Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7267 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 7267 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25455-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 152/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 26/02/2019 R.G.N. 422/2018;
Oggetto
CONTRIBUTI
PREVIDENZIALI
R.G.N. 25455/2019
Ud. 16/01/2025 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Con ricorso depositato in data 07/03/2012 presso il Tribunale di Pistoia in funzione di giudice del lavoro COGNOME NOME -già iscritto alla gestione commercianti in qualità di agente di commercio – proponeva opposizione ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. 26/02/1999, n. 46 avverso l’avviso di addebito n. NUMERO_DOCUMENTO notificatogli in data 19/11/2010 con il quale era intimato il pagamento della somma di euro 18.613,84 con riferimento agli anni 2005-2008, a titolo di contributi commercianti sui redditi derivanti dalla sua partecipazione alla RAGIONE_SOCIALE della quale era socio nella misura del 33,34% (35% dal 2007). Il ricorrente deduceva che ai fini della determinazione della base imponibile sulla quale calcolare i contributi IVS dovuti alla gestione commercianti non erano computabili i redditi derivanti dalla partecipazione a società di capitali, in base all’art. 3 -bis del d.l. 19/09/1992, n. 384 trattandosi di redditi da capitale così come definiti dal d.P.R. 22/12/1986, n. 917. Deduceva, altresì, il ricorrente di non aver svolto attività lavorativa caratterizzata da abitualità e prevalenza presso la RAGIONE_SOCIALE. L’INPS si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione e deducendo la fondatezza della pretesa contributiva dal momento che i redditi derivanti alla partecipazione alla RAGIONE_SOCIALE dovevano computarsi ai fini della contribuzione dovuta dal ricorrente in quanto redditi di impresa. In data 29/07/2017 decedeva COGNOME NOME e si costituiva in giudizio COGNOME NOME in qualità di unica erede proseguendo il giudizio e riportandosi alle difese svolte. Il Tribunale di Pistoia
con la sentenza n. 175/2017 respingeva il ricorso di COGNOME NOME.
COGNOME NOME ha proposto appello avverso la sentenza; l’INPS si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza n. 152/2019 depositata il 26/02/2019, ha accolto il gravame dichiarand o l’inesistenza del credito contributivo recato dalla intimazione di pagamento.
Avverso detta sentenza l’INPS propone ricorso per cassazione con un unico motivo. Si è costituita COGNOME NOME che resiste con controricorso.
La controricorrente ha depositato anche memoria ex art. 380-bis c.p.c..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 16/01/2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’INPS deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 -bis della legge 14/11/1992 n. 438, di conversione con modificazioni del d.l. 19/09/1992, n. 384 e della legge 02/08/1990, n. 233 in relazione all’art. 360, primo com ma, n. 3, cod. proc. civ.. Sostiene l’Istituto che dalla retta interpretazione delle norme citate discenderebbe che la base imponibile sulla quale calcolare i contributi dovuti dall’scritto alla gestione commercianti dovrebbero essere ricompresi anche i re dditi che l’iscritto percepisce quale socio di una società di capitali, a prescindere dalla attività lavorativa prestata in favore della società stessa.
Il ricorso è infondato. In ordine alla specifica questione sussiste una consolidata giurisprudenza della Corte alla quale il Collegio intende dare continuità.
2.1. Si è affermato il principio secondo il quale il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto
svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, deve includere nella base imponibile sulla quale calcolare i contributi la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale, vale a dire quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale (art. 55 del d.P.R. n. 917 del 1986), restando esclusi i redditi di capitale, quali quelli derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa (art. 44, lett. e, del d.P.R. n. 917 del 1986) (Cass. 20/08/2019, n. 21540).
2.2. Con successivo e recente arresto (Cass. 19/08/2024, n. 22901) la Corte ha ricostruito, ai paragrafi 4 e seguenti della motivazione, la genesi del sistema normativo di riferimento e ha confermato le conclusioni già raggiunte: «la questione sottoposta al vaglio di questa Corte attiene al fatto se il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, debba parametrare o meno il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti nell’anno di riferimento, tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale egli non svolge attività lavorativa (..) il D.L. 19 settembre 1992, nr. 384, art. 3 bis, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 1992 nr. 438, ha previsto che a decorrere dall’anno 1993, l’ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui alla L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1, è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono e che con la nuova disposizione rileva «la totalità» dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF, non parlandosi più della sola attività che dà titolo all’iscrizione alla gestione della legge n. 233 del 1990, ex art. 1, con una formulazione che realizza un ampliamento della
base imponibile contributiva. È stato precisato, altresì, che al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre fare riferimento alle norme fiscali e, dunque, in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, nr. 917. Il citato D.P.R. contiene distinte disposizioni onde qualificare i redditi d’impresa rispetto ai redditi di capitale: i primi, a mente dell’art. 55 (nel testo post riforma del 2004), sono quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale mentre l’art. 44, lett. e) (nel testo post riforma del 2004), ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG (ora IRES). Poiché la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi. Sono stati poi messi in evidenza il diverso regime dettato per i soci di società di persone e le ragioni di coerenza del sistema alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 354 del 2001. In definitiva va riaffermato che il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, deve includere nella base imponibile sulla quale calcolare i contributi la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale, vale a dire quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale (art. 55 del d.P.R. n. 917 del 1986), restando esclusi i redditi di capitale, quali quelli derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza
prestazione di attività lavorativa (art. 44, lett. e, del d.P.R. n. 917 del 1986) (in questi termini Cass. n. 21540 del 2019 e anche n. 18892 del 2023. e n. 805 del 2021)».
2.3. Poiché anche nella fattispecie all’origine del ricorso è incontroverso che i redditi in contestazione siano derivati da mera partecipazione ad utili di società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, si deve escludere che essi debbano essere computati nella base imponibile contributiva.
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate perché, sulla questione controversa, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità non era ancora consolidato al momento del deposito del ricorso.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di legittimità;
ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13, comma 1, bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 16