Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10995 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10995 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30075-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
Oggetto
R.G.N. 30075/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 25/02/2025
CC
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 155/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 15/04/2019 R.G.N. 201/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 30075/19
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 15.4.2019 n. 155, la Corte d’appello di Caltanissetta rigettava, in sede di rinvio, l’appello principale proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Caltanissetta che aveva par zialmente respinto l’opposizione promossa da quest’ultima società nei confronti del verbale di accertamento ispettivo dell’Inps del 12.6.2002, con il quale la medesima società censurava l’accertamento, da parte dell’Istituto previdenziale, di una serie di illeciti contributivi.
Il tribunale confermava, in parte, l’accertamento ispettivo relativamente ai contributi dovuti sulle somme costituenti debiti verso il personale a titolo di retribuzioni arretrate per gli anni 1999 e 2000, pari a £ 881.290.368, somme iscritte nel bilancio della cooperativa (punto 3) e sul mancato versamento dei contributi sulle somme erogate e qualificate come indennità di trasferta (punto 5), mentre annullava il verbale di accertamento in relazione alle restanti contestazioni.
La Corte d’appello, da parte sua, confermava la sentenza di primo grado, respingendo sia l’appello principale della società datrice, sia l’appello incidentale dell’Inps.
La Corte di Cassazione accoglieva il primo motivo di ricorso della società RAGIONE_SOCIALE assorbiti gli altri, in merito alla nullità della sentenza d’appello, per difetto di sottoscrizione della stessa da parte del Presidente del Collegio (essendo stata
sottoscritta dal solo relatore) e disponendo conseguenzialmente la rinnovazione del giudizio (trattandosi di nullità sanabile), sempre in grado di appello.
Stante quanto sopra, le parti riassumevano il giudizio davanti alla Corte d’appello di Firenze in sede di rinvio, la quale confermava integralmente il primo giudizio d’appello, rigettando l’appello principale della società RAGIONE_SOCIALE (in riferimento ai punti 3 e 5 del verbale ispettivo, che erano stati confermati fin dal primo grado, come già sopra illustrato) e l’appello incidentale dell’Inps (sui restanti punti del medesimo verbale).
Avverso la sentenza della Corte d’appello, resa in sede di rinvio, la società RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di cinque motivi, mentre l’Inps resiste con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza, per violazione degli artt. 392 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché la RAGIONE_SOCIALE (per la quale l’Inps si è costituita qua le mandataria, nel giudizio di rinvio e nel presente giudizio di cassazione) non era stata parte nell’originario grado di appello e nel precedente giudizio di cassazione, quindi, non poteva partecipare al giudizio di rinvio, trattandosi di giudizio chiuso, al quale possono partecipare, ai sensi dell’art. 394 c.p.c., soltanto coloro che presero parte al giudizio di merito e a quello di annullamento definito in cassazione. Ad avviso del ricorrente, la sentenza deve quindi essere annullata, nella parte in cui la Corte d’appello, in sede di rinvio, non ha rilevato d’ufficio il difetto di
legittimazione passiva della stessa RAGIONE_SOCIALE essendo, come detto, intervenuta solo nel giudizio di rinvio, al quale non poteva partecipare.
Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2 comma 3 del RD n. 1422/24, dell’art. 12 della legge n. 153/69 e dell’art. 1 comma 3 e dell’art. 4 della legge n. 142/01, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello di Caltanissetta aveva respinto il ricorso, ritenendo che l’obbligo di corrispondere i contributi previdenziali per i soci della cooperativa scaturisse quale effetto automatico dell’esistenza del rapporto sociale e non, invece, come ritenuto dalla società ricorrente, come conseguenza dell’effettivo accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro concretamente instaurato.
Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 comma 1 ( rectius 2) n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., poichè la motivazione dedotta a fondamento del rigetto sarebbe apparente, perché contraddittoria, in quanto avrebbe affermato in un primo momento che l’obbligo della cooperativa di versare i contributi all’Inps sorge nel momento in cui il datore di lavoro è obbligato a corrispondere al lavoratore l’ulteriore trattamento economico rispetto ai minimali e dall’altro, che se anche la cooperativa avesse potuto rifiutare il pagamento ai propri soci dei compensi e utili per le prestazioni di lavoro straordinario rese dai medesimi, per difficoltà di mercato o di carattere economico, ciò non avrebbe inciso in alcun modo sull’obbligo contributivo della cooperativa stessa, nei confronti dell’Inps.
Con il quarto motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 45 Cost., dell’art. 2511 c.c., dell’art. 12 della legge n. 153/69 e dell’art. 1 del DL n. 338/89 e dell’art. 4 della legge n. 142/01, i n relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello non aveva considerato che il trattamento ordinario corrisposto ai soci costituisce una ‘utilità’ che il socio consegue nell’adempimento del contratto sociale e non è u na retribuzione in senso tecnico; inoltre, la cooperativa ha uno scopo mutualistico che viene perseguito con la prestazione da parte dei soci delle personali attività di lavoro, la stessa non ha fini di lucro e non assume, rispetto ai soci lavoratori, la posizione tipica del datore di lavoro, con la conseguenza che dal rapporto sociale che nasce con l’adesione ad essa, non derivano tutti i diritti propri del lavoratore subordinato: pertanto, l’utilità che il socio consegue dall’adempimento del contratto soc iale non costituisce retribuzione. Ciò premesso, ad avviso della società ricorrente, la sentenza è viziata per violazione delle norme di cui in rubrica, nella parte in cui la Corte aveva ritenuto che, nonostante la RAGIONE_SOCIALE avesse potuto legittimamente rifiutare il pagamento ai propri soci dei ‘compensi ulteriori’, rispetto ai minimi contrattuali in relazione ai quali era stata pretesa la maggiore contribuzione, avrebbe dovuto, in ogni caso, corrispondere i contributi previdenziali.
Con il quinto motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2 comma 3 del RD n. 1422/24, dell’art. 12 della legge n. 153/69, dell’art. 1 del DL n. 338/89 e degli artt. 3, 4 e 6 della legge n. 142/01, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere, alla luce delle norme di cui alla rubrica, che i trattamenti aggiuntivi ulteriori rispetto ai
minimi contrattuali che non erano stati erogati non avrebbero potuto far sorgere alcun obbligo contributivo e non avrebbero dovuto essere inclusi nella base di computo dell’imponibile.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, poiché, oltre che formulata per la prima volta nel presente giudizio di legittimità, non assume carattere decisivo e la società ricorrente non ha nessun interesse a sollevarla, non essendo contestato che il legittimo contraddittore, cioè l’Inps, sia stato correttamente evocato in giudizio.
Il secondo e quarto motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono fondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte ‘Il riconoscimento, in favore dei soci di cooperative, di una tutela previdenziale assimilabile a quella propria dei lavoratori subordinati, con il corrispondente obbligo della società, presuppone che venga accertato dal giudice di merito che il lavoro svolto dai soci sia prestato in maniera continuativa e non saltuaria e non si atteggi come prestazione di lavoro autonomo, non comportando l’assoggettamento a contribuzione della società l’automatica configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato tra questa e il socio’ (Cass. n. 16356/16, 13934/15)
La predetta pronuncia Cass. n. 16356 cit., richiamando la sentenza a sezioni unite di questa Corte n. 13967/04 (ribadita da Cass. n. 13934/15), ha superato le pronunce di segno opposto, tra cui Cass. n. 10543/08 e n. 164/09, secondo cui le società cooperative, in virtù dell’art. 2 comma 3 del RD n. 1422/24 (in riferimento al regime anteriore all’entrata in vigore della legge n. 142/01) sono da considerare ai fini previdenziali come datrici di lavoro rispetto ai soci assegnati a lavori dalle stesse assunti, con la conseguenza dell’assoggettamento a contribuzione previdenziale presso la gestione lavoratori
dipendenti, dei compensi da esse corrisposti ai propri soci che abbiano svolto attività lavorativa, indipendentemente dalla sussistenza degli estremi della subordinazione e del fatto che la cooperativa medesima svolga attività per conto proprio o di terzi.
Questo orientamento è stato superato, come detto da Cass. n. 16356 cit. ed a esso va data continuità; nella specie, pertanto, la Corte d’appello ha omesso ogni accertamento sul lavoro svolto dai soci, se fosse continuativo o saltuario e se avesse natura di lavoro autonomo, ovvero subordinato, ovvero si trattasse di una collaborazione continuata e continuativa.
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la reale statuizione della Corte d’appello , volta ad affermare il principio di competenza nella corresponsione della contribuzione, nel senso che se anche i compensi ai soci non fossero stati erogati da parte della cooperativa, tuttavia, la contribuzione era comunque dovuta al momento del maturare delle competenze e degli emolumenti in favore dei soci stessi: da qui, nessuna contraddittorietà della motivazione, ben al di sopra del ‘minimo costituzionale’.
Alla luce della disamina dei superiori motivi di ricorso, il quinto motivo di ricorso può ritenersi assorbito.
In accoglimento del secondo e quarto motivo, rigettato il terzo, dichiarato inammissibile il primo e ritenuto assorbito il quinto, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Caltanissetta, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il secondo e quarto motivo, rigetta il terzo, dichiara inammissibile il primo e assorbe il quinto.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25. 2.25.