Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31537 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 31537 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9230/2022 R.G. proposto da:
CONSORZIO NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME unitamente all’avvocato NOME
-ricorrente-
contro
CONSORZIO PER IL RICICLAGGIO DEI RIFIUTI DEI BENI A BASE DI POLIETILENE – POLIECO, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOMECOGNOMENOME COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME
-controricorrente avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 6364/2021 depositata il 30/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo «RAGIONE_SOCIALE») ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la sopravvenuta carenza di legittimazione del Conai a ottenere il pagamento dei contributi ambientali relativamente ai beni prodotti da parte di RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, previa trasmissione delle dichiarazioni periodiche dei quantitativi di imballaggio ceduti.
La società convenuta aveva chiesto il rigetto della domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE stante l’inidoneità dei beni prodotti ad essere classificati come «imballaggi» sulla base della normativa europea, precisando che, in ragione della materia in polietilene di cui detti prodotti si compongono, si era iscritta al RAGIONE_SOCIALE – Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene – cui versava il relativo contributo ambientale.
A detta difesa aveva aderito RAGIONE_SOCIALE intervenendo nel giudizio promosso da RAGIONE_SOCIALE e chiedendo che ad esso fosse riunito un separato giudizio promosso contro la medesima società produttrice RAGIONE_SOCIALE per richiedere analoghi pagamenti con riguardo ai beni in polietilene prodotti dalla stessa e ritenuti, appunto, inidonei ad essere definiti «imballaggi» soggetti a contributo Conai.
Il Tribunale di Roma, riuniti i due giudizi, ha accolto la domanda del Conai ritenendo -sia sulla base della norma nazionale, sia in ragione dell’art. 3 della direttiva 94/62 CE – di dover qualificare «imballaggi» i contenitori, le casse e i pallets prodotti dalla convenuta perché diretti a facilitare il trasporto e la manipolazione di merci e, comunque, tenuto conto della funzione per la quale i beni erano stati ideati; ha, perciò, dichiarato la società RAGIONE_SOCIALE tenuta ad effettuare le dichiarazioni periodiche dei quantitativi di imballaggio ceduti e ad eseguire i versamenti dei contributi dovuti e richiesti da Conai.
A fonte dell’appello della sentenza proposto da Nordcontenitori, RAGIONE_SOCIALE ha resistito, chiedendo la conferma della sentenza in punto accertamento della natura dei beni prodotti dalla appellante e dei conseguenti obblighi nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, ma ha proposto, altresì, appello in via incidentale per ottenere -previa istruttoria -la determinazione dell’ammontare del contributo ambientale dovuto su cui il Tribunale non si era pronunciato; RAGIONE_SOCIALE ha, invece, richiesto l’accoglimento dell’appello principale proposto da Nordcontenitori e proposto appello incidentale perché fosse accertato quali tra i manufatti in polietilene prodotti della predetta non costituivano «imballaggi» e, quindi, l’obbligo della società produttrice di trasmettere al medesimo le relative dichiarazioni periodiche e di pagare i relativi contributi consortili.
Nelle difese conclusionali svolte in appello Nordcontenitori e RAGIONE_SOCIALE hanno chiesto l’applicazione della nuova disposizione introdotta -nelle more del giudizio – dall’art. 3 comma 11 n. 8 del decreto legislativo 3 settembre 2020 n. 116 entrato in vigore il 26.9.2020 che, in attuazione delle direttive (UE) 2018/851 e 2018/852, ha sostituito il testo dell’art. 237 del d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (c.d. T.U.A o Codice dell’ambiente), prevedendo al comma 8 che « il contributo ambientale versato da un sistema collettivo esclude l’assoggettamento del medesimo bene, e delle
materie prime che lo costituiscono, ad altro contributo ambientale previsto dalla parte quarta del presente decreto legislativo. La presente disposizione si applica con efficacia retroattiv a», in quanto idonea -a loro dire -a paralizzare ogni pretesa creditoria del Conai al versamento del contributo ambientale preteso in quanto già versato al RAGIONE_SOCIALE; mentre Conai si è opposta a tali conclusioni offrendo una diversa interpretazione della portata della novità legislativa.
La Corte territoriale, con pronuncia assorbente di ogni altra questione e domanda -ha affermato che alla controversia è applicabile lo ius superveniens costituito dal predetto art. 3, comma 11, n. 8, del d. lgs. n. 116 del 2020 conseguentemente ha affermato che detta novella determina l’esonero della Nordcontenitori dall’obbligo di versamento del contributo al Conai atteso il già effettuato versamento del dovuto « per i medesimi beni » al PolieCo, come da questo riconosciuto.
In particolare la Corte ha osservato: (a) che, alla luce degli atti parlamentari relativi al decreto di legislativo in esame, il legislatore intendeva con la novella « procedere alla riscrittura di detto art. 237, recante criteri direttivi dei sistemi di gestione, richiamando i principi in merito alla natura e determinazione del contributo ambientale e introducendo il principio del ne bis in idem al fine di attuare pienamente il recepimento dell’art. 7 della direttiva 2018/852 (UE) e dell’art. 8 bis della direttiva 2018/851 (UE), garantendo così un riferimento unitario dei principi operanti per i sistemi collettivi di cui ai Titoli I, II e III del T.U.A.»; (b) che la qualificazione dei prodotti come «imballaggi» renderebbe gli stessi sottoponibili al contributo del RAGIONE_SOCIALE mentre se considerati beni in polietilene il contributo spetterebbe al RAGIONE_SOCIALE; (c) che, tuttavia, trattandosi dei «medesimi beni», la circostanza che il contributo sia stato versato a RAGIONE_SOCIALE da parte di Nordcontenitori esonera la società, indipendentemente dalla qualificazione dei beni, da
un’ulteriore analogo pagamento a Conai, in applicazione della predetta normativa sopravvenuta.
Al ricorso per cassazione di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memoria.
Con ordinanza interlocutoria pronunciata all’esito della camera di consiglio del 9 maggio 2024 la Corte ha disposto la trattazione della causa in pubblica udienza rilevando che « la questione inerente all’interpretazione del nuovo testo dell’art. 237 del Codice dell’ambiente -segnatamente in tema di condizioni per l’applicazione del principio del ne bis in idem al pagamento del contributo da parte degli imprenditori del settore a uno dei Consorzi operanti nel settore dello smaltimento dei rifiuti di cui alla Parte Quarta del ridetto Codice – è nuova, non rinvenendosi precedenti di questa Corte regolatrice, e di particolare rilevanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., in considerazione dell’importanza giuridica ed economica degli argomenti trattati» .
Il Procuratore Generale ha depositato memoria chiedendo l’accoglimento del ricorso. In particolare ha osservato che la modifica dell’art. 237, comma 8, originariamente inserito nel contesto del T.U.A. dal d. lgs. n. 116/2020 con la predetta formulazione (versione della norma sulla quale si è pronunciata la sentenza qui impugnata) è stata sostanzialmente riscritta dall’ultimo decreto correttivo, il d.lgs. 23 dicembre 2022, n. 2013, fornendone, senza esplicitarlo, un’interpretazione autentica, e mantenendo ferma ed espressa la retroattività della norma modificata che fa sì che essa debba essere considerata e spieghi effetti anche nel presente giudizio.
La disposizione dell’art. 237, comma 8, nella sua formulazione attuale recita: «Il contributo ambientale versato in conformità alle disposizioni di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto legislativo ad un sistema collettivo , ovvero ad un consorzio
ex lege o ad un sistema alternativo, esclude l’assoggettamento del medesimo bene, e delle materie prime che lo costituiscono, ad altro contributo ambientale previsto dalla parte quarta del presente decreto legislativo. La presente disposizione si applica con efficacia retroattiva » (in corsivo il testo aggiunto dal Correttivo).
RAGIONI DELLA DECISIONE
La controversia -come specificato nell’ordinanza interlocutoria -riguarda la questione dell’interpretazione del nuovo testo dell’art. 237 del Codice dell’ambiente o T.U.A. introdotto ad opera del d.lgs n. 116/2020 ed in particolare delle condizioni per l’applicazione del principio, per così dire, di ne bis in idem al pagamento del contributo da parte degli imprenditori di settore ad uno dei soggetti o sistemi collettivi operanti nello smaltimento dei rifiuti di cui alla Parte Quarta del detto Codice (Consorzio nazionale o sistema autonomo di gestione), ovvero del divieto di doppia contribuzione contenuto nella norma che, nella specie, ha condotto la decisione gravata a ritenere RAGIONE_SOCIALE privo della legittimazione ad agire nei confronti della società appellante RAGIONE_SOCIALE per l’adempimento degli obblighi contributivi pretesi, con conseguente implicito rigetto delle relative domande svolte in primo grado dal Conai e dell’appello incidentale con il quale sono state riproposte in sede di gravame.
Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata da RAGIONE_SOCIALE per violazione degli articoli 366 comma 1 n. 3 c.p.c. e 360 comma 2 n. 4 c.p.c. perché avrebbe omesso di specificare quali erano state le allegazioni di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE con riguardo alle caratteristiche e funzioni dei beni oggetto della controversia e neppure provveduto alla specifica indicazione e al deposito degli atti processuali con i quali si sarebbe potuto rimediare alle lacune del ricorso, il quale, quindi, non permetterebbe di comprendere l’oggetto lo svolgimento
della causa dinanzi alla giurisdizioni di merito nonché la sostanza dei motivi di ricorso e degli effetti della sentenza impugnata.
Il ricorso, invero, è circoscritto come detto ad una questione di diritto -l’interpretazione dello ius superveniens -in ragione della quale la Corte d’appello ha ritenuto la sopravvenuta carenza di legittimazione ad agire del Conai indipendentemente dalla qualificazione dei beni oggetto della controversia, sicché il ricorso è pienamente autosufficiente e specificamente argomentato.
2.1. D’altro canto non rilevano in questa sede stante il perimetro della decisione di cui è investita questa Corte -le contestazioni, sempre di Nordcontenitori, a proposito degli effetti che Conai reputa prodottosi all’esito della decisione gravata rispetto alle statuizioni rese dal Tribunale per effetto dell’inciso « confermata nel resto la precedente sentenza », contenuto nel dispositivo della sentenza della Corte d’Appello (quindi con riguardo: all’accertamento nel merito della natura di imballaggi degli oggetti controversi, alla sussistenza dell’obbligo di essa Nordcontenitori di presentare le relative dichiarazioni, alla condanna a detta presentazione e relativa astreinte ) poiché nella logica del ricorso, che mira alla cassazione della sentenza, si tratta di considerazioni che non possono che essere ritenute destinate a valere nell’auspicato giudizio di rinvio non essendo idonee neppure per la forma in cui sono espresse -ad investire la Corte di un giudizio in proposito, per il principio fermo di questa Corte (cfr., tra le altre, di recente Cass. n.17224 del 18/08/2020) per cui il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, il quale, richiede, per ogni motivo, l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia.
Ciò premesso e venendo all’esame dell’unico motivo di ricorso si osserva che lo stesso lamenta: « 1. Violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 237, comma 8, del d. lgs. 152/2006, nonché degli artt. 224, comma 9 e 234, comma 1, del d. lgs. n. 152/2006 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c .».
Deduce il ricorrente -in estrema sintesi -l’erroneità della sentenza impugnata in punto interpretazione della normativa applicata, per non aver considerato: (i) che, secondo un criterio letterale, l’esonero dal pagamento del doppio contributo è espressamente riferito ad « altro » contributo ambientale (non al medesimo contributo); (ii) che, secondo il criterio teleologico, l’esonero, per espressa volontà legislativa, si applica solo ai rapporti tra « sistemi autonomi » e Consorzi nazionali che si occupano della medesima tipologia di rifiuti e non anche tra Consorzi destinati istituzionalmente a occuparsi di tipologie di rifiuti diverse.
Osserva il ricorrente che, volendo portare alle estreme conseguenze l’interpretazione suggerita dalla sentenza impugnata che valorizza il solo fatto che nella specie si tratti di contributo versato dal produttore ad un Consorzio per « i medesimi beni », ne deriverebbe che qualsiasi impresa produttrice di speciali categorie di rifiuti sarebbe libera di scegliere il Consorzio nazionale al quale versare la contribuzione ambientale sulla base della propria personale convenienza, anche a prescindere dalla natura e funzione dei propri prodotti e delle specifiche esigenze di smaltimento; sì che verrebbe elisa la stessa ratio legislativa dell’istituzione di appositi Consorzi nazionali per la gestione di specifiche tipologie di rifiuti e lo stesso principio generale della responsabilità estesa del produttore (c.d. EPR, Extended producer responsibility , strategia per sommare al prezzo di mercato di quel prodotto tutti i costi ambientali stimati associati a un prodotto durante l’intero ciclo di vita, quindi anche nella fase di smaltimento del relativo «rifiuto»),
che chiama quest’ultimo a farsi carico degli oneri, anche finanziari, generati dai rifiuti dei propri prodotti.
In altre parole l’interpretazione recepita dai resistenti e dalla sentenza gravata della norma in questione -come una vera e propria sanatoria volta a superare ogni pretesa di Conai, cristallizzandone gli effetti anche retroattivamente, per cui chi ha già pagato il contributo ambientale per un determinato bene non è tenuto a pagarlo nuovamente ad altro Consorzio -non soltanto sarebbe priva di fondamento giuridico, ma indurrebbe a condotte opportunistiche a danno non solo della concorrenza ma anche dell’ambiente.
Infine l’opzione interpretativa accolta dalla sentenza gravata, secondo il ricorrente, è priva di fondamento anche sul piano sistematico, perché, anche a voler porre in correlazione il nuovo comma 8 dell’art. 237 con l’art. 224 comma 9 T.U.A., richiamato ex adverso , deve considerarsi che una cosa è delimitare l’ambito oggettivo di due sistemi di gestione dei rifiuti stabilendo di quali prodotti si debba occupare l’uno e di quali si debba occupare l’altro -che è quello che avrebbe sempre fatto l’art. 224 comma 9, riguarda al rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e compliance scheme che si occupano di rifiuti diversi dagli imballaggi, compreso RAGIONE_SOCIALE (« l’applicazione del contributo ambientale Conai esclude l’assoggettamento del medesimo bene e delle medesime materie prime che lo costituiscono ad altri contributi con finalità ambientali previsti dalla parte quarta del presente decreto »); altra cosa è sancire, ma solo nei rapporti tra ciascun Consorzio nazionale e « sistemi collettivi autonomi » che si occupano della medesima tipologia dei rifiuti, la possibilità per un operatore economico di compiere un versamento contributivo erroneo e ciò nondimeno liberatorio di uno dei suoi obblighi ambientali, come, appunto, fa l’art. 237 comma 8 novellato.
4. Il controricorrente RAGIONE_SOCIALE incentra, invece, la propria difesa proprio sulla rilevanza dell’articolo 224 comma 9 del T.U.A. che reputa costituisse un privilegio incostituzionale che riguardava solo RAGIONE_SOCIALE, a vantaggio del quale stabiliva -a suo dire -« che chi paga il RAGIONE_SOCIALE ha sempre pagato bene »; privilegio che la novella avrebbe corretto estendendone il contenuto a tutti i gestori (consorzi nazionali e sistemi alternativi) di cui alla Parte IV del T.U.A., nel senso che chi ha pagato il contributo ambientale a uno di essi, sarebbe assolto da qualsiasi richiesta proveniente da altri Consorzi della Parte IV del T.U.A., laddove invece, secondo la teoria del Conai, l’effetto liberatorio sarebbe circoscritto solo ai rapporti tra Consorzi e sistemi autonomi dello stesso settore.
In sintesi secondo Polieco « l’imprenditore il quale evada la propria obbligazione ambientale verso la collettività (chi inquina paga) attraverso l’adesione e la contribuzione ad uno dei soggetti previsti dalla Parte Quarta del TUA, ha comunque adempiuto », e ciò in quanto il legislatore ha conferito pari dignità e compiti ai diversi soggetto di diritto privato operanti in materia di gestione dei rifiuti, stabilendo per legge (dapprima con il d.lgs. n.22/97 c.d. decreto Ronchi, e da ultimo con la previsione della Parte Quarta del Testo Unico in materia di Ambiente) la costituzione degli stessi, che esercitano un’attività di utilità generale in materia del trattamento di rifiuti, sulla base di obiettivi di riciclaggio assegnati con decreto parte del Ministero competente che vigila sul loro raggiungimento; sicché non potrebbe ritenersi inadempiente l’imprenditore che comunque corrispondendo ad uno di tale soggetti il contributo ambientale.
Così interpretata, la novella non consentirebbe di scegliere arbitrariamente il sistema più conveniente, come paventa la ricorrente, ma di rimediare alla asimmetria normativa che privilegiava -secondo la sua lettura dell’art. 224 comma 9 la posizione di RAGIONE_SOCIALE rispetto agli altri pari consorzi di cui alla parte
quarta del testo unico dell’ambiente; realizzando una funzione deflattiva del contenzioso instaurato, cui si riconnette la dichiarazione di retroattività (come si ricaverebbe dalla relazione di accompagnamento alla novella che specifica che la norma di cui al comma 8 art. 237 « si rende necessaria per risolvere definitivamente le contestazioni e il contenzioso in tema di pagamento del doppio contributo ambientale da parte di sistemi collettivi per gli imballaggi »): un pagamento «mal fatto» in materia di contributo ambientale -ovvero avvenuto a favore di un consorzio diverso da quello che sarebbe stato o avrebbe potuto essere competente -ben possibile in ragione di una materia difficile e incerta -sarebbe divenuto, per effetto della novella, «liberatorio» da richieste avanzate da altro Consorzio o sistemi sui «medesimi beni».
Non si tratterebbe, dunque, di scegliere il sistema più conveniente ma di rimediare all’errore dell’imprenditore, di fronte al quale sarebbe « sufficiente che il Consorzio nazionale che ritenga di avere la competenza su quello specifico bene rivendichi il contributo, ma per il futuro non per il passato ».
Nordcontenitori -dopo una articolata – ma inconferente in questa sede -disamina della nozione di «imballaggio» e di «produttore» alla luce della direttiva 94/62 CE e dell’interpretazione della Corte di giustizia, e di questa Corte Suprema, ha sottolineato che secondo la direttiva (UE) 2018/852 e la trasposizione della stessa nell’articolo 237 del d.lgs. 152/2006, i sistemi di restituzione, raccolta e recupero devono essere « aperti alla partecipazione degli operatori economici dei settori interessati », ove il criterio di apertura individuato sta nel «settore interessato» in ragione delle peculiarità del materiale utilizzato; per cui, sostiene, vi possono essere operatori economici che preferiscono aderire ad un sistema diverso dal Conai in quanto non specializzato, e, quindi, inefficiente e diseconomico nella gestione
di quella specifica materia, e non già per ragioni arbitrarie di mera convenienza, come afferma COGNOME semplicisticamente nel commentare la validità dell’interpretazione contestata dell’articolo 237 comma 8 offerta dalle resistenti e dalla sentenza gravata.
Perciò, considerato che il produttore può essere autosufficiente od organizzarsi in un’idonea sistema alternativo rispetto all’adesione ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223 T.U.A., reputa che il criterio dell’apertura dei sistemi consenta « all’operatore di creare e scegliere il sistema a cui aderire secondo il criterio del settore interessato perché il contributo ambientale non serve a foraggiare il Conai ma a fornire risorse finalizzate alla miglior gestione di una fase dell’impresa qual è la gestione dei rifiuti»; per cui Nordcontenitori ben potrebbe aderire a RAGIONE_SOCIALE, un consorzio che, in ragione della sua costituzione specializzata, gestisce con maggior efficienza ed economicità il circuito del polietilene, il cui obiettivo primario è di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero; mentre RAGIONE_SOCIALE per poter gestire la filiera della plastica deve a sua volta ricorrere ad un altro consorzio di settore il CorePla, esponendo però un’inevitabile duplicazione dei costi di personale e di gestione.
Ne consegue -quanto all’interpretazione del novellato comma 8 dell’articolo 237 -che essendo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ciascuno un Consorzio, vale a dire, un «sistema collettivo», secondo il dettato della norma, il principio del divieto di doppia imposizione del contributo ambientale, originariamente previsto a favore dei soli aderenti al Conai (art. 224, comma 9, cit. d.lgs. n. 152/2006) -con previsione che, al pari di RAGIONE_SOCIALE, reputa fosse palesemente discriminatoria -oggi debba intendersi valere a favore degli aderenti a ogni sistema collettivo, con efficacia retroattiva.
Ciò premesso reputa il Collegio che il ricorso di Conai sia fondato.
Come detto esso riguarda la portata della modifica legislativa (introdotta col D.Lgs. n. 213 del 2022) attraverso cui è stata introdotta l’esclusione della doppia imposizione, ovvero la sua interpretazione in astratto e conseguentemente la sussunzione della fattispecie concreta oggetto di causa entro la previsione della stessa in funzione della corretta determinazione delle conseguenze giuridiche in tema di versamento del contributo ambientale dovuto.
Il suo esame merita di essere preceduto da un sintetico inquadramento del contesto normativo di riferimento e dei principi che lo regolano.
6.1. Il quadro normativo di riferimento è costituito dalla disciplina introdotta col d.lgs. n. 22/1997 (c.d. decreto Ronchi), con cui è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 91/156/CEE sui rifiuti in generale, alla direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e, in particolare, per quanto qui specificamente rileva, alla direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio; quest’ultima -volta ad armonizzare le misure nazionali concernenti la gestione degli imballaggi e dei rifiuti d’imballaggio è stata modificata dalla direttiva 2004/12/CE, recepita nel nostro ordinamento dal d.lgs n. 152/2006, Testo Unico Ambientale o T.U.A., in cui sono confluite le norme del predetto decreto Ronchi , al quale è stato assegnato l’obiettivo primario della « promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali » (art. 2, comma 1 T.U.A.); detto Testo Unico in seguito è stato ripetutamente modificato ed integrato, da ultimo con il d.lgs n. 116/2020 onde dare attuazione alla direttiva (UE) 2018/852 che, unitamente alla direttiva (UE) 2018/851 fa parte del c.d. «pacchetto rifiuti», direttive che hanno lo scopo di introdurre maggiore efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e apertura alla concorrenza nel settore produttivo deputato al ritiro recupero e
riciclaggio dei rifiuti e nel relativo mercato, come si desume dei relativi «considerando» che ne precedono la declinazione in articoli e dalle modifiche che detti articoli introducono nella normativa vigente: aspetto peraltro quello della finalità dell’intervento normativo eurounitario non contestato in causa.
6.2. A partire dal decreto Ronchi , dunque, il legislatore nazionale in attuazione della normativa eurounitaria, ha regolato un sistema compiuto di disciplina del settore dei rifiuti al fine di assicurare, tenuto conto della specificità dei vari beni e dei relativi rifiuti, un’elevata protezione dell’ambiente attraverso, tra l’altro, la prevenzione e la riduzione della produzione dei rifiuti e la loro corretta gestione, favorendone la raccolta differenziata, il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio (v. gli articoli 2, 3 e 4 decreto Ronchi e gli articoli 2, 177 e 178 del d.lgs. 152/2006).
Detta regolamentazione prevede, in generale, in base al principio europeo del «chi inquina paga», che sui produttori e sugli utilizzatori, e non sui consumatori, devono ricadere i costi della raccolta differenziata, del ritiro, del riutilizzo, del recupero e del riciclaggio di tutti i rifiuti di imballaggio.
In particolare prevede nel titolo II della parte IV del d.lgs. n. 152/2006 una disciplina specifica per gli imballaggi e i rifiuti di imballaggio di qualunque materiale siano essi costituiti, e, all’art. 218, in conformità ed attuazione delle direttive europee (ed in particolare dei criteri interpretativi indicati nella direttiva 94/62 CE così come modificata dalla direttiva 2004/12 CE) la definizione di «imballaggio»; la quale ultima ha generato molti dubbi interpretativi e richiesto interventi tanto della Corte di Giustizia (UE) quanto di Codesta Corte Suprema, da ultimo con la sentenza Cass. n. 12458/2023 seguita da Cass. ord. n. 2145/2024, ma che, tuttavia, non interessa la presente decisione, ove la natura del bene è considerata indifferente dalla sentenza gravata, la cui ratio decidendi di fonda esclusivamente sul fatto che si discuta del
contributo pagato su di un bene soggetto a contribuzione per lo smaltimento del relativo rifiuto a prescindere dalla sua natura e qualificazione come imballaggio o meno.
6.3. Il legislatore nazionale ha previsto, altresì, già con il decreto Ronchi e poi nel titolo III della parte IV del d.lgs. n.152/2006 (TUA), una disciplina di gestione ad hoc anche per altre categorie di rifiuti, caratterizzati dall’avere un particolare impatto nell’ambiente; in particolare, come già l’art. 48 comma 1 del decreto Ronchi, all’articolo 234 il T.U.A. si occupa dei rifiuti di beni costituiti in polietilene e prevede l’istituzione del Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene -PolieCo, « al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento», la cui attività istituzionale non comprende, però, tipologie di beni e di rifiuti che, pur essendo costituiti in polietilene sono oggetto della disciplina specifica prevista per gli imballaggi (così art. 234 comma 1: «
.
Disposizione speculare a quella contenuta nell’articolo 224 comma 9 del titolo II della parte IV del T.U.A. ai sensi del quale: «
allo scopo di evitare sovrapposizioni di competenze e duplicazioni di interventi a danno
di uno svolgimento efficiente, efficace ed economico delle attività di recupero e riciclaggio dei rifiuti.
Va sottolineato, dunque, che in ragione delle predette disposizioni il sistema RAGIONE_SOCIALE e il sistema RAGIONE_SOCIALE costituiscono due distinte forme di gestione di rifiuti tra loro complementari e concorrenti, sia ai sensi del d.lgs. n.22/97 (c.d. decreto Ronchi) sia ai sensi del d. lgs. n. 152/2006 (T.U.A. che ha sostituito il primo); e che tra il sistema RAGIONE_SOCIALE e il sistema RAGIONE_SOCIALE non è configurabile alcuna sovrapposizione di competenze, dato che il legislatore diversifica chiaramente il loro rispettivo ambito di intervento, attribuendo al sistema Conai la gestione degli imballaggi (anche) in materiale plastico, e in polietilene in particolare, e al PolieCo la gestione degli altri beni in polietilene (ma non dei beni costituiti con altro tipo di materiale plastico) sempre che non si configurino come «imballaggi» (nel senso che si tratti di competenze alternative con riguardo a detta tipologia di rifiuti v. di recente Cass. n. 2145/2024)
6.4. Va ancora ricordato che per dare attuazione al principio generale della responsabilità estesa del produttore (c.d. EPR), l’art. 221 del d. lgs 152/2006 prevede al comma 1 che « i produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio riferibili ai propri prodotti» ed hanno «la responsabilità finanziaria o quella finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto » e, al comma 3, che gli stessi partecipano al Conai « salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3 lett. a) e c) » per il quale « i produttori possono alternativamente: a) organizzare autonomamente anche in forma collettiva la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull’intero territorio nazionale; b) aderire ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223; c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi
mediante idonea documentazione che dimostri l’autosufficienza del sistema nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui è commi 5 e 6 »: salvo, quindi, il caso in cui intendano provvedere in modo autonomo allo smaltimento dei propri rifiuti da imballaggio, creando sistemi autonomi collettivi o dimostrando l’autosufficienza del sistema di restituzione dei propri imballaggi
Del pari i produttori di beni in polietilene diversi dagli imballaggi possono anch’essi costituire dei sistemi per organizzare autonomamente la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale (art. 234 comma d. lgs 152/2006) ed evitare di aderire al RAGIONE_SOCIALE; e lo stesso vale per gli altri consorzi nazionali previsti dal titolo III del d.lgs. n. 152 2006 (vale a dire il Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti, di cui all’art. 233; il Consorzio nazionale per la gestione raccolta e trattamento degli oli minerali usati, di cui all’art. 136; nonché i Consorzi costituiti per la gestione di pneumatici fuori uso, ai sensi dell’articolo 228 d.lgs cit.)
Dunque la regolamentazione del T.U.A. prevede tanto la costituzione dei consorzi nazionali specializzati quanto di sistemi collettivi autonomi specializzati cui i produttori di specifiche categorie di rifiuti possono/devono aderire.
6.5. È in questo contesto che si inserisce il comma 8 dell’art. 237 del d.lgs n.152/2006, introdotto dal d.lgs. n. 116/2020 entrato in vigore con efficacia dichiaratamente retroattiva, disposizione ai sensi della quale « il contributo ambientale versato a un sistema collettivo esclude l’assoggettamento del medesimo bene delle materie prime che lo costituiscono ad altro contributo ambientale previsto dalla parte quarta del presente decreto legislativo. La presente disposizione si applica con efficacia retroattiva », e che la sentenza della Corte d’appello di Roma qui gravata considera applicabile al rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e i Consorzi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nel senso di giustificare il rigetto della domanda volta alla
condanna al pagamento del contributo ambientale da quest’ultimo preteso in primo grado nei confronti della società produttrice, in quanto la stessa ha già versato, in relazione ai beni oggetto della pretesa , il contributo al RAGIONE_SOCIALE.
6.6. Va subito osservato che detta disposizione si inserisce nel più ampio contesto dell’art. 237 citato, rubricato « Criteri direttivi dei sistemi di gestione », le cui recenti modificazioni ad opera del d.lgs n. 116/2020 -frutto del recepimento delle Direttive (UE) 851 e 852 del 2018, volte -come detto ad accrescere il grado di efficacia, concorrenza e trasparenza nel settore della gestione dei rifiuti – ha aperto sempre più all’intervento di sistemi autonomi di gestione rispetto ai Consorzi nazionali.
Invero, a fronte di una disposizione che in precedenza -in un unico comma -si limitava a richiedere che i sistemi di gestione dei rifiuti fossero « in ogni caso (…) aperti alla partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo da assicurare il principio di trasparenza di non discriminazione di non distorsione della concorrenza di libera circolazione nonché il massimo rendimento possibile », il d. lgs. 116/2020 ha completamente riformulato la norma, introducendo -«
modifiche volte a
regolare con maggior dettaglio, ed in funzione del loro necessario coordinamento in vista del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio, il rapporto tra Consorzi nazionali e sistemi di gestione dei rifiuti tradizionalmente definiti «autonomi», ovvero i sistemi di gestione che i produttori delle singole categorie speciali di rifiuti previste dalla parte IV del T.U.A. -dunque non solo gli imballaggi di cui al titolo II, ma, come detto poco sopra, anche quelli di cui al titolo III (quali, per esempio pneumatici fuori uso od oli esausti, batterie ecc.) -possono istituire per essere esonerati dalla partecipazione e dalla contribuzione ambientale in favore dei
Consorzi nazionali previsti dai suddetti titoli II e III del T.U.A., previo riconoscimento del «sistema autonomo» da parte del Ministero dell’Ambiente.
Infatti il novellato comma 1 stabilisce che: « I consorzi ovvero i sistemi di gestione in forma individuale o collettiva di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto legislativo, già istituiti ovvero riconosciuti ovvero in corso di riconoscimento, operano sull’intero territorio nazionale senza generare distorsioni della concorrenza, curano per conto dei produttori la gestione dei rifiuti provenienti dai prodotti che immettono sul mercato nazionale e dai prodotti importati, in condizioni non discriminatorie, in modo da evitare ostacoli al commercio, adempiono ai propri obblighi senza limitare le operazioni di raccolta e di gestione nelle aree più proficue », ed al comma 2 che: « I sistemi di gestione adottati devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati, assicurando il rispetto del principio di trasparenza e di non discriminazione, garantiscono la continuità dei servizi di gestione dei rifiuti sull’anno solare di riferimento, ancorché siano stati conseguiti gli obiettivi generali e specifici ad essi applicabili, nonché adeguata attività di informazione ai detentori di rifiuti sulle misure di prevenzione e di riutilizzo, sui sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti anche al fine di prevenire la dispersione degli stessi ».
Inoltre -con altre disposizioni -mira a rafforzare e finalizzare la responsabilità estesa dei produttori, stabilendo, fra l’altro, n questo contesto il nuovo comma 8 dell’art. 237, come afferma RAGIONE_SOCIALE, non ha affatto la portata invocata da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ed accolta dalla sentenza qui gravata, quanto ai rapporti tra i due Consorzi nazionali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ma è volto ad
escludere la duplicazione della contribuzione ambientale sul «medesimo bene» nei rapporti tra ciascun Consorzio nazionale e sistemi c.d. «autonomi», ovvero quei sistemi collettivi costituiti dai produttori per la gestione dei rifiuti di quel bene, che, di default, rientrerebbero astrattamente nella competenza del primo: statuendo, invero che « il contributo ambientale versato a un sistema collettivo esclude l’assoggettamento del medesimo bene e delle materie prime che lo costituiscono ad altro contributo ambientale previsto dalla parte quarta del presente decreto legislativo », intende risolvere eventuali contenziosi sorti sul punto tra il « sistema autonomo » di gestione dei rifiuti nel rapporto con il corrispondente Consorzio nazionale e non anche analogo contenzioso sorto nel rapporto con altri Consorzi nazionali preposti alla gestione di tipologie di rifiuti completamente differenti: ratio e scopo che rende ragione della efficacia retroattiva espressamente riconosciuta dal legislatore alla disposizione in argomento.
6.8. Se in tal senso già poteva dirsi deponessero il tenore letterale della previsione unitamente al criterio interpretativo teleologico e quello sistematico, certamente, l’intervento correttivo da ultimo effettuato dal legislatore con l’art. 7 de d.lgs. n. 213/2023 entrato in vigore – con efficacia retroattiva espressa -il 16.6.2023, ha diradato ogni dubbio, e confermato la correttezza dell’interpretazione invocata da Conai. Ed infatti:
già il tenore letterale della previsione -che testualmente esonera dall’assoggettamento « ad altro contributo ambientale previsto dalla parte quarta del presente decreto legislativo » il medesimo prodotto per il quale sia stato già versato « il contributo ambientale … ad un sistema collettivo » -induce a ritenere che detta ultima espressione sia volta a identificare il «sistema autonomo» di gestione di un certo rifiuto nel rapporto con il corrispondente Consorzio nazionale;
b) a maggior ragione il criterio interpretativo teleologico, volto a ricostruire lo scopo che il legislatore ha inteso perseguire con l’introduzione di tale articolo, non conduce a ravvisare nella norma in questione un principio di ne bis in idem in materia di contribuzione ambientale atto ad escludere la legittimazione del Conai a chiedere il pagamento del contributo ambientale su beni aventi natura di imballaggi in relazione ai quali l’impresa produttrice abbia discrezionalmente scelto di sottrarsi per pagare, invece, un altro Consorzio nazionale (o sistema collettivo autonomo corrispondente) deputato a gestire tipologie di rifiuto diverse:
– sia perché, come afferma il ricorrente, proprio nel passaggio della relazione di accompagnamento al d. lgs n.116/2020 citato dalla pronuncia impugnata, si afferma -con riferimento all’introduzione del comma 8 dell’articolo 237 – « che la norma al comma 8 recepisce anche la condizione numero 2 del parere della Commissione XIII del Senato», e «si rende necessaria per risolvere definitivamente le contestazioni e il contenzioso in tema di pagamento del doppio contributo ambientale da parte di sistemi collettivi per gli imballaggi (sottolineatura nel testo del ricorso)», il che inequivocabilmente induce a identificare i «sistemi collettivi» di cui si parla con i sistemi c.d. «autonomi» di gestione istituiti dai produttori degli «imballaggi» diversi dal Consorzio nazionale di riferimento (senza alcuna possibilità quindi di individuare in tale passaggio una volontà del legislatore di risolvere il contenzioso tra Consorzi destinati a trattare imballaggi e Consorzi -come RAGIONE_SOCIALE -che, per definizione ( ex art. 234 T.U.A.), non è un sistema deputato occuparsi di imballaggi;
– sia perché ciò colliderebbe con la ratio dell’istituzione degli appositi consorzi nazionali o dei sistemi collettivi autonomi per la gestione di specifiche tipologie di rifiuti, e con lo stesso principio generale della responsabilità estesa del produttore, che chiama quest’ultimo a farsi carico degli oneri anche finanziari generati dai
rifiuti dei propri prodotti, che verrebbe evidentemente eluso ove si ammettesse che un operatore economico può versare il contributo ambientale a uno qualunque dei sistemi EPR regolati dalla parte IV del d. lgs. n. 152/2006, quand’anche diverso da quello al quale è tenuto a partecipare in considerazione dei beni o dei materiali da esso prodotti o commercializzati, dovendosi invece considerare adempiuti i suoi obblighi economici, correlati alla gestione dei corrispondenti rifiuti, solo laddove detto operatore economico versi il contributo ambientale ad un compliance scheme a ciò specificamente deputato e perciò idoneamente attrezzato; diversamente opinando si violerebbero i principi dettati dall’Unione per una gestione improntata a criteri di efficienza efficacia ed economicità e rispetto della parità di concorrenza, non foss’altro perché il gestore EPR privato del contributo dovuto per i rifiuti trattati sarebbe forzato a far gravare i relativi oneri sugli altri suoi partecipanti, il che creerebbe disparità di condizioni e comprometterebbe non solo le condizioni di effettiva e leale concorrenza tra operatori economici, e tra sistemi EPR, ma anche la stessa tenuta dell’intero sistema di gestione dei rifiuti con grave pregiudizio per l’ambiente;
infine anche sul piano sistematico la lettura della norma proposta da Conai risulta corretta e condivisibile poiché l’articolo 224 comma 9 T.U.A. («
diversamente da quanto affermato da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non era volto a consentire a RAGIONE_SOCIALE di trattenere le somme che gli fossero state erroneamente versate da parte di un’impresa produttrice di beni, anche in polietilene, che non fossero «imballaggi», bensì ad escludere che per il medesimo bene o in
ragione della materia prima dello stesso, un operatore che -in quanto produttore o utilizzatore di «imballaggio» – avesse pagato per quel bene il contributo Conai potesse essere chiamato a pagare «altri» contributi ambientali con finalità ambientali previsti dalla parte IV ( ad esempio «anche» il contributo a RAGIONE_SOCIALE in ragione della materia in polietilene del bene costituente «imballaggio»); dunque non era affatto una norma che introduceva un privilegio incostituzionale -come asserito da entrambi i resistenti -bensì una norma volta a fare chiarezza e a delimitare l’ambito oggettivo di due sistemi di gestione dei rifiuti, stabilendo di quali prodotti si debba occupare l’uno e di quali si deve occupare l’altro, onde evitare una doppia contro contribuzione a carico del produttore per il medesimo bene; tant’è che, non a caso, il decreto correttivo ha abrogato, sempre con effetto dal 16 giugno 2023, l’art. 224, comma 9, poiché avendo chiarito -fornendone, sia pure non esplicitamente, un’interpretazione autentica la portata dell’art. 237 comma 8 T.U.A. come diretto ad escludere la doppia contribuzione nell’ambito del medesimo settore di gestione e smaltimento dei, ha reso inutile la sopravvivenza di quale specifica.
6.9. Ed invero la prima versione della norma – sulla quale si è pronunciata la sentenza qui gravata -è stata sostanzialmente riscritta dall’ultimo decreto correttivo al d. lgs. n. 116 entrato in vigore il 16 giugno 2023, ovvero il d. lgs. n. 213/2022, che ha previsto -come sopra ricordato -che: «Il contributo ambientale versato in conformità alle disposizioni di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto legislativo ad un sistema collettivo , ovvero ad un consorzio ex lege o ad un sistema alternativo, esclude l’assoggettamento del medesimo bene, e delle materie prime che lo costituiscono, ad altro contributo ambientale previsto dalla parte quarta del presente decreto legislativo. La presente disposizione si applica con efficacia retroattiva » (in corsivo il testo aggiunto dal Correttivo).
Posto che il d. lgs. n. 213/2022 ha lasciato inalterata quella efficacia dichiaratamente «retroattiva» della disposizione che costituisce il presupposto incontestato della sua applicazione alla fattispecie controversa, va posto in evidenza che le aggiunte apportate all’art. 237, comma 8, T.U.A. dal medesimo si risolvono in una sorta di interpretazione autentica della norma retroattiva proveniente dallo stesso legislatore che -come afferma condivisibilmente la Procura Generale nella sua memoria -conferma l’erroneità della ricostruzione dell’art. 237, comma 8, T.U.A. prospettata dall’impugnata sentenza e dai resistenti.
Invero l’inciso « ovvero ad un consorzio ex lege o ad un sistema alternativo », aggiunto dal Correttivo dopo il sintagma « sistema collettivo » è volto a circoscrivere l’operatività della disposizione ai rapporti tra Consorzi nazionali e sistemi c.d autonomi; così come l’inciso « in conformità alle disposizioni di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto legislativo » aggiunto dopo l’espressione « Il contributo versato », precisa inequivocabilmente che non qualsiasi versamento esonera chi lo ha effettuato dalla doppia contribuzione, ma solo quello appunto « conforme » alle norme che regolano il pagamento dei contributi ambientali in ragione della specifica categoria di rifiuti che un operatore economico genera.
Un pagamento erroneo, dunque, effettuato in favore di uno dei sistemi EPR non ha, per l’impresa che lo esegue, un effetto liberatorio nei confronti del sistema che sarebbe astrattamente competente a ricevere il pagamento, perché l’effetto liberatorio è fatto discendere dal solo pagamento « conforme » alle disposizioni di cui ai titoli II e III della Parte IV del TUA, dunque, anzitutto, rispettoso dell’ordine legale delle competenze fondato sulla tipologia di rifiuto speciale gestita dal Consorzio e dai i correlativi sistemi autonomi di gestione.
6.10. Lo scopo della norma è, dunque, quello di estendere a tutte le ipotesi di gestione dei rifiuti, il principio di irripetibilità dei pagamenti già desumibile, limitatamente ai prodotti sottoposti ai contributi Conai, dall’art. 224 comma 8 T.U.A., che, invero è stato soppresso, evitando ostacoli e condotte ostruzionistiche al regime della libera concorrenza tra sistemi autonomi – che abbiano ottenuto il riconoscimento ministeriale e che siano costituiti da produttori di una speciale categoria di beni e di materie prime, astrattamente tenuti ad aderire ad uno dei Consorzi nazionali previsti dalla parte quarta del T.U.A. per quel tipo di rifiuti – e tali Consorzi, i quali, dunque, non possono pretendere anch’essi il pagamento del contributo ambientale dal produttore aderente ad un sistema autonomo di gestione e dunque per beni e materie prime rientranti all’interno di tale sistema. Il che giustifica la «efficacia retroattiva» espressamente riconosciuta dal legislatore alla disposizione di cui all’art. 237, comma 8, d. lgs. n. 152/2006 al fine di risolvere eventuali contenziosi sorti sul punto tra Consorzi nazionali e sistemi autonomi.
Ne discende che detto comma 8, sancisce, se così si vuol dire, un principio di ne bis in idem per il caso in cui un operatore avesse già versato per il bene prodotto o utilizzato il contributo a un sistema autonomo e questo venisse preteso (anche) dal Consorzio nazionale deputato istituzionalmente a gestire tale tipologia di prodotto, che non può, però, essere indebitamente esteso ai rapporti tra Consorzi nazionali istituzionalmente deputati a gestire tipologie di prodotti (e di rifiuti) diverse.
6.11. Si può pertanto affermare il seguente principio di diritto: « il versamento del contributo ambientale è liberatorio laddove un produttore abbia versato per un bene il contributo a un «sistema collettivo» -sia questo un consorzio nazionale o un sistema autonomo – istituzionalmente deputato allo smaltimento del rifiuto correlato a quella tipologia di prodotto secondo le disposizioni di cui
ai titoli II e III della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006, c.d. T.U.A., e non, invece, laddove il contributo sia stato versato a consorzi nazionali o sistemi autonomi istituzionalmente deputati a gestire tipologie di prodotti e di rifiuti diverse ».
Venendo conclusivamente al caso di specie, onde stabilire se il versamento effettuato Nordcontenitori in favore di RAGIONE_SOCIALE anziché di RAGIONE_SOCIALE sia un « versamento conforme », e quindi liberatorio, è necessario stabilire di che natura fosse il rifiuto oggetto del contributo ambientale pagato, tema erroneamente ritenuto irrilevante dalla sentenza della Corte d’appello, avendo piuttosto esso carattere decisivo rispetto alla risoluzione della controversia, dovendosi verificare se i beni di cui trattasi in polietilene e i relativi rifiuti si configurano o meno come imballaggi a sensi dell’art. 218, comma 1, lett. a), b), c), d), e) e dd): invero la qualificazione dei prodotti come imballaggi renderebbe gli stessi sottoponibili al contributo del RAGIONE_SOCIALE, ed il versamento effettuato da RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE anziché di RAGIONE_SOCIALE dovrebbe considerarsi «non conforme» e, quindi, non liberatorio rispetto agli obblighi contributivi che la società ha nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in ragione del fatto che produce imballaggi, in quanto compiuto in violazione dell’art. 234, comma 1, del T.U.A., ossia quella disposizione della parte IV del decreto che delinea il riparto di competenze tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE escludendo espressamente dall’ambito di attività di quest’ultimo i beni « in polietilene e i relativi rifiuti che si configurano come imballaggi a sensi dell’art. 218, comma 1, lett. a), b), c), d), e) e dd) ».
Qualificazione che -come non ha mancato di sottolineare la Procura Generale -dovrà essere operata dal giudice di merito, nel giudizio di rinvio.
In definitiva il ricorso va accolto e conseguentemente la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di
Roma in diversa composizione cui va demandato anche di provvedere sulle spese del grado di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, cui