Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15441 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15441 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6763/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO
Oggetto: Pubblica amministrazione – Concessioni linee autotrasporto – Contributi compensativi
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 30/05/2025 CC
INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE COMUNE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE COMUNE DI RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza della CORTE APPELLO MILANO, n. 2579/2021, depositata in data 07/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 30/05/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2579/2021, pubblicata in data 7 settembre 2021, la Corte d’appello di Milano, nella regolare costituzione dell ‘ appellata RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) -e nella contumacia degli appellati RAGIONE_SOCIALE, COMUNE RAGIONE_SOCIALE, COMUNE RAGIONE_SOCIALE – ha accolto il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 2838/2019, pubblicata in data 22 marzo 2019 e, per l’effetto, ha respinto la domanda proposta originariamente dalla RAGIONE_SOCIALE.
Quest’ultima, gestore in forza di rapporto di concessione amministrativa di una serie di linee di trasporto pubblico nella provincia di Lodi e nell’area urbana del Comune di Casalpusterlengo , aveva chiesto di accertare e dichiarare l’illegittimità del decreto dirigenziale n. 6490 del 19.7.2012 della Regione Lombardia – con il quale erano stati determinati i contributi compensativi per l’anno
2011 operando una riduzione del 7% – e quindi di condannare la stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione della differenza non percepita, pari (a seguito di riduzione in corso di causa) ad € 380.007,88.
Costituitasi la sola RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Milano aveva accolto la domanda.
Nell’accogliere il gravame, la Corte territoriale ha, in primo luogo, esaminato le fonti normative e giurisprudenziali eurounitarie -il Reg. CE n. 1370/2007 e la sentenza della Corte di giustizia UE 24 luglio 2003, causa C-280/00 Altmark -giungendo alla conclusione per cui le stesse non vengono a determinare l’entità minima della compensazione che l’Autorità Pubblica è obbligata a corrispondere all’operatore al quale siano imposti o col quale siano stati stipulati obblighi di servizio pubblico nel settore del trasporto pubblico di passeggeri, regolando semmai tali fonti l’entità massima di tale compensazione -individuata nel cd. ‘importo finanziario netto’ -onde evitare che la stessa venga ad integrare un’ipotesi non consentita di aiuti di Stato.
La Corte ambrosiana ha quindi esaminato le fonti normative nazionali -Legge n. 151/1981 e D. Lgs. n. 422/1997 -giungendo alla conclusione per cui anche in questo caso la disciplina non stabilisce l’entità del contributo, limitandosi in particolare la Legge n. 151/1981 a stabilire che: 1) il contributo da attribuire all’operatore deve avere l’obiettivo di coprire la differenza tra il costo economico del servizio standardizzato in riferimento a criteri di efficiente gestione e i ricavi presunti del traffico, che coprano in misura prefissata il costo effettivo; 2) l’ammontare complessivo dei contributi così calcolati deve rimanere entro i limiti della stanziamento regionale, il quale, a propria volta, deve essere almeno pari alla quota
del RAGIONE_SOCIALE trasferita alla Regione; 3) le eventuali perdite o disavanzi non coperti dai contributi regionali devono restare a carico dell’impresa che esercita il servizio.
Esaminata poi la disciplina regionale -e cioè la Legge Regionale n. 11/2009 -la Corte territoriale è pervenuta a similare conclusione, affermando, quindi, che le fonti invocate dalla RAGIONE_SOCIALE non stabiliscono l’entità della compensazione, spettante all’operatore del servizio di trasporto pubblico, ma individuano unicamente dei criteri che devono essere tenuti in considerazione al fine di determinare tale compensazione.
La Corte d’appello, infine, ha evidenziato che dalla consulenza tecnica, disposta in primo grado, era emerso che la società di trasporti, con un’azione di efficientamento, aveva registrato un calo dei costi nell’esercizio 2011, rispetto all’esercizio 2010, pari ad € 259.790,90, ed aveva altresì percepito, a titolo di contribuito statale destinato all’implementazione del servizio di trasporto pubblico locale svolto, l’ulteriore somma di € 112.363,75.
La Corte ambrosiana ha quindi concluso che la riduzione del contribuito regionale -pari ad € 380.007,88 -risultava ‘più che compensata dal predetto calo dei costi di produzione del servizio intervenuto nel 2011 rispetto ai costi sopportati dall’odierna appellata nel 2010, nonché dall’ulteriore contributo pubblico, seppur di fonte statale e non regionale, percepito dalla RAGIONE_SOCIALE nel medesimo anno’ , risultando conseguentemente salvaguardato l’equilibrio economico -finanziario del bilancio dell’impresa.
La decisione impugnata ha ulteriormente puntualizzato che:
-priva di rilievo era la circostanza che la riduzione dei costi sperimentata dall’odierna ricorrente nel corso del 2011 fosse dipesa da un efficientamento ‘interno’ dell’impresa e non
costituisse invece ‘una diretta conseguenza della leva prevista nella predetta DGR del 2010’ , e ciò in quanto la Legge n. 151/1981 ‘ individua quale criterio centrale per la determinazione del contributo regionale di cui è causa il mantenimento dell’equilibrio economico dell’impresa beneficiaria, da valutarsi sulla base della differenza tra i costi e i ricavi incidenti sul bilancio dell’impresa concessionaria nello svolgimento del servizio di trasporto -calcolati, come si è già illustrato, tenendo conto, da un lato, del ‘costo economico standardizzato del servizio con riferimento a criteri e parametri di rigorosa ed efficiente gestione’ e, dall’altro, dei ‘ricavi del traffico presunti derivanti dall’applicazione di tariffe minime stabilite dalla regione’ (art. 6 L. 151/1981) -; sicché tutte le voci di bilancio relative all’esercizio del predetto pubblico servizio devono essere computate in tale calcolo (pur con l’ulteriore precisazione che, in ogni caso, le eventuali perdite non coperte dai contributi regionali in tal modo determinati restano a carico dell’operatore)’ ;
-parimenti priva di rilievo era la circostanza che l’ulteriore contribuito pubblico di € 112.363,75 fosse di provenienza statale e non regionale, ‘ posto anche che, come già rilevato in primo grado, i fondi utilizzati dalla Regione per l’erogazione del contributo di cui è causa sono anch’essi di provenienza statale ‘ .
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Sono rimasti intimati RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, COMUNE DI RAGIONE_SOCIALE, COMUNE DI RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 6 e dell’Allegato al Regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007 e della Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 92/01, pubblicata il 29 marzo 2014, “sugli orientamenti interpretativi concernenti il regolamento (CE) n. 1370/2007 relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia’;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omessa valutazione di fatti decisivi oggetto di discussione ‘.
Si censura la decisione della Corte d’appello di Milano nella parte in cui la stessa ha ritenuto che la disciplina eurounitaria non impedisca di stabilire l’entità delle compensazioni in misura inferiore all”importo finanziario netto’.
Si argomenta che una compensazione inferiore all’importo finanziario netto si pone in contrasto con la stessa ratio e finalità della disciplina eurounitaria, in quanto verrebbe ad indurre l’operatore a ridurre il livello dei servizi o comunque lo graverebbe dei costi sociali di un servizio di interesse generale.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 6, Legge n. 151/1981; 17, D. Lgs. n. 422/1997; 129 e 131 L.R. Lombardia n. 11/2009.
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omessa valutazione di fatti decisivi oggetto di discussione ‘.
Si censura la decisione della Corte d’appello di Milano nella parte in cui la stessa ha ritenuto che anche la disciplina nazionale e regionale consentano una compensazione inferiore all’importo finanziario netto come definito nel Reg. CE n. 1370/2007
Argomenta la ricorrente che, per contro, sia la normativa nazionale, sia quella regionale commisurano i contributi al servizio svolto con la conseguenza che, non mutando quest’ultimo, neppure i contributi potrebbero mutare, in quanto una diminuzione degli stessi risulterebbe incompatibile con l’obiettivo di equilibrio economico dei bilanci.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione:
degli artt. 2, 3, 4, 6 e dell’Allegato al Regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007 e della Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 92/01, pubblicata il 29 marzo 2014, “sugli orientamenti interpretativi concernenti il regolamento (CE) n. 1370/2007 relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia’;
degli artt. 6, Legge n. 151/1981; 17, D. Lgs. n. 422/1997;
degli artt. 129 e 131 L.R. Lombardia n. 11/2009;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omessa valutazione di fatti decisivi oggetto di discussione ‘.
Si impugna la decisione della Corte ambrosiana, questa volta nella parte ha ritenuto che il calo dei costi nell’esercizio 2011 abbia
compensato la riduzione del contributo regionale, risultando in tal modo salvaguardato l’equilibrio economico finanziario del bilancio dell’impresa.
Si imputa alla decisione di aver valorizzato una riduzione dei costi che non concerneva il servizio svolto e che non sarebbe riconducibile alla misura del c.d. ‘efficientamento’ previsto da delibera regionale n. 1204/2010.
Argomenta la ricorrente che ‘l’idoneità e la congruità dei contributi pubblici di esercizio a garantire l’equilibrio di bilancio nella gestione del servizio non può pertanto che essere esaminata in relazione agli specifici obblighi imposti per quel servizio’ mentre la Corte territoriale avrebbe valorizzato una riduzione dei costi estranea ai costi inerenti il servizio svolto, laddove ‘Il c.d. ‘efficientamento’ del servizio, che la Regione ha effettivamente introdotto con la citata d.g.r. n. 1204/2010 per provare a compensare la decurtazione dei contributi, avrebbe dovuto riguardare una diversa articolazione delle consistenze qualitative e quantitative delle percorrenze. In altre parole, era all’interno del sinallagma contrattuale relativo alla erogazione del servizio pubblico di trasporto gestito da RAGIONE_SOCIALE sulle linee in concessione che si sarebbe dovuto trovare una compensazione alla riduzione dei contributi pubblici. ‘ .
Evidenzia anzi la ricorrente che la Regione Lombardia nel 2012 avrebbe disciplinato l’efficientamento per le imprese in concessione, approvando l’art. 60, comma 9 , L.R. n. 6/2012, risultando in tal modo evidente che ‘l’odierna ricorrente, operando in regime di concessione, ha potuto applicare la leva dell’efficientamento dei costi ex D.G.R. n. 1204/2010 solamente a partire dalla seconda metà del 2012 ‘ e che quindi ‘p er l’intero anno 2011 (così come per la prima metà del 2012) i servizi in concessione hanno subito interamente la riduzione del
contributo a fronte del mantenimento delle stesse percorrenze chilometriche dell’anno 2010, senza che si potesse azionare la leva dell’efficientamento’ .
Tali profili, anzi, sarebbero stati riconosciuti dalla stessa decisione impugnata che, conseguentemente, avrebbe errato nel ritenere che la riduzione del contributo fosse compensata dalla riduzione dei costi.
Il ricorso censura ulteriormente la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto he assumesse rilevanza il contributo statale , in quanto lo stesso aveva la finalità di sovvenzionare il rinnovo del parco automezzi e quindi era da riferirsi ad un diverso obbligo delle aziende, risultando quindi inidoneo a compensare i costi degli obblighi di servizio.
Il ricorso è, nel suo complesso, inammissibile.
2.1. Deve, in primo luogo, essere dichiarata l’inammissibilità di tutti i motivi, nella parte in cui gli stessi vengono a dedurre l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c.
Come costantemente esplicato da questa Corte, infatti, tale ipotesi è riferita all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni con conseguente inammissibilità delle censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. Sez. 6 -1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017).
Ulteriormente, secondo i principi fissati da Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 (e dalle successive Cass. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 25216 del 27/11/2014; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 9253
del 11/04/2017), l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c., deve essere riferita ad un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), con conseguente onere per la parte di indicare nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6), e 369, secondo comma, n. 4), c.p.c.: 1) il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso; 2) il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente; 3) il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti; 4) la sua “decisività”.
Nel caso ora in esame, invece, la ricorrente, in tutti e tre i mezzi articolati nel ricorso, si è limitata ad un richiamo generico alla previsione del codice di rito, senza in alcun modo individuare, non solo e non tanto le circostanze di cui sarebbe stato omesso l’esame, ma anche, e soprattutto, le sedi processuali nelle quali tali profili sarebbero stati dedotti.
Ulteriormente, si deve rilevare che il contenuto concreto delle deduzioni della ricorrente investe non l’omesso esame di ‘circostanze’ in senso storico -naturalistico bensì una nutrita serie di profili di natura squisitamente valutativa -e non fattuale -e, conseguentemente, si viene a tradurre in una mera censura indirizzata al merito della decisione impugnata, imputando a quest’ultima l’omessa valutazione non di ‘fatti’ bensì di argomentazioni e deduzioni, la cui collocazione processuale, peraltro, risulta, si ripete, del tutto indeterminata.
2.2. L’inammissibilità del ricorso quanto alla deduzione del vizio ex art. 360, n. 3), c.p.c. deriva, invece dalla constatazione della
inadeguatezza delle censure mosse a quella che costituisce una delle rationes decidendi della sentenza della Corte meneghina, e cioè l’affermazione per cui – al di là della ritenuta assenza di elementi che consentissero di affermare l’esistenza sul piano normativo eurounitario, nazionale e regionale di un vincolo nella determinazione della misura minima del contributo regionale per le imprese che svolgono l’attività di trasporto pubblico in regime di concessione -nella specie assumeva rilevanza anche la constatazione del fatto che, per effetto delle iniziative della stessa ricorrente -nonché del contributo statale – il costo complessivo del servizio -a parità degli obblighi -si era contratto al punto che la riduzione del contributo non si era tradotta in una compromissione dell’equilibrio economico -finanziario della ricorrente.
Tale ratio risulta impugnata direttamente solo con il terzo motivo che, tuttavia, si viene a fondare su una serie di deduzioni -già richiamate nella sintesi del motivo -le quali abbondano nei riferimenti a profili in fatto e che non solo risultano estranee all’ambito dell’art. 360, n. 3), c.p.c. ma anche si palesano del tutto carenti sul piano del rispetto del canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c.
Esempi di tali radicale carenze sono ravvisabili nel fatto che il motivo:
-in primo luogo, censura -ma inadeguatamente -l’accertamento in fatto svolto dalla Corte territoriale in ordine al fatto che il risparmio in concreto evidenziato dalla CTU derivava da un ‘efficientamento’ dei servizi;
-in secondo luogo, si impernia sulla deduzione della riferibilità della riduzione dei costi a diversi settori dell’attività svolta , con una serie di considerazioni che sono ampiamente
ancorate a dati fattuali, laddove questi ultimi non solo non emergono dalla decisione impugnata ma anche non sono -evidentemente – deducibili nella presente sede;
-ulteriormente viene a prospettare come ‘accertato’ non è chiaro come -che l”efficientamento’ sarebbe stato possibile solo dopo l’adozione della L.R. n. 6/201 2, in tal modo censurando apoditticamente il diverso accertamento in fatto svolto dal giudice di merito.
In sintesi, il motivo risulta del tutto inidoneo ad intaccare la già evidenziata ratio decidendi in base alla quale nei costi di produzione devono ritenersi rientrare anche quelli per gli obblighi di servizio pubblico -dovendosi, evidentemente, compensare questi ultimi in base, appunto, ai relativi costi -con la conseguenza che la (dedotta) mancata riduzione degli obblighi di servizio non può ritenersi decisiva, rilevando, invece, il duplice profilo sia della riduzione del costo complessivo di produzione del servizio sia -nel caso di specie -della erogazione di un contributo statale che peraltro la stessa ricorrente riferisce al rinnovo del parco automezzi, affermando poi inspiegabilmente che tale profilo sarebbe estraneo al costo del servizio di trasporto.
Elementi, questi, che sono stati accertati dal giudice di merito con valutazione in fatto che -nei ristretti limiti entro i quali era possibile -non è stata adeguatamente censurata nella presente sede.
2.3. L’inammissibilità delle censure indirizzare alla ratio decidendi adottata dalla Corte territoriale con riferimento allo specifico profilo fattuale vale, a questo punto, a rendere superfluo l’esame degli altri motivi di ricorso, riferiti invece al profilo in diritto relativo all’esistenza di un vincolo minimo di quantificazione dei contributi regionali.
Opera, infatti, il principio per cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 11493 del 11/05/2018; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 22753 del 03/11/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12372 del 24/05/2006).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 7.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima