Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15439 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15439 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17150/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
ASSESSORATO REGIONALE RAGIONE_SOCIALE‘ REGIONE SICILIANA , in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliato ope legis in ROMA INDIRIZZO
Oggetto: Pubblica amministrazione -Trasporto pubblico locale -Contributi previsti ex art. 1, D.L. n. 16/2005 ed art. 1, comma 1230, Legge n. 296/2006 -Erogazione – Presupposti
R.G.N. 17150/2021
Ud. 30/05/2025 CC
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2200/2020 depositata il 17/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 30/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2200/2020, pubblicata in data 17 dicembre 2020 , la Corte d’appello di Catania, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha accolto l’appello proposto da ASSESSORATO REGIONALE DELLE RAGIONE_SOCIALE SICILIANA avverso l’ordinanza ex art. 702ter c.p.c. del Tribunale di Catania del 25 marzo 2019, e, per l’effetto, ha respinto la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE
Quest’ultima esercente attività di trasporto pubblico locale di persone nella Regione Sicilia, in virtù di contratto di affidamento in attuazione della Legge regionale n. 19/2005 -aveva lamentato l’omessa erogazione da parte della REGIONE SICILIA dei contributi previsti dal D.L. n. 16/2005 e dall’art. 1, comma 1230, Legge n. 296/2006 al fine di assicurare il rinnovo del primo e secondo biennio del CCNL RAGIONE_SOCIALE 2004/2007 applicato ai dipendenti della stessa impresa ed aveva quindi chiesto la condanna dello stesso ASSESSORATO REGIONALE DELLE RAGIONE_SOCIALE E DELLA RAGIONE_SOCIALE‘ REGIONE SICILIANA alla corresponsione della somma di € 104.454,90 .
Costituitosi regolarmente l’ ASSESSORATO REGIONALE DELLE INFRASTRUTTURE E DELLA MOBILITA’ REGIONE SICILIANA -deducendo di avere già provveduto al versamento dei contributi per gli anni 2012 e 2013 e di non poter provvedere agli ulteriori versamenti, necessitando del previo trasferimento delle risorse da parte dello Stato -il Tribunale di Catania aveva accolto la domanda.
La Corte d’appello ha ritenuto fondati entrambi i motivi di gravame dedotti dall’ ASSESSORATO.
In primo luogo, infatti, la Corte territoriale ha affermato che il pagamento del contributo da parte della Regione è subordinato all’espletamento di un procedimento amministrativo la cui disciplina è contenuta nelle leggi istitutive del contributo stesso e cioè sia l’art. 1, D.L. n. 16/2005 (conv. con Legge n. 58/2005) sia l’art. 1, comma 1230, Legge n. 296/2006 -emergendo dall’esame delle previsioni che le risorse per l’erogazione dei contributi vengono assegnate alle Regioni con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e che, in assenza di tale decreto, le Regioni non possono procedere all’erogazione di contributi.
La Corte d’appello, quindi, ha concluso che, in assenza di prova dell’adozione dei decreti di trasferimento delle somme, non poteva ritenersi sussistente alcun inadempimento dell’appellante.
La Corte d’appello ha escluso ulteriormente che l’esigibilità immediata dei contributi potesse essere desunta dall’art. 16, Legge n. 223/2006, sia perché non vi era prova della ricomprensione della REGIONE SICILIA nell’elenco di individuazione cui la previsione fa riferimento, sia perché la norma è riferita solo a parte delle risorse necessarie per il pagamento del contributo, sia perché la stessa non ha comunque eliminato la previsione di assegnazione delle risorse con
decreto ministeriale sulla base della consistenza del personale in servizio, risultando quindi tale decreto necessario.
In secondo luogo, la Corte ha ritenuto fondato anche il motivo di gravame col quale si contestava che l’obbligo di pagamento immediato venisse a discendere dalle previsioni del contratto concluso tra le parti, in quanto ha osservato che l’art. 9 del contratto -richiamato sul punto -concerneva unicamente il corrispettivo spettante all’azienda per lo svolgimento del servizio di trasporto pubblico e locale a carattere regionale e non anche le somme statali extracontrattuali previste dal D.L. n. 16/2005 e dalla Legge n. 296/2006.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania, ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso ASSESSORATO REGIONALE DELLE INFRASTRUTTURE E DELLA MOBILITA’ REGIONE SICILIANA.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 345 c.p.c.
Argomenta la ricorrente che l’odierna controricorrente solo in sede di appello avrebbe dedotto il profilo della subordinazione dei contributi allo svolgimento di un preciso iter procedimentale, essendosi limitata nel giudizio di prime cure a dedurre che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non aveva ancora stabilito ed assegnato le risorse da trasferire alle Regioni.
Deduce, quindi, che la Corte d’appello, sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 345 c.p.c., accogliendo un’eccezione nuova non rilevabil e d’ufficio.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce la ‘violazione dell’art.702 quater c.p.c. in relazione all’art.360, comma I, n. 3 c.p.c., per la mancata ammissione della prova indispensabile e dell’art.345 c.p.c. perché documenti di formazione successiva all’atto dl appello ed alla costituzione in giudizio sempre in relazione all’art.360, comma I, n.3 c.p.c.’ .
Si censura la decisione impugnata per non aver consentito la produzione di documenti conseguiti dalla ricorrente presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti solo in data 26 giugno 2020, evidenziando che la necessità di acquisire i documenti medesimi era scaturita solo all’esito delle difese dell’odierna controricorrente.
Si deduce, in sintesi, che la documentazione era ammissibile sia perché di formazione successiva al giudizio di primo grado sia perché ‘recuperato immediatamente dopo la pandemia’ sia perché ‘prova indispensabile a dimostrare ciò che l’Ente regionale, consapevole dei propri inescusabili ritardi aveva nascosto in violazione con i principi generali che regolano l’azione della P.A., quasi addossando la colpa al Ministero per i ritardi, ovverosia la prova dell’avvenuto stanziamento in bilancio delle somme per gli anni 2014, 2015 e 2016 da parte dello Stato per coprire gli oneri finanziari delle leggi 58/2005 e 296/2006’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 17bis, Legge n. 241/1990.
Argomenta, in particolare, il ricorso che ‘le leggi di riferimento non prevedono, in nessuna parte, la procedura amministrativa illustrata dalle Amministrazioni oggi resistenti’ le quali non avrebbero
dato prova dell’esistenza di un atto normativo di secondo grado che venga a regolare la procedura di erogazione delle risorse, con la conseguenza che dovrebbe trovare applicazione unicamente la Legge n. 241/1990.
Conclude la ricorrente affermando che ‘ Il diritto soggettivo alla percezione del finanziamento pubblico di cui alle leggi nn. 58/2005 e 296/2006 sorge con la legge istitutiva e, da quale momento anno per anno, per il solo fatto di mantenere la qualità di soggetto che esercita il servizio pubblico di trasporto, tant’è che in capo alla P.A. regionale residua soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid. il quomodo dell’erogazione ‘ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce ‘ violazione e falsa applicazione dell’art.9 del contratto dl affidamento del 2.10.2007 in relazione all’art.360, comma 1, numero e 3 e omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art.360, comma 1, n.5 c.p.c. ‘ .
Il motivo viene così sviluppato:
‘ A pag. 15 della comparsa di costituzione in appello fu chiarito alla Corte che il contratto di affidamento era stato citato solo per dimostrare che “la società appartiene alla platea dei beneficiari del contributo pubblico.., mentre i contratti attestano solamente che la società rientra tra i beneficiari del contributo in quanto attestano lo svolgimento del servizio pubblico…e conseguentemente l’applicazione ai dipendenti della Contrattazione Collettiva per gli autoferrotranvieri 2004-2007 (pag. 15 della comparsa di costituzione in appello).
In seno alla sentenza non vi è alcun cenno e neppure riferimento a tale fatto, il Collegio territoriale di Catania senza neppure esaminare le articolate difese della società aderendo apoditticamente all’errore
commesso dall’Ente appellante ha accolto il secondo motivo di appello su quello che non era una capo di sentenza ma una semplice constatazione del Magistrato di primo grado che rilevava che la società svolgeva e svolge servizi mediante contratto a titolo oneroso ‘ .
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, D.L. n. 16/2005 (conv. con Legge n. 58/2005), e 1, comma 1230, Legge n. 296/2006.
La società ricorrente sottolinea la natura di diritto soggettivo della propria pretesa ed evidenzia che il diritto all’erogazione dei contributi ex D.L. n. 16/2005 e Legge n. 296/2006 matura annualmente essendo alla p.A: demandato unicamente il controllo in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge, senza che invece sia richiesto un atto di natura amministrativa e senza che la p.A. eserciti un potere discrezionale.
Deduce, quindi, la ricorrente che ‘ è irrilevante l’eventuale trasferimento dei fondi da parte del Ministero competente o la quantificazione delle somme da parte dell’Ente, in quanto la Regione è tenuta ex lege 58/2005 e 296/2006 ad anticipare le somme, salvo poi eventuali compensazioni o conguagli da contabilizzare nel successivo anno di riferimento ‘ .
Il primo motivo è inammissibile e comunque infondato.
Inammissibile perché la riproduzione delle difese svolte dall’odierno controricorrente nel giudizio di prime cure risulta assolutamente insufficiente e quindi inidonea a rispettare il canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., riducendosi il richiamo della ricorrente a tali difese ad un minimo frammento, del tutto carente.
Infondato, in quanto il profilo che la ricorrente sostiene essere stato dedotto ex novo in sede di appello non costituisce -come si
vedrà anche meglio in sede di esame del terzo e quinto motivo -una eccezione -per tale dovendosi comunque intendere un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto dedotto in giudizio bensì una mera difesa, avendo l’odierna controricorrente contestato la sussistenza di un elemento costitutivo della domanda, in tal modo limitandosi a negare la sussistenza o la fondatezza della pretesa avversaria (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 8525 del 06/05/2020; Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 14515 del 28/05/2019; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23796 del 01/10/2018).
3. Il secondo motivo è infondato.
Dal momento che la decisione di prime cure è stata depositata nel 2019 a definizione di un ricorso depositato nel 2017, nel grado di appello trovava applicazione l’art. 345, terzo comma, c.p.c., nella versione risultante dalle modifiche apportate con D.L. n. 83/2012, conv. con modif. dalla Legge. n. 134/2012 (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21606 del 28/07/2021; Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 6590 del 14/03/2017), con la conseguenza che la produzione di nuovi documenti sarebbe stata consentita solo dopo aver accertato l’impossibilità di procedere al tempestivo deposito dei documenti medesimi nel giudizio di primo grado, per causa non imputabile alla parte, restando a tal fine ininfluente l’indispensabilità del documento ai fini del decidere (Cass. Sez. 1 -Ordinanza n. 16289 del 12/06/2024; Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 26522 del 09/11/2017).
Operata tale premessa , l’infondatezza del motivo deriva da una duplice considerazione.
La prima considerazione si ricollega a quanto già osservato in relazione al primo motivo, e cioè il fatto che le deduzioni che l’odierna controricorrente avrebbe svolto solo in sede di appello costituivano comunque mere difese, traducendosi nella contestazione in ordine
alla sussistenza di uno degli elementi costitutivi dell’odierna ricorrente.
Da ciò deriva, allora, l’evidente info ndatezza della tesi della ricorrente per cui le esigenze di produzione documentale erano sorte solo all’esito delle difese svolte dalla controricorrente: trattandosi, anzi, di documentazione che atteneva alla prova di uno degli elementi costitutivi della domanda, detta documentazione avrebbe dovuo essere prodotta sin dal giudizio di primo grado -come correttamente rilevato dalla Corte territoriale – e non solo nel corso del giudizio di appello, operando il principio per cui nel giudizio di appello non è ammissibile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., la produzione di documenti che, ancorché formati successivamente, rappresentano fatti già esistenti all’epoca del giudizio di primo grado e che avrebbero potuto essere formati in precedenza e tempestivamente prodotti (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 21080 del 27/07/2024., ma si vedano anche Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 29506 del 24/10/2023 e Cass. Cass. Sez. 3 Sentenza n. 26522 del 09/11/2017).
Si deve invero conferire il giusto rilievo ad una circostanza evidenziata nella decisione impugnata, e cioè che le istanze di accesso agli atti da cui sarebbe scaturita la documentazione sono state formulate quando il giudizio di appello risultava ormai pendente da circa un anno ed era anzi già stata fissata udienza di precisazione delle conclusioni , emergendo da tale circostanza l’assoluta inconsistenza delle deduzioni svolte dalla ricorrente in ordine all’incidenza che su tale profilo avrebbe avuto l’emergenza pandemica insorta nel 2020.
La seconda considerazione si viene a ricollegare a tale ultimo profilo e concerne l’evidente tardività dell’istanza formulata dall’odierna ricorrente, nel momento in cui la stessa ha provveduto
alla produzione documentale non in sede di costituzione in appello ma nell’udienza di precisazione delle conclusioni .
Questa Corte, infatti, già in relazione all’art. 345 c.p.c. nella formulazione risultante dalle modicihe apportate dall’art. 52, Legge n. 353/1990, aveva chiarito che la facoltà di produrre nuovi documenti in appello risultava comunque subordinata al rispetto dell’onere di produzione dei medesimi in sede di costituzione nel giudizio di appello, e non nel corso dello stesso, come peraltro prescritto, a pena di decadenza, dal codice di rito, trovando applicazione il disposto di cui agli artt. 163 e 166 c.p.c., richiamati dagli artt. 342, primo comma e 347, primo comma, c.p.c., tenuto conto dell’esigenza di concentrare le attività assertive e probatorie nella fase iniziale del procedimento (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12731 del 10/06/2011; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6528 del 02/04/2004; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5463 del 16/04/2002).
Tale principio deve trovare applicazione anche nella vigenza della formulazione dell’art. 345 c.p.c. come risultante dalle modifiche apportate con D.L. n. 83/2012 (conv. con modif. dalla Legge. n. 134/2012), considerato il regime più restrittivo da essa dettato ed in particolare l’ammissibilità dei soli documenti che non sia stato possibile produrre in primo grado per causa non imputabile alla parte, risultando in tal modo l’evidente infondatezza della doglianza della ricorrente, riferità com’è ad una produzione documentale che concerneva profili attinenti agli stessi elementi costitutivi della domanda ed è avvenuta quando le preclusioni operanti nel giudizio di appello erano già maturate.
Appare a questo punto opportuno procedere all’esame congiunto del terzo e del quinto motivo, in quanto connessi.
I motivi vanno disattesi.
La pretesa originariamente azionata dall’odierna ricorrente si viene a basare sia sull’art. 1, D.L. n. 16/ 2005 (‘ Interventi urgenti per la tutela dell’ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica ‘), conv. con modific. dalla Legge n. 58/2005, sia sull’art. 1, comma 1230, Legge n. 296/2006 (‘ Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ‘ ).
La prima norma prevede al comma 2 che ‘Al fine di assicurare il rinnovo del primo biennio del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale, è autorizzata la spesa di 260 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2005; al conseguente onere si provvede, quanto a 200 milioni di euro annui, con quota parte delle maggiori entrate derivanti dal comma 9 e, quanto a 60 milioni di euro annui, con riduzione dei trasferimenti erariali attribuiti dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato a qualsiasi titolo assegnati a ciascun ente territoriale interessato sulla base del riparto stabilito con il decreto di cui al comma 3’ mentre al succesivo comma 3 puntualizza che ‘Le risorse di cui al comma 2 sono assegnate alle regioni con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Le risorse sono attribuite con riferimento alla consistenza del personale in servizio alla data del 30 novembre 2004 presso le aziende di trasporto pubblico locale e presso le aziende ferroviarie, limitatamente a quelle che applicano il contratto autoferrotranvieri di cui all’articolo 23 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47. Le spese sostenute dagli enti territoriali per la
corresponsione alle aziende degli importi assegnati sono escluse dal patto di stabilità interno ‘ .
La seconda previsione, invece, stabilisce che ‘Al fine di garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per il rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale, a decorrere dall’anno 2007 è autorizzata la spesa di 190 milioni di euro. Le risorse di cui al presente comma sono assegnate alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Le risorse sono attribuite con riferimento alla consistenza del personale in servizio alla data del 30 ottobre 2006 presso le aziende di trasporto pubblico locale e presso le aziende ferroviarie, limitatamente a quelle che applicano il contratto autoferrotranvieri di cui all’articolo 23 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47. Le spese sostenute dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano per la corresponsione alle aziende degli importi assegnati sono escluse dal patto di stabilità interno ‘ .
Così richiamato il quadro normativo, è da ritenere che lo stesso venga a delineare un sistema che prevede l’attribuzione alle Regioni da parte dello Stato delle risorse necessarie a finanziare il rinnovo del CCNL 2004-2007 ed il conseguente impiego di tali risorse da parte delle Regioni per procedere al finanziamento del rinnovo del CCNL.
Alla luce di tale meccanismo -che prevede un primo rapporto tra Stato e Regioni ed un secondo rapporto tra la Regione ed i contraenti del CCNL -appare evidente che la pretesa degli operatori nel settore
del trasporto pubblico locale di ottenere l’impiego da parte delle Regioni del (co)finanziamento del rinnovo del CCNL in tanto può ritenersi sussistente in quanto sia avvenuta la previa erogazione delle risorse medesime alle Regioni da parte dello Stato.
Il tema, cioè, non è -come invece ritenuto dalla ricorrente quello di affermare o meno la natura di diritto soggettivo delle pretese degli operatori come l’odierna ricorrente pur essendo evidente che alla qualificazione della posizione soggettiva come diritto si viene a ricollegare anche la giurisdizione del giudice ordinario -quanto quello di constatare che la pretesa medesima, in quanto attinente al rapporto Azienda-Regione, risulta in ogni caso condizionata alla previa erogazione del contributo da parte dello Stato alla Regione, nel rapporto che concerne questi Enti.
Le previsioni invocate dall’odierna ricorrente, quindi, non attribuiscono direttamente agli operatori del TPL una pretesa da far valere incondizionatamente nei confronti delle Regioni, ma delineano un sistema di trasferimento di risorse dallo Stato alle Regioni che quindi viene inevitabilmente a condizionare la disponibilità economica di queste ultime e, di riflesso, la sussistenza della pretesa degli operatori del TPL.
Del resto -come correttamente osservato nella decisione impugnata – il sistema di (co)finanziamento in tal modo delineato si viene a basare anche su una fase procedurale (art. 1, comma 3, 1, D.L. n. 16/2005) che contempla l’adozione di un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sulla scorta, peraltro della determinazione della consistenza del personale in servizio ad una certa data presso le TPL.
Sono, quindi, le stesse fonti normative a prevedere che l’attribuzione del (co)finanziamento alle Regioni non è automatica ma presuppone che il Ministero competente venga a determinare con il riparto delle risorse tra le Regioni -peraltro sulla base della consistenza del personale in servizio ad una certa data e con riferimento esclusivo alle aziende che applicano il CCNL autoferrotramvieri di cui al D.L. n. 355/2003 (conv. con mod con L. n. 47/2004) -con successivo trasferimento delle risorse alle singole Regioni.
Tale fase procedurale costituisce vero e proprio presupposto per l’erogazione delle risorse statali, venendo quindi a condizionare la disponibilità economica -e cioè la possibilità di stanziare in bilancio le somme – in capo alle Regioni e -di riflesso -la fondatezza della pretesa di imprese come l’odierna ricorrente.
Non si tratta, quindi, di operare una distinzione tra la fase di attribuzione del beneficio e la successiva fase di erogazione del contributo nell’ambito del medesimo rapporto tra Ente e privato come dedotto dalla ricorrente, richiamando precedenti decisioni di questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12372 del 16/05/2008) -in quanto nel caso in esame vegono in rilievo due distinti rapporti, e cioè quello tra lo Stato e le Regioni, da una parte, e quello tra le Regioni e le imprese operanti nel TPL, dall’altro, sicchè mentre è in relazione al primo che l’erogazione del (co)finanziamento postula una fase procedurale rilevante ai fini del riconoscimento sia dell’ an sia del quantum del (co)finanziamento alla Regione quale diretta interessata -in relazione al secondo la definitiva attribuzione del (co)finanziamento da parte dello Stato alla Regione si pone come elemento presupposto che viene a condizionare la pretesa dell’impresa verso la Regione .
In conclusione si deve ritenere che la pretesa delle imprese operanti nel settore del trasporto pubblico locale ad ottenere dalle Regioni la corresponsione dei contributi per il rinnovo del CCNL previsti dagli artt. 1, D.L. n. 16/2005 (conv. con modific. dalla Legge n. 58/2005) e 1, comma 1230, Legge n. 296/2006, è subordinata alla previa erogazione del (co)finanziamento da parte dello Stato alle Regioni e non può ritenersi sussistente in assenza di tale erogazione.
5. Il quarto motivo è inammissibile.
Le telegrafiche considerazioni del motivo si collocano, in primo luogo, al di fuori dell’ambito di corretta deduzione dell’ipotesi di cui all’art. 3 c.p.c., la quale postula – a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c. – non solo l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 Sentenza n. 24298 del 29/11/2016), dovendo quindi il ricorrente indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo (Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020).
In secondo luogo, il motivo si colloca anche al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c., dal momento che quest’ultima secondo i principi fisati da questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n.
8053 del 07/04/2014; Cass. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 25216 del 27/11/2014; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 9253 del 11/04/2017) – deve essere riferita ad un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, con consgeuente estraneità alla fattispecie della mancata analisi di questioni o argomentazioni (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017), laddove ad essere -genericamente – denunciato nella specie è proprio l’omesso esame di una mera argomentazione.
Il motivo, del resto, neppure si confronta concretamente con quella che, sul punto, è la ratio decidendi , avendo la Corte d’appello bensì esaminato la previsione contrattuale, escludendone tuttavia la rilevanza in quanto riferita al diverso profilo del corrispettivo contrattuale per le prestazioni svolte e non anche alla distinta tematica del contributo per il rinnovo del CCNL.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause
originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso.
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 3.500,00, oltre spese eventualmente prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima