Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2145 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2145 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11992 R.G. anno 2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE , rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, domiciliati presso quest’ultimo;
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME , domiciliat a presso quest’ultimo ;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE di
RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliato presso quest’ultimo;
contro
ricorrente
avverso la sentenza n. 474/2019 depositata il 23 gennaio 2019 della Corte d’Appello di Roma.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1 dicembre 2023 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Roma RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere sia l’accertamento dell’obbligo della stessa quanto all’effettuazione della dichiarazione dei quantitativi di imballaggi, costituiti da contenitori in RAGIONE_SOCIALE, dalla stessa ceduti, sia la condanna della detta convenuta al pagamento del relativo contributo ambientale, maggiorato di interessi.
La convenuta si è costituita in giudizio e ha chiesto di disporre la chiamata in causa del RAGIONE_SOCIALE, al quale aveva versato i relativi contributi, e del RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, in favore del quale aveva eseguito i prescritti adempimenti.
Autorizzata la chiamata in causa, il Tribunale di Roma, a seguito dell’esperimento di consulenza tecnica d’ufficio, ha rigettato le domande attrici.
Il giudizio di gravame si è concluso con sentenza della Corte d’Appello di Roma che ha respinto l’impugnazione.
– Ricorre per cassazione, con tre motivi, il RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE. Resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE, che ha spiegato una
impugnazione incidentale su tre motivi, e il RAGIONE_SOCIALE. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -La controversia ruota intorno all’applicazione della disciplina introdotta col d.lgs. n. 22/1997 (c.d. decreto Ronchi), con cui è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 91/156/CEE sui RAGIONE_SOCIALE, alla direttiva 91/689/CEE sui RAGIONE_SOCIALE pericolosi e in particolare, per quanto qui specificamente rileva, alla direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui RAGIONE_SOCIALE di imballaggio. Quest’ultima , volta ad armonizzare le misure nazionali concernenti la gestione RAGIONE_SOCIALE imballaggi e dei RAGIONE_SOCIALE d’imballaggio , è stata modificata dalla dir. 2004/12/CE. Le norme del d.lgs. n. 22/1997 che interessano in questa sede sono poi confluite nel d.lgs. n. 152/2006 (testo unico in materia ambientale), al quale è stato assegnato l’ obiettivo primario della « promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali » (art. 2, comma 1). La dir. 94/62/CE è stata da ultimo modificata dalla dir. (UE) 2018/852, cui è stata data attuazione col d.lgs. n. 116/2020 : testo normativo, quest’ultimo, che, al pari della direttiva del 2018, oggetto di recepimento, non è applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.
2. ─ Col primo motivo di ricorso sono denunciate la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. Si lamenta che, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice del gravame, l’accertamento relativo alla natura di imballaggi dei contenitori utilizzati nel ciclo produttivo, per come risultante dalla motivazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 18618/2007, confermata dalla sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 3028/2014, risultava essere passata in giudicato.
Parte ricorrente sostiene che qu esta Corte, con l’ordinanza n. 19312 del 19 luglio 2018, con cui è stato definito, in sede di legittimità,
il giudizio ─ vertente sullo smaltimento di sacchetti e buste in RAGIONE_SOCIALE e in cui erano state rese le pronunce sopra richiamate del Tribunale e della Corte d’Appello di Roma ─ non si sarebbe limitata a dichiarare l’inammissibilità del ricorso proposto dal RAGIONE_SOCIALE, ma lo avrebbe rigettato nel merito: in conseguenza, ad avviso delle odierne parti istanti, con la detta pronuncia di questa S.C. sarebbero state definitivamente convalidate le statuizioni «in merito al fatto che le funzioni di imballaggio indicate nelle definizioni normative non vanno intese come cumulative e che, pertanto, la valutazione dell’idoneità del bene a svolgere una o più delle suddette funzioni va compiuta ex ante e in astratto sulla RAGIONE_SOCIALE di un giudizio tecnico prognostico in relazione alle modalità in cui è stato progettato, escludendo per converso la possibilità di rimettere la qualificazione di imballaggio a un giudizio subordinato alla verifica del concreto utilizzo che dell’imballaggio è stato fatto da ciascun cessionario dello stesso».
La censura si correla all’accertamento, devoluto ai Giudici del merito di questo giudizio, circa la possibilità di qualificare imballaggio la categoria di RAGIONE_SOCIALE costituiti da bins di grandi capacità, superiori ai 100 litri: possibilità che è stata esclusa dalla Corte d’Appello , la quale, sul punto, dopo aver rilevato che l’ordinanza sopra citata non aveva « in alcun modo affrontato il problema dell’inserimento del bene in RAGIONE_SOCIALE nel ciclo produttivo aziendale dell’utilizzatore», ha ritenuto condivisibile il rilievo formulato dal Tribunale secondo cui i grandi contenitori in RAGIONE_SOCIALE non erano assimilabili ai contenitori prodotti per un utilizzo singolo o limitato nel tempo, essendo di contro destinati a un impiego prolungato e durevole (risultando funzionali al contenimento di materiali di varia natura e avendo caratteristiche costruttive non compatibili con l’attività di mero imballaggio).
Ora, gli stessi ricorrenti assumono che la statuizione di merito che si prospetta irretrattabile sarebbe da rinvenire nella sentenza n. 18618 del 2007 del Tribunale, evocata nella sentenza n. 3048/2014 della Corte
d ‘A ppello di Roma, la quale aveva a sua volta escluso che una domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEdi accertamento negativo circa la natura di imballaggio di alcuni RAGIONE_SOCIALE) fosse stata oggetto di un’omessa pronuncia. D’altro canto , l’ordinanza n. 19312 del 2018 di questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione, in quanto contenente censure dirette contro la sentenza di primo grado: onde è escluso che assumano rilievo ulteriori considerazioni (nemmeno puntualmente richiamate) contenute nella restante parte della motivazione del provvedimento; infatti, ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi , abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione (Cass. Sez. U. 1 febbraio 2021, n. 2155; Cass. 16 giugno 2020, n. 11675; Cass. 19 dicembre 2017, n. 30393).
La deduzione circa il giudicato esterno che si sarebbe formato nel procedimento deciso in primo grado dalla sentenza n. 18618/2007 è peraltro inammissibile.
Il ricorso per cassazione è infatti mancante della riproduzione RAGIONE_SOCIALE stralci RAGIONE_SOCIALE atti processuali utili alla precisa comprensione della decisione invocata: va rilevato, in proposito, che anche ove si faccia valere il giudicato esterno opera il principio di autosufficienza del ricorso (Cass. 19 agosto 2020, n. 17310 ; sull’applicabilità del principio di autosufficienza ai casi in cui si faccia questione del rilievo officioso del giudicato: Cass. 31 maggio 2018, n. 13988; Cass. 23 giugno 2017, n. 15737). La sottoposizione alla Corte del testo della pronuncia è da ritenere a maggior ragione necessario ove si consideri che la prospettazione dei ricorrenti non fornisce precise indicazioni quanto al fatto che la decisione del Tribunale contenesse una statuizione avente effetto di giudicato nel presente giudizio, piuttosto che una enunciazione in diritto non riferibile alla fattispecie che qui interessa.
Occorre ricordare, difatti, che il giudicato si determina su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell ‘ ambito della controversia (Cass. 16 maggio 2017, n. 12202; cfr. pure, ad es.: Cass. 19 ottobre 2022, n. 30728; Cass. 17 aprile 2019, n. 10760): con la conseguenza che il giudicato reso in una prima causa non può essere efficacemente inAVV_NOTAIO in una seconda laddove esso consti di una proposizione giuridica che è stata formulata con riguardo a una fattispecie concreta diversa da quella ricorrente in questo secondo giudizio.
Va osservato che, oltretutto, ove il giudicato esterno si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado e la sua esistenza non sia stata eccepita, nel corso dello stesso, dalla parte interessata, la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per revocazione e non con quello per cassazione (Cass. Sez. U. 20 ottobre 2010, n. 21493; Cass. 3 novembre 2016, n. 22177). Nella fattispecie il giudicato di cui all’ordinanza n. 19312 del 2018 di questa Corre si sarebbe formato proprio nel corso del giudizio di appello e le ricorrenti si limitano a dar conto dell’allegazione, in comparsa conclusionale, dell’ordinanza n. 19312 del 2018, non della proposizione di una vera e propria eccezione.
3 . -Col secondo mezzo si lamentano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 218, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 152/2006. La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui si è inteso sganciare la nozione di «imballaggio riutilizzabile» da qualsiasi parametro comunitario di riferimento, facendo leva sulla mancanza di una corrispondente definizione corrispondente nella dir. 94/62/CE. Si lamenta che la sentenza impugnata abbia optato per una interpretazione restrittiva dell’art. 218, lett. e), cit., e che l’evoluzione normativa della disciplina comunitaria aveva visto scomparire alcun riferimento al numero minimo di rotazioni.
Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 218, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152/2006. Si confuta l’interpretazione restrittiva data dalla Corte di merito alla «merce» imballata invocandosi, al riguardo, la natura e le finalità della dir. 94/62/CE e quanto enunciato, al riguardo, dalla Corte di giustizia. Si rimarca, in proposito, la scelta del legislatore comunitario e di quello nazionale, i quali hanno inteso dar vita ad una «regolamentazione dei RAGIONE_SOCIALE di imballaggio che assume rilievo preminente rispetto a quella di altri RAGIONE_SOCIALE, e in particolare dei bene in RAGIONE_SOCIALE, i quali non costituiscono neppure oggetto di una regolamentazione specifica a livello di Unione europea».
I due motivi vanno disattesi.
Essi investono due distinti profili esaminati dalla Corte d’Appello , vertenti sulla riutilizzabilità dei contenitori usati da RAGIONE_SOCIALE e sulla stessa possibilità di qualificare questi ultimi come imballaggi.
La doglianza di cui al terzo motivo investe, in particolare, la ratio decidendi della pronuncia della Corte d’Appello che è basata sul significato che assume, ai sensi dell’art. 218, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, il termine « imballaggio ».
Va qui rammentato che, a norma dell’art. 221, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, i produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale RAGIONE_SOCIALE imballaggi e dei RAGIONE_SOCIALE di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti; per il raggiungimento RAGIONE_SOCIALE obiettivi globali di recupero e di RAGIONE_SOCIALE e per garantire il necessario coordinamento dell’attività di raccolta differenziata, i produttori e gli utilizzatori partecipano, poi, in forma paritaria, al RAGIONE_SOCIALE (art. 224, comma 1, d.lgs. cit.), il quale ha, tra l’altro, il compito di ripartire tra i produttori e gli utilizzatori gli oneri per il RAGIONE_SOCIALE e per il recupero dei RAGIONE_SOCIALE di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata .
La Corte d’Appello ha rilevato che non possono essere considerati
imballaggi e non sono, in conseguenza, soggetti ad alcuna contribuzione in favore del RAGIONE_SOCIALE, i contenitori utilizzati dal produttore nell’ambito della sua attività produttiva , in quanto deputati a raccogliere RAGIONE_SOCIALE che non possono essere ancora qualificarsi merce.
Tale rilievo merita condivisione alla luce della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di obblighi di dichiarazione e di versamento del contributo ambientale, ai fini dell’art. 218 del d.lgs. n. 152 cit., in attuazione della direttiva 94/62/CEE, costituisce imballaggio il prodotto adibito a contenere e proteggere RAGIONE_SOCIALE destinati alla circolazione di mercato (Cass. 9 maggio 2023, n. 12458 in fattispecie in cui venivano in questione contenitori in RAGIONE_SOCIALE e pallets destinati alla raccolta, movimentazione, lavorazione e immagazzinaggio di prodotti ortofrutticoli all’interno del ciclo produttivo agricolo, estranei perciò al circuito commerciale o di vendita).
In forza di tale principio perde di rilievo quanto dedotto dalle parti in memoria circa il portato dell’art. 237, comma 8 , d.lgs. n. 152/2006, nella vigente formulazione. Tale norma dispone: « Il contributo ambientale versato in conformità alle disposizioni di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto legislativo ad un sistema collettivo, ovvero ad un RAGIONE_SOCIALE ex lege o ad un sistema alternativo, esclude l’assoggettamento del medesimo bene, e delle materie prime che lo costituiscono, ad altro contributo ambientale previsto dalla parte quarta del presente decreto legislativo. La presente disposizione si applica con efficacia retroattiva ». I contendenti dibattono della portata della modifica legislativa (introdotta col d.lgs. n. 213/2022) attraverso cui l’esclusione della doppia imposizione è stata riferita ai casi in cui il versamento del contributo è appunto da considerarsi eseguito « in conformità alle disposizioni di cui ai titoli II e III della parte quarta » del testo unico dell’ambiente. E tuttavia – c ome osservato, in motivazione, dalla cit. Cass. 9 maggio 2023, n. 12458 -se è escluso che a determinati contenitori si possa applicare il contributo RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE
alla legge anteriore, non ha rilievo la legge posteriore che nega la doppia imposizione in ragione della previsione del l’indicata fattispecie eccettuativa.
Quanto fin qui osservato esimerebbe dall’affrontare la questione posta col secondo motivo, dal momento che esso investe una distinta ratio decidendi della pronuncia reiettiva della Corte di merito.
E’ il caso di rilevare, tuttavia, come anche il secondo mezzo risulti privo di fondamento.
La censura in questione investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che nella nozione di « imballaggio riutilizzabile » non fossero ricompresi i contenitori oggetto di causa, i quali, pur avendo la funzione di contenere, proteggere, consentire la manipolazione e la consegna di merce, sono «destinati a essere utilizzati per lunghissimo tempo e, soprattutto, per un numero di volte non definito ab origine, nemmeno su RAGIONE_SOCIALE statistica»; la Corte di merito ha difatti osservato che il legislatore ha inteso limitare la nozione di « imballaggio riutilizzabile » esclusivamente a quei manufatti che, rientrando nella definizione generale di imballaggio, abbiano caratteristiche strutturali tali da renderli idonei solo a un numero minimo di «viaggi o rotazioni»: in tal senso il Giudice distrettuale ha conferito rilievo alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, la quale aveva appurato che le grandi casse in RAGIONE_SOCIALE hanno una durata pluriennale: lasso di tempo, questo, in cui le stesse sono utilizzate un numero di volte non predeterminabile.
Ora, la specialità del regime relativo allo smaltimento dei RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE si rinviene all’interno del titolo III del d.lgs. n. 152 del 2006: segnatamente, l’art. 234 prevede, al primo comma, che a l fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE destinati allo smaltimento, è istituito il RAGIONE_SOCIALE, esclusi gli imballaggi di cui all’art. 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i RAGIONE_SOCIALE, ed i relativi RAGIONE_SOCIALE, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b)
e c), e 231 . E’ evidente, pertanto , che il RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE abbiano competenza alternative con riguardo a detta tipologia di RAGIONE_SOCIALE: per quel che qui interessa l’art. 234 sottrae al le attività di raccolta e di trattamento del RAGIONE_SOCIALE, per il quale è stato istituito il RAGIONE_SOCIALE, l’imballaggio riutilizzabile di cui all’art. art. 218, lett. e), nel testo vigente ratione temporis , il quale è definito dal detto articolo come « imballaggio o componente di imballaggio che è stato concepito e progettato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita un numero minimo di viaggi o rotazioni all’interno di un circuito di riutilizzo ».
Ciò posto, sostengono i consorzi ricorrenti che la Corte di merito avrebbe dato della richiamata norma nazionale una interpretazione contrastante con la dir. 94/62/CE.
Tale affermazione non può essere condivisa.
L’art. 3 , n. 5), della direttiva in parola definisce il « riutilizzo » come « qualsiasi operazione nella quale l’imballaggio concepito e progettato per potere compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni, è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento dell’imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato ».
Emerge, così, che la norma nazionale di recepimento su cui ha concentrato la propria attenzione la Corte d’Appello ─ norma , vertente, come si è visto, sull’essere il prodotto da imballaggio studiato per sopportare « un numero minimo di viaggi o rotazioni all’interno di un circuito di riutilizzo » ─ risulta pienamente conforme all’indicazione della direttiva. L’una e l’altra ancorano il concetto di « riutilizzo » alla rapidità del ciclo di esaurimento di funzionalità del bene, appunto segnato dal « numero minimo di spostamenti o rotazioni » o ─ ed è lo stesso ─ al « numero minimo di viaggi o rotazioni ».
Entrambe le norme fanno riferimento a prodotti quali, ad
esempio, i sacchetti di plastica venduti o offerti gratuitamente nei negozi (i quali rientrano nella nozione di imballaggi secondo quanto chiarito, in passato, da Corte giust. CE 29 aprile 2004, C-341/01 RAGIONE_SOCIALE ), e non, invece, a RAGIONE_SOCIALE che sono suscettibili di un uso pluriennale, per un numero indefinito di volte (connotazione, questa che, in RAGIONE_SOCIALE all’accertamento di fatto del Giudice del merito , qui non sindacabile, deve ritenersi propria dei contenitori per cui è causa).
Argomenti di segno contrario, sul piano interpretativo, non possono del resto trarsi dalla dir. (UE) 2018/852, dal momento che essa, al pari della disciplina nazionale di recepimento, non regola la presente fattispecie. Ove pure la richiamata direttiva marchi, con gli elementi di novità tratteggiati dai ricorrenti, la discontinuità esistente tra il vecchio e il nuovo quadro normativo, ciò risulterebbe privo di rilievo, visto che, in termini generali, « ove non sia il legislatore stesso a disporre in via retr oattiva – e ciò può avvenire espressamente (anche tramite norma di interpretazione autentica) ovvero implicitamente (la retroattività essendo anche desumibile, se inequivocabile, in via interpretativa dalla disposizione interessata) -, un tale potere non è esercitabile dal giudice, neppure per il tramite del procedimento analogico, essendo l’efficacia temporale della fonte disponibile solo per il legislatore e pure per esso in termini tali da non poterne fare uso arbitrario » (Cass. Sez. U. 28 gennaio 2021, n. 2061, in motivazione).
4 . ─ Coi tre motivi di ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE ripropone tre questioni di cui la Corte d’Appello non si è occupata, ritenendole implicitamente assorbite: una è relativa alla prescrizione quinquennale del diritto alla riscossione dei contributi ambientali, la seconda concerne le richieste istruttorie formulate dal RAGIONE_SOCIALE, mentre la terza verte sulla riproposizione della domanda di manleva della ricorrente incidentale.
Indipendentemente da ogni ulteriore considerazione in merito i tre mezzi di censura, questi sono da dichiararsi assorbiti in quanto il ricorso incidentale risulta essere condizionato.
5 . ─ Il ricorso principale è dunque respinto, mentre quello incidentale resta assorbito.
6 . ─ Le spese d el giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna delle due controricorrenti, in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione