Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33765 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33765 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18599-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio LEGALE RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
I.N.P.G.I. -ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “NOME COGNOME“, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
Contributi previdenziali giornalisti
R.G.N. 18599/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 16/10/2024
CC
avverso la sentenza n. 4429/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/12/2018 R.G.N. 4767/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata l’11.12.2018, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo con cui il locale Tribunale le aveva ingiunto di pagare all’INPGI somme per contributi omessi sulle erogazioni corrisposte a taluni giornalisti a titolo di incentivo all’esodo, confermando viceversa la sentenza impugnata nella parte in cui aveva rigettato anche le altre ragioni spie gate nell’opposizione, pur riducendo la somma originariamente ingiunta conformemente a quanto richiesto dall’INPGI nel corso del processo di primo grado; che avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, deducendo otto motivi di censura, successivamente illustrati con memoria; che l’INPGI ha resistito con controricorso; che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 16.10.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo e il secondo motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 12 CNLG, degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché omessa ed errata valutazione delle risultanze istruttorie, per avere la Corte di merito ritenuto che il giornalista NOME COGNOME andasse inquadrato con qualifica di redattore, ex art. 1, CNLG cit.;
che, con il terzo motivo di censura, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto esaustive le contestazioni formulate dall’INPGI in merito all’illegittima applicazione dell’aliquota ridotta di contribuzione con riguardo alla posizione di cinque suoi collaboratori;
che, con il quarto motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 116, l. n. 388/2000, e dell’art. 39, comma 8, d.l. n. 112/2008, per avere la Corte territoriale ritenuto corretto l’addebito delle sanzioni dovute per evasione erroneamente ignorando le circostanze da essa indicate e acquisite agli atti da cui emergeva la propria buona fede;
che, con il quinto motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 c.c. e 1, d.l. n. 338/1989, per avere la Corte di merito ritenuto che l’accordo transattivo precorso con il giornalista COGNOME non avrebbe fatto venir meno l’ obbligazione contributiva e altresì per non aver considerato che, comunque, la contribuzione effettivamente versata era rispettosa del minimale contributivo;
che, con il sesto motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 39 CNLG per avere la Corte territoriale ritenuto che il trattamento economico corrisposto ai giornalisti COGNOME COGNOME e COGNOME non fosse conforme al dettato della norma cit., da interpretarsi anche sulla base della circolare del Ministero del Lavoro n. 43/2010;
che, con il settimo e l’ottavo motivo, la ricorrente si duole, rispettivamente, di violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c. e dell’art. 12, l. n. 153/1969, nonché dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto che le somme corrisposte a dieci giornalisti in sede transattiva non costituissero, come già
ritenuto dal primo giudice, incentivo all’esodo, ma avessero natura retributiva;
che, con riguardo al primo e al secondo motivo, va premesso che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esa tta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 24155 del 2017, 3340 del 2019, 7091 del 2023);
che, nella specie, i due motivi di censura incorrono precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulati con riguardo ad una presunta violazione delle disposizioni di legge richiamate nella rubrica, pretendono in realtà di criticare, riproponendo sostanzialmente le ragioni già esposte nell’appello, l’accertamento di fatto in esito al quale i giudici di primo e secondo grado hanno concordemente ritenuto che l’attività svolta dal giornalista COGNOME avesse comportato il suo st abile inserimento nell’ufficio di corrispondenza milanese del quotidiano ‘Tuttosport’, dove si era occupato insieme ad altri colleghi delle due squadre di calcio milanesi militanti nella massima serie, redigendo articoli destinati a comparire non solo nelle pagine locali, ma anche su due di quelle nazionali (cfr. pagg. 18-19 della sentenza impugnata);
che nemmeno varrebbe riqualificare le censure in esame sub specie di omesso esame circa un fatto decisivo, valendo in
specie il divieto di censure ex art. 360 n. 5 c.p.c. (art. 348ter , ult. co., c.p.c., nel testo vigente ratione temporis );
che i primi due motivi del ricorso vanno pertanto dichiarati inammissibili;
che del pari inammissibile è il terzo motivo, atteso che, mentre l’omessa pronuncia sull’ an della pretesa contributiva è errore che il ricorso per cassazione (cfr. pagg. 28 e 30) ascrive propriamente alla pronuncia di primo grado, i giudici territoriali, ai quali la doglianza era stata correttamente devoluta, hanno sul punto deciso nel merito (cfr. pagg. 20-21 della sentenza impugnata), dando una valutazione delle prove documentali che non è punto censurabile in questa sede di legittimità;
che non miglior sorte merita il quarto motivo, risolvendosi in una inammissibile critica del concorde convincimento dei giudici di merito circa la prova del dolo specifico dell’odierna ricorrente di sottrarsi al pagamento dei contributi (cfr. pag. 22 della sentenza impugnata);
che altrettanto inammissibile, ex art. 360bis , n. 1, c.p.c., è il quinto motivo, essendo affatto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio di diritto di cui i giudici hanno fatto applicazione circa l’inopponibilità agli enti previdenziali della transazione intercorsa tra lavoratore e datore di lavoro (cfr. pag. 22-23 della sentenza impugnata, dove richiami diffusi alla giurisprudenza di questa Corte) e non offrendo il ricorso per cassazione né alcun elemento per indurne il ripensamento né, a ben vedere, alcuna specifica critica all’affermazione dei giudici territoriali secondo cui sull’indennità di trasferimento illo tempore maturata da parte del giornalista COGNOME non sarebbe stata versata la contribuzione dovuta ( ibid. , pag. 23);
che affatto inammissibile, oltre che per difetto di specificità e autosufficienza, è il sesto motivo, pretendendo di criticare il
giudizio -necessariamente di fatto -reso concordemente dai giudici di merito circa il fatto che l’odierna ricorrente non ha provveduto a stipulare in favore dei propri dipendenti alcuna polizza ex art. 39 CNLG;
che inammissibili, infine, sono il settimo e l’ottavo motivo, risolvendosi -ad onta della denuncia di violazione di legge -in una critica dell’interpretazione che i giudici territoriali hanno dato del contenuto degli accordi precorsi tra l’odierna ricorr ente e i giornalisti che hanno risolto il rapporto di lavoro al fine di escludere la natura di incentivo all’esodo delle somme loro corrisposte (cfr. pagg. 26-27 della sentenza impugnata);
che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 10.200,00, di cui € 10.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 16.10.2024.