LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Contributi previdenziali: esclusi i redditi da srl

Un lavoratore autonomo si opponeva alla richiesta dell’ente previdenziale di calcolare i contributi anche sugli utili derivanti dalla sua partecipazione in una società di capitali. La Corte di Cassazione ha confermato che i contributi previdenziali si basano solo sui redditi d’impresa, escludendo i redditi da capitale come i dividendi da una srl in cui non si svolge attività lavorativa, consolidando un importante principio sulla distinzione delle basi imponibili.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Diritto Tributario, Giurisprudenza Civile

Contributi Previdenziali: Esclusi i Redditi da Capitale delle Srl

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un dubbio comune a molti imprenditori e lavoratori autonomi: come si calcolano i contributi previdenziali se si possiedono anche quote di una società di capitali (Srl) da cui si percepiscono utili? La risposta della Suprema Corte è netta e si fonda su una distinzione fondamentale tra tipologie di reddito, offrendo una tutela importante per chi investe senza prestare attività lavorativa.

I Fatti del Caso

Un lavoratore autonomo, iscritto alla gestione artigiani, si è visto recapitare un avviso di addebito da parte dell’ente previdenziale. L’ente richiedeva il pagamento di maggiori contributi per gli anni dal 2007 al 2010, avendo incluso nella base di calcolo non solo i redditi derivanti dalla sua attività artigianale, ma anche gli utili percepiti dalla sua partecipazione in una società a responsabilità limitata (Srl).

L’artigiano si è opposto, sostenendo che tali utili, non derivando da un’attività lavorativa svolta all’interno della Srl, non dovessero concorrere alla formazione della base imponibile contributiva. La Corte d’Appello gli ha dato ragione, ma l’ente previdenziale ha deciso di ricorrere in Cassazione.

La Questione Giuridica sui Contributi Previdenziali

Il nodo centrale della controversia era stabilire se la base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali di un lavoratore autonomo debba includere tutti i redditi percepiti, compresi quelli di capitale derivanti dalla mera partecipazione a una società, o se debba essere limitata ai soli redditi d’impresa generati dall’attività che ha dato origine all’iscrizione previdenziale. La normativa di riferimento, in particolare l’articolo 3-bis del d.l. n. 384/1992, stabilisce che i contributi sono rapportati alla “totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF”, ma l’interpretazione di questa espressione era al centro del dibattito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con una decisione che si pone in continuità con il suo orientamento consolidato, ha rigettato il ricorso dell’ente previdenziale. Ha affermato in modo inequivocabile che i redditi derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza la prestazione di un’attività lavorativa, non rientrano nella base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte fonda la sua decisione sulla netta distinzione, operata dalla normativa fiscale (D.P.R. 917/1986, Testo Unico delle Imposte sui Redditi), tra “redditi d’impresa” e “redditi di capitale”.

1. Definizione di Reddito d’Impresa: Ai sensi dell’art. 55 del TUIR, i redditi d’impresa sono quelli che derivano dall’esercizio effettivo di attività commerciali. È su questa categoria di redditi che la legge impone il calcolo dei contributi.

2. Definizione di Reddito di Capitale: L’art. 44, lett. e) del TUIR, invece, qualifica come redditi di capitale gli utili derivanti dalla partecipazione a società soggette a IRES (come le Srl), quando tale partecipazione non è legata a una prestazione lavorativa.

La Cassazione ha chiarito che, quando la legge previdenziale parla di “totalità dei redditi d’impresa”, si riferisce precisamente a quelli definiti come tali dalla disciplina fiscale. Poiché gli utili percepiti dal socio di una Srl che non lavora in essa sono classificati come redditi di capitale, essi sono per definizione esclusi dal calcolo.

La Corte ha inoltre ribadito la differenza rispetto ai soci di società di persone, per i quali il reddito prodotto dalla società viene imputato direttamente ai soci come reddito da partecipazione, giustificando un’inclusione nella base contributiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio di certezza giuridica fondamentale per i lavoratori autonomi e gli imprenditori. Le implicazioni pratiche sono significative:

* Separazione delle Fonti di Reddito: Un imprenditore può tranquillamente investire in altre società di capitali senza temere che i dividendi percepiti vadano a incrementare l’onere dei suoi contributi previdenziali personali, a condizione che non svolga attività lavorativa in tali società.
* Pianificazione Fiscale e Contributiva: Viene garantita una chiara distinzione tra il rendimento del lavoro (reddito d’impresa) e il rendimento del capitale (reddito di capitale). Ciò permette una più corretta pianificazione fiscale e contributiva.
* Tutela dell’Investimento: La decisione protegge l’investimento passivo, evitando che venga tassato due volte ai fini previdenziali: una volta a livello societario (con le imposte sui redditi della società) e una seconda volta a livello personale con contributi non dovuti.

Un artigiano che è anche socio di una Srl deve pagare i contributi sui dividendi che riceve?
No, a condizione che la sua partecipazione nella Srl sia puramente finanziaria (socio di capitale) e che non svolga alcuna attività lavorativa in quella specifica società. I contributi previdenziali obbligatori si calcolano esclusivamente sui redditi d’impresa derivanti dalla sua attività principale.

Qual è la differenza tra reddito d’impresa e reddito di capitale ai fini dei contributi previdenziali?
Secondo la sentenza, il reddito d’impresa deriva dall’esercizio effettivo di un’attività commerciale o artigianale ed è l’unica base imponibile per il calcolo dei contributi. Il reddito di capitale, come gli utili da partecipazione in società di capitali senza prestazione lavorativa, è considerato un rendimento da investimento e, pertanto, non concorre a formare tale base imponibile.

La normativa sui contributi si applica in modo diverso per i soci di società di persone e di capitali?
Sì. La Corte ha confermato che esiste una differenza sostanziale. Per i soci di società di persone, il reddito della società è spesso imputato direttamente ai soci come reddito d’impresa. Per i soci di società di capitali (come le Srl), vige una netta separazione tra il reddito della società e il reddito personale del socio, il quale percepisce utili qualificati come redditi di capitale, esclusi dalla base contributiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati