Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14662 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14662 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14554-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistenti con mandato –
Oggetto
Contributi previdenziali
R.G.N.14554/2019
COGNOME
Rep.
Ud.11/03/2025
CC
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE);
– intimata –
avverso la sentenza n. 5983/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/10/2018 R.G.N. 7116/2012; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 30.10.2018, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso la cartella esattoriale con cui le era stato ingiunto di pagare all’IN PS somme per contributi omessi in danno di un lavoratore nel periodo compreso tra la data del licenziamento intimatogli e quella della pronuncia giudiziale che, accertatane l’illegittimità, aveva disposto la sua reintegra nel posto di lavoro; che avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura; che l’INPS, anche quale mandatario di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE ha depositato delega in calce al ricorso notificatogli; che l’Agenzia delle Entrate -Riscossione è rimasta intimata; che, chiamata la causa all’adunanza camerale dell’11.3.2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto che il giudicato recato dalla sentenza di reintegra si estendesse anche all’INPS, ancorché successivamente al suo passaggio in giudicato le parti avessero
transatto la lite con accettazione da parte del lavoratore della cessazione del rapporto di lavoro in cambio del versamento di una somma di denaro;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 18 St. lav., nel testo vigente ratione temporis e anteriore alle modifiche recate dall’art. 1, l. n. 92/2012, per non avere la Corte territoriale considerato che la sentenza di reintegra non recava alcuna statuizione di condanna al pagamento dei contributi previdenziali;
che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure;
che, sulla scorta di Cass. S.U. n. 15143 del 2007, questa Corte ha chiarito che, nel vigore del testo dell’art. 18 St. lav. successivo alle modifiche introdotte con l. n. 108/1990 e anteriore alle ulteriori modifiche apportate dalla l. n. 92/2012, nel peri odo compreso tra la data dell’illegittimo licenziamento e quella della pronuncia giudiziale contenente l’ordine di reintegra del lavoratore rimangono in vita il rapporto assicurativo previdenziale ed il corrispondente obbligo del datore di lavoro di versar e all’ente previdenziale i contributi assicurativi, tanto per la quota a proprio carico quanto per quella a carico dei lavoratori (Cass. nn. 8800 del 2008, 23181 del 2013);
che non rileva in contrario che la sentenza di reintegra non rechi espressamente la condanna al pagamento dei contributi previdenziali dovuti, discendendo l’obbligo di pagamento della contribuzione dalla natura costitutiva, con effetti retroattivi, della pronuncia giudiziale, che fa sì che il rapporto di lavoro debba considerarsi come non mai interrotto e le retribuzioni maturate nel periodo debbano qualificarsi come giuridicamente ‘dovute’ ai fini contributivi;
che, a tal riguardo, Cass. S.U. n. 15143 del 2007 ha espressamente affermato che ‘l’obbligo contributivo -commisurato alla retribuzione contrattuale dovuta -esiste perché esiste la obbligazione retributiva, e non viene meno se a causa del suo inadempimento la prestazione originariamente pattuita si trasforma in altra di natura risarcitoria, perché siffatta trasformazione opera solo sul piano del rapporto tra datore e lavoratore’, mentre ‘sul piano previdenziale l’obbligo contributivo resta commisurato alla retribuzione contrattualmente dovuta, operando pienamente, a questo fine, la disciplina dell’invalidità dell’atto di recesso’ (così Cass. n. 15143 del 2007, cit., in motivazione);
che, conseguentemente, deve ritenersi che l’assenza di una espressa pronuncia di condanna al pagamento dei contributi previdenziali possa rilevare, se del caso, ai fini della possibilità che l’ente possa avvalersi, ai fini della riscossione, del più lungo termine prescrizionale previsto dall’art. 2953 c.c. (arg. ex Cass. n. 6722 del 2021), che è questione, tuttavia, estranea alla vicenda per cui è causa;
che, essendo affatto consolidato il principio secondo cui la transazione con cui il lavoratore ed il datore di lavoro abbiano definito la controversia in ordine alla obbligazione retributiva non può spiegare efficacia sulla distinta ed autonoma obbligazione contributiva, derivante dalla legge, che fa capo all’INPS ( ex multis Cass. n. 2642 del 2014 e succ. conf.), il ricorso va conclusivamente rigettato, nulla statuendosi sulle spese di lite per non avere l’INPS svolto alcuna apprezzabile difesa al di là del deposito della procura in calce al ricorso notificatogli;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11.3.2025.