art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Sez. lav. 4.4.2022, n. 10745); che le predette censure non possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice all’atto non deve essere l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale (e quindi in questo caso dell’atto amministrativo generale di cui si discute) sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra.
Infatti la denunzia RAGIONE_SOCIALE violazione dei canoni legali in materia d’interpretazione del contratto non può costituire lo schermo, attraverso il quale sottoporre impropriamente al giudizio di legittimità valutazioni che appartengono in via esclusiva al giudizio di merito (Sez.2, n.30686 del 25.11.2019); non è quindi certamente sufficiente la mera enunciazione RAGIONE_SOCIALE pretesa violazione di legge, volta a rivendicare il risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice del merito, ma è necessario, per
contro
, individuare puntualmente e specificamente il canone ermeneutico violato, correlato al materiale probatorio acquisito.
L’opera dell’interprete mira a determinare una realtà storica ed obiettiva, ossia la volontà delle parti espressa nel contratto, e pertanto costituisce accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 cod.civ. e segg., oltre che per vizi di motivazione nella loro applicazione. Perciò, per far valere la violazione di legge, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali asseritamente violati; di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso, non è idonea la mera critica del convincimento espresso nella sentenza impugnata mediante la mera contrapposizione d’una difforme interpretazione, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito RAGIONE_SOCIALE controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità ( ex multis , Sez. 3, n. 13603 del 21.5.2019; Sez. 3, n. 11254 del 10.5.2018; Sez. 1, n. 29111 del 5.12.2017; Sez. 3, n. 28319 del 28.11.2017; Sez. 1, n. 27136 del 15.11.2017; Sez. 2, n. 18587, del 29.10.2012; Sez. 6-3, n. 2988, del 7.2.2013).
In ogni caso è innegabile che le censure addotte dalla ricorrente si risolvono nella predicazione RAGIONE_SOCIALE asserita maggior plausibilità RAGIONE_SOCIALE patrocinata antitetica interpretazione.
Pare evidente che nella specie si sia di fronte a tre cerchi concentrici rappresentati: a) dal danno subito dai cittadini per effetto dell’evento catastrofico idrogeologico (cerchio più largo); b) dall’indennizzo liquidato e attribuito al cittadino danneggiato, in misura non certo pari al danno subito quale misura di sollievo e
socializzazione del pregiudizio (cerchio intermedio); c) dall’acconto versato al cittadino danneggiato (terzo cerchio, più ristretto).
In buona sostanza, la ricorrente sostiene che a suo favore era anche stato riconosc iuto e attribuito l’indennizzo, in rapporto al quale il versamento disposto dal Commissario si configurava come un mero acconto (del 35%) rispetto al maggior dovuto (€ 16.666,67).
Ora, da un lato, la RAGIONE_SOCIALE non si è pronunciata certamente sul riconoscimento di un indennizzo a favore RAGIONE_SOCIALE ricorrente, e si è limitata ad attribuire poteri al Commissario delegato, fra cui quello di riconoscere acconti fino a un massimo di € 30.000,00 a valere come anticipazioni su future provvidenze a qualunque titolo concesse.
Per altro verso, se è vero che il Comune interessato, in applicazione di criteri indicato dal Commissario ha calcolato un importo astrattamente indennizzabile a favore RAGIONE_SOCIALE ricorrente di € 16.666,67, nel rispetto di criteri generali di parametrazione fra danno e indennizzo (primo e secondo cerchio), non esiste e del resto la ricorrente non ha saputo indicare un provvedimento amministrativo del Commissario delegato, che le riconosca il contributo in tal misura.
È quindi esatta l’affermazione RAGIONE_SOCIALE Corte partenopea che ha legato il diritto RAGIONE_SOCIALE sig.ra COGNOME alla percezione di ulteriore indennizzo all’intervento, nel caso non occorso, di un ulteriore provvedimento dell’Autorità amministrativa, che certamente non può essere rappresentato dall’accertamento istruttorio ed endo -procedimentale operato dal Comune territorialmente competente, che non si sia tradotto nel formale riconoscimento di un contributo indennitario a suo favore, suscettibile di essere fatto valere dinanzi al giudice ordinario.
Il ricorso pertanto deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 RAGIONE_SOCIALE l. n. 228 del 2012, occorre dar atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidate nella somma di € 2.500,00 per compensi, € 200,00 per es borsi, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 RAGIONE_SOCIALE l. n. 228 del 2012, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Prima Sezione