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Contributi previdenziali professionisti: chi paga?

Una ASL è stata condannata a versare i contributi previdenziali integrativi per un biologo operante in uno studio associato. La Cassazione ha respinto il ricorso dell’ASL, confermando che l’obbligo di versare i contributi previdenziali professionisti spetta al cliente che usufruisce della prestazione. La decisione si fonda sia sull’effetto vincolante di una precedente sentenza (giudicato) sia sulla non applicabilità di una normativa eccezionale prevista solo per le società mediche e odontoiatriche.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contributi Previdenziali Professionisti: Chi Paga per le Prestazioni in Forma Associata?

La questione del versamento dei contributi previdenziali professionisti quando questi operano attraverso società o studi associati è un tema complesso e di grande rilevanza pratica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 27229/2024, offre chiarimenti fondamentali, stabilendo con precisione su chi ricada l’onere contributivo e delineando i limiti di applicazione delle normative speciali. Il caso analizzato vede contrapposta un’Azienda Sanitaria Locale a uno studio professionale di analisi biologiche.

I fatti di causa

Una Corte d’Appello aveva confermato la condanna di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) al pagamento dei contributi integrativi dovuti all’ente di previdenza dei biologi (ENPAB) per le prestazioni rese da un professionista, socio di uno studio associato, nel periodo 2007-2010. I giudici di merito avevano fondato la loro decisione sull’esistenza di una precedente sentenza, passata in giudicato, che aveva già accertato l’obbligo dell’ASL di versare tali contributi per gli anni precedenti al 2007. L’ASL, non accettando la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: l’errata applicazione dell’efficacia del giudicato a periodi successivi e la mancata considerazione di una legge che, a suo dire, trasferiva l’onere contributivo sulla società professionale.

La decisione della Cassazione sui contributi previdenziali

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ASL, confermando la sua responsabilità nel versamento dei contributi. L’analisi della Corte si è concentrata sui due motivi di ricorso, fornendo importanti principi di diritto.

Analisi del primo motivo: l’effetto del giudicato

Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo civile: l’onere di autosufficienza. Il ricorrente che contesta l’applicazione di un giudicato esterno ha l’obbligo di riportare integralmente nel proprio ricorso il testo della sentenza precedente. In assenza di ciò, la Corte non può valutare la fondatezza della censura. Al di là dell’aspetto puramente procedurale, la Corte ha ricordato che quando una sentenza definitiva risolve una questione fondamentale di diritto in un rapporto di durata, come quello in esame, tale decisione preclude il riesame dello stesso punto nelle controversie future tra le stesse parti, anche se con finalità diverse.

Analisi del secondo motivo: l’inapplicabilità della normativa speciale

Anche il secondo motivo è stato respinto. L’ASL invocava l’applicazione di una norma (art. 1, commi 39-40, L. n. 243/2004) che pone a carico delle “società professionali mediche ed odontoiatriche” e delle “società di capitali” operanti in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale i contributi sulle prestazioni specialistiche. La Corte ha chiarito che questa norma ha carattere eccezionale e, pertanto, non può essere applicata per analogia ad altri soggetti. L’obbligo di versare il contributo integrativo, previsto dal D.Lgs. n. 103/1996, ricade su chi si avvale dell’attività professionale dell’iscritto all’albo, indipendentemente dalla forma societaria o associata in cui tale attività viene svolta. La struttura societaria può influenzare le modalità di calcolo, ma non il soggetto tenuto al versamento, che rimane il cliente.

Le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, il rispetto del giudicato, che garantisce la certezza del diritto e impedisce di rimettere continuamente in discussione questioni già decise in via definitiva tra le stesse parti. La stabilità dei rapporti giuridici è un valore che il sistema processuale tutela con forza. In secondo luogo, un’interpretazione rigorosa e letterale delle norme eccezionali. La legge invocata dall’ASL è stata creata per un settore specifico (società mediche e odontoiatriche) e non può essere estesa ad altre categorie professionali, come quella dei biologi. La regola generale rimane quella secondo cui il cliente che beneficia della prestazione professionale è tenuto a farsi carico del relativo contributo integrativo, che il professionista poi verserà alla propria cassa di previdenza.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio cruciale in materia di contributi previdenziali professionisti: l’obbligazione contributiva segue la prestazione. Il soggetto che paga il corrispettivo per un servizio professionale è anche colui che deve versare il contributo integrativo, a prescindere dal fatto che il professionista operi individualmente o attraverso una struttura associata. Questa decisione rafforza la tutela previdenziale dei liberi professionisti e chiarisce in modo inequivocabile le responsabilità dei committenti, in particolare quando si tratta di enti pubblici come le Aziende Sanitarie Locali.

Chi è tenuto a versare il contributo integrativo all’ente di previdenza per le prestazioni di un professionista che opera in forma societaria?
Secondo la sentenza, l’obbligo di versare il contributo integrativo compete a coloro che si avvalgono dell’attività professionale degli iscritti, ovvero i clienti/committenti. La forma societaria o associata incide solo sulle modalità di calcolo, ma non trasferisce l’obbligo dal cliente alla società.

Una sentenza passata in giudicato su una questione può avere effetti su future cause tra le stesse parti relative allo stesso rapporto?
Sì. Se una sentenza passata in giudicato ha risolto una questione di fatto o di diritto fondamentale per un rapporto giuridico di durata, tale accertamento preclude il riesame dello stesso punto nelle successive controversie tra le medesime parti, anche se con finalità diverse.

La legge che pone a carico delle società professionali mediche i contributi previdenziali si applica anche agli studi di biologi?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la norma che addossa i contributi a carico delle “società mediche e odontoiatriche” (art. 1, commi 39-40, L. n. 243/2004) è una norma eccezionale e non può essere estesa per analogia ad altre categorie professionali, come quelle dei biologi operanti in forma associata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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