Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10084 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10084 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12918-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Curatore pro tempore, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso il decreto n. cronologico 3790/2023 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA, del 27/04/2023 R.G.N. 2502/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.12918/2023
COGNOME
Rep.
Ud.26/02/2025
CC
Fatti di causa
Il tribunale di Reggio Calabria, sezione prima civile , in sede di opposizione ex art. 98 l.f. , su ricorso di COGNOME NOME avverso lo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, definitivamente pronunciando ed accogliendo parzialmente il ricorso, ammetteva l’opponente allo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in via privilegiata, ai sensi dell’articolo 2751 bis n. 1 c.c. , oltre che per gli importi già riconosciuti dal curatore per l’importo di euro 15.980,73. Rigettava per il resto ricorso compensando le spese di lite.
A fondamento della decisione, il tribunale affermava che la domanda del lavoratore, con la quale chiedeva l’ammissione al passivo per € 19.130,64 per retribuzion i non pagate, poteva essere accolta parzialmente in base al Cud, dal quale risultava il reddito e la quota di contributi a carico del lavoratore non corrisposti dal datore, ed in base alle buste paga prodotte dalla cui lettura emergeva, a specificazione, il credito per il particolare periodo di riferimento (settembre 2000 e 16 agosto 2017, ) pari ad euro 15.980,73 .
In merito all’ammissione dei contributi a carico del lavoratore il tribunale richiamava la giurisprudenza di questa Corte la quale ammette il diritto all’insinuazione al passivo per la parte di contributi prelevati dalla retribuzione del lavoratore; pertanto, in caso di fallimento del datore di lavoro il lavoratore doveva essere ammesso al passivo per la retribuzione non corrisposta con collocazione privilegiata a norma dell’articolo 2751 bis numero 1 c.c., al netto della quota contributiva gravante sul datore ed al lordo di quella gravante sul lavoratore medesimo. Ammetteva quindi il credito per € 15.980,73 in aggiunta a quello già ammesso, con il privilegio citato.
Avverso il decreto del tribunale di Reggio Calabria ha proposto ricorso per cassazione il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in
liquidazione in persona del curatore con tre motivi di ricorso ai quali ha resistito con controricorso COGNOME NOME Il collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni dall’udienza.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.c. e 111 Cost. per manifesta contraddittorietà, apparenza e illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c. per aver e scluso l’efficacia probatoria delle buste paga ed al tempo stesso per averla riconosciuta ai fini del quantum.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli articoli 115, 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, n.3 e n.4 c.p.c., per avere il Tribunale deciso la controversia sulla base di documenti privi di efficacia probatoria in relazione al quantum (come il cud e le buste paga). 3.- Con il terzo motivo si sostiene la violazione del divieto di ultrapetizione di cui all’art. 112 cpc, in relazione all’art.360, n.4, cpc, per avere il Tribunale ammesso l’importo della quota contributiva a carico del dipendente che non ne aveva fatto domanda.
4.- I primi due motivi di ricorso, da decidere unitariamente per connessione, sono infondati posto che non sussistono i denunciati vizi in iudicando ed in procedendo in relazione all’efficacia delle prove esaminate.
In primo luogo perché la Corte di appello ha effettuato una valutazione unitaria del compendio probatorio citato in sentenza (cud e buste paga); ed ha ritenuto che dal Cud emergesse la prova del rapporto di lavoro per l’anno di riferimento e dello stesso quantum per l’intero anno laddove, dalle buste paga, emergesse la prova del quantum per lo specifico periodo di riferimento ( i mesi indicati p er il 2016 e del 2017) ‘in quanto
mera specificazione dell’onere probatorio già assolto con la produzione del CUD’.
Si tratta di affermazioni logiche e pienamente compatibili anche con il processo inferenziale di cui al metodo presuntivo. E che non violano in alcun modo gli artt. 115 e 116, né l’art. 2697 cc. Esse sono inoltre in linea con la ripartizione degli oneri della prova in materia di pagamento delle retribuzioni maturate dal lavoratore. Tanto più che lo stesso ricorrente non contesta l’an del credito ma soltanto il quantum e, va evidenziato, senza sollevare alcuna specifica censura sullo stesso importo per come desunto dal tribunale in base alle medesime buste paga elaborate dal datore e consegnate al lavoratore.
Sul tema la giurisprudenza di legittimità ha anche affermato ( Cass. n. 10123/2017) che ‘in particolare i modelli CUD di provenienza pubblica integrano i requisiti di prova documentale richiesta al fine dell’opponibilità della prova scritta di un credito al fallimento anche in ordine al parametro di cui all’art. 2704 cod. civ. ‘
Il terzo motivo è pure esso infondato atteso che il tribunale ai fini della interpretazione della domanda ( ex art. 113 c.p.c. in conformità al principio iura novit curia) ha distinto tra contributi a carico del datore e quota di contributi a carico del lavoratore per il cui pagamento è responsabile il datore (ex art. 19 l.n.218/1952).
6.Per i primi, fatto salvo l’accertamento del diritto all’integrità della posizione contributiva (Cass. n. 11730/2024), il lavoratore subordinato difetta di qualsiasi legittimazione nei confronti del datore di lavoro non avendo alcuna posizione giuridica attiva in relazione all’obbligazione avente ad oggetto il pagamento della contribuzione previdenziale.
7.- Mentre le quote di contributi a carico del lavoratore, e ritenute dal datore, se non tempestivamente versate all’INPS
esse devono essere corrisposte al lavoratore, divenendo il datore di lavoro obbligato per l’intero (art. 23 l. 218/1952).
8.- Nella vasta e consolidata giurisprudenza che si confronta con la disciplina dell’insolvenza e dell’inadempimento del datore nel pagamento dei contributi previdenziali questa Corte ha sempre distinto queste due ipotesi ed ha invero sostenuto (Cass. n. 23426/ 2016) che ‘in caso di fallimento del datore di lavoro, il lavoratore dev’essere ammesso al passivo, per le retribuzioni non corrisposte, con collocazione privilegiata a norma dell’art. 2751 bis, n. 1, c.c., al netto della quota contributiva gravante sul datore e al lordo di quella gravante sul lavoratore medesimo’.
9.Nella stessa direzione si è pronunciata Cass. n. 18897/2019: ‘In tema di contributi previdenziali, quando il datore di lavoro corrisponde tempestivamente i crediti retributivi può legittimamente operare la trattenuta dei contributi da versare all’ente previdenziale, non può farlo, invece, in caso di intempestività, da valutarsi con riferimento al momento di maturazione dei crediti e non a quello di accertamento giudiziale degli stessi, sicchè in detta ipotesi il credito retributivo del lavoratore si estende automaticamente alla quota contributiva a suo carico’.
10.- Pertanto (Cass. n. 25956/2017): ‘In tema di contributi previdenziali, posto che, in applicazione dell’art. 23 della l. n. 218 del 1952, il datore di lavoro che non abbia provveduto tempestivamente ad eseguire i versamenti dovuti resta obbligato in via esclusiva al loro pagamento anche per la quota a carico del lavoratore, il credito retributivo di quest’ultimo deve essere calcolato al lordo della quota contributiva originariamente a suo carico, che, divenuta parte della retribuzione dovuta, non deve essere detratta dal danno subito
dal lavoratore per il mancato tempestivo adempimento del datore di lavoro, non essendone egli più il debitore’.
11.- Infine proprio in virtù di tale differente natura, Cass. n. 18044/2015 ha ribadito che ‘L’accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore, atteso che la determinazione delle prime attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e devono essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli, mentre, quanto alle seconde, il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 19 della l. n. 218 del 1952, può procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo.’
12.- Per tutte le ragioni fin qui esposte il ricorso deve essere quindi rigettato e deve essere formulato il seguente principio di diritto: ‘In tema di omesso versamento dei contributi e di fallimento del datore di lavoro , nell’ipotesi di insinuazione al passivo per crediti retributivi, il lavoratore non ha alcuna legittimazione attiva in relazione all’obbligazione avente ad oggetto il pagamento della contribuzione previdenziale, mentre le quote di contributi a carico del lavoratore, ritenute dal datore, se non tempestivamente versate all’INPS , devono essere corrisposte al lavoratore, con collocazione privilegiata a norma dell’art. 2751 bis, n. 1, c.c. ‘
13.- Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. con attribuzione in favore dell’avv. NOME COGNOME antistatario.
14.- Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 3.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge, con attribuzione in fa vore dell’avv. NOME COGNOME antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto. Roma, così deciso nella camera di consiglio del 26.2.2025