Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8414 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8414 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5907-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud.30/01/2025
CC
avverso la sentenza n. 954/2018 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/08/2018 R.G.N. 22/2016; udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in liquidazione impugna la sentenza n. 954/2018 RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Milano che, in riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza del Tribunale RAGIONE_SOCIALEa medesima sede, ha respinto il ricorso proposto dalla società in opposizione ad avviso di addebito con cui era stato intimato il pagamento dei contributi dovuti alla gestione ex RAGIONE_SOCIALE per alcuni RAGIONE_SOCIALE in relazione al periodo settembre 2008/aprile 2013.
Propone cinque motivi di ricorso.
Resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 30 gennaio 2025, il RAGIONE_SOCIALE ha riservato il deposito RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
La società impugna la sentenza sulla base di cinque motivi. I)violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 del d.lgs. CPS n. 708/1947 e successive integrazioni e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 cod. civ. avendo la Corte affermato che la qualità di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE è insita nel tipo di attività svolta ed ha ritenuto che no n rilevi che l’RAGIONE_SOCIALE non abbia dimostrato, lavoratore per
lavoratore, l’effettivo stabile esercizio di una RAGIONE_SOCIALEe professioni indicate dall’art. 3 suddetto.
II) violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 cod. proc. civ. con riguardo all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte affermato che non potevano essere esclusi dalla base contributiva i compensi dati quale corrispettivo RAGIONE_SOCIALEa cessione del diritto di immagine in quanto non vi era prova del contratto di cessione, posto che la statuizione del primo giudice sul punto non era stata oggetto di impugnazione da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
III) violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 43 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 289/2002, RAGIONE_SOCIALE‘art. 2581 cod. civ. RAGIONE_SOCIALE‘art. 110 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 633/1941, RAGIONE_SOCIALE‘art. 4 del d.lgs. n. 1947/2008 con riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte ritenuto ch e fosse necessaria prova scritta RAGIONE_SOCIALEa cessione del diritto di utilizzazione RAGIONE_SOCIALE‘immagine.
IV)omesso esame circa un fatto decisivo in relazione alla cessione del diritto all’immagine con riguardo all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per non avere la Corte esaminato le risultanze documentali e le testimonianze che dimostravano che per ogni prestazione effettuata dagli attori forniti dalla società era sempre prevista una remunerazione per la cessione dei diritti di immagine.
V) violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 cod. proc. civ. in riferimento all’art. 3 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 335/1995 con riguardo all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. nonché omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. in quanto la Corte si è pronunciata escludendo la prescrizione nonostante la sentenza del primo giudice non fosse stata impugnata sul punto (e comunque erano in atti i documenti che comprovavano il decorso RAGIONE_SOCIALEa prescrizione).
Il primo motivo è infondato.
Il quadro normativo di riferimento è il seguente.
L’art. 3 del d.lgs C.p.S. n. 708/1947, ratificato con modificazioni in legge n. 2388/1952, ha individuato le categorie dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE iscritti all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE: fin da tale atto normativo, il legislatore è stato consapevole che il concetto di RAGIONE_SOCIALE era passibile di sviluppo e modificazione nel tempo ed ha rimesso ad un decreto del Capo RAGIONE_SOCIALEo Stato, su proposta del AVV_NOTAIO del lavoro, di estendere l’assicurazione ad altre categorie di RAGIONE_SOCIALE non contemplate nella disposizione. In applicazione di detta norma, l’obbligo assicurativo presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE è stato progressivamente esteso ad altre figure professionali che erano invero estranee alla nozione di RAGIONE_SOCIALE in senso stretto, valorizzando la finalità di destinazione RAGIONE_SOCIALEa prestazione all’ intrattenimento, in senso lato.
L’ art. 2, comma 22, sub d), RAGIONE_SOCIALEa legge n. 335/1995 ha poi delegato il Governo a procedere all’armonizzazione RAGIONE_SOCIALEe prestazioni pensionistiche dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE; la delega è stata realizzata con l’art. 2, comma 1, del d.lgs n. 182/1997, che, ‘nell’ambito RAGIONE_SOCIALEe categorie di cui all’art. 3 del d.lgs. CPS n. 708/1947, come modificato dalla legge n. 2388/1952, ai fini RAGIONE_SOCIALEa individuazione dei requisiti contributivi e RAGIONE_SOCIALEe modalità di calcolo RAGIONE_SOCIALEe contribuzioni e RAGIONE_SOCIALEe prestazioni’, ha distinto in tre gruppi i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE iscritti all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ‘indipendentemente dalla natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro e individuati con successivo decreto del AVV_NOTAIO del lavoro e RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE sociale da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, a seconda che:
prestino a tempo determinato, attività artistica o tecnica, direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli;
prestino a tempo determinato attività al di fuori RAGIONE_SOCIALEe ipotesi di cui alla lettera a);
prestino attività a tempo indeterminato’.
Quindi, coerentemente, il d.m. 10 novembre 1997 ha raggruppato nelle suddette tre categorie i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE iscritti all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, appartenenti alle categorie indicate all’art. 3 del d.lgs. C.P.S. n. 708/1947, per le finalità di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 182/1997.
E’ poi seguita la legge n. 289/2002, il cui art. 43, comma 2, ha sostituito l’art. 3, comma 2, del d.lgs. C.P.S. n. 708/1947, rimettendo
con il primo periodo: ad un decreto del AVV_NOTAIO del lavoro, di concerto con il AVV_NOTAIO RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe RAGIONE_SOCIALE (sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative di RAGIONE_SOCIALE e datori di lavoro e su eventuale proposta RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, che provvede periodicamente al monitoraggio «RAGIONE_SOCIALEe figure professionali operanti nel campo RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEo sport») di adeguare le categorie dei soggetti assicurati presso detto ente;
con il secondo periodo: ad un ulteriore decreto del AVV_NOTAIO del lavoro, di concerto con il AVV_NOTAIORAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, la eventuale integrazione o ridefinizione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 181, RAGIONE_SOCIALEa distinzione in tre gruppi dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE.
In forza RAGIONE_SOCIALEe citate deleghe sono intervenuti due decreti ministeriali del 15 marzo 2005, recanti, rispettivamente, l’adeguamento RAGIONE_SOCIALEe categorie dei RAGIONE_SOCIALE assicurati
obbligatoriamente presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e la ridefinizione dei tre gruppi.
Quest’ultimo decreto, richiamati l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 182/1997, il dm 10 novembre 1997, l’art. 3, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 708/1947, come sostituito dall’art. 43, comma 2 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 289/2002, ha dichiaratamente rimodulato ‘l a composizione dei citati tre gruppi, come individuati dal decreto legislativo n. 182 del 1997, a seguito RAGIONE_SOCIALE‘ampliamento RAGIONE_SOCIALEe categorie dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE operata dal decreto interministeriale adottato ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 3, comma 2, primo periodo, del predetto decreto legislativo n. 708, e sulla scorta di una verifica RAGIONE_SOCIALE‘evoluzione RAGIONE_SOCIALEe professionalità e RAGIONE_SOCIALEe forme di regolazione collettiva dei rapporti di lavoro di settore’, prevedendo nel gruppo A, tra le altre, le figure di attori, presentatori, generici e figuranti, indossatori e fotomoRAGIONE_SOCIALEi, tecnici del montaggio e del suono, truccatori.
Non vi è stata quindi l’introduzione di nuove categorie di RAGIONE_SOCIALE assoggettati alla tutela RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ma l’esplicitazione RAGIONE_SOCIALEa ricomprensione nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa stessa di figure emergenti nella pratica, che già in precedenza potevano esservi fatte rientrare ( ex multis così Cass. n.11377/2020 e precedenti ivi citati, Cass. n. 3219/2006, n. 9996/2009).
Tanto premesso, nella specie il collegio meneghino, dopo aver richiamato il quadro normativo, con il sostegno di precedenti di legittimità, ha affermato, con accertamento di merito immune da censure, che ‘i RAGIONE_SOCIALE […] avevano la qualifica di attori, attrici, fotomoRAGIONE_SOCIALEi e fotomoRAGIONE_SOCIALEe, figuranti, truccatori, tecnici del montaggio e del suono, presentatori/conduttori, secondo quanto indicato nel verbale di accertamento’, aggiungendo altresì che, stanti le suddette qualifiche, ‘la loro qualità di
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE è insita nel tipo di attività svolta né, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, può rilevare, nel senso di escludere l’obbligo contributivo, la circostanza che l’istituto non abbia dato dimostrazione, collaboratore p er collaboratore, RAGIONE_SOCIALE‘effettivo stabile esercizio di una RAGIONE_SOCIALEe professioni indicate nell’art. 3, essendo irrilevante che siano state saltuarie, di breve durata ovvero che tale attività non costituisca l’attività esclusiva del soggetto che la espleti’.
Le conclusioni cui perviene la sentenza impugnata, adeguatamente motivata, poggiano sulle risultanze del verbale ispettivo e sulle prove orali espletate, elementi valutati, con giudizio non sindacabile in questa sede in quanto tipicamente di merito, come sufficienti per qualificare i rapporti lavorativi in esame.
La decisione appare corretta alla luce del quadro normativo come sopra richiamato e di quanto già affermato da questa Corte in un precedente -Cass. n. 18530/2015 (che richiama Cassazioni conformi) -in cui veniva in rilievo il ruolo dei figuranti: «la pro fessionalità RAGIONE_SOCIALEa prestazione […] va intesa con riferimento alla specificità del settore, nel senso di essere riconducibile ad una RAGIONE_SOCIALEe categorie previste dalla legge (e tale è il figurante, quale figura di lavoratore chiamato a specifiche prestazioni artistiche, anche occasionali)».
In sostanza, nel campo RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE, anche il lavoratore autonomo occasionale è soggetto all’ obbligo contributivo, diversamente da quanto accade per la gestione separata RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, nella quale sono esenti da contribuzioneex art. 44, comma 2, d.l. 30 settembre 2003 n. 269 -le attività di lavoro autonomo occasionale il cui reddito annuo non superi € 5.000. La ratio RAGIONE_SOCIALEa diversità di disciplina legislativa risiede nella normale mancanza di continuità RAGIONE_SOCIALEe prestazioni rese dai
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE. Ciò che rileva ai fini RAGIONE_SOCIALEa sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione contributiva è, dunque, unicamente l’appartenenza ad una RAGIONE_SOCIALEe categorie indicate dalla legge.
Senza sottacere il fatto che le ipotesi di esenzione dall’obbligo contributivo nei confronti dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE sono espressamente previste nel nostro ordinamento, ex art. 1, comma 188, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 296/2006 per le attività musicali ed ex art. 67 TUIR per le attività sportive dilettantistiche.
Neppure si riscontra alcuna inversione RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio: è stata, infatti, non correttamente invocata la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c., avendo la Corte del merito, in parte qua , proceduto all’accertamento del fatto controverso e, quindi, deciso la causa senza applicare la regola di giudizio basata sull’onere RAGIONE_SOCIALEa prova (v., in argomento, ex plurimis , Cass. n. 13395/2018).
Con il secondo motivo la società lamenta vizio di ultrapetizione laddove la Corte si è pronunciata sulla questione relativa alla esclusione o meno dalla base imponibile dei compensi versati quale corrispettivo RAGIONE_SOCIALEa cessione del diritto di immagine in assenza di appello specifico sul punto.
Il motivo è inammissibile in considerazione RAGIONE_SOCIALEe modalità con cui è stato proposto, che si scontrano con il principio di necessaria autosufficienza del ricorso.
Sul punto valga il richiamo al consolidato orientamento di legittimità come espresso, ex multis , da Cass. 23079/2020, secondo cui detto principio «trova applicazione anche con riferimento alla dedotta violazione di norme processuali (cfr. Sez. L, n. 25482 del 02/12/2014). Invero, ai fini RAGIONE_SOCIALEa ammissibilità del motivo con il quale si lamenta il vizio di extra o ultrapetizione, per erronea individuazione del ‘chiesto’ ex art. 112 cod. proc. civ., …, è necessario che il ricorrente, alla luce
del principio di autosufficienza RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione, trascriva o riporti specificamente nella parte di rilievo il contenuto essenziale RAGIONE_SOCIALEe domande ed eccezioni formulate nei precedenti gradi di giudizio, così da dimostrare la mancata attinenza RAGIONE_SOCIALEa pronuncia del giudice (in questo caso, di appello) al thema decidendum, dovendosi ritenere, in mancanza, che la Corte non sia posta in grado di valutare la fondatezza e la decisività RAGIONE_SOCIALEe censure; e ciò indipendentemente dal potere di procedere all’esame diret to degli atti del merito. La Corte, infatti, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in un ‘error in procedendo’, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predet to vizio rilevabile’ ex officio’, né potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente gli atti processuali ed i documenti interessati dall’accertamento, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il ‘fatto processuale’ di cui richiede il riesame, ma, altresì, assicuri che il corrispondente motivo contenga, per il principio di autosufficienza ed a pena d’inammissibilità del motivo stesso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Sez. U, n.20181 del 25/07/2019…; Sez. 1, n. 2771 del 02/02/2017…; v. anche Cass. SU n. 22726 del 03/11/2011; Sez. 3, n. 8569 del 09/04/2013)».
Il motivo non risponde ai canoni di cui sopra, posto che non riproduce l’atto processuale dal quale dovrebbe ricavarsi il perimetro RAGIONE_SOCIALEa domanda che si assume travalicato, non riporta la pronuncia di primo grado né l’atto di appello.
Il terzo motivo è infondato.
La sentenza è contestata nella parte in cui ha ritenuto che non potessero essere esclusi dalla base imponibile ai fini contributivi i compensi indicati come corrispettivi RAGIONE_SOCIALEa cessione dei diritti di immagine, esclusione che, secondo la società, avrebbe dovuto essere totale, con conseguente disapplicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 43 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 289/2002 in forza del quale, «al fine di perseguire l’obiettivo di ridurre il contenzioso contributivo, i compensi corrisposti ai RAGIONE_SOCIALE appartenenti alle categorie di cui all’articolo 3, primo comma, numeri da 1 a 14, del decreto legislativo del Capo provvisorio RAGIONE_SOCIALEo Stato 16 luglio 1947, n. 708, e successive modificazioni, a titolo di cessione RAGIONE_SOCIALEo sfruttamento economico del diritto d’autore, d’immagine e di replica, non possono eccedere il 40 per cento RAGIONE_SOCIALE‘importo complessivo percepito per prestazioni riconducibili alla medesima attività. Tale quota rimane esclusa dalla base contributiva e pensionabile».
La lettura che il RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE fornisce RAGIONE_SOCIALE‘art. 43 è corretta, coerente con il chiaro tenore letterale RAGIONE_SOCIALEa norma ed aderente all’interpretazione fornitane da questa Corte, che la qualifica come norma di chiusura, di talché non può accedersi alla ricostruzione pretesa in ricorso, secondo la quale tutti i compensi versati quale corrispettivo per la cessione del diritto di immagine andrebbero integralmente scomputati dalla base imponibile.
Come evidenziato ex multis in Cass. n. 16253/2018, «questa Corte ha affermato che, in tema di tutela previdenziale e correlativo obbligo contributivo dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE, sono soggetti a contribuzione in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, anche i compensi corrisposti – ai RAGIONE_SOCIALE appartenenti alle categorie di cui all’art. 3, primo comma, numeri da 1 a 14 del d.lgs. C.p.S.
n. 708 del 1947 e successive modificazioni – per le prestazioni dirette a realizzare, senza la presenza del pubblico che ne è il destinatario finale, registrazioni (fonografiche, come nella specie, o in altra forma) di manifestazioni musicali o di altre manifestazioni a carattere e contenuto (artistico, ricreativo o culturale) di RAGIONE_SOCIALE. La disposizione sopravvenuta, introdotta con l’art. 43 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 289 del 2002 allo scopo dichiarato di ridurre il contenzioso e concernente, direttamente, il compenso imponibile, conferma tale interpretazione, presupponendo l’assoggettamento all’obbligo contributivo dei compensi corrisposti a titolo di cessione RAGIONE_SOCIALEo sfruttamento del diritto d’autore, d’immagine e di replica (Cass. n. 10114 del 2006, Cass. 14782 del 2008, Cass. n. 4882 del 2013, Cass. 2464 del 2014). Invero, in funzione RAGIONE_SOCIALEo scopo dichiarato di riduzione del contenzioso contributivo, è stata chiarita in termini definitivi l’incidenza dei compensi corrisposti a titolo di cessione RAGIONE_SOCIALEo sfruttamento economico del diritto d’autore, d’immagine e di replica sulla retribuzione imponibile e sulla retribuzione pensionabile dei RAGIONE_SOCIALE sopra indicati, con conseguente soggezione RAGIONE_SOCIALEo stesso compenso a contribuzione previdenziale in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, “con (una sorta di) norma di interpretazione autentica -quanto meno implicita -o, comunque, parimenti retroattiva” (cfr. in tali termini, Cass. n. 2.5.2006 n. 10114, conf. Cass. 4.6.2008 n. 14782). La norma, che stabilisce che la quota dei compensi per tali prestazioni corrisposti pari al 40% viene esentata dall’obbligo contributivo, che grava sulla parte eccedente che va considerata come imponibile ai fini previdenziali, rappresenta, per come risulta formulata, una norma di chiusura del sistema che riflette la cennata esigenza di riduzione del contenzioso ed esonera dalla
verifica circa la effettiva natura RAGIONE_SOCIALEa prestazione lavorativa e la sua durata».
In tale sentenza è preso, altresì, in esame il precedente invocato in ricorso, ossia Cass. n. 1585 del 2004: lo stesso, «già sostanzialmente isolato nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa precedente giurisprudenza di questa Corte, risulta del tutto superato dal più recente e condiviso orientamento, formatosi alla luce del disposto di cui alla legge n. 289 del 2002, art. 43 interpretato come norma ad efficacia retroattiva, secondo cui, “Al fine di perseguire l’obiettivo di ridurre il contenzioso contributivo, i compensi corrisposti ai RAGIONE_SOCIALE appartenenti alla categorie di cui al D.Lgs.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 1, numeri dal 1 a 14 e successive modificazioni, a titolo di cessione RAGIONE_SOCIALEo sfruttamento economico del diritto d’autore, d’immagine e di replica, non possono eccedere il 40% RAGIONE_SOCIALE‘importo complessivo percepito per prestazioni riconducibili alla medesima attività. Tale quota rimane esclusa dalla base contributiva e pensionabile. La disposizione si applica anche per le posizioni contributive per le quali il relativo contenzioso non è definito alla data di entrata in vigore detta presente legge”. Infatti, ne risulta esplicitamente stabilita l’incidenza dei “compensi corrisposti (…) a titolo di cessione RAGIONE_SOCIALEo sfruttamento economico del diritto d’autore, d’immagine e di replica” sulla retribuzione imponibile e sulla retribuzione pensionabile dei “RAGIONE_SOCIALE appartenenti alle categorie di cui al D.Lgs. C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 1, nn. dal 1 a 14″, presupponendo, tuttavia, la soggezione RAGIONE_SOCIALEo stesso compenso a contribuzione previdenziale in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (cfr. Cass., nn. 18131/2005; 10114/2006; 14782/2008; 3599/2010)».
Essendosi la Corte territoriale uniformata al suddetto orientamento, i profili di doglianza -che si concentrano
esclusivamente sulla prospettiva RAGIONE_SOCIALEa totale esclusione, dalla base imponibile, dei compensi corrisposti a titolo di cessione RAGIONE_SOCIALEo sfruttamento del diritto di autore, senza rilevare un’eventuale violazione RAGIONE_SOCIALEa quota del 40% risultano infondati.
Il quarto motivo è inammissibile in quanto le censure non individuano il fatto storico, decisivo e controverso che non sarebbe stato esaminato dalla Corte ma si dolgono RAGIONE_SOCIALEa mancata valutazione di elementi probatori.
Sul punto, giurisprudenza di legittimità uniforme afferma che -come ex multis Cass. n. 21672/2018 -«nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALEe previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie».
Le medesime considerazioni valgono in ordine al quinto motivo nella parte in cui lamenta un omesso esame di documenti che dimostrerebbero l’intervenuta prescrizione rispetto ad alcuni soggetti, non essendo stati, inoltre, trascritti né il verbale di accertamento che si assume notificato oltre il termine né la relativa notifica.
Nella parte in cui lamenta vizio di ultrapetizione, detto motivo è infondato.
Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso nel merito, non pronunciandosi in punto eccezione di prescrizione sollevata dall’opponente. RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, soccombente nel merito, ha impugnato la sentenza chiedendo di confermare l’avviso di addebito e di condannare controparte al pagamento di quanto nello stesso indicato, e non avrebbe avuto alcun interesse a proporre appello in ordine alla prescrizione, trattandosi di eccezione di cui poteva giovarsi l’appellato; la società, infatti, resistendo in appello, ha riprod otto l’eccezione, nel rispetto del principio in forza del quale «la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare in discussione le proprie domande o eccezioni non accolte nella pronuncia, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perché assorbite, essendo soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello o nel giudizio di cassazione in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo (Cass. SS.UU. n. 13195 del 2018)» (Cass. n. 26117/2024).
Conclusivamente, il ricorso va rigettato, con condanna alle spese secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma RAGIONE_SOCIALE‘art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 5 . 500,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 30 gennaio