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Contributi lavoratori spettacolo: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di versare i contributi per i lavoratori dello spettacolo sussiste anche per prestazioni occasionali e non esclusive. L’ordinanza chiarisce che l’appartenenza a una delle categorie professionali previste dalla legge è il fattore determinante. Inoltre, ha confermato che l’esenzione contributiva per i compensi legati ai diritti d’immagine è limitata a una quota forfettaria del 40% del totale percepito, respingendo la richiesta di un’esclusione totale dalla base imponibile. Il ricorso di una società di management artistico contro l’ente previdenziale è stato quindi rigettato.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contributi Lavoratori Spettacolo: Anche le Prestazioni Occasionali sono Imponibili

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato principi cruciali in materia di contributi lavoratori spettacolo, chiarendo che l’obbligo di versamento sussiste indipendentemente dalla natura occasionale o non esclusiva dell’attività lavorativa. La decisione nasce dal ricorso di una società di management artistico contro un avviso di addebito dell’Ente Nazionale di Previdenza Sociale per contributi non versati a favore di attori, fotomodelli e altre figure professionali del settore. Analizziamo i punti salienti di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore dello spettacolo si è opposta a un avviso di addebito emesso dall’ente previdenziale. L’ente contestava il mancato versamento dei contributi per una serie di lavoratori (attori, fotomodelli, figuranti, truccatori) per il periodo tra settembre 2008 e aprile 2013. Inizialmente, il Tribunale aveva dato ragione alla società. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, riformando la sentenza di primo grado e confermando la legittimità della richiesta dell’ente previdenziale. Contro questa sentenza, la società ha proposto ricorso per Cassazione, articolando cinque distinti motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e i principi sui contributi lavoratori spettacolo

La società ricorrente ha basato il proprio ricorso su diverse argomentazioni:
1. Violazione di legge: Sosteneva che l’obbligo contributivo non sussistesse, in quanto l’ente non aveva provato l’esercizio stabile e professionale dell’attività da parte dei singoli lavoratori.
2. Vizio di ultrapetizione: Lamentava che la Corte d’Appello si fosse pronunciata sulla questione dei compensi per la cessione del diritto d’immagine, anche se l’ente non aveva presentato un appello specifico su quel punto.
3. Errata applicazione della normativa sul diritto d’immagine: Affermava che i compensi per la cessione del diritto d’immagine dovessero essere totalmente esclusi dalla base imponibile, contrariamente a quanto previsto dalla legge.
4. Omesso esame di fatti decisivi: Contestava alla Corte di non aver adeguatamente valutato prove documentali e testimoniali che avrebbero dimostrato la natura dei compensi.
5. Prescrizione: Eccepiva l’avvenuta prescrizione del diritto alla riscossione dei contributi per alcuni soggetti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali su ciascuno dei punti sollevati.

In primo luogo, riguardo alla natura del lavoro, la Corte ha ribadito che ai fini dell’obbligo di versamento dei contributi lavoratori spettacolo, ciò che rileva è unicamente l’appartenenza del lavoratore a una delle categorie professionali elencate dalla normativa di settore (d.lgs. C.p.S. n. 708/1947). È irrilevante che l’attività sia svolta in modo saltuario, di breve durata o non esclusivo. A differenza di altri regimi previdenziali, come la Gestione Separata, nel campo dello spettacolo anche il lavoratore autonomo occasionale è soggetto all’obbligo contributivo. La ratio di questa disciplina risiede nella normale discontinuità delle prestazioni tipiche di questo settore.

Sul tema dei compensi per il diritto d’immagine, la Corte ha confermato la corretta applicazione dell’art. 43 della legge n. 289/2002. Questa norma, introdotta per ridurre il contenzioso, stabilisce una franchigia forfettaria: i compensi per la cessione del diritto d’autore, d’immagine e di replica sono esclusi dalla base imponibile contributiva solo fino al limite del 40% dell’importo complessivo. La parte eccedente (il 60%) è pienamente soggetta a contribuzione. La tesi della società, che mirava a un’esclusione totale, è stata quindi giudicata infondata, in quanto contraria al chiaro tenore letterale della legge, che si pone come norma di chiusura del sistema.

Infine, i motivi relativi ai vizi processuali (ultrapetizione, omesso esame e prescrizione) sono stati dichiarati inammissibili. La Corte ha sottolineato che il ricorrente non ha rispettato il principio di autosufficienza del ricorso, omettendo di trascrivere gli atti processuali essenziali (come la sentenza di primo grado e l’atto di appello) che avrebbero permesso di valutare la fondatezza delle censure. Lamentare una mancata valutazione di prove, inoltre, non integra il vizio di omesso esame di un fatto storico decisivo, ma si traduce in una richiesta di riesame del merito, inammissibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida l’orientamento giurisprudenziale in materia di contributi lavoratori spettacolo. La decisione finale è stata il rigetto del ricorso e la condanna della società al pagamento delle spese legali. I principi chiave che emergono sono due: primo, l’obbligo contributivo per i lavoratori dello spettacolo è legato alla tipologia di attività svolta e non alla sua continuità; secondo, l’esenzione per i diritti d’immagine è chiaramente limitata per legge a una quota del 40%, senza possibilità di esclusione totale. Questa pronuncia rappresenta un importante monito per tutte le imprese del settore sulla corretta qualificazione dei rapporti di lavoro e sul calcolo della base imponibile.

Un lavoratore dello spettacolo occasionale deve versare i contributi previdenziali?
Sì. Secondo la Corte, per i lavoratori dello spettacolo l’obbligo contributivo sorge in base all’appartenenza a una delle categorie professionali previste dalla legge, indipendentemente dal fatto che l’attività sia svolta in modo occasionale, saltuario o non esclusivo.

I compensi per la cessione del diritto d’immagine sono soggetti a contributi?
Sì, parzialmente. La legge (art. 43, L. 289/2002) prevede che tali compensi siano esclusi dalla base imponibile solo fino a un massimo del 40% dell’importo totale percepito. La quota eccedente, pari al 60%, deve essere assoggettata a contribuzione previdenziale.

Cosa significa il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione?
Significa che il ricorso presentato alla Corte di Cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi necessari (trascrizione di atti, documenti rilevanti, etc.) per consentire alla Corte di decidere la questione senza dover cercare informazioni in altri fascicoli. Se il ricorso non è autosufficiente, i motivi di doglianza possono essere dichiarati inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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